Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7287 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7287 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6451/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in MILANO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LOMBARDIA n. 617/05/24 depositata il 23/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 617/05/24 del 23/02/2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia (di seguito CGT2) rigettava, in sede di rinvio (conseguente a Cass. n. 20699 del
17/07/2023) , l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (di seguito ADM) avverso la sentenza n. 5109/16/18 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) nei confronti di un diniego di rimborso delle accise sui lubrificanti.
1.1. Come si evince anche dalla sentenza impugnata, l’Ufficio aveva negato il rimborso sul presupposto che la dichiarazione di esportazione fosse errata, non essendo stati indicati i codici corretti, nonché l’esatto import o delle somme richiese.
1.2. La CGT2 respingeva l’appello di ADM evidenziando, per quanto ancora interessa, che: a) la documentazione dimostrativa del diritto al rimborso delle accise risultava già depositata agli atti di causa; b) dai documenti depositati (fattura, CMR, bolletta doganale e nota di accredito del bonifico) si evincevano «i timbri delle diverse dogane sulle fatture, oltre ad essere presenti i documenti internazionali di trasporto con la richiesta vidimazione», con conseguente rispetto delle condizioni indicate dal giudice del rinvio per l’ottenimento del diritto al rimborso .
Avverso la sentenza di appello RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE resisteva in giudizio con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di ADM è affidato a due motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. , violazione dell’art. 384 cod. proc. civ., per avere la CGT2 accolto la domanda della società contribuente sulla base di documenti che non evidenzierebbero l’accisa pagata e che non sarebbero vidimati dall’autorità del Paese di
esportazione come previsto dal principio di diritto affermato da Cass. n. 20699 del 17/07/2023, applicabile nel caso di specie.
1.2. Con il secondo motivo si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. , violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., per avere la CGT2 reso motivazione apparente, senza indicare, a fronte di documenti illeggibili, dove sia stata specificamente indicata l’accisa pagata a monte dell’esportazione e della quale si richiede il rimborso.
I due motivi possono essere congiuntamente esaminati e sono inammissibili.
2.1. Il principio di diritto enunciato dalla S.C., che ha cassato con rinvio la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CGT2) n. 2100 del 2020 è il seguente: « In tema di accise, in caso di assolvimento dell’imposta in Italia, con esportazione di merce verso un Paese fuori dell’UE, il diritto al rimborso ex art. 14, comma 6, TUA sussiste anche nel caso in cui il richiedente, violando l’art. 4 d.m. n. 689 del 1996 e la circolare 11 dicembre 2006 dell’Agenzia delle entrate, non abbia riportato nella dichiarazione di esportazione il codice corrispondente alle operazioni con abbuono di imposte, purché alleghi elementi di prova in grado di fornire sia informazioni equivalenti a quelle che l’osservanza delle formalità avrebbe assicurato, sia la sussistenza dei requisiti per l’esercizio della pretesa; all’uopo, non è sufficiente la produzione di documentazione di origine privata, quali le fatture o le contabili bancarie attestanti il pagamento, ma sono invece necessarie prove certe ed incontrovertibili, come le attestazioni di pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione circa la presentazione in dogana delle merci, o la vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura, o anche le bolle di accompagnamento, i documenti internazionali di trasporto e gli altri documenti previsti
dall’amministrazione finanziaria, sempre che risulti la vidimazione dell’ufficio doganale di uscita della merce o quella delle autorità pubbliche dello Stato estero importatore ».
2.2. Il compito del giudice del rinvio era, pertanto, quello di verificare se la documentazione prodotta dall’esportatore avesse i requisiti sostanziali necessari per l’ottenimento del chiesto rimborso delle accise; in particolare detta documentazione non avrebbe dovuto consistere in semplici documenti di origine privata, quali fatture o contabili bancarie, ma era comunque necessaria la vidimazione dell’ufficio doganale di uscita della merce o quella delle autorità pubbliche dello Stato estero importatore.
2.3. Tale accertamento in fatto è stato compiuto dalla CGT2, la quale ha ritenuto -con motivazione niente affatto apparente e presupponente il concreto esame della documentazione prodotta dalla società contribuente, specificamente indicata -che risultassero agli atti di causa «i timbri delle diverse dogane sulle fatture, oltre ad essere presenti i documenti internazionali di trasporto con la richiesta vidimazione».
2.4. La ricorrente pone in dubbio, da un lato, l’esistenza di timbri e vidimazione e, dall’altro, la mancanza, sulla documentazione prodotta, della necessaria indicazione dell’importo delle accise corrisposte.
2.4.1. Sotto il primo profilo, il rilievo è inammissibile, sia perché contrasta con un accertamento in fatto della CGT2, sia perché la difesa erariale sembra sollevare un errore di fatto in cui sarebbe incorso il giudice di appello nell’esame dei documenti prodotti (assenza di timbri e vidimazione), errore non denunciabile in sede di legittimità, ma che implica la proposizione di un ricorso per revocazione della sentenza impugnata.
2.4.2. Sotto il secondo profilo, invece, il motivo è inammissibile in quanto fa riferimento ad una questione (la necessaria desumibilità, dalla documentazione prodotta, dell’importo delle accise corrisposte) di cui non v’è prova della specifica deduzione e trattazione nei gradi di merito del presente giudizio, con trascrizione dei relativi punti rilevanti e (soprattutto) con l’ indicazione degli atti e della loro collocazione nel fascicolo d’ufficio.
2.4.3. Deve, pertanto, ritenersi che la censura sia stata proposta per la prima volta in sede di legittimità, con conseguente inammissibilità per novità, involgendo altresì la trattazione di una questione di diritto che presuppone un accertamento di fatto non compiuto dal giudice di merito (Cass. n. 15196 del 12/06/2018).
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 11.304,84.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 3.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, ad euro 200,00 per spese borsuali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 16/01/2025.