Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9450 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9450 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al n. 25095/2023 R.G.) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Milano, alla INDIRIZZO (Codice Fiscale e Partita I.V.A.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato presso lo studio dell ‘ avv. NOME COGNOME che rappresenta e difende la società stessa, giusta procura speciale allegata al ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità (p.e.c.: ‘ EMAIL) ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall ‘Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata ‘ ope legis ‘ presso gli uffici di quest ‘ ultima, siti in Roma, alla INDIRIZZO (indirizzo p.e.c.: EMAIL) ;
-controricorrente –
n. 25095/2023 R.G.
COGNOME
Rep.
C.C. 28 gennaio 2025
Tributi
–
Energia
elettrica
–
Accisa
Addizionale
provinciale
Rimborso – Decadenza
Legittimazione.
avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia n. 1760/2023, pubblicata il 18 maggio 2023;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria illustrativa depositata nell ‘ interesse della ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 380bis .1. c.p.c.;
FATTI DI CAUSA
1.- L ‘ odierna ricorrente società RAGIONE_SOCIALE stipulava, con la società RAGIONE_SOCIALE, contratto di fornitura di energia elettrica per gli anni 2010 e 2011. La predetta RAGIONE_SOCIALE, in forza di tale contratto, forniva, nel periodo ricompreso tra il 1° luglio 2010 e il 30 giugno 2011, l ‘ energia elettrica alla suddetta ricorrente in Milano, al INDIRIZZO
La ricorrente versava gli importi richiesti dalla fornitrice nelle fatture mensili di energia elettrica, tra cui anche l ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica prevista dall ‘ art. 6, comma 1, lett. c), d.l. n. 511 del 1988, in quanto la fornitrice, quale soggetto passivo dell ‘ accisa e dell ‘ addizionale, li addebitava, in via di rivalsa, alla cliente finale. Pertanto, la società RAGIONE_SOCIALE corrispondeva alla fornitrice di energia elettrica la somma complessiva di €. 22.696,13 (euro ventiduemilaseicentonovantasei/13) a titolo di addizionale.
L ‘ addebito delle predette somme nei confronti del cliente finale risultava tuttavia privo di causa e, pertanto, indebito, in quanto l ‘ addizionale provinciale (applicabile sui consumi di qualsiasi uso di energia elettrica effettuati in locali e luoghi diversi dalle abitazioni), era da considerarsi un tributo ‘illegittimo’ alla luce del contrasto della norma interna istitutiva dell ‘ addizionale provinciale con il diritto dell ‘ Unione Europea, ed in particolare con la Direttiva n. 92/12/CEE e n. 2008/118/CE relativa al ‘ Regime generale delle accise ‘. Il contrasto con la normativa europea era talmente evidente che l ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica veniva poi soppressa dal legislatore a partire dal 1° gennaio 2012, dall ‘ art. 18, comma 5, d.lgs. n. 68 del 2001 (per le Regioni
a Statuto ordinario), e, dal 1° marzo 2012, dall ‘ art. 4, comma 10, d.l. n. 16 del 2012, per le Regioni a Statuto speciale, stante la possibile apertura di una procedura di infrazione dell ‘ Unione Europea nei confronti dell ‘ Italia, proprio per via dell ‘ incompatibilità di detto tributo con il diritto eurounitario.
Sulla scorta di quanto sopra, la ricorrente, al fine di ottenere la restituzione delle addizionali provinciali indebitamente corrisposte, con diffida del 27 agosto 2020 inviata a mezzo posta elettronica certificata, intimava alla fornitrice società RAGIONE_SOCIALE la restituzione dell ‘ importo complessivo di €. 22.696,13 (euro ventiduemilaseicentonovantasei/13), oltre interessi.
La società fornitrice riscontrava tale comunicazione, rilevando la propria impossibilità giuridica e fattuale di procedere alla restituzione delle imposte richieste, in ragione del fatto di essere stata sottoposta alla procedura di concordato preventivo, conclusa con il decreto di omologa del 2 luglio 2014 emesso dal Tribunale di Asti. Tale provvedimento aveva determinato l ‘ esdebitazione ex art. 184 l.fall., cosicché era venuta meno la possibilità di recupero integrale delle somme nei confronti della fornitrice, se non per una percentuale insignificante.
Pertanto, la ricorrente, ritenendo di trovarsi nell ‘ ipotesi eccezionale valevole a legittimarla all ‘ azione diretta nei confronti dell ‘ amministrazione finanziaria, aveva formulato, in data 2 febbraio 2021, istanza di rimborso all ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Ufficio delle Dogane di Milano 1.
Tale istanza rimaneva tuttavia priva di riscontro, lasciando maturare il silenzio – diniego circa il rimborso richiesto dalla società RAGIONE_SOCIALE, che lo impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, evidenziando: 1) la legittimazione straordinaria da parte del consumatore finale ad agire per il rimborso nei confronti dell ‘ Agenzia delle Dogane, attesa la peculiare situazione soggettiva della società fornitrice;2) la giurisdizione della Commissione Tributaria a decidere della controversia; 3) la sussistenza del diritto al rimborso delle somme corrisposte dal cliente
finale a titolo di addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica, trattandosi di tributo non dovuto, per incompatibilità con le Direttive Europee nn. 1992/12/CEE e 2008/118/CE.
L ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nel resistere in giudizio, insisteva per la tardività dell ‘ istanza di rimborso, in quanto presentata oltre il termine di decadenza biennale di cui all ‘ art. 14, comma 2, TUA (d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504).
La RAGIONE_SOCIALE di Milano, con la sentenza di primo grado, rigettava integralmente il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE accogliendo l ‘ eccezione sollevata dall ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in merito alla non tempestività dell ‘ istanza di rimborso per intervenuta decadenza biennale.
2.- La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, investita dall ‘ appello della società RAGIONE_SOCIALE (che deduceva: « Erroneità della sentenza di primo grado: il diniego di rimborso è illegittimo in quanto la richiesta restitutoria è stata tempestivamente avanzata dalla COGNOME nel termine decennale di prescrizione. Inapplicabilità del termine di decadenza biennale riferibile unicamente al fornitore di energia elettrica, unico soggetto passivo. Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 14, comma 2, D.Lgs. n. 504/1995 (TUA) »), con la sentenza impugnata mediante l ‘ odierno ricorso per cassazione, confermava la pronuncia di primo grado, e, conseguentemente, rigettava l ‘ appello della RAGIONE_SOCIALE riconoscendo la legittimità del diniego di rimborso opposto.
In particolare, la Corte di secondo grado, ritenendo l ‘ addizionale incompatibile con il diritto unionale, considerava assorbente il motivo relativo alla tardività dell ‘ istanza di rimborso, affermando che: « Il termine biennale previsto dall ‘ art. 14 TUA è applicabile dunque anche nei casi di legittimazione eccezionale del consumatore il quale, in ragione delle diversità tra l ‘ azione civilistica di indebito e quella tributaria di rimborso, esercita quest ‘ ultima in vece del proprio fornitore. Orbene, nel caso di specie, tale termine deve ritenersi spirato, avendo azionato l ‘ appellante nel
2020 il diritto alla restituzione di versamenti effettuati nel 2010 e nel 2011. Occorre, inoltre, sottolineare che l ‘ appellante non ha dato prova della propria legittimazione straordinaria all ‘ esercizio dell ‘ azione diretta per il rimborso nei confronti dell ‘ Amministrazione finanziaria. La Suprema Corte ha chiarito che l ‘ impossibilità o l ‘ eccessiva difficoltà richiesta dal citato principio di effettività non sono di per sé ravvisabili per il fatto che la natura indebita del pagamento dell ‘ imposta discenda dalla contrarietà di una norma nazionale a una direttiva, ma sono correlate alla situazione del soggetto passivo (nel caso in questione, del fornitore) e non già a quella del consumatore finale. RAGIONE_SOCIALE non ha allegato, né tantomeno provato che il proprio fornitore, soggetto passivo legittimato a richiedere il rimborso, non abbia avuto la possibilità di chiedere il rimborso e nemmeno che non abbia proposto la relativa domanda e, quindi, non ha provato, come suo onere specifico, i presupposti della propria legittimazione straordinaria (cfr. Cass. S.U. n. 2951 del 16/02/2016; Cass. n. 16904 del 27/06/2018). A tale fine deve considerarsi che la Cassazione ha riconosciuto la immediata applicabilità della direttiva comunitaria citata sin dalla sua entrata in vigore, che la normativa nazionale è stata abrogata nel 2012 e che l ‘ omologa del concordato preventivo del fornitore RAGIONE_SOCIALE è successiva, risalendo al 2014; l ‘ appellante non dimostra neppure di avere medio tempore richiesto invano la restituzione di tali specifici crediti secondo l ‘ azione di ripetizione dell ‘ indebito, potendo contare sul termine decennale di prescrizione, o di essersi opposta alla falcidia concordataria mediante l ‘ esercizio del diritto di voto. Alla luce di tali motivazioni, questa Corte ritiene condivisibile il principio espresso dalla Giurisprudenza di Legittimità secondo cui – a dispetto della formulazione ellittica dell ‘ art. 14, comma 2, TUA («l ‘ accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata»), che non contiene alcuna indicazione specifica dei soggetti legittimati – detta disposizione non possa ritenersi applicabile a tutti coloro che dimostrino di avere indebitamente pagato l ‘ imposta, dovendo necessariamente tenersi conto della sussistenza di una legittimazione
straordinaria e del termine biennale di decadenza. La sentenza di primo grado deve, pertanto, trovare integrale conferma ».
In sostanza, pur avendo statuito l ‘ incompatibilità dell ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica, i giudici d ‘ appello ritenevano non solo l ‘ istanza di rimborso tardiva, in quanto presentata oltre il termine di decadenza biennale previsto dal TUA (art. 14, comma 2, d.lgs. n. 504 del 1995) per il fornitore di energia elettrica, ma anche che la pendenza della procedura di concordato preventivo a carico della società fornitrice di energia elettrica non legittimasse l ‘ azione diretta di rimborso nei confronti dell ‘ amministrazione finanziaria, in quanto solo il fallimento tout court avrebbe reso ‘ eccessivamente oneroso, se non impossibile ‘ il recupero del credito relativo alle addizionali provinciali all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica.
3.- Avverso la menzionata sentenza d ‘ appello, la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
4.L ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha resistito con controricorso.
5.- La ricorrente ha depositato memoria illustrativa, ai sensi dell ‘ art. 380bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 14 TUA, 23 Cost., 2935, 2946, 2964 e 2966 c.c.
Sostiene, in particolare, l ‘ erroneità della decisione assunta dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, che ha affermato la tardività dell ‘ istanza di rimborso, in quanto proposta oltre il termine di decadenza biennale di cui all ‘ art. 14, comma 2, TUA, giacché tale disposizione troverebbe applicazione esclusivamente nei confronti del soggetto passivo delle accise e delle addizionali, cioè il fornitore di energia elettrica. Ciò, in quanto essa disciplinerebbe i rimborsi d ‘ accisa e delle addizionali in forza del richiamo dell ‘ art. 56 TUA. Dal combinato disposto di tali disposizioni si desumerebbe che i soggetti che procedono alla fatturazione dell ‘ energia
elettrica ai consumatori finali sono tenuti, per i recuperi e per i rimborsi dell ‘ imposta, ad osservare le disposizioni dell ‘ art. 14 TUA (d.lgs. n. 504 del 1995).
Né, del resto, secondo la prospettazione della ricorrente, sarebbe possibile un ‘ estensione analogica del termine previsto dall ‘ art. 14, comma 2, TUA, anche a carico del consumatore finale, in ragione della tassatività delle ipotesi di decadenza previste dalla legge.
2.- Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, sempre ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 160, 164 e 184 l.fall., degli artt. 2033 e 2697 c.c., dell ‘ art. 6 d.l. n. 511 del 1988 e dei principi unionali di effettività del diritto al rimborso e proporzionalità.
Sostiene che la sentenza impugnata, confermando la pronuncia di primo grado, avrebbe ritenuto insussistenti, in caso di pendenza di concordato preventivo, le condizioni ‘ eccezionali ‘ e ‘ straordinarie ‘ per l ‘ azione diretta di rimborso nei confronti dell ‘ erario. Ciò, in quanto solo il fallimento in senso stretto renderebbe impossibile il rimborso del credito vantato.
Sostiene, altresì, che gli artt. 160, 168 e 184 l.fall. (r.d. 16 marzo 1942, n. 267), su cui si fonda la motivazione della sentenza impugnata, escludono che in caso di pendenza del concordato preventivo, il credito vantato nei confronti del soggetto sottoposto alla procedura concordataria possa essere soddisfatto integralmente, con conseguente impossibilità giuridica di ottenere il rimborso integrale del credito vantato al pari di quanto accade in caso di fallimento.
In altri termini, lo stato di insolvenza dell ‘ imprenditore è un fatto generatore della crisi d ‘ impresa che legittima l ‘ apertura del concordato preventivo. Al contempo, gli artt. 168 e 184 l.fall. prevedono, da un lato, che sussista un divieto di azioni esecutive da parte dei creditori del fornitore in procedura concordataria, con preclusione assoluta di pagamento dei crediti anteriori alla domanda di concordato, e, dall ‘ altro,
che tutti i creditori che abbiano una ragione di credito anteriore alla pubblicazione del ricorso, soggiacciono agli effetti del concordato.
Dal combinato disposto di tali disposizioni normative emergerebbe chiaramente, dunque, che i crediti antecedenti all ‘ omologazione del concordato non possono essere soddisfatti integralmente, con conseguente impossibilità giuridica di ottenere la restituzione del credito. Sicché, avrebbe errato la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado nel ritenere che solo il fallimento legittimerebbe l ‘ azione diretta di rimborso rendendo il recupero delle somme ‘ eccessivamente difficoltoso o impossibile ‘ , in quanto anche nell ‘ ipotesi di concordato preventivo, il consumatore finale non potrebbe certamente ottenere il rimborso integrale del proprio credito e si vedrebbe negare la restituzione della parte eccedente la percentuale concordataria. Pertanto, tale impossibilità giuridica integrerebbe chiaramente una situazione ‘ oltremodo gravosa ‘, o ‘ eccessivamente difficile ‘, se non addirittura ‘ impossibile ‘, valevole a pregiudicare il recupero.
Infine, la ricorrente evidenzia che le modalità di rimborso devono assicurare il rispetto del principio unionale di effettività e di proporzionalità.
Tali principi, per come interpretati dalla Corte di Giustizia dell ‘ Unione Europea, implicherebbero che le legislazioni nazionali debbano, da un lato, consentire al contribuente di recuperare integralmente e in condizioni adeguate il credito vantato entro un termine ragionevole di tempo, e, dall ‘ altro, prevedere che le modalità di rimborso non comportino alcun rischio finanziario per l ‘ avente diritto.
Pertanto, gli Stati membri devono assicurare che la richiesta di rimborso, laddove risulti essere fondata, come nel caso di specie in cui sussiste l ‘ incompatibilità delle addizionali in parola con il diritto unionale, sia efficacemente ed effettivamente evasa.
Riconoscendo che lo stato di insolvenza conseguente all ‘ omologazione del concordato preventivo non legittimi l ‘azione ‘ straordinaria ‘ ed
‘ eccezionale ‘ di rimborso si violerebbero i più basilari principi eurounitari: a fronte dell ‘ impossibilità giuridica di recuperare integralmente il credito, il contribuente si troverebbe privo di ogni forma di tutela, in spregio ai principi unionali che trovano applicazione diretta nel caso di imposte armonizzate come le accise e le addizionali.
In conclusione, secondo la prospettazione della ricorrente, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado avrebbe dovuto quantomeno rilevare che la pendenza del concordato preventivo evidenziava un dissesto economico, finanziario e patrimoniale del fornitore e che, per tali ragioni, essa integrava le condizioni ‘ eccezionali ‘ e ‘ straordinarie ‘ per l’ azione diretta di rimborso del consumatore finale nei confronti dell ‘ erario, stante l ‘ impossibilità di recuperare integralmente il proprio credito, mentre, al contrario, ha erroneamente ritenuto irrilevante la pendenza della procedura concordataria, sostenendo che solo il fallimento determina l ‘ impossibilità di recuperare il credito da parte del cliente finale.
3.- Le censure, suscettibili di essere scrutinate congiuntamente, sono fondate.
Risulta, anzitutto, pacifica l ‘ incompatibilità delle imposte addizionali all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica (già disciplinate dall ‘ art. 6 del d.l. n. 511 del 1988, conv. con l. n. 20 del 1989, nonché dagli artt. 52, 56 e 60 del d.lgs. n. 504 del 1995, come modificati dal d.lgs. n. 26 del 2007) con l ‘ art. 1, par. 2, della direttiva n. 2008/118/CE del 16 dicembre 2008, per il periodo dall ‘ entrata in vigore di quest ‘ ultima (15 gennaio 2009) fino all ‘ abrogazione delle imposte addizionali all ‘ accisa, trattandosi di imposte prive di una finalità specifica diversa da quella generica, connessa a mere esigenze di bilancio (cfr., ex multis , Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 15198 del 4 giugno 2019, Rv. 654134-01; CGUE, 25 luglio 2018, C-103/17, La RAGIONE_SOCIALE , punti 35 e segg.).
Altrettanto incontestabile è l ‘ autonomia delle addizionali rispetto all ‘ accisa (Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 16142 del 28 luglio 2020, non massimata), posto che è la stessa direttiva n. 2008/118/CE a chiarire che
le prime sono imposte diverse rispetto alla seconda, non potendosi ritenere le addizionali una mera componente dell ‘ accisa.
Occorre premettere altresì che, secondo il diritto dell ‘ Unione, gli Stati membri sono tenuti, in linea di principio, a rimborsare le imposte e i tributi percepiti indebitamente, posto che il diritto di ottenere il rimborso di tali tributi è la conseguenza e il complemento dei diritti riconosciuti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell ‘ Unione Europea che vietano tali tributi (CGUE, 11 aprile 2024, Gabel RAGIONE_SOCIALE 1 , C-316/22, punto 29; CGUE, 20 ottobre 2011, COGNOME e COGNOME C-94/10, punto 20).
In assenza di una disciplina armonizzata in tema di rimborso di imposte, spetta tuttavia all ‘ ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le precise modalità procedurali secondo le quali debba essere esercitato il diritto di ottenere il rimborso dell ‘ onere economico sopportato dal consumatore finale (CGUE, C-316/22, cit., punto 33; CGUE, 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken , C-35/05, punto 37), purché ciò avvenga nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (CGUE, 17 giugno 2004, RAGIONE_SOCIALE , C-30/02, punto 17, e CGUE, 6 ottobre 2005, RAGIONE_SOCIALE, C-291/03, punto 17).
Con riguardo alla questione del diritto del consumatore finale al rimborso delle addizionali versate al fornitore dell ‘ energia elettrica, è stato affermato che nei casi di impossibilità o eccessiva difficoltà per il consumatore finale di ottenere detto rimborso dal fornitore (nel caso, ad esempio, in cui quest ‘ ultimo si trovi in stato di insolvenza), il principio di effettività esige che il consumatore finale sia in grado di rivolgere la propria domanda di rimborso direttamente nei confronti dello Stato membro interessato (CGUE, C-35/05, cit., punto 41; CGUE, 26 aprile 2017, Farkas , C-564/15, punto 53).
Sulla base di tali principi, la giurisprudenza di questa Corte regolatrice ha affermato che le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui all ‘ art. 6 del d.l. n. 511 del 1988 (nel testo vigente ratione temporis) , alla medesima stregua delle accise, sono dovute, al momento della
fornitura dell ‘ energia elettrica al consumatore finale, dal fornitore il quale, pertanto, in caso di pagamento indebito, è, in termini generali, l ‘ unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all ‘a mministrazione finanziaria (con riguardo alla legittimazione passiva, cfr., altresì, Cass. civ., Sez. T, sentenza n. 21883 del 2 agosto 2024, Rv. 672036-01, secondo cui « La legittimazione passiva nelle liti promosse dal cedente della fonte energetica per il rimborso dell’addizionale provinciale sulle accise di cui all’abrogato art. 6, del d.l. n. 511 del 1988, convertito con modif. dalla l. n. 20 del 1989, per forniture di energia elettrica con potenza disponibile non superiore a 200 kW, spetta in via esclusiva all’Agenzia delle dogane e dei monopoli. »), mentre il consumatore finale, al quale il fornitore abbia addebitato le suddette imposte, può esercitare nei confronti di quest ‘ ultimo l ‘ ordinaria azione di ripetizione dell ‘ indebito.
Soltanto nel caso in cui il consumatore dimostri l ‘ impossibilità o l ‘ eccessiva difficoltà di tale azione (da riferire alla situazione in cui si trova il fornitore), può, in via di eccezione, chiedere direttamente il rimborso all ‘ amministrazione finanziaria, nel rispetto del principio unionale di effettività della tutela (cfr., ex multis , Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 29980 del 19 novembre 2019, Rv. 655922-01; Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 27099 del 23 ottobre 2019, Rv. 655803-02; Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 14200 del 24 maggio 2019, Rv. 654071-01).
Sul punto, peraltro, occorre richiamare anche il recente arresto della Corte di Giustizia (CGUE, 11 aprile 2024 Gabel RAGIONE_SOCIALE , C316/22), che impone una rilettura del perimetro relativo alla legittimazione straordinaria del consumatore finale nei confronti dell ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in tema di rimborso di addizionali provinciali di cui all ‘ art. 6, comma 2, d.l. n. 511 del 1988, applicate in contrasto con la direttiva 2008/118/CE.
Con la suddetta decisione è stato, in primo luogo, confermato il principio, ormai consolidato nella giurisprudenza unionale, secondo cui non può aversi, nei rapporti tra privati, efficacia « orizzontale » o diretta di
una direttiva non attuata (CGUE, C-316/22, punto 27; CGUE, 22 dicembre 2022, RAGIONE_SOCIALE e Commune de RAGIONE_SOCIALE , C-383/21 e C-384/21, punto 36, CGUE; 22 novembre 2017, Cussens , C-251/16, punto 26; CGUE, 12 dicembre 2013, Portgás , C-425/12, punti 18 e 22).
Sulla base di tale assunto – e, cioè, l ‘ insussistenza di un ‘ efficacia diretta tra privati derivante da una direttiva non attuata – la Corte di Giustizia dell ‘ Unione Europea ha poi affermato che « in una situazione come quella di cui ai procedimenti principali, i consumatori finali si trovano giuridicamente impossibilitati a far valere nei confronti dei fornitori di elettricità l ‘ incompatibilità dell ‘ imposta addizionale all ‘ accisa sull ‘ elettricità con le disposizioni della direttiva 2008/118 e, di conseguenza, a ottenere il rimborso dell ‘ onere economico supplementare generato da tale imposta che essi hanno dovuto sopportare a causa della scorretta trasposizione di tale direttiva da parte della Repubblica italiana» (CGUE, C-316/22 cit., punto 36). Ha, quindi, precisato che tale normativa « viola il principio di effettività, in quanto non permette ad un consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell ‘ onere economico supplementare che egli ha sopportato a causa della ripercussione, operata da un fornitore sulla base di una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un ‘ imposta che detto fornitore ha lui stesso indebitamente versato al suddetto Stato membro » (CGUE, C-316/22 cit., punto 37).
L ‘ impossibilità per il consumatore finale di invocare nei confronti del fornitore di energia elettrica l ‘ efficacia orizzontale della direttiva tardivamente attuata dallo Stato italiano si colloca, dunque, nell ‘ ambito delle condizioni dell ‘ esercizio dell ‘ azione straordinaria del consumatore finale nei confronti dell ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in una fase logicamente anteriore e pregiudiziale rispetto alla condizione soggettiva del fornitore che non riuscirebbe a rimborsare l ‘ addizionale indebitamente ripercossa sul consumatore a titolo di rivalsa.
Orbene, se l ‘ azione nei confronti del fornitore non è nemmeno astrattamente suscettibile di essere esperita, perché manca il presupposto
giuridico per esercitarla (nei termini indicati dalla Corte di Giustizia dell ‘ Unione Europea), il consumatore finale non ha alcuna necessità di dimostrare, in concreto, l ‘ eccessiva difficoltà di ottenere dal fornitore (a causa della situazione soggettiva in cui versa quest ‘ ultimo) il rimborso dell ‘ imposta indebitamente versata per potere poi esperire l ‘ azione straordinaria direttamente nei confronti dell ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. L ‘ azione di rimborso nei confronti del fornitore è in questo caso ipso iure preclusa (« i consumatori finali si trovano giuridicamente impossibilitati a far valere nei confronti dei fornitori di elettricità l ‘ incompatibilità dell ‘ imposta addizionale all ‘ accisa sull ‘ elettricità »: CGUE, C-316/22 cit., punto 36).
La ricaduta di questo principio sui presupposti dell ‘ azione di rimborso delle addizionali provinciali è ancora più ampia rispetto al tradizionale orientamento che riconosce la legittimazione straordinaria nei soli casi in cui venga in esame la situazione soggettiva del fornitore. L ‘ impossibilità di agire nei confronti del fornitore da parte del consumatore discende, infatti, dall ‘ impossibilità di invocare a fondamento della ripetizione dell ‘ indebito la mancata o irregolare trasposizione della direttiva nell ‘ ordinamento interno, senza la necessità di accertare l ‘ eccessiva difficoltà dovuta alla condizione del fornitore.
Ne deriva che, indipendentemente dalla condizione soggettiva del fornitore, l ‘ indebita corresponsione di addizionali, perché richieste per l’errata o tardiva trasposizione della disciplina unionale, in via di rivalsa al fornitore costituisce presupposto affinché il consumatore finale possa ottenere soddisfazione – nei limiti della prescrizione – del proprio diritto a vedersi manlevato dall ‘ amministrazione finanziaria delle addizionali indebitamente corrisposte, in applicazione del principio di effettività.
La ripercussione, da parte del fornitore di energia (soggetto di imposta), sul consumatore finale di una imposta a titolo di rivalsa, la quale sia stata successivamente dichiarata incompatibile con il diritto unionale, a causa di una direttiva tardivamente attuata dallo Stato italiano, non
costituisce, quindi, unicamente ragione per procedere con un ‘ azione per il risarcimento del danno nei confronti dello Stato per mancata o inadeguata attuazione di una direttiva (Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 25149 del 23 agosto 2023, Rv. 669074-01; Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 31609 del 25 ottobre 2022, Rv. 666099-01; Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 29980 del 19 novembre 2019, Rv. 655922-01), ma rappresenta anche il titolo per procedere nei confronti dell ‘ ente impositore (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) con azione di ripetizione di indebito oggettivo.
Poiché l ‘ azione esperita dal consumatore finale direttamente nei confronti dell ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è fondata sul principio di effettività della tutela giurisdizionale, la stessa è diretta a far valere, anche in questo caso (attesa l ‘ estraneità del consumatore al rapporto d ‘ imposta), l ‘ indebito oggettivo dovuto all ‘ ingiustificata ripercussione sul patrimonio del consumatore finale del versamento di un corrispettivo non dovuto, avente ad oggetto una imposta indebitamente versata al fornitore (l ‘ addizionale provinciale), in quanto in contrasto con il diritto unionale.
L ‘ azione esercitata nei confronti dell ‘ amministrazione finanziaria, anziché nei confronti del fornitore, non muta, quindi, la causa petendi del consumatore finale, che esercita pur sempre il diritto alla ripetizione di un indebito oggettivo per il corrispettivo maggiorato dell ‘ importo corrispondente all ‘ imposta versata in via di rivalsa.
L ‘ ente impositore (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) diviene, pertanto, legittimato passivo di una azione di indebito oggettivo; l ‘ insorgenza di una legittimazione straordinaria del consumatore finale (sprovvisto della legittimazione ordinaria) nei confronti dell ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, riconosciuta in forza del principio di effettività, non può, tuttavia, comportare un mutamento della causa petendi dell ‘ azione che questi avrebbe potuto esercitare, ma infruttuosamente, nei confronti del fornitore e che deve trovare copertura giurisdizionale, in forza del principio di effettività.
Né, del resto, può ipotizzarsi che l ‘ azione che il consumatore esperisca nei confronti dell ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli costituisca azione surrogatoria del fornitore, posto che i fondamenti della domanda del fornitore (che abbia versato imposte indebitamente) e di quella del consumatore (che abbia versato indebitamente al fornitore una indebita quota di corrispettivo a titolo di rivalsa) sono differenti. Il fornitore, soggetto al rapporto di imposta, può invocare la natura indebita del pagamento ai sensi dell ‘ art. 14, comma 2, del TUA, ovvero l ‘ impossibilità di detrarre l ‘ imposta dalla dichiarazione di consumo, come anche l ‘ essere stato compulsato dal fornitore alla ripetizione della rivalsa (art. 14, comma 4, TUA). Il consumatore finale, estraneo al rapporto di imposta, chiede, invece, la ripetizione di quanto indebitamente versato a titolo di rivalsa al fornitore e questa attività non fa sorgere nei suoi confronti un rapporto d ‘ imposta, in quanto la rivalsa resta sul piano civilistico del rapporto contrattuale, costituendo l ‘ imposta versata al fornitore una quota del corrispettivo contrattuale.
Ne deriva, pertanto, che il consumatore finale agisce a tutela di un diritto proprio, per ottenere la restituzione di una quota indebita del corrispettivo per un servizio ricevuto dal fornitore, ma fatto valere nei confronti di un soggetto (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), che ha incamerato quella quota di corrispettivo a titolo di imposta e che diviene legittimato passivo dell ‘ azione proposta dal consumatore in forza del principio di effettività. La natura indebita dell ‘ imposta discende dall ‘ avere il consumatore continuato a corrispondere al fornitore, quale quota di corrispettivo, le addizionali provinciali di cui all ‘ art. 6, comma 2, d.l. 28 novembre 1988, n. 511, nonostante esse risultassero in contrasto con il diritto unionale e, in particolare, con l ‘ art. 48 della direttiva 2008/118/CE, che ha imposto agli Stati membri il tempestivo adeguamento delle norme di diritto interno, tardivamente attuate dallo Stato italiano solo con il d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68.
Trattandosi, pertanto, di indebito oggettivo, di natura civilistica, all ‘ azione che il consumatore finale esercita nei confronti dell ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli non può applicarsi il termine di decadenza biennale di cui all ‘ art. 14, comma 2, TUA, proprio del rapporto di imposta, bensì la prescrizione ordinaria decennale (art. 2946 c.c.), propria dell ‘ azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.
L ‘ applicazione del termine prescrizionale ordinario, del resto, attribuisce al consumatore finale una tutela più ampia rispetto al termine di decadenza biennale di cui all ‘ art. 14, comma 2, TUA, previsto per il fornitore, soggetto di imposta, dovendosi confermare quanto più volte ribadito da questa Corte regolatrice, laddove ha affermato che « il consumatore si trova in una posizione di vantaggio, poiché può fruire di un termine di prescrizione ordinario per l ‘ azione civilistica di ripetizione dell ‘ indebito, più ampio di quello di decadenza assegnato al soggetto passivo per il rimborso» (Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 33099 del 9 novembre 2022, non massimata; Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 31609 del 25 ottobre 2022, Rv. 666099-01; Cass. civ., Sez. 6-5, ordinanza n. 15317 del 3 giugno 2021, non massimata; Cass. civ., Sez. 5, sentenze n. 27791 e 27792 del 30 ottobre 2019, non massimate; Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 22344 e 22345 del 15 ottobre 2020, non massimate; Cass. civ., Sez. 5, sentenze n. 21770 e 21772 del 9 ottobre 2020, non massimate; Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 3233 del 11 febbraio 2020, non massimata; Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 901 del 17 gennaio 2020, non massimata; Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 33603 del 18 dicembre 2019, non massimata; Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 29980 del 19 novembre 2019, Rv. 655922-01; Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 27099 del 23 ottobre 2019, Rv. 655803-02; Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 27100 del 23 ottobre 2019, non massimata).
La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, giacché, come già sopra chiarito, ha escluso il diritto della ricorrente società RAGIONE_SOCIALE consumatore finale dell ‘ energia
elettrica, al rimborso delle somme indebitamente versate a titolo di addizionale, in ragione della decadenza biennale prevista dal l’art. 14, comma 2, TUA (d.lgs. n. 504 del 1995) e della divisata mancanza di allegazione e prova relativa all’impossibilità o eccessiva difficoltà di ottenere, dalla società fornitrice (a causa della situazione soggettiva in cui versava quest’ultim a), tale rimborso.
3.- Deve, pertanto, essere ribadito -in coerenza con la recente giurisprudenza della Corte (Cass. civ., Sez. T, sentenza n. 21154 del 29 luglio 2024, Rv. 671657-01; Cass. civ., Sez. T, sentenza n. 21749 del 1° agosto 2024, non massimata; Cass. civ., Sez. T, sentenza n. 24373 dell’11 settembre 2024, Rv. 672230-01) – il seguente principio di diritto:
«In tema di rimborso dell ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica, di cui all ‘ art. 6 del d.l. n. 511 del 1988, il consumatore finale, che ha corrisposto al fornitore di energia, a titolo di rivalsa, tale imposta, poi dichiarata in contrasto con il diritto unionale, può agire nei confronti dell ‘ erario, in forza del principio di effettività, mediante l ‘ azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., assoggettata al termine di prescrizione ordinaria e non a quello decadenziale ex art. 14, comma 2, TUA. ».
4.- Deve, inoltre, essere affermato il seguente ulteriore principio di diritto: «In tema di rimborso dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica , di cui all’art. 6 del d.l. n. 511 del 1988 , il consumatore finale che ha corrisposto al fornitore di energia, a titolo di rivalsa, tale imposta, poi dichiarata in contrasto con il diritto unionale, può agire nei confronti dell’erario, in forza del principio di effettività, mediante la ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., senza necessità di provare l’impossibilità o l’eccessiva difficoltà di tale azione nei riguardi del fornitore, dovute alla condizione soggettiva di quest’ultimo , giacché detta azione risulta già preclusa in base al principio secondo cui non può aversi, nei rapporti tra privati, efficacia «orizzontale» o diretta di una direttiva unionale non attuata.» .
5.- In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio della causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai principi di diritto sopra espressi e provvedendo, altresì, a statuire sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria,