Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17643 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 17643 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10163/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa, con facoltà anche disgiunte, dagli avv.ti prof. NOME COGNOME, prof. NOME COGNOME e NOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli ultimi due in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME EMAIL;EMAIL,
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 1083/2023 depositata il 30/03/2023.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel novembre 2021, RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Pavia, ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c., che aveva accolto la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 2033 c.c., condannando la stessa RAGIONE_SOCIALE alla restituzione della somma di Euro 34.200,00, versata a titolo di addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica per il periodo ottobre 2010 – dicembre 2011, oltre interessi legali dal 30.12.2020.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva resistendo all’appello e chiedendone il rigetto.
La domanda proposta in primo grado era stata fondata sull’assunto dell’illegittimità, per contrasto con la Direttiva n. 2008/118/CE, dell’addizionale provinciale all’accisa sul consumo di energia elettrica istituita dall’art. 6, comma 1, lett. c), del d.l. n. 511/1988, come interpretata dalla CGUE nelle sentenze C-553/13 e C-103/17, con conseguente diritto alla ripetizione dell’indebito.
Il Tribunale di Pavia, richiamando l’orientamento espresso da questa Corte con la Sentenza n. 15198/2019, aveva ritenuto che l’addizionale provinciale fosse in contrasto con il diritto unionale e, pertanto, fosse non applicabile dal giudice nazionale la normativa interna di riferimento, accogliendo integralmente la domanda attorea.
Con l’atto di appello, ACEA censurava la decisione sotto diversi profili: a) l’erronea applicazione dell’art. 2033 c.c., in presenza di pagamento effettuato in esecuzione di un contratto valido ed efficace; b) l’insussistenza dei presupposti per non applicare la normativa interna in un giudizio tra privati; c) la natura meramente accessoria dell’addizionale, non riconducibile ad una autonoma imposizione in contrasto con la direttiva europea.
La Corte d’appello, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’impugnazione e condannava ACEA alla rifusione delle spese del grado.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società RAGIONE_SOCIALE con due motivi d’impugnazione illustrato da memoria.
3.1. Ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE Ha depositato memoria.
3.2. All’esito dell’adunanza camerale del 08/11/2024, con Ordinanza interlocutoria n. 32089 del 12/12/2024, il ricorso è stato avviato alla discussione in pubblica udienza, per il rilievo nomofilattico della questione concernente la natura e la contrarietà al diritto europeo dell’addizionale all’accisa sul consumo di energia elettrica e la non applicazione nei rapporti orizzontali delle norme di diritto interno che si pongano in eventuale contrasto col diritto unionale.
3.3. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell’art. 6, c. 1, D.L. n. 511/1988 e della Direttiva n. 2008/118/CE», nella parte in cui la Corte ambrosiana (facendo propria la motivazione di Cass. civ., Sez. 5, Sentenza n. 22343/2020) ha dichiarato ‘non rispettata’ la seconda condizione prevista dalla summenzionata
normativa; vale a dire, che le imposte addizionali devono avere una finalità specifica, intendendosi come tale una finalità che non sia puramente di bilancio (v. pagg. 5-6 della sentenza impugnata).
Ritiene la ricorrente che il Tribunale, in accoglimento del secondo motivo d’appello, avrebbe dovuto ritenere l’art. 6, comma 1, d.l. n. 511/1988 pienamente conforme al diritto europeo, anche perché, non essendo l’addizionale alle accise un tributo autonomo, l’attribuzione di una ‘finalità specifica’ al gettito fiscale (peraltro, espressamente prevista dal legislatore) non doveva neppure essere indagata ai fini della validità dell’imposizione tributaria.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce «violazione degli artt. 288 TFUE e 101 della Costituzione. Assoluta inconferenza (e non deducibilità) nel presente giudizio alla luce del fermo principio della inefficacia c.d. orizzontale delle Direttive UE -della presunta incompatibilità tra la normativa tributaria nazionale e la Direttiva n. 2008/118/CE e l’interpretazione accordata alla medesima dalla CGUE».
Parte ricorrente censura la sentenza impugnata là dove (a pagg. 68) la Corte di merito, dando per accertato il contrasto tra l’art. 6 del d.l. n. 511/1988 e la Direttiva n. 118/2008/CE, ha ritenuto fondata l’azione in ripetizione promossa da RAGIONE_SOCIALE in virtù del suo potere di ‘disapplicazione’ della normativa interna poiché «in contrasto con il diritto comunitario, come interpretato, con efficacia vincolante dalla Corte di Giustizia UE. Alla pronuncia della Corte di Giustizia va infatti riconosciuto il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario», sicché «la disapplicazione dell’art. 6 comma 2 del DL. 511/1988 è avvenuta alla stregua della interpretazione adeguatrice imposta dalla sentenza della Corte di Giustizia UE» (a pag. 7 della sentenza impugnata).
Assume che, all’inverso, il Tribunale, anche a voler ritenere accertato il citato contrasto, tramite una corretta applicazione degli artt. 288 TFUE e 101 Cost., avrebbe dovuto ritenere a sé preclusa
la possibilità di indagare la legittimità del rapporto tributario intervenuto tra RAGIONE_SOCIALE e l’ente impositore, come pure la possibilità di disapplicare (anche in via incidentale) la norma interna sulla scorta della «interpretazione adeguatrice imposta dalla sentenza della Corte di Giustizia UE» (come affermato a pag. 7 della gravata sentenza), con conseguente necessità, in accoglimento del terzo motivo d’appello, di riformare la sentenza di prime cure.
5.1. I motivi, congiuntamente esaminati, data la loro connessione, non meritano accoglimento.
5.2. In via preliminare, va evidenziato, in una prospettiva storicosistematica, che l’addizionale alle accise sull’energia elettrica è stata introdotta dal d.l. n. 511 del 1988 ed è rimasta in vigore fino alla sua abrogazione sull’intero territorio nazionale, avvenuta nel 2012.
La normativa istitutiva stabiliva che l’obbligo di versamento dell’addizionale gravasse sul fornitore di energia elettrica, il quale poteva tuttavia traslare il relativo onere sull’utente finale, mediante specifica indicazione in bolletta.
L’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, nella formulazione oggetto di censura, è stata introdotta dall’art. 5 del d.lgs. n. 26/2007, che ha sostituito l’art. 6 d.l. n. 511/1988, come convertito, in recepimento della Direttiva n. 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, sottoponendo anche l’energia elettrica ad accisa armonizzata secondo le previsioni della Direttiva n. 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione e ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa.
Nel dettaglio, l’art. 3, par. 2, Direttiva n. 92/12/CEE stabiliva che i prodotti di cui al par. 1 ivi compresa l’energia elettrica – potessero formare oggetto di altre imposizioni indirette, aventi finalità
specifiche, nella misura in cui esse rispettassero le regole di imposizione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione delle base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta.
A tale disposizione si è poi sovrapposta la formulazione dell’art. 1, par. 2, Direttiva n. 2008/118/CE (dal tenore sostanzialmente identico, come rilevato da CGUE, 9 novembre 2021, C-255/20, Agenzia delle dogane e dei monopoli – Ufficio delle dogane di Gaeta), ai sensi del quale i singoli Stati membri dell’Unione Europea possono introdurre sulla fornitura di energia elettrica nuove tasse, purché queste rispondano a specifiche finalità.
Tale direttiva ha dunque fatto sorgere la fondamentale questione se l’addizionale provinciale, che in quel momento era ancora in vigore, fosse giustificata da quel principio di diritto comunitario, ossia avesse o meno una specifica finalità.
La Direttiva del 2008 è stata recepita dallo Stato italiano con D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48, che ha modificato numerose disposizioni del T.U.A. (D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504) a far data dal 1.4.2010. Successivamente, con decorrenza 1.1.2012, l’art. 2, comma 6, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 ha abrogato l’addizionale provinciale per le regioni a statuto ordinario e, a far data dal 1.4.2012, l’art. 6 del d.l. n. 511/1988 è stato definitivamente abrogato dal d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella L. 26 aprile 2012, n. 44.
Premessa tale ricostruzione di carattere generale, può passarsi ad esaminare la fattispecie oggetto della presente controversia.
5.3. Due sono le questioni poste nel ricorso; segnatamente: a) l’incompatibilità dell’addizionale provinciale all’accisa con la Direttiva n. 2008/118/CE; b) l’applicabilità orizzontale di quest’ultima nelle cause di ripetizione tra privati.
5.3.1. In premessa, osserva il Collegio che, ai fini della composizione delle questioni di massima rimesse all’esame di questa Corte, assume un rilievo assolutamente dirimente la recente
declaratoria di incostituzionalità della stessa norma istitutiva della addizionale di cui qui si chiede la ripetizione.
Mette conto di osservare, infatti, che la Corte costituzionale, con la Sentenza n. 43/2025, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 6, commi 1, lettera c), e 2, del d.l. n. 511 del 1988, come convertito e sostituito, per violazione degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 1, par. 2, della Direttiva n. 2008/118/CE, definitivamente dichiarando, ora per allora, la contrarietà dell’addizionale provinciale all’accisa sul consumo di energia elettrica al diritto europeo, e – segnatamente – alla Direttiva n. 2008/118/CE.
Da ciò discende ipso iure la legittimità della domanda di rimborso, così come azionata dai consumatori finali che abbiano corrisposto al fornitore di energia, a titolo di rivalsa, tale tributo, come ora si verrà ad illustrare nel dettaglio.
Ed invero, i Giudici delle leggi, premessa la non configurabilità di un’efficacia orizzontale delle direttive eurounitarie non autoesecutive, hanno escluso che l’addizionale provinciale in questione rispettasse il requisito di legittimità della ‘finalità specifica’ espressamente richiesto dall’art. 1, par. 2, Direttiva n. 2008/118/CE; conclusione questa che – osserva la Consulta – trova pieno conforto nella giurisprudenza di legittimità, e in particolare in Cass. n. 27101/2019, confermata di recente da Cass. n. 24373/2024 (v. ‘Considerato in diritto’, par. 11).
5.3.2. Varrà considerare, infatti, come anche questa Corte, da ultimo con la Ordinanza n. 9450 del 10/04/2025, aveva ritenuto ‘incontestabile’ l’autonomia dell’addizionale rispetto all’accisa, motivata proprio attraverso il riferimento al fatto che, per vero, è la stessa Direttiva n. 2008/118/CE a chiarire che le addizionali sono imposte diverse rispetto alla accisa, non potendo ritenersi che le prime siano dunque una mera componente della seconda.
Del resto, questa Corte ha già avuto modo di precisare, a partire dalla Sentenza n. 27101 del 23/10/2019, che l’autonomia strutturale delle addizionali provinciali rispetto all’accisa emerge chiaramente dal tenore delle disposizioni contenute nella Direttiva n. 2008/118/CE, le quali pure ammettono l’introduzione di imposizioni fiscali aggiuntive, sempreché rispettose di condizioni previamente determinate (in tal senso, v. anche Sez. 5, Sentenza n. 15198 del 04/06/2019).
In particolare – come specificato da Cass. civ., Sez. 5, Sentenza 28/07/2020 n. 16142 – ai fini della legittimità delle addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica (in conformità con l’art. 1, parr. 1 e 2, Direttiva n. 2008/118/CE, che sostanzialmente riproduce le previgenti disposizioni di cui all’art. 3, par. 2, Direttiva n. 1992/12/CEE: cfr. CGUE, 9 novembre 2021, causa C-255/20, Agenzia delle dogane e dei monopoli – Ufficio delle dogane di Gaeta, punto 27; CGUE, 5 marzo 2015, causa C-553/13, Oliver Medical SIA, punto 34), deve ritenersi soddisfatto il cumulativo riscontro di due requisiti, quali: 1. il rispetto delle regole di imposizione dell’Unione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta; 2. la sussistenza di una finalità specifica.
In tale ultima occasione, questa Corte aveva osservato che: a) sotto il primo profilo, l’art. 6, comma 3, ult. per., d.l. n. 511/1988 chiarisce che «e addizionali sono liquidate e riscosse con le stesse modalità dell’accisa sull’energia elettrica», sicché – notava questa Corte – la condizione sub 1. è sicuramente rispettata; b) non risultava, invece, rispettata la seconda condizione, in quanto né la disposizione di cui all’art. 6, né il decreto 11 giugno 2007 del capo dipartimento per le politiche fiscali del M.E.F., previsto dal comma 2 del medesimo articolo, chiarivano in alcun modo le specifiche finalità al cui soddisfacimento le addizionali sarebbero state teleologicamente implementate, non essendo in armonia con
il diritto unionale la mera destinazione di tali addizionali a semplici finalità di bilancio (cfr., ex multis, Sez. 5, Sentenza n. 15198 del 04/06/2019; CGUE, 7 febbraio 2022, causa C-460/21, RAGIONE_SOCIALE, punti 19 ss.; CGUE, 9 novembre 2021, causa C255/20, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, punti 27 e ss. CGUE, 25 luglio 2018, C-103/17, RAGIONE_SOCIALE, punti 34 ss.).
Ne discende che, una volta affermata la autonomia strutturale della addizionale all’accisa per il consumo di energia elettrica rispetto all’accisa stessa, è già stata la stessa giurisprudenza di legittimità ad aver a più riprese precisato, nella vigenza dell’ormai espunto art. 6 d.l. n. 511/1988, tramite un consolidato orientamento, che le addizionali provinciali avrebbero dovuto comunque rispondere ad una o più finalità specifiche, in conformità al disposto dell’art. 1, parr. 1 e 2, Direttiva n. 2008/118/CE, come interpretata dalla CGUE, dovendosi evitare che le imposizioni indirette, aggiuntive rispetto alle accise armonizzate, ostacolassero indebitamente gli scambi (Sez. 5, Sentenza n. 15198 del 04/06/2019).
Per altro verso, nel caso che ci occupa, lo stesso giudice d’appello ha espressamente evocato e si è, perciò, allineato ai precedenti della giurisprudenza della Sezione Tributaria di questa Corte del 2019, dinanzi richiamati, e ripresi anche dalla Consulta (cfr. pagg. 4-5 della sentenza impugnata).
Ciò in quanto tale giurisprudenza già costituiva, da tempo, jus receptum .
Ne è autorevole prova, inter alia, oltre ai numerosi arresti ut supra evocati, il Decreto n. 12502 del 10/05/2023, con cui la Prima Presidente di questa Corte, esaminando l’ordinanza di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. resa dal Tribunale di Verona sulle questioni di odierno interesse, ha osservato che, nella giurisprudenza della Corte di cassazione, non manca l’enunciazione di principi idonei ad orientare la risoluzione della questione interpretativa posta dal rimettente, con la conseguente
inammissibilità del rinvio pregiudiziale, per difetto del requisito della novità della questione, richiesto dallo stesso art. 363-bis c.p.c. (quando, per ritenersi superata tale condizione di ammissibilità, sarebbe bastata anche una latente divergenza tra le decisioni delle diverse sezioni della Suprema Corte, dovendosi valorizzare il riferimento testuale della predetta norma codicistica rispetto a quello della legge delega, che, nei suoi principi e criteri direttivi, richiedeva che la questione non fosse stata ancora ‘affrontata’ dalla Corte di legittimità, come è stato recentemente puntualizzato da Sez. U, Sentenza n. 12449 del 07/05/2024).
5.3.3. Nondimeno, è appena il caso di osservare che la tentata ricostruzione diacronica delle richiamate pronunzie di legittimità e dei principi in esse enunciati non può che risolversi, allo stato, in un mero esercizio diegetico, volta che la stessa norma che istituiva l’addizionale de qua è stata ormai, e in via definitiva, espunta dal nostro ordinamento, mercé la già menzionata pronunzia di accoglimento della Corte costituzionale.
Di talché, l’addizionale stessa va qualificata ipso facto indebita e indebita è la sua percezione, a prescindere da ogni pregressa discussione sulla natura del tributo.
5.4. L’avvenuta espunzione, con effetti ex tunc (salvo per i rapporti esauriti), della normativa di riferimento in tema di addizionale all’accisa sull’energia elettrica, mercé l’intervento caducatorio del Giudice delle leggi, assorbe ogni ulteriore questione sottesa ai motivi di ricorso; questione che, parimenti, trova ormai perentoria composizione alla luce del menzionato arresto, là dove la Consulta (al par. 8.2.) ha rinvenuto nell’accoglimento della questione di legittimità costituzionale l’unica soluzione in concreto predicabile, trattandosi di un rapporto tra privati (i.e. orizzontale, tra il fornitore di energia elettrica e il consumatore).
Né rileva alcuna ulteriore questione – neppure sotto il profilo della nuova rimessione alla Corte di Lussemburgo per ulteriori dubbi –
sulla conformità o meno al diritto eurounitario della normativa che aveva istituito il tributo, atteso che la caducazione ex tunc di quella stessa normativa, provocata dalla pronuncia della Corte costituzionale, ha determinato il venir meno dell’oggetto stesso di quei dubbi.
5.5. Per le esposte ragioni, il motivo non conduce alla anelata cassazione della gravata sentenza, della quale, tuttavia, occorre emendare la motivazione, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c.
La conferma della pronuncia di prime cure in punto di condanna del fornitore di energia elettrica alla ripetizione degli importi versati dal consumatore finale, a titolo di rivalsa, per l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica è stata così giustificata dalla Corte d’appello: «risulta, pertanto, del tutto irrilevante ed ininfluente qualsiasi eccezione relativa alla diretta applicabilità o meno della direttiva comunitaria 2008/112/CE e all’efficacia verticale e/o orizzontale della stessa, in quanto, si ribadisce, la disapplicazione dell’art. 6 comma 2 del DL 511/1988 è avvenuta alla stregua della interpretazione adeguatrice imposta dalle sentenze della Corte di Giustizia UE e non quale effetto dell’immediata esecutività della direttiva comunitaria 2008/112/CE. Alla luce dell’interpretazione del diritto comunitario imposto dalla Corte di Giustizia, risulta ininfluente la circostanza che la giurisprudenza di legittimità, richiamata dal giudice per disapplicare la norma interna contrastante con il diritto comunitario, si fosse espressa in cause tra cittadini e l’Erario e, quindi, in controversie in cui venivano in rilievo effetti diretti verticali (privato contro Stato) e non orizzontali. La Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto suesposto che tiene conto proprio dell’efficacia lato sensu della normativa attribuita alle pronunce interpretative della Corte di Giustizia UE che vincola il giudice nazionale, imponendogli di disapplicare le disposizioni di diritto interno che con esse si
pongano in contrasto; tale principio trova applicazione sia nei rapporti ‘orizzontali’ tra privati sia nei rapporti ‘verticali’ tra privati e Amministrazione dello Stato» (a pag. 7 della sentenza impugnata).
Si tratta di motivazione errata: va qui ancora una volta rilevato che la questione va risolta in base alla dirimente considerazione della sopravvenuta caducazione, con effetti sostanzialmente ex tunc , della norma che aveva legittimato la percezione dell’addizionale all’accisa da parte del fornitore di energia elettrica nei confronti dell’utente finale, a titolo di rivalsa (art. 6, commi 1, lett. c), e 2, d.l. n. 511/1988), ad opera della Sentenza n. 43/2025 della Corte costituzionale.
Così corretta la motivazione in parte qua della sentenza impugnata, la doglianza va disattesa.
5.6. Non rileva in questa sede, per essere la controversia circoscritta ai rapporti tra solvens e accipiens di una prestazione divenuta indebita in forza della sopravvenuta caducazione della norma che la legittimava, alcuna ulteriore questione sull’esclusività o meno della legittimazione passiva dell’azione di ripetizione, né, quindi, sull’individuazione delle ricadute ermeneutiche della recente sentenza della Corte di giustizia, resa in data 11 aprile 2024, in causa C-316/22.
5.7. Ai sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.c., essendo stato il ricorso esaminato e deciso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la Corte enuncia il principio di diritto che segue:
«In tema di rimborso dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, il consumatore finale, che ha corrisposto al fornitore di energia, a titolo di rivalsa, tale imposta, poi dichiarata in contrasto con il diritto eurounitario, può agire nei confronti del detto fornitore mediante l’azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., in considerazione del carattere indebito di tale
imposta, stante la illegittimità costituzionale dell’art. 6, commi 1, lett. c), e 2, d.l. n. 511 del 1988, come convertito e sostituito».
Pertanto, la Corte rigetta il ricorso.
Le spese del presente giudizio possono essere compensate, per essere state definite le questioni trattate, in via dirimente, solo in forza di pronuncia di illegittimità costituzionale sopravvenuta in corso di causa.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza