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Rimborso acconto Irap: quando decorre la decadenza?

Un istituto di credito ha richiesto un rimborso per un acconto Irap versato in eccesso, avendo seguito le indicazioni dell’Amministrazione Finanziaria poi ritenute errate. La Corte di Cassazione ha confermato il diritto al rimborso, stabilendo che il termine di decadenza per la richiesta di rimborso acconto Irap decorre dal versamento del saldo finale, e non dall’acconto, quando il contribuente ha agito in buona fede. La sentenza chiarisce anche le regole sull’onere della prova in capo al contribuente.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Acconto Irap: la Cassazione fa Chiarezza su Decadenza e Buona Fede

Quando si parla di rimborso acconto Irap, uno degli aspetti più delicati per le imprese è capire da quale momento esatto inizi a decorrere il termine per presentare la richiesta. Un versamento effettuato in buona fede, magari seguendo le indicazioni fornite dalla stessa Amministrazione Finanziaria, può generare dubbi e incertezze. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo tema, offrendo chiarimenti fondamentali sulla tutela dell’affidamento del contribuente e sulla ripartizione dell’onere della prova.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di rimborso di una cospicua somma, circa 680.000 euro, avanzata da un importante istituto di credito per l’Irap versata in eccesso per il periodo d’imposta 2007. La società contribuente, operante nel settore bancario, aveva calcolato e versato l’imposta seguendo un’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate tramite un comunicato stampa. Tale interpretazione escludeva la deducibilità di alcune quote di svalutazione su crediti (i cosiddetti “noni pregressi”).

Successivamente, ritenendo illegittima quell’interpretazione, la società ha presentato istanza di rimborso. Di fronte al silenzio-rifiuto dell’Amministrazione, è nato un contenzioso. Dopo un primo grado sfavorevole, la Commissione Tributaria Regionale ha dato ragione al contribuente. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, sollevando tre questioni principali: la tardività della richiesta di rimborso, la mancata prova del quantum da rimborsare e l’errata decorrenza degli interessi.

La Questione della Decadenza e il Rimborso Acconto Irap

Il primo e più rilevante motivo di ricorso dell’Agenzia riguardava la presunta tardività dell’istanza di rimborso. Secondo l’Amministrazione, il termine di decadenza avrebbe dovuto decorrere dal momento del versamento dell’acconto, poiché già allora il pagamento non sarebbe stato dovuto. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, accogliendo un’interpretazione basata sul principio di tutela dell’affidamento e della buona fede, sancito dallo Statuto del Contribuente (legge n. 212/2000).

I giudici hanno chiarito che il termine di decadenza per la richiesta di rimborso decorre dal versamento dell’acconto solo se, già in quel momento, è palese e indiscutibile che il pagamento non sia dovuto. Nel caso di specie, invece, il contribuente aveva agito in modo prudenziale, adeguandosi a un’interpretazione ufficiale fornita dalla stessa Agenzia delle Entrate. In un contesto simile, non si può pretendere che il contribuente contesti immediatamente l’indicazione dell’autorità fiscale.

Il Ruolo del Versamento a Saldo

La Corte ha stabilito che, in situazioni di incertezza interpretativa o quando il pagamento è stato effettuato per adeguarsi a indicazioni dell’Amministrazione, il momento rilevante per far decorrere la decadenza è quello del versamento del saldo. Il saldo rappresenta infatti il termine finale per l’adempimento dell’obbligazione tributaria, il momento in cui si tirano le somme dell’intero periodo d’imposta e si ha un quadro definitivo del dovuto. Solo allora è possibile verificare con certezza l’esistenza di un’eccedenza versata e far valere il diritto al rimborso.

Onere della Prova e Principio di Non Contestazione

Un altro punto cruciale contestato dall’Agenzia delle Entrate era la presunta violazione delle regole sull’onere della prova. L’Amministrazione sosteneva che il giudice d’appello avesse erroneamente ritenuto provato l’importo da rimborsare solo perché l’Ufficio non aveva contestato i calcoli prodotti dal contribuente.

Anche su questo fronte, la Cassazione ha dato torto all’Agenzia. La Corte ha affermato che, se un contribuente presenta un’istanza di rimborso parziale, allegando le ragioni del carattere indebito del versamento e le prove documentali (come i conteggi dettagliati), spetta all’Amministrazione Finanziaria indicare specificamente i motivi per cui ritiene infondata la richiesta o non dovute le somme. In assenza di una contestazione specifica e motivata, i fatti addotti dal contribuente e supportati da prove documentali si possono considerare provati, in applicazione del principio di non contestazione e di vicinanza della prova.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha rigettato tutti e tre i motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Sul primo motivo, ha prevalso il principio della tutela dell’affidamento: il termine per il rimborso non poteva decorrere dall’acconto, poiché il pagamento era stato influenzato da un comunicato stampa della stessa Agenzia. Il dies a quo è stato quindi individuato nel versamento del saldo. Sul secondo motivo, i giudici hanno ritenuto il ricorso pretestuoso, sottolineando che un contribuente di primario rilievo, con bilanci certificati, che presenta una dichiarazione e documenta una richiesta di rimborso, adempie al proprio onere probatorio; spetta all’Ufficio contestare nel merito. Infine, anche il terzo motivo, relativo alla decorrenza degli interessi, è stato respinto, confermando la correttezza della decisione del giudice di merito basata sulla normativa specifica (art. 44 del d.P.R. n. 602/1973).

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida importanti principi a tutela del contribuente. In primo luogo, rafforza la protezione della buona fede e dell’affidamento riposto nelle indicazioni dell’Amministrazione Finanziaria, spostando in avanti il termine per le richieste di rimborso in caso di incertezza interpretativa. In secondo luogo, chiarisce che l’onere della prova in un contenzioso su un rimborso non può essere un ostacolo insormontabile per il contribuente: una volta che la richiesta è documentata e motivata, l’Amministrazione non può limitarsi a un diniego generico, ma deve entrare nel merito delle contestazioni. Si tratta di una decisione che promuove un rapporto più equilibrato e trasparente tra Fisco e contribuente.

Quando inizia a decorrere il termine per chiedere il rimborso di un acconto Irap versato in eccesso?
Quando il versamento dell’acconto è stato effettuato per adeguarsi, in buona fede, a un’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate, il termine di decadenza per la richiesta di rimborso non decorre dal versamento dell’acconto stesso, ma dal successivo versamento del saldo.

Su chi ricade l’onere di provare l’importo del rimborso richiesto?
Il contribuente adempie al proprio onere della prova presentando un’istanza di rimborso motivata, allegando le ragioni giuridiche e le prove documentali, come i conteggi, a sostegno della sua richiesta. A quel punto spetta all’Amministrazione Finanziaria contestare specificamente tali elementi o indicare le ragioni per cui ritiene la richiesta infondata.

Da quando decorrono gli interessi sul rimborso di imposte pagate in eccesso?
La decorrenza e la misura degli interessi per il ritardato rimborso di imposte sono disciplinate dall’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973. La sentenza impugnata aveva correttamente stabilito la decorrenza degli interessi dalla data del secondo acconto, e la Cassazione ha rigettato il motivo di ricorso dell’Agenzia che chiedeva di posticiparla alla data del saldo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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