Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25872 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25872 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
DINIEGO DI RIMBORSO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32314/2019 R.G. proposto da: Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO; -ricorrente –
contro
Intesa Sanpaolo S.p.A.RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME presso il cui
studio è elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO (EMAIL;
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL ‘EMILIA -ROMAGNA, n. 1036/2019, depositata in data 28/5/2019; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del l’ 1 luglio 2025;
Fatti di causa
In data 14 maggio 2012, la società RAGIONE_SOCIALE (ora incorporata in Intesa Sanpaolo s.p.a.), nella qualità di incorporante di RAGIONE_SOCIALE Banca s.p.aRAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti, ‘la contribuente’ ), presentò istanza di rimborso ex art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973 per la somma di euro 679.640 per Irap, asseritamente versata in eccesso per il periodo d’imposta 2007. La contribuente, svolgente attività bancaria nell’ambito del credito al consumo, determinò, per il periodo d’imposta 2007, il proprio debito tributario Irap ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 446 del 1997 e provvide, in data 18/6/2007 e 30/11/2007, al versamento dell’imposta conformemente all’interpretazione fornita dagli organi ministeriali con il comunicato stampa diramato dall’Agenzia delle Entrate in data 19/6/2006, in cui, a commento delle modifiche normative apportate dall’art. 2 del d.l. n. 168 del 2 004, si affermava che ‘questi cambiamenti riguardano tra l’altro le riprese di valore su crediti verso la clientela e, per quanto concerne i componenti negativi, le svalutazioni dei crediti verso la clientela e i cosiddetti noni pregressi’ . La contribuente, quindi, versò l’Irap dovuta senza scomputare i ‘noni pregressi’, cioè al lordo delle quote di svalutazione, la cui deduzione era stata rinviata nei nove esercizi successivi per effetto del combinato disposto degli artt. 106 Tuir e 11 bis del d.lgs. n. 447 del 1997.
Non condividendo, in un secondo momento, il contenuto del citato comunicato stampa, la contribuente chiese a rimborso la maggiore Irap, pari ad euro 679.640, versata per il periodo d’imposta 2007, in quanto la determinazione dell’Irap avrebbe dovuto essere effettuata tenendo in considerazione le quote di svalutazione fino al 2004.
Formatosi il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso, la contribuente propose ricorso, che fu rigettato dalla C.T.P. di Bologna.
La sentenza fu integralmente riformata dalla C.T.R. in favore della contribuente.
Contro la sentenza d’appello, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso la contribuente, che ha depositato una memoria difensiva ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione o falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata nella parte in cui, con riferimento alla tempestività dell’istanza di rimborso della contribuente, ha ritenuto che i versamenti Irap in acconto erano da considerarsi dovuti nel momento in cui sono stati effettuati , mentre solo con la chiusura del periodo d’imposta , una volta determinata l’effettiva misura dell’obbligazione tributaria ed eseguito il versamento al saldo, era possibile verificare i presupposti per il rimborso parziale.
Sostiene l’amministrazione che già al momento del versamento dell’acconto, questo non era dovuto o non era dovuto nella misura versata.
La contribuente, infatti, ha deciso in autonomia, per ragioni prudenziali, di calcolare l’acconto Irap 2006 senza dedurre le quote costanti delle svalutazioni sui crediti, uniformandosi a quanto indicato nel comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate del 19 giugno 2006 con riferimento all’indeducibilità delle svalutazioni operate sui crediti alla clientela, pur ritenendone il contenuto illegittimo.
1.1. Il motivo è infondato.
Il termine di decadenza de ll’istanza di rimborso decorre dal versamento dell’acconto solo nel caso in cui , già al tempo del versamento, non vi sia alcun ragionevole motivo per ritenere dovuto tout court quell’acconto o in quella determinata misura.
Si tratta di applicare il principio della tutela dell’affidamento e della buona fede, di cui all’art. 10, comma 1, della legge n. 212 del 2000.
Orbene, nel caso di specie, il versamento, in quella determinata misura, dell’acconto era stato determinato dalla volontà di adeguarsi all’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate resa nel comunicato stampa del 19 giugno 2006, con la conseguenza che il termine di decadenza per chiedere il rimborso dell’eccedenza pagata non poteva che decorrere dal versamento del saldo, che rappresenta il termine finale di adempimento dell’obbligazione tributaria (cfr., tra le stesse parti, Cass., sez. 5, n. 11783/2023).
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione degli artt. 2697 e 2702 e ss. c.c.; violazione e falsa applicazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c.; violazione del principio di vicinanza della prova di cui agli artt. 88 e 116, comma 2, c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto provato il quantum debeatur del rimborso sulla base della circostanza che l’Ufficio non avesse contestato i fatti costitutivi del diritto al rimborso e il
conteggio prodotto dalla contribuente, né avesse dato prova contraria rispetto ai fatti dedotti da essa.
In particolare, l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per aver violato le regole di riparto dell’onere della prova .
2.1. Il motivo è infondato.
Esso, invero, appare pretestuoso.
La contribuente è una società di primario rilievo nazionale che esercita attività bancaria, assoggettata all’obbligo di certificazione dei bilanci .
Essa ha presentato la dichiarazione dei redditi e ha versato le imposte in corrispondenza di quanto ha dichiarato.
Se ha presentato istanza di rimborso parziale con riferimento all’Irap versata in eccesso, allegando le ragioni del carattere parzialmente indebito della complessiva Irap versata e le prove del versamento, spettava all’Agenzia indicare le ragioni per le quali essa riteneva infondata la richiesta di rimborso della contribuente o non dovute le somme chieste in restituzione (sul punto, cfr. ancora Cass., sez. 5, n. 11783/2023).
2.Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata nella parte in cui stabilisce la decorrenza degli interessi dalla data del secondo acconto anziché dalla data del saldo, visto che è dal saldo che è stato fatto decorrere il termine decadenziale per presentare l’istanza di rimborso.
2.1. Il motivo è infondato.
Gli interessi per il ritardato rimborso di imposte pagate sono disciplinati, quanto a misura e a decorrenza, dall’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973, non dall’art. 38 del citato decreto .
3.Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Age nzia delle Entrate al pagamento, in favore di Intesa Sanpaolo S.p.A., delle spese del giudizio, che si liquidano in euro diecimilaseicentonovanta per compensi, oltre al rimborso delle spese generali, iva e c.p.a. come per legge, ed oltre ad euro duecento per spese vive.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1° luglio 2025.
Il Presidente (NOME COGNOME)