Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13742 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 13742 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9709/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME già elettivamente domiciliata presso RAGIONE_SOCIALE STUDIO DI CONSULENZA GIURIDICO-TRIBUTARIA ed attualmente domiciliata per legge presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del predetto difensore;
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-controricorrente-
-ricorrente adesiva in via incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 375/2023 depositata il 15/02/2023;
dato atto che il Presidente del Collegio ha preliminarmente invitato le parti ad interloquire sulla ricaduta nel presente giudizio di legittimità della sentenza n. 43/2025, depositata dalla Corte costituzionale lo scorso 15 aprile 2025;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/04/2025 dal Consigliere COGNOME
udito il Procuratore Generale, nella persona della Dott.ssa NOME COGNOME che, richiamate le conclusioni scritte, ha insistito nel rigetto del ricorso;
uditi i Difensori delle parti, che hanno insistito nell’accoglimento delle rispettive richieste.
FATTI DI CAUSA
1.In data 31 dicembre 2008 RAGIONE_SOCIALE (all’epoca RAGIONE_SOCIALE, di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE), società dedita alla vendita di energia elettrica e gas naturale nel mercato libero, e RAGIONE_SOCIALE (all’epoca RAGIONE_SOCIALE sottoscrissero un contratto di fornitura di energia elettrica, in virtù del quale, per quanto qui rileva, la prima ha somministrato alla seconda energia elettrica presso i punti di prelievo NUMERO_DOCUMENTO, sito a Oderzo (TV) in INDIRIZZO Callalta n. 43 e IT001E00059270, sito a Ponte di Piave (TV), in INDIRIZZO
I documenti fiscali, emessi da RAGIONE_SOCIALE nell’ambito del rapporto di fornitura, recavano, in relazione ai consumi degli anni 2010 e 2011, fra
le ‘ Imposte ‘, le ‘ Addizionali provinciali ‘, secondo quanto previsto dalla normativa al tempo applicabile, quale in particolare l’articolo 6 del decreto legge n. 511 del 29 novembre 1988, convertito con modifiche dalla legge n. 20 del 27 gennaio 1989.
RAGIONE_SOCIALE ha ceduto sin dall’origine tutti i crediti derivanti dal Contratto ad RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘), sicché il pagamento del corrispettivo delle Fatture è stato effettuato in favore di RAGIONE_SOCIALE
Likum proponeva ricorso ex art. 702bis davanti al Tribunale di Treviso nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e Ifitalia, sostenendo il proprio diritto al rimborso di quanto indebitamente corrisposto a titolo di addizionale ex art. 6 del d.l. 28 novembre 1988, n. 511, e chiedendo la condanna delle convenute al pagamento in suo favore dell’importo di Euro 81.645,81, oltre agli interessi legali maturati e maturandi dalla domanda al soddisfo, oneri accessori e rivalutazione come per legge.
COGNOME si costituiva, e, in via preliminare, contestava la propria legittimazione passiva rispetto all’azione ex art. 2033 c.c. esperita nei suoi confronti da RAGIONE_SOCIALE; mentre, nel merito, contestava la fondatezza della domanda proposta da quest’ultima,
Anche RAGIONE_SOCIALE si costituiva, e: in via preliminare, eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva: mentre, nel merito, chiedeva: in via principale, il rigetto della domanda; e, in via subordinata, di essere manlevata da RAGIONE_SOCIALE in forza del contratto di factoring stipulato con quest’ultima.
Il Tribunale di Treviso, con ordinanza n. 2839/2021, emessa ex art.702 ter c.p.c. nel contraddittorio delle parti:
da un lato, in accoglimento della domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della convenuta, condannava RAGIONE_SOCIALE alla restituzione dell’importo di euro 81.613,53 a titolo di addizionale all’accisa sulla fornitura di energia elettrica indebitamente corrisposto negli anni 2010-2011;
e, dall’altro, in accoglimento della domanda riconvenzionale subordinata proposta da COGNOME nei confronti di COGNOME condannava quest’ultima a tenere indenne COGNOME della condanna subita.
Avverso la suddetta ordinanza del giudice di primo grado Alperia e Ifitalia e proponevano distinti appelli.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva chiedendo la conferma della sentenza appellata.
La corte territoriale – riuniti i due procedimenti con ordinanza 27 ottobre 2021 – con sentenza n. 375/2023 respingeva entrambi gli appelli.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso Alperia.
Ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE che preliminarmente ha chiesto dichiararsi inammissibile per carenza di interesse il ricorso di Alperia ed ha chiesto che il controricorso di Ifitialia sia qualificato ricorso e sia ritenuto tardivo.
Ifitalia si è costituita al fine di aderire ai motivi presentati da COGNOME chiedendo a sua volta la cassazione della sentenza impugnata.
Per l’adunanza camerale del 15 gennaio 2025 il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre i Difensori di tutte le parti hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive richieste.
Per l’odierna udienza pubblica il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso, mentre i Difensori di tutte le parti hanno nuovamente depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La società RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE e ancor prima RAGIONE_SOCIALE – dopo aver premesso che la controversia in esame verte sulla pretesa contrarietà dell’articolo 6 del D.L. 511/1988 con l’articolo 1, paragrafo 2, della Direttiva 2008/118/CE, recepita in Italia con il D. Lgs. 48/2010; e che nella
giurisprudenza di merito si è affermato un orientamento, nel quale si colloca anche la impugnata sentenza, che ritiene legittima la disapplicazione dell’articolo 6 del D.L. 511/1988 nel rapporto orizzontale promosso ex articolo 2033 c.c. dal consumatore finale, al quale l’addizionale provinciale è stata addebitata a titolo di rivalsa ex articolo 56 del TUA, e il fornitore di energia elettrica – denuncia l’illegittimità di tale ultima interpretazione, che ritiene contrastante con il sistema delle fonti del diritto nazionale; e, all’uopo, articola in ricorso quattro motivi. Precisamente, la società ricorrente:
1.1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia <>.
In sintesi, si duole che la corte territoriale ha mosso il passo dall’irrilevanza della natura della Direttiva 2008/118/CE alla luce del principio secondo cui le sentenze interpretative della CGUE sarebbero (sempre) immediatamente applicabili nell’ordinamento nazionale e, anche nel caso di specie, i principi affermati nelle cause C-533/13 e C103/17, dovrebbero trovare immediata applicazione nell’ordinamento interno, portando alla disapplicazione dell’articolo 6 del D.L. 511/88. Sostiene che, in difetto di una norma europea dotata di efficacia diretta, l’incompatibilità della norma interna non possa essere risolta con la disapplicazione, bensì unicamente con il ricorso al sindacato della Corte costituzionale.
1.2. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia: <>.
Invocando principi di diritto affermati da questa Corte (ad es., Cass. n. 3593/2021; n. 22759/2014 e n. 6835/2017), sostiene che tale omissione si traduce in un vizio di omessa pronuncia e che è indubbia la rilevanza di tale vizio, in quanto, ove fossero stati indagati gli specifici elementi a sostegno di una qualificazione dell’addizionale provinciale quale tributo accessorio all’accisa sull’energia elettrica addotti da COGNOME in relazione al secondo motivo di appello, il giudice di merito avrebbe dovuto accertare l’estraneità dell’articolo 6 del D.L. 511 del 1988 rispetto alle previsioni di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della Direttiva 2008/118/CE e, conseguentemente, escludere la pertinenza dei precedenti resi della CGUE. Sicché, atteso che la Sentenza dichiaratamente riconduce la legittimità del ricorso alla disapplicazione all’interpretazione adeguatrice dell’articolo 1, paragrafo 2, della Direttiva 2008/118/CE di cui alle sentenze della CGUE, ove fosse stata esclusa la sottostante antinomia tra la norma interna e i principi affermati in sede europea, i pagamenti effettuati da RAGIONE_SOCIALE avrebbero dovuto essere ritenuti legittimi.
1.3. Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia: <>.
In sintesi, si duole che la corte territoriale ha ricondotto l’addizionale provinciale sull’energia elettrica disciplinata dall’articolo 6
del D.L. n. 511/1988 all’alveo delle ‘ altre imposte indirette ‘ di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della Direttiva 2008/118/CE in difetto dei presupposti di autonomia giuridica dell’addizionale in oggetto rispetto all’accisa sull’energia elettrica.
I motivi – che, in quanto tutti relativi all’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica (istituita dall’articolo 6 commi 1 lettera c) e 2 del D.L. 511/1988, convertito con modificazioni nella legge n. 20/1989, successivamente sostituito dall’art. 5 comma 1 del d. lgs. n. 26/2007), ed alla facoltà del consumatore di chiederne il rimborso al fornitore, sono qui trattati congiuntamente – non sono fondati, ma la motivazione va corretta.
2.1. Giova premettere che l’accisa è un’imposta indiretta applicata alla produzione o al consumo di determinati prodotti, tra i quali la energia elettrica.
Si tratta di una imposta indiretta, in quanto il produttore paga il tributo per poi rivalersi sul consumatore.
La normativa relativa alle accise è contenuta nel Testo Unico delle Accise (c.d. T.U.A.), posto dal d.lgs. n. 504/1995.
A livello eurounitario, il Consiglio europeo, a partire dal 1992, allo scopo di abolire (o attenuare) gli ostacoli che si frapponevano all’interscambio tra i Paesi membri dei prodotti sottoposti ad accisa, è intervenuto con una serie di direttive volte all’armonizzazione delle imposte in questione. In particolare, con la direttiva 92/12/CEE del 25 febbraio 1992 (e successive modifiche), sono state dettate le norme relative al regime generale, alla detenzione, alla circolazione e ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa. Tra detti prodotti è stata aggiunta l’energia elettrica per effetto della direttiva 2003/96/CE del 27 ottobre 2003, che ha ampliato l’insieme dei prodotti energetici soggetti al regime comunitario relativo alle accise.
La direttiva 92/12/CEE, con effetto dal 1° aprile 2010, è stata sostituita dalla direttiva 2008/118/CE del 16 dicembre 2008 (sostituita
a sua volta, con effetto dal 13 febbraio 2023, almeno per le innovazioni di maggiore rilievo, dalla direttiva (UE) 2020/262 del 19 dicembre 2029, entrata in vigore il 21 marzo 2020), che, all’art. 1, paragrafo 2, prevedeva: <
>.
2.2. Occorre aggiungere che l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, per cui è ricorso, è stata introdotta dall’art. 5 del d.lgs. n. 26 del 2007 (sostitutivo dell’art. 6 del d.l. n. 511 del 1988, come convertito, con modificazioni, nella legge n. 20/1989) al fine di recepire le indicazioni di cui alla direttiva 2003/96/CE del 27 ottobre 2003, che, come sopra rilevato, aveva ricompreso tra i prodotti energetici soggetti al regime comunitario relativo alle accise, anche l’energia elettrica.
Nel 2011 la Commissione Europea ha avviato una procedura nei confronti dell’Italia, ritenendo che l’addizionale provinciale per cui è ricorso fosse illegittima per contrasto proprio con la richiamata direttiva 2008/118/CE (che, come sopra rilevato, vieta di applicare sui prodotti sottoposti ad accisa delle ulteriori imposte indirette, quale si ipotizzava appunto fosse l’addizionale, prive di ‘finalità specifica’).
Al fine di evitare la prosecuzione di tale procedura a proprio carico, il legislatore nazionale è intervenuto nel 2012, abrogando l’addizionale provinciale: dapprima, nelle Regioni a statuto ordinario, in forza del combinato disposto degli artt. 2, comma 6, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 e 18, comma 5, del d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68; e, successivamente, nelle Regioni a statuto speciale ad opera dell’art. 4, comma 10, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16.
Tale intervento abrogativo, se ha risolto il problema della illegittimità della addizionale per il futuro, lo ha lasciato tuttavia aperto per le annualità precedenti.
2.3. Anche detto problema deve intendersi risolto alla luce del fatto che l’art. 5 del d.lgs. n. 26 del 2007 (sostitutivo dell’art. 6 del d.l. n. 511 del 1988, come convertito, con modificazioni, nella legge n. 20/1989) – già abrogato, si ribadisce, dal legislatore italiano nel 2012 -è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con la recentissima sentenza n. 43/2025 dello scorso 15 aprile 2025.
Secondo il Giudice delle leggi, che ha premesso doversi escludere l’efficacia orizzontale delle direttive eurounitarie non autoesecutive, l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica non rispetta il requisito della finalità specifica richiesto dal diritto dell’Unione europea, dal momento che la norma istitutiva ne prevede soltanto una generica destinazione del gettito «in favore delle province».
A seguito della caducazione (per effetto della ritenuta illegittimità costituzionale) della norma istitutiva della suddetta addizionale – in considerazione dell’effetto ex tunc , salvo per i rapporti esauriti, della pronuncia di illegittimità della Corte costituzionale – i clienti dei fornitori di energia elettrica possono esercitare l’azione di ripetizione dell’indebito direttamente nei confronti di questi ultimi (che potranno, a loro volta, rivalersi nei confronti dello Stato), nel rispetto dell’ordinario termine decennale di prescrizione.
In definitiva e in estrema sintesi, la dichiarata illegittimità costituzionale della norma interna per contrarietà al diritto UE fa venire meno, nei rapporti tra Erario e fornitore, la causa giustificatrice del prelievo erariale.
Una volta rilevata l’incostituzionalità della norma interna (per contrasto con il diritto UE) con effetti (verticali) nei rapporti tra Amministrazione finanziaria e fornitore di energia elettrica, da ciò non
può che conseguire la non debenza dei pagamenti effettuati sine titulo dall’utente, consumatore finale.
Occorre qui ribadire che – fermo restando il principio secondo cui, di regola, il fornitore è solo il soggetto tenuto a versare l’accisa allo Stato, in modo da consentire all’Erario un rapporto tributario con pochi soggetti, quindi più efficiente e controllabile (art. 53 TUA); e ferma restando la facoltà, per il fornitore, di trasferire l’onere del tributo sul consumatore finale, mediante addebito in fattura (art. 56 TUA) l’Amministrazione finanziaria, in caso di riscossione indebita di una imposta indiretta, ha un generale obbligo di rimborso, con la precisazione che, nel caso in cui l’onere economico dell’imposta indebita sia stato riversato sul consumatore finale, quest’ultimo, nel rispetto dell’ordinario termine di prescrizione decennale, ha facoltà di agire giudizialmente nei confronti del fornitore, percettore delle somme.
Non rileva in questa sede, per essere la controversia circoscritta ai rapporti tra solvens e accipiens di una prestazione divenuta indebita in forza della sopravvenuta caducazione della norma che la legittimava, alcuna ulteriore questione sull’esclusività o meno della legittimazione passiva dell’azione di ripetizione, né, quindi, sull’individuazione delle ricadute ermeneutiche della recente sentenza della Corte di giustizia, resa in data 11 aprile 2024, in causa C/316/22.
Né rileva alcuna ulteriore questione – neppure sotto il profilo della nuova rimessione alla Corte di Lussemburgo per ulteriori dubbi – sulla conformità o meno al diritto eurounitario della normativa che aveva istituito il tributo, atteso che la caducazione ex tunc di quella stessa normativa, provocata dalla pronuncia della Corte costituzionale, ha determinato il venir meno dell’oggetto stesso di quei dubbi.
La motivazione della sentenza impugnata, così modificata e integrata, assorbe ogni ulteriore questione sottesa ai motivi di ricorso.
Il ricorso viene quindi deciso sulla base del seguente principio di diritto:
<>.
Le spese relative al presente giudizio di legittimità possono essere compensate, per essere stato deciso il ricorso, in via dirimente, in forza di una pronuncia di illegittimità costituzionale intervenuta dopo la sua proposizione.
Al rigetto del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2025, nella camera di consiglio