Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2344 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2344 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/01/2025
Rimborso condono
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE (c.f. e p.i. P_IVA), con sede in Bologna, INDIRIZZO (già RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore -munito di idonei poteri, giusta procura speciale in autentica notarile del dott. NOME COGNOME iscritto nel Ruolo del Distretto Notarile di Bologna, repertorio n. 78.394, raccolta n. 6.968 del 29 settembre 2014, registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Bologna I il 2 ottobre 2014, al n. 15318, serie 1T (doc. A) -dott. NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE, nato a Firenze in data 28 dicembre 1964, assistita, rappresentata e difesa, come da mandato conferito su supporto digitale e depositato unitamente al presente atto, dagli avv.ti prof. NOME COGNOME (c.f. CST CODICE_FISCALE; pec: EMAIL) e NOME COGNOME (c.f. DRN CODICE_FISCALE; pec: EMAIL), entrambi del
Foro di Firenze, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei predetti avvocati, sito in Firenze, INDIRIZZO con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo pec: EMAIL
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, n. 249/23 depositata il 24 maggio 2023. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con dichiarazione dei redditi rettificativa del modello Unico 2000 Società di capitali, relativa al periodo d’imposta 1999, presentata in data 12.03.2001 dalla Sai Assicuratrice Industriale s.p.a., veniva esposto, nel quadro RN al rigo 30, un credito IRPEG inerente ai proventi percepiti sui fondi comuni di investimento di £ 1.349.204.000 (corrispondente ad euro 696.805,71). Tale credito non risultava infatti esposto nella dichiarazione presentata dalla società per il medesimo anno di imposta nei termini ordinari (in data 30.10.2000). In data 16.06.2003, la società presentava dichiarazione ex art. 8 della legge 289/2002, integrando gli imponibili per l’anno di imposta 1999. Successivamente, in data 12.05.2004, la predetta società presentava all’Agenzia delle Entrate un’istanza volta ad ottenere il rimborso del credito di imposta riportato nella dichiarazione anzidetta. Con lettera protocollo n. 2009/25541 del 28.04.2009, l’Ufficio Territoriale di Torino 3 richiedeva la documentazione a supporto del credito di imposta IRPEG esposto in dichiarazione e il bilancio d’esercizio. La società produceva quanto richiesto in data 15.05.2009. Con successiva comunicazione protocollo n. 2010/21952 del 23.04.2010, l’Ufficio richiedeva ulteriore documentazione a supporto del credito di imposta IRPEG relativo all’annualità 1998, che veniva prodotta in data 18.06.2010 e, in seguito, ulteriormente
integrata in data 03.02.2011. Con ulteriore richiesta protocollo n. 2011/217590 del 27.10.2011, l’Ufficio invitava la società ad esibire anche i bilanci degli esercizi dal 1993 al 1997 e tutta la documentazione a supporto dei crediti di imposta evidenziati nei vari righi del quadro M del Modello 760, relativamente a ciascuna annualità di imposta. In data 18.11.2013 e 20.11.2013, perveniva all’Agenzia delle Entrate un’istanza di sollecito del rimborso del credito IRPEG esposto nella dichiarazione dei redditi rettificativa del modello Unico 2000, relativa al periodo d’imposta 1999, corredata dalla documentazione a supporto richiesta in data 27.10.2011. In data 01.08.2019, l’odierna controparte, già Fondiaria -Sai Assicurazioni s.p.aRAGIONE_SOCIALE (a sua volta, già RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, proponeva ricorso, notificandolo anche alla Direzione Regionale del Piemonte, avverso il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria, chiedendo che venisse disposto il rimborso del credito d’imposta IRPEG 1999, per euro 696.805,71, nonché i relativi interessi primari per euro 283.077,82, per un ammontare complessivo chiesto a rimborso pari ad euro 979.883,53. L’Ufficio si costituiva in giudizio e, in via pregiudiziale, eccepiva l’inammissibilità del ricorso, alla luce della presentazione, da parte della società ricorrente, per l’anno di imposta 1999, di istanza di integrazione degli imponibili, ai sensi dell’art. 8 della legge 289/2002 che aveva comportato il consolidamento del rapporto di imposta. Nel merito, l’Amministrazione deduceva il difetto di prova in ordine alla spettanza del rimborso e, infine, chiedeva di subordinarne in ogni caso l’erogazione alla verifica dei carichi pendenti eventualmente sussistenti al momento dell’esecuzione del rimborso. La società ricorrente contestava l’eccezione pregiudiziale dell’Ufficio, alla luce della pronuncia di Codesta Suprema Corte, Sezioni Unite civili, n. 16692/2017. L’Ufficio riaffermava la fondatezza dell’eccezione pregiudiziale di inammissibilità, richiamando la pronuncia di legittimità n. 19401
del 20.07.2018, che riguardava, per l’appunto, un’ipotesi di adesione, da parte del contribuente, alla definizione di cui all’art. 8 della legge 289/2002. Con sentenza n. 1053/06/2021, depositata in data 06.12.2021, la Commissione Tributaria Provinciale, disposta l’estromissione dal giudizio della Direzione Regionale del Piemonte, respingeva il ricorso, con compensazione delle spese di lite. I Giudici di prime cure, richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione, ritenevano fondata l’eccezione pregiudiziale dell’Amministrazione di inammissibilità dell’istanza di rimborso, alla luce della presentazione, per la medesima annualità, di istanza di definizione, ai sensi dell’art. 8 della legge 289/2002. La società contribuente proponeva appello, lamentando, sulla scorta di quanto già evidenziato in sede di memoria illustrativa in primo grado, come la richiesta di rimborso fosse già contenuta nella dichiarazione integrativa presentata in data 12.03.2001, anteriormente all’adesione alla definizione di cui all’art. 8 della legge 289/2002, e che, alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione, il condono non potesse reputarsi preclusivo rispetto ai rimborsi precedentemente richiesti. Con successiva memoria illustrativa, la società contribuente rivendicava ulteriormente il proprio diritto al rimborso. L’Ufficio si costituiva nel giudizio di appello, rilevando come la dichiarazione integrativa del 12.03.2001 fosse tardiva rispetto ai termini di cui all’art. 2 del D.P.R. 322/1998 e potesse quindi costituire, come chiarito anche dalla circolare n. 98/E/2000, richiamata dalla stessa società nell’istanza di rimborso, unicamente titolo per la riscossione delle imposte e dei contributi dovuti, dovendo essere – viceversa – i crediti da essa scaturenti necessariamente richiesti a rimborso, con istanza ex art. 38 del D.P.R. 602/1973. Posto che l’istanza ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 602/1973 era stata presentata solo in data 12.05.2004, successivamente all’adesione alla definizione di cui all’art. 8 della legge 289/2002, avvenuta in data 16.06.2003, le doglianze esposte
in sede di impugnazione risultavano del tutto infondate. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, Sez. II, con la sentenza n. 249/02/2023, depositata in data 24.05.2023, in riforma della decisione di primo grado, reputava illegittimo il silenzio rifiuto opposto dall’Ufficio
Propone l’Agenzia ricorso in cassazione fondato su un unico motivo, mentre la contribuente resiste a mezzo di controricorso e successivamente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1.Col primo mezzo si deduce ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, commi 7 e 8, del D.P.R. 322/1998 (nella versione vigente ratione temporis), in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c.’, con riferimento alla inidoneità della dichiarazione presentata in data 12 marzo 2001 a fungere da istanza di rimborso. L’art. 2, commi 7 e 8, del D.P.R. 322/1998 (nella formulazione vigente ratione temporis) disponeva che: <>. Nel caso di specie, la C.G.T. di secondo grado avrebbe pacificamente accertato in giudizio che la dichiarazione reddituale
per l’anno di imposta 1999 è stata presentata dalla società contribuente in data 30 ottobre 2000. Essa è stata successivamente integrata in data 12 marzo 2001. La dichiarazione integrativa, dunque, era indubitabilmente tardiva ai sensi del comma 7 (vigente ratione temporis) dell’art. 2 del D.P.R. 322/1998. In questo contesto fattuale, pacifico e non contestato, la C.G.T. di secondo grado avrebbe dunque falsamente applicato al caso di specie il predetto comma 7 dell’art. 2 del D.P.R. 322/1998, reputando che una dichiarazione integrativa pacificamente tardiva potesse costituire un valido titolo per chiedere il rimborso di somme. La stessa contribuente aveva del resto presentato, in data 10 maggio 2004 (pervenuta in Ufficio il 14 maggio 2004), un’apposita istanza di rimborso, ex art. 38 del D.P.R. 602/1973, tenuto conto che, a fronte di una dichiarazione integrativa tardiva, l’unico strumento a suo tempo concesso al contribuente per richiedere il rimborso di somme era proprio tale istituto. Come illustrato anche dalla circolare n. 98/E/2000, richiamata dalla stessa società nell’istanza di rimborso, <>. A parere della difesa erariale, la C.G.T. di secondo grado, quindi, avrebbe potuto e dovuto accertare, ove avesse fatto buon governo delle disposizioni indicate nell’epigrafe del presente motivo di ricorso per cassazione, che la dichiarazione rettificativa tardiva costituiva titolo unicamente per la riscossione delle imposte dovute; il che avrebbe altresì consentito di spiegare perché la parte contribuente av esse successivamente proposto un’istanza di rimborso ex art. 38 del D.P.R. 602/1973, posto che la dichiarazione
rettificativa tardiva non poteva assumere alcuna valenza in tal senso. Per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, d’altro canto, <> (Cass. 4238/04; si confronti Cass. Civ., Sez. trib., sentenza n. 3621 del 20.02.2006). Conformemente, le istruzioni alla dichiarazione modello Unico Società di Capitali per l’anno 1999 prevedevano la possibilità di presentazione di una dichiarazione rettificativa negli ordinari termini di presentazione della dichiarazione (pag. 11 istruzioni per la compilazione del frontespizio), ricadendo -nelle eventualità di presentazione di dichiarazione sostitutiva rettificativa o integrativa della precedente oltre i termini ordinari -nell’ipotesi di ravvedimento operoso, per cui le medesime istruzioni al modello dichiarativo (appendice pagg. 92 94) non contemplavano l’ipotesi di rettifiche in senso favorevole al contribuente. Nel caso di specie, in definitiva l’unico titolo valido per la richiesta di rimborso relativa all’anno di imposta 1999 sarebbe costituito dall’istanza formulata ai sensi dell’art. 38 D.P.R. 602/1973, presentata incontestabilmente soltanto nel maggio 2004, ossia successivamente all’adesione alla definizione di cui all’art. 8 della legge 289/2002, avvenuta il 16.06.2003 anche in relazione all’anno di imposta 1999.
Col secondo motivo si deduce ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 della legge 289/2002, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riferimento alla illegittimità del
riconoscimento della spettanza del rimborso in presenza di previa adesione alla definizione condonistica per l’anno di imposta 1999′. La C.G.T. secondo la difesa erariale avrebbe dovuto ancorare la richiesta di rimborso all’istanza presentata nel maggio 2004, ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 602/1973, e non già alla dichiarazione rettificativa del 2001, che non poteva costituire valido titolo in tal senso. Da tale presupposto deriverebbe l’ulteriore motivo di illegittimità della sentenza impugnata, tenuto conto che la citata istanza di rimborso del 2004 è stata proposta in data pacificamente successiva rispetto all’adesione della società contribuente al condono di cui alla legge 27 dicembre 2002, n. 289. Tale adesione al condono, per pacifica giurisprudenza di legittimità, è stata ritenuta preclusiva rispetto alla possibilità di ottenere rimborsi relativi ai periodi d’imposta condonati, rendendo definitiva la liquidazione delle imposte, così come risultanti dalla dichiarazione integrata in peius dal contribuente. Come già rilevato, infatti, la società contribuente ha pacificamente aderito, in data 16.06.2003, alla definizione di cui all’art. 8 della legge n. 289/2002, integrando -con riferimento all’anno di imposta 1999 l’imponibile IRPEG in misura pari ad euro 200.000,00, con una maggiore imposta conseguente di euro 74.000,00, cristallizzando in tal modo la propria posizione fiscale con riguardo all’anno 1999. Al riguardo, Codesta Suprema Corte ha più volte evidenziato che <> (vedasi, ex multis, Cass. Civ., sent. n. 889 del 20 gennaio 2010).
<>, disponendo espressamente che <> (vedasi, inoltre, Cass. Civ., Sez. trib., sentenze nn. 21326 del 18.09.2013 e 19581 del 17.09.2014). Già in altre occasioni la giurisprudenza di legittimità, sempre in relazione alla definizione di cui all’art. 8 della legge n. 289/2002, ha sancito che <> (cfr. ex multis, Cass. Civ., Sez. trib., sent. n. 8846 del 16.04.2014). Il riferimento alla pronuncia delle Sezioni Unite civili n. 16692 del 2017, inoltre, sarebbe del tutto inconferente, in quanto con detta pronuncia è stata sancita la legittimità, pur in presenza di condono, dell’emissione da parte dell’Amministrazione di un atto di recupero di crediti regolarmente esposti nella dichiarazione tempestivamente presentata, di cui la parte aveva già fruito, mentre nella fattispecie trattasi di controversia su un’istanza di rimborso del contribuente presentata successivamente al condono. Del resto, ancora successivamente, proprio in relazione alla definizione di cui al citato art. 8 della legge
289/2002, la Suprema Corte ha ulteriormente ribadito che <> (vedasi Cass. Civ., Sez. trib., ordinanza n. 19401 del 20.07.2018; nello stesso senso anche Cass. Civ., Sez. trib., ordinanza n. 32808 del 19.12.2018). Non potrebbe avere alcuna incidenza sul caso di specie, inoltre, la circostanza che l’Ufficio abbia chiesto, nel corso della fase amministrativa di valutazione dell’istanza di rimborso, ulteriore documentazione comprovante la sussistenza dei presupposti del rimborso. L’art. 8 della legge 289/2002, non prevede che l’inammissibilità dell’istanza di rimborso relativa ad annualità oggetto di condono debba essere necessariamente eccepita dall’Ufficio prima dell’avvio di qualsiasi accertamento istruttorio, propedeutico alla valutazione sulla spettanza delle somme richieste dal contribuente. Il fatto che l’Ufficio non si sia avveduto da subito del fatto ostativo ed abbia
chiesto documentazione integrativa alla società contribuente, dunque, non può dirsi in alcun modo di ostacolo alla successiva deduzione, nell’ambito del giudizio instaurato avverso il silenzio diniego, di una inammissibilità dell’istanza di rimborso, essendo la stessa attinente ad annualità già condonata ex lege 289/2002.
Il secondo motivo, da esaminarsi preliminarmente in ossequio al principio dello scrutinio prioritario della ragione più liquida, è fondato.
In effetti va ribadito che prima dell’entrata in vigore del d.p.r. n. 431/01 (1° gennaio 2002) l’unico strumento di rettifica della dichiarazione dei redditi in favore del contribuente era costituito dall’istanza di rimborso, con l’ovvia conseguenza che solo la rettifica presentata nei termini utili per la dichiarazione stessa poteva essere utilmente presentata.
Ed infatti <> (Cass. 4238/04).
Nella specie, essendo pacificamente intervenuta l’istanza di rimborso successivamente alla domanda di condono, vanno applicati i principi giurisprudenziali esposti al secondo motivo, ed in particolare quello secondo cui <> (vedasi, ex multis, Cass. Civ., sent. n. 889 del 20 gennaio 2010). rimborso posteriore alla domanda di condono, e dunque contrastante con quest’ultima e come tale inefficace, correttamente essa è stata
Da ciò discende dunque che, essendo l’istanza di oggetto di rifiuto da parte dell’amministrazione.
L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento del primo.
Il ricorso merita dunque accoglimento e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito la domanda introduttiva dev’essere respinta, con condanna alle spese della controricorrente soccombente. Spese delle fasi di merito integralmente compensate fra le parti.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge la domanda introduttiva.
Condanna la controricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 10.000,00, oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese relative alle fasi di merito.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2024