Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6069 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 6069 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18413 -20 20 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona dei responsabili per l’IVA, NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentata e difesa, per procura speciale in atti, dagli avv.ti NOME COGNOME ed NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE;
– ricorrente –
Oggetto: Tributi – rimborso IVA – costo fideiussioni – rimborso
RAGIONE_SOCIALE , C.F. CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4237/19/2019 della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA, depositata in data 29/10/2019; udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 23/01/2024 dal AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto di quello incidentale.
Rilevato che:
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento di diniego di rimborso dell’importo di 2.394.932,46 euro, pari al costo sostenuto dalla RAGIONE_SOCIALE, società di diritto svizzero, per le garanzie fideiussorie triennali prestate all’amministrazione finanziaria per ottenere il rimborso, richiesto ai sensi dell’art. 30, comma 3, lett. e), del d.P.R. n. 633 del 1972, vigente ratione temporis , dell’IVA relativa alle annualità dal 2003 al 2009, successivamente erogato, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) del Lazio rigettava l’appello proposto dalla società contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado e riteneva assorbite tutte le questioni poste dall’RAGIONE_SOCIALE nell’appello incidentale.
1.1. Secondo la CTR, l’art. 8, comma 4, della l. n. 212 del 2000 tutela il contribuente solo nell’ipotesi in cui la perdita patrimoniale derivante dall’obbligo di prestare una fideiussione per ottenere il rimborso di un credito IVA origini da un atto di accertamento
rivelatosi poi illegittimo. Inoltre, la compatibilità della disciplina nazionale sui rimborsi IVA (art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972) con il sistema armonizzato del tributo, ed in particolare con il principio di neutralità, effettività e proporzionalità, era assicurata dalla Legge europea 2017 (legge n. 167 del 2017) promulgata proprio allo scopo di adeguare le norme nazionali a quelle dell’Unione europea in materia, prevedendo all’art. 7 RAGIONE_SOCIALE agevolazioni per tali contribuenti consistenti nella corresponsione di una somma forfetaria a titolo di ristoro di tali spese.
1.2. Rigettava, quindi, l’appello incidentale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia implicita del giudice di primo grado di rigetto dell’eccezione di decadenza della società contribuente dal diritto di chiedere il rimborso per essere decorso il biennio di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 , sostenendo che l’Ufficio, rimasto totalmente vittorioso in primo grado non aveva l’onere di proporre appello incidentale per richiedere il riesame RAGIONE_SOCIALE eccezioni che, stante il rigetto dell’appello principale, dovevano ritenersi assorbite.
Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui replicava l’intimata con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo.
La ricorrente deposita memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso principale viene dedotta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione/falsa applicazione dell’art. 8, comma 4 della l. n. 212 del 2000 e degli artt. 30 e 38-bis del d.P.R. 633/1972», per avere i giudici di appello, erroneamente interpretando la disposizione statutaria citata, ritenuto che la stessa tutelasse il contribuente «nel solo caso in cui la perdita patrimoniale
(derivante dall’obbligo di prestare una fideiussione) origini da un atto di accertamento rivelatosi poi illegittimo».
Con il secondo motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione/falsa applicazione dell’art. 17 della L. 167 del 20 novembre 2017, dell’art. 38 -bis del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’ art. 183 della Direttiva 2006/112/CE e dei principi di neutralità, effettività e proporzionalità come interpretati dalla Corte di Giustizia», per avere i giudici di appello erroneamente escluso che «il diritto del contribuente al rimborso degli oneri sostenuti per ottenere il rimborso RAGIONE_SOCIALE eccedenze iva nel periodo d’imposta trovasse comunque la propria legittimazione nella necessità di dare effettiva tutela al principio di neutralità dell’Iva» sul rilievo che con la Legge europea 2017 (legge n. 167 del 2017) il Legislatore era intervenuto proprio per adeguare le norme nazionali a quelle dell’Unione europea in materia, prevedendo all’art. 7 RAGIONE_SOCIALE agevolazioni per tali contribuenti consistenti nella corresponsione di una somma forfetaria a titolo di ristoro di tali spese, trattandosi di disposizione applicabile dall’anno d’imposta 2017 mentre la fattispecie era relativa ad annualità d’imposta dal 2003 al 2009.
3. Con il terzo motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per omessa e/o contraddittoria motivazione in violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 132, n. 4, c.p.c. per avere i giu dici di appello reso una motivazione apparente, in quanto «disancorata dalla fattispecie concreta» là dove, sulla questione della necessità del rispetto della disciplina unionale in materia, posta dalla società contribuente, avevano richiamato il dispos to di cui all’art. 7 della legge n. 167 del 2017, inapplicabile al caso di specie perché operante a decorrere dall’anno d’imposta 2017, affermando che la previsione della corresponsione di una somma (forfetaria) a titolo
di ristoro RAGIONE_SOCIALE spese sostenute per la prestazione della garanzia, prevista dalla citata disposizione, aveva attenuato gli oneri finanziari del soggetto richiedente il rimborso dell’IVA a credito.
Con il motivo di ricorso incidentale la difesa erariale deducendo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 21, comma 2, 54, comma 2, 53, comma 1, e 56 del d.lgs. n. 546 del 1992, censura la statuizione impugnata per avere ritenuto inammissibile l’appello incidentale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia implicita del giudice di primo grado di rigetto dell’eccezione di decadenza della società contribuente dal diritto di chiedere il rimborso per essere decorso il biennio di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992; questione preliminare che la CTP non aveva esaminato avendo rigettato nel merito il ricorso della società contribuente.
Deve esaminarsi preliminarmente, per ragioni di ordine logico, il motivo di ricorso incidentale.
Invero, il motivo, fondato sulla violazione RAGIONE_SOCIALE norme processuali in materia di proposizione dell’appello incidentale , è inammissibile per difetto di interesse, atteso che la CTR, pur ritenendo sostanzialmente inammissibile l’appello incidentale dell’Ufficio, ha comunque statuito sulla questione posta con il gravame incidentale, ritenendola assorbita («stante il rigetto dell’appello principale, tutte le eccezioni dell’Ufficio debb ono ritenersi assorbite», così a pag. 9 della sentenza impugnata). Statuizio ne, quella dell’assorbimento, che la difesa erariale non ha, comunque, censurato.
6.1. In ogni caso, pare opportuno osservare che la tesi sostenuta dalla difesa erariale di applicabilità all’azione di rimborso dei costi di fideiussione del termine di decadenza biennale di cui all’art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, è infondata e va
rigettata alla stregua del consolidato principio giurisprudenziale, da cui non vi è ragione di discostarsi, secondo cui «La polizza fideiussoria di cui all’art. 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, avendo la funzione di porre le parti nella posizione anteriore al rimborso e non quella di sostituire e garantire il versamento d’imposta, non è accessoria, ma autonoma rispetto al rapporto d’imposta, sicché alla relativa azione di rimborso non si applica il termine biennale di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto riferito al richiamato art. 19 e, quindi, alla restituzione di tributi e di sanzioni» (Cass., Sez. 5, 28 febbraio 2020, n. 5508). Principio ribadito in numerose pronunce successive di questa Corte (cfr. Cass., Sez. 5, 3 agosto 2023, n. 23724; 22 agosto 2023, n. 25003; 22 settembre 2020, n. 19756, nonché Cass., Sez. 5, 13 luglio 2023, n. 20024, richiamato nella memoria dalla ricorrente, secondo cui «Il termine di decadenza biennale non si applica all’azione di rimborso dei costi per la fideiussione, che, assolvendo una funzione qualitativamente diversa rispetto all’obbligazione tributaria, è esclusa dal richiamo all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, operato dal successivo art. 21, comma 2, da intendersi come riferito al tributo e alle sanzioni»).
Deve, quindi, passarsi all’esame dei primi due motivi di ricorso principale che possono essere esaminati congiuntamente e che sono fondati.
Invero, questa Corte si è più volte pronunciata sulla questione posta nel presente giudizio affermando la rimborsabilità dei costi per garanzie fideiussorie prestate per ottenere il rimborso di crediti IVA.
8.1. Già con sentenza del 5 agosto 2015, n. 16409, questa Corte ha affermato che l’art. 8, comma 4, della legge n. 212 del 2000, che impone all’amministrazione finanziaria di rimborsare il costo RAGIONE_SOCIALE garanzie fideiussorie richieste dal contribuente per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il
rimborso dei tributi, comprende i costi di tutte le garanzie che il contribuente ha richiesto: ciò perché l’espressione “ha dovuto richiedere” si deve intendere non nel senso dell’esistenza di un ipotetico obbligo normativo in tal senso, bensì con riferimento alla necessità (intesa come onere) della richiesta della garanzia in rapporto allo scopo perseguito (ottenere la sospensione del pagamento di tributi o la rateizzazione o il rimborso).
8.2. Quindi, in tema di IVA, il diritto al rimborso dei costi relativi alla garanzia fideiussoria, chiesta dal contribuente per ottenere la sospensione, la rateizzazione o il rimborso dei tributi, ha portata generale ed è indipendente dalla fisionomia della controversia tributaria, stante l’esigenza ad essa sottesa di preservare l’integrità patrimoniale dei contribuenti, in caso di infondatezza della pretesa impositiva o di legittimità della pretesa di rimborso di somme dovute, che una diversa interpretazione frustrerebbe, oltre a porsi in contrasto con il diritto unionale (Cass. n. 5508 del 2020; Cass. n. 31092 del 2021).
8.3. Il diritto al rimborso degli oneri fideiussori non può, dunque, essere limitato, come erroneamente sostiene il giudice di appello, alle garanzie prestate per il pagamento di tributi in corso di accertamento, ma si estende anche ai casi in cui la garanzia venga rilasciata per la restituzione del credito di imposta rimborsato dall’Amministrazione finanziaria per l’eventualità che, all’esito dell’attività di accertamento dell’Ufficio, dovesse emergere l’insussistenza del credito medesimo.
8.4. Una siffatta tesi ermeneutica è coerente con la giurisprudenza unionale secondo la quale l’autonomia di cui godono gli Stati membri nello stabilire le modalità di rimborso dell’eccedenza di i.v.a. non può spingersi sino a ledere il principio di neutralità fiscale gravando il soggetto passivo, in tutto o in parte, del peso di tale imposta, dovendo a questi essere consentito di
recuperare, in condizioni adeguate, la totalità del credito, con la conseguenza che il rimborso deve essere effettuato entro un termine ragionevole e che, in ogni caso, il sistema di rimborso adottato non faccia correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo (cfr. Corte Giust., 28 gennaio 2018, COGNOME ; Corte Giust., 6 luglio 2017, RAGIONE_SOCIALE , punto 20; Corte giust. 28 febbraio 2018, causa C-387/16, punto 24; 12 maggio 2011, causa C-107/10, RAGIONE_SOCIALE , punto 33).
8.5. La necessità di assicurare il rispetto di tali principi e di pervenire all’archiviazione di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea, il legislatore nazionale ha modificato la disciplina dei rimborsi i.v.a., dapprima con l’art. 13, d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, in cui, tra le altre disposizioni, viene generalizzata l’esecuzione dei rimborsi senza prestazione di garanzia o particolari adempimenti, salvo casi specifici, quindi, con l’art. 7 quater, comma 32, d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, conv., con modif., nella l. 10 dicembre 2016, n. 193, che ha aumentato il limite di valore dei crediti rimborsabili previa prestazione di garanzia fideiussoria, ed infine con l’art. 7 del d.lgs. 20 novembre 2017, n. 167, rubricato «Disposizioni in materia di rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto. Procedura d’infrazione n. 2013/4080», che ha previsto la corresponsione ai soggetti richiedenti un rimborso IVA ai sensi dell’art. 38 bis , comma 4, del d.P.R. n. 633 del 1972, tenuti a prestare garanzia fideiussoria, un rimborso forfetario a titolo di ristoro del costo di tali oneri. Tale disposizione, però, si applica, ai sensi del comma 2, «a decorrere dalle richieste di rimborso fatte con la dichiarazione annuale dell’IVA relativa all’anno 2017 e dalle istanze di rimborso infrannuale relative al primo trimestre dell’anno 2018».
8.6. Ha, quindi, errato la CTR nel ritenere che tale novella, palesemente inapplicabile alla fattispecie in esame, relativa a
rimborsi di molto antecedenti all’anno 2017, avesse soddisfatto la necessità, dai giudici di appello pure avvertita, di rendere compatibile la disciplina nazionale sui rimborsi IVA (art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972) con il sistema armonizzato del tributo, ed in particolare con il principio di neutralità, effettività e proporzionalità, nonché con i principi unionali sopra richiamati.
Quanto appena sostenuto, però, rende evidente che la motivazione della sentenza impugnata non può dirsi che, sul punto, sia apparente, come sostiene la ricorrente nel terzo motivo di ricorso, essendo evidente, piuttosto, che i giudici di appello sono incorsi in un chiaro errore di diritto là dove hanno ritenuto sostanzialmente superato il contrasto della normativa nazionale con i principi unionali in materia di rimborso dell’IVA e degli oneri ad esso connessi, facendo riferimento ad una disposizione inapplicabile alla fattispecie.
9.1. Ciò comporta il rigetto del terzo motivo di ricorso principale.
In estrema sintesi, vanno accolti il primo e secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo e dichiarato inammissibile il motivo di ricorso incidentale. La sentenza impugnata va cassata ma, non essendoci ulteriori accertamenti da compiere e sul rilievo che non sono state poste questioni sul quantum rimborsabile, la causa va decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso della società contribuente. Le spese di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, mentre vanno integralmente compensate le spese dei gradi di merito in ragione del successivo consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale applicato alla fattispecie.
P.Q.M.
accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, rigetta il terzo e dichiara inammissibile il motivo di ricorso incidentale. Cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società contribuente. Condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della ricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 26.000,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge. Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma in data 23 gennaio 2024