Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1671 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1671 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2914/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l ‘ Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 2520/2019 depositata il 12/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE presentava dichiarazione IVA, relativa all’anno 2008, dalla quale emergeva un’eccedenza d’imposta detraibile. Una porzione dell’eccedenza in parola veniva utilizzata in compensazione, ai sensi dell’art. 38 -bis d.P.R. n. 633 del 1972, presentando un contratto di fideiussione per compensazioni IVA ai fini dell’accesso alla procedura dell’IVA di gruppo ai sensi dell’art. 6, co. 3, D.M. 13 dicembre 1979, n. 896. Successivamente la contribuente presentava istanza di rimborso degli oneri connessi alla fideiussione anzidetta, istanza che non veniva riscontrata dall’Amministrazione. La contribuente presentava ricorso avverso il silenzio rifiuto. La CTP accoglieva il ricorso e ordinava il rimborso della somma portata in compensazione. L’RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, che veniva accolto dalla CTR. Il giudice d’appello ha ritenuto, infatti, che l’istanza di rimborso fosse intempestiva in quanto suscettibile di essere presentata entro due anni dal pagamento degli oneri fideiussori, non entro due anni dal giorno in cui si era verificato il presupposto per la restituzione.
La contribuente affida il proprio ricorso a tre motivi, ulteriormente illustrati con memoria . L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione della causa .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si stigmatizza la violazione dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 36, co. 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR ritenuto con motivazione apparente che il dies a quo di decorrenza del termine di cui all’art. 21 D.Lgs. n. 546 del 1992, coincida con il giorno del pagamento dei costi per il rilascio della fideiussione, anziché da quello in cui si è realizzato il presupposto per la restituzione, vale a dire quello in cui possono dirsi spirati i termini per l’accertamento fiscale.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 21, co. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’istanza di rimborso dei costi di fideiussione fosse suscettibile d’essere tempestivamente formulata entro due anni dal sostenimento dei costi stessi, anziché da quello di maturazione del presupposto per la restituzione.
Con il terzo mezzo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, co. 4, L. n. 212 del 2000, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per averne escluso l’applicabilità nel caso di specie.
Il primo motivo è infondato.
Non consta un’apparenza motivazionale, bensì un percorso argomentativo che ben lascia cogliere la ratio decidendi del 1992. Il percorso argomentativo è comprensibile e intellegibile.
in punto di inizio della decorrenza del termine di cui all’art. 21 D.Lgs. n. 546 Come chiarito ancor di recente da questa Corte ‘ In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logicogiuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito ‘ (v. Cass. 3819 del 2020). È stato messo, inoltre, in evidenza dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016) che ” la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare
all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture “.
Il secondo motivo è fondato e va accolto.
L’art. 21, co. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, prevede, infatti, che ‘ la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione ‘.
Nella specie, detto presupposto, che fa precettivamente premio sul pagamento del costo della fideiussione, si è concretizzato nel momento in cui l’eccedenza d’imposta si è cristallizzata, tanto da divenire incontroversa. È in quel frangente che la garanzia funzionale a consentire la compensazione ‘accelerata’ dei crediti IVA nel recinto della compagine di gruppo ha cessato di assolvere alla sua funzione, tanto da palesarsi non più suscettibile di escussione.
Ora, nell’ambito della liquidazione IVA di gruppo, la prestazione della garanzia entro il termine di presentazione della relativa dichiarazione annuale IVA rappresenta elemento costitutivo di perfezionamento RAGIONE_SOCIALE compensazioni IVA infragruppo. Sotto il profilo procedurale, l’articolo 6 del DM 13 dicembre 1979, come modificato dal D.M. 13 febbraio 2017, dispone al terzo comma che, per le eccedenze di credito risultanti dalla dichiarazione annuale dell’ente o società controllante ovvero RAGIONE_SOCIALE società controllate, compensate in tutto o in parte con somme che avrebbero dovuto essere versate dalle altre società controllate o dall’ente o società controllante, si applicano le disposizioni dei commi 3, 4, 5 e 6 dell’art. 38bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Fisiologicamente, in tanto il costo della fideiussione è rimborsabile, e come tale richiedibile, in quanto constino come non revocabili in dubbio, tanto l’esistenza del credito trasferito (o dei crediti
trasferiti), quanto di quello correlato agli oneri sopportati per l’accesso al meccanismo dell’IVA di gruppo.
Nel momento in cui viene meno l’opportunità in capo all’Ufficio di procedere ad una verifica di merito sulla spettanza del credito viene in apice il presupposto per la restituzione dell’impo rto degli oneri della fideiussione funzionale a beneficiare del regime dell’IVA di gruppo, presupposto che ai sensi dell’art. 21, co. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992 sorregge e giustifica la richiesta di sostituzione.
Antergare la decorrenza del termine finalizzato alla formulazione di tale richiesta al momento di sostenimento del costo della fideiussione postulerebbe la circostanza singolare per cui la richiesta andrebbe formulata quando la garanzia sarebbe in astratto ancora passibile d’essere escussa.
È fondato e va accolto anche il terzo motivo.
Va infatti dato seguito all’orientamento espresso da questa Corte, a tenore del quale ‘ In tema di IVA, il diritto al rimborso dei costi relativi alla garanzia fideiussoria, chiesta dal contribuente per ottenere la sospensione, la rateizzazione o il rimborso dei tributi, ha portata generale ed è indipendente dalla fisionomia della controversia tributaria, stante l’esigenza ad essa sottesa di preservare l’integrità patrimoniale dei contribuenti, in caso di infondatezza della pretesa impositiva o di legittimità della pretesa di rimborso di somme dovute, che una diversa interpretazione frustrerebbe, oltre a porsi in contrasto con il diritto unionale ‘ (Cass. n. 5508 del 2020¸ Cass. n. 16409 del 2015);
L’art. 8, comma 4, della I. n. 212 del 2000, che impone all’amministrazione finanziaria di rimborsare il costo RAGIONE_SOCIALE garanzie fideiussorie richieste dal contribuente per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi, comprende i costi di tutte le garanzie che il contribuente ha richiesto: ciò perché l’espressione “ha dovuto richiedere” si deve intendere non nel senso dell’esistenza di un ipotetico obbligo
normativo in tal senso, bensì con riferimento alla necessità (intesa come onere) della richiesta della garanzia in rapporto allo scopo perseguito (ottenere la sospensione del pagamento di tributi o la rateizzazione o il rimborso). La portata generale del diritto al rimborso dei costi per le polizze fideiussorie indipendentemente dalla fisionomia della controversia tributaria è principio consolidato nella giurisprudenza nomofilattica, sia che la stessa debba individuarsi con riferimento al credito d’imposta vantato dal contribuente, sia che debba invece individuarsi, come nella specie, con riferimento alla imposta o maggiore imposta pretesa dall’Amministrazione finanziaria in seguito all’avvenuto rimborso del credito IVA (Cass. n. 19751 del 2013).
Una diversa opzione in effetti frustrerebbe l’esigenza presidiata dalla disposizione di preservare l’integrità patrimoniale dei contribuenti, a fronte di una pretesa impositiva infondata o di una legittima pretesa al rimborso di somme dovute, e, per conseguenza, rischierebbe di entrare in frizione col diritto unionale. Ciò vale anche in ragione del consolidato orientamento della Corte di giustizia, in base al quale gli Stati membri indubbiamente dispongono di una certa libertà quanto alla determinazione RAGIONE_SOCIALE modalità di rimborso dell’eccedenza di IVA, purché, però, il sistema di rimborso adottato non faccia correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo (Corte giust. 28 febbraio 2018, causa C-387/16, punto 24; 6 luglio 2017, causa C-254/16, RAGIONE_SOCIALE, punto 20; 12 maggio 2011, causa C-107/10, RAGIONE_SOCIALE 3, punto 33). 3.2.- Il sistema italiano dei rimborsi iva, d’altronde, ha indotto la Commissione europea a promuovere nei confronti dell’Italia una procedura d’infrazione (la n. 2013/4080).
L’art. 8, comma 4, della legge n. 212 del 2000 (cd. statuto del contribuente), che impone all’Amministrazione finanziaria di rimborsare il costo RAGIONE_SOCIALE fideiussioni richieste dal contribuente per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il
rimborso dei tributi, ha natura immediatamente precettiva, attribuendo al contribuente un diritto soggettivo perfetto a tutela della sua integrità patrimoniale, a prescindere dell’emanazione dei decreti ministeriali d’attuazione, e ricomprende anche i costi RAGIONE_SOCIALE fideiussioni stipulate prima della sua entrata in vigore.
Va soggiunto che questa Corte ha in ogni caso evidenziato che ‘ Alla domanda di rimborso o restituzione del credito maturato dal contribuente si applica, ove manchi una disciplina specifica, la norma generale di cui all’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, che prevede un termine biennale di decadenza per la presentazione dell’istanza, il cui decorso non esclude, tuttavia, l’operare del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 c.c. che decorre, una volta maturato il silenzio-rifiuto su detta istanza, ossia dopo novanta giorni dal deposito senza che sia intervenuta una pronuncia dell’Ufficio su di essa ‘ (Cass. n. 4377 del 2019).
Dunque, alla domanda di rimborso o restituzione del credito maturato dal contribuente si applica, in mancanza di una disciplina specifica posta dalla legislazione speciale in materia, la norma generale, di cui all’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, che non esclude tuttavia, una volta maturato il silenzio-rifiuto, la decorrenza del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 c.c. Ne consegue che il decorso della prescrizione, che comincia solo se e quando il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.), è sospeso durante il tempo di formazione del/silenzio-rifiuto a norma dell’art. 21, d.lgs. n. 546 del 1992, laddove la richiesta al fisco di un rimborso s’intende respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi novanta giorni dalla data della sua presentazione, senza che l’ufficio si sia pronunciato. Il principio, affermato anche in altre sentenze citate dalla CTR (Cass. n. n. 16477 del 2004), è, quindi, quello per cui, in caso di silenzio-rifiuto, il termine di prescrizione decorre da quando quest’ultimo si forma, cioè non
dalla data dell’istanza, ma alla scadenza dei novanta giorni successivi.
Il ricorso va, in ultima analisi, accolto in relazione al secondo e al terzo motivo, rigettato il primo. La sentenza d’appello va, conseguentemente, cassata, con il rinvio della causa per un nuovo esame e per la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio alla CTR della Lombardia in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il secondo e il terzo motivo, rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata. Rinvia la causa per un nuovo esame e per la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio alla CTR della Lombardia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 04/07/2023.