Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22228 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22228 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
Accise sul gas naturale impiegato per la produzione di energia elettrica – istanza di rimborso -fatti impeditivi- onere della prova
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 18992 del ruolo generale dell’anno 202 4, proposto
da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale su foglio allegato al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio RAGIONE_SOCIALE Studio Legale fondato da RAGIONE_SOCIALE in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Lazio n. 756/17/2024, depositata in data 2 febbraio 2024, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 giugno 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso ;
Uditi per la società ricorrente l’Avv.to NOME COGNOME per delega dell’Avv.to NOME COGNOME e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l’Avv.to dello Stato NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1. Dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa, in punto di fatto, si evince che: 1) in data 29 agosto 2008, RAGIONE_SOCIALE s.p.a. aveva presentato all’Agenzia delle dogane, in persona del Direttore pro tempore , istanza di rimborso dell’accisa agevolata versata, ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. n. 504 del 1995 (TUA) e del punto 11 della Tabella A allegata al TUA, nella misura complessiva di euro 245.399,15, per il periodo 1° gennaio 2004 – 31 maggio 2007, sul gas naturale destinato alla produzione di energia elettrica, fornito, in qualità di cliente grossista, alla propria centrale termoelettrica di Cassino (FR); 2) a sostegno della domanda di rimborso, la società contribuente aveva dedotto il contrasto degli artt. 24, comma 1, e 26 del TUA, del punto 11 della Tabella A ad esso allegata e del DPCM 15 gennaio 1999, con l’art. 14, par. 1, lett. a) della Direttiva 2003/96/CE, come interpretato dalla sentenza della Corte di giustizia del 17
luglio 2008, nella causa C-226/07, che aveva previsto, con efficacia diretta nell’ordinamento nazionale, l’esenzione da accisa per i prodotti energetici destinati alla produzione di energia elettrica; 3)avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza, RAGIONE_SOCIALE aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Frosinone insistendo per il diritto al rimborso; 4) si era costituita l’Agenzia delle dogane eccependo: a) il legittimo esercizio della facoltà da parte dello Stato italiano di tassare i prodotti energetici utilizzati per produrre elettricità per motivi di politica ambientale ex art. 14 della direttiva CE 2003/96; 2) il carattere tardivo dell’impugnazione del silenzio -rifiuto; 3) la mancata dimostrazione da parte della società contribuente della non intervenuta traslazione dell’imposta verso terzi ai sensi dell’art. 29, comma 2, della legge n. 428 del 1990; 4) l’inammissibilità della domanda di rimborso per mancata prova dell’avvenuta comunicazione della stessa, ai sensi dell’art. 29 cit., comma 4, all’Ufficio tributario che aveva ricevuto la dichiarazione dei redditi dell ‘ esercizio di competenza; 5) la decadenza, ex art. 14, comma 2, del D.l.gs. n. 504/1995, dal diritto al rimborso con riferimento ai versamenti effettuati nel periodo antecedente i due anni dalla presentazione della istanza stante la decorrenza del termine biennale dalla data dei singoli versamenti (in acconto) di imposta; 5) con sentenza n. 8/01/2019, depositata l’11 febbraio 2019, la CTP di Frosinone aveva accolto parzialmente il ricorso dichiarando la decadenza del diritto al rimborso per il periodo dal 1.1.2004 al 29.8.2006; 6) avverso la sentenza di primo grado, RAGIONE_SOCIALE aveva proposto appello principale dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado deducendo la tempestività dell’istanza di rimborso anche per il periodo 1/01/200 4 -29/8/2006, e, in ogni caso, per l’intera annualità 2006 , stante il decorso del termine di decadenza ex art. 14, comma 2, del TUA, dalla data della dichiarazione annuale di consumo; 7) si era costituita l’Agenzia delle dogane spiegando appello incidentale con il quale veniva ribadita: a) l’insussistenza del contrasto della disciplina nazionale vigente ratione temporis rispetto a quella europea; b) la tardività dell’impugnazione del silenzio -rifiuto; c) la mancata dimostrazione da parte della società della non intervenuta traslazione dell’imposta verso terzi ai sensi dell’art.
29, comma 2, cit.; d) l’inammissibilità della istanza di rimborso ai sensi dell’art. 29, comma 4, cit. per mancata prova della comunicazione della domanda all’Agenzia delle entrate; 8) con sentenza n. 756/17/2024, depositata in data 2 febbraio 2024, la CGT di II grado del Lazio aveva accolto nei sensi di cui in motivazione l’appello incidentale dell’Ufficio, rigettando quello principale della società contribuente.
2. In punto di diritto, per quanto di interesse, la CGT – premesso che la ratio dell’onere informativ o – sanzionato da inammissibilità -di cui al comma 4 dell’art. 29 della legge n. 428 del 1990 , normalmente coevo alla richiesta di rimborso e, in ogni caso, da effettuare prima del provvedimento di diniego dell’Agenzia delle dogane , era quella di partecipare all’Agenzia delle entrate che aveva ricevuto la dichiarazione dei redditi dell’esercizio di competenza una situazione di potenziale rischio futuro (ossia quella che il soggetto passivo d’accisa, dopo avere portato in deduzione una componente negativa di reddito d’impresa pari all’accisa riversata all’era rio potesse appostare, nel medesimo periodo di imposta, un correlativo ricavo a titolo di accisa addebitata in rivalsa nei confronti del consumatore finale, ‘sterilizzando’ il costo dalla correlativa traslazione e locupletandosi in conseguenza) -ha ritenuto fondati i motivi di appello incidentale relativi alla assunta mancata prova della avvenuta comunicazione dell’istanza all’Agenzia delle entrate competente e alla mancata dimostrazione da parte della società della non intervenuta traslazione dell’imposta verso terzi ai sensi dell’art. 29, comma 2, cit. (con assorbimento dei restanti); in particolare, il giudice di prime cure avrebbe dovuto pronunciare l’inammissibilità del ricorso di Edison in quanto la violazione dell’art. 29, comma 4, cit.- non essendo risultata per tabulas che detta istanza era stata notificata anche all’Agenzia delle entrate – lungi dal rappresentare un inadempimento di carattere meramente formale (onere informativo all’Agenzia) impediva di avere la compiuta conoscenza -in punto di fatto- della posizione fiscale di RAGIONE_SOCIALE circa la traslazione o meno dell’imposta verso terzi per stabilire la fondatezza o meno nel merito dell’istanza di rimborso.
3.Avverso la sentenza di appello, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
Resiste, con controricorso, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
La società contribuente ha depositato memoria illustrativa.
6 . Il PG ha depositato memoria concludendo per l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., ‘grave e manifesta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.’ , nella parte in cui il giudice a quo ha accolto l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle dogane sulla base di una questione giuridica estranea alla domanda processuale della medesima -e, peraltro, neppure controversa fra le parti -finendo così per obliterare il reale oggetto del petitum dedotto da controparte. In particolare, la CGT di II grado aveva fondato l’accoglimento dell’appello incidentale dell’Ufficio sul rilievo che non risultava per tabulas la notifica dell’istanza (datata 28 agosto 2008) anche all’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 29, comma 4, della legge n. 428/1990; con ciò incorrendo nel vizio di extrapetizione atteso che l’Agenzia delle dogane non aveva dedotto nel l’appello incidentale l’omessa presentazione da parte di RAGIONE_SOCIALE s.p.a . dell’istanza di rimborso alla competente Agenzia delle Entrate quanto, piuttosto, la mancata produzione nei propri confronti dell’esemplare in copia che della stessa era stato inviato in data 16 ottobre 2008 dalla società all’Agenzia delle entrate ; al riguardo, costituiva circostanza incontestata negli atti difensivi dei gradi di merito dell’Agenzia l’invio di una copia dell’istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate competente il 16 ottobre 2008, della quale quest’ultima aveva preso atto soltanto al momento della notifica (in data 24 luglio 2018) del ricorso introduttivo al quale la stessa era stata allegata.
1.1.Il motivo è infondato.
1.1.Il vizio di extrapetizione ricorre « quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni
estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che egli è libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, ma pure di rilevare, indipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quant o ciò attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge » (Cass., 5 agosto 2019, n. 20932; Cass. sez. 1, n. 25840 del 2021). In particolare, il vizio di ultrapetizione o extrapetizione si configura quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione («petitum» e «causa petendi») e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto («petitum» immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso («petitum» mediato) (Cass., 21 marzo 2019, n. 8048; Cass., 11 aprile 2018, n. 9002; Cass. sez. 5, n. 771 del 2024).
1.2. Nella sentenza impugnata, la statuizione del giudice di appello secondo cui ‘ non risultava per tabulas che l’istanza di rimborso (datata 28 agosto 2008 ) notificata anche all’Agenzia delle entrate ‘ , lungi dal risolversi in un vizio di ultrapetizione, va raccordata alla contestazione dell’Ufficio sottesa al silenzio-rifiuto di inammissibilità dell’istanza di rimborso (oltre che per grave carenza documentale con riguardo alla traslazione dell’imposta ex art. 29, comma 2, della legge n. 428/1990) per mancata produzione all’Ufficio delle dogane (di Frosinone) né contestualmente all’istanza del 29 agosto 2008, né successivamente – prima della sua allegazione al ricorso di primo grado notificato in data 24 luglio 2008 – di copia dell’istanza presentata al competente Ufficio delle entrate in data 16 ottobre 2008 (v. controdeduzioni in primo grado e atto di appello incidentale, riportati in ricorso, pag. 25 e segg.). Pertanto, la statuizione del giudice di appello circa la mancata prova per tabulas della notifica della detta istanza anche all’Agenzia delle entrate va intesa -correlandola alle contestazioni dell’Ufficio delle dogane medesimo – nel senso di mancata dimostrazione della
comunicazione del la domanda (anche) all’Agenzia delle entrate competente (avvenuta incontestatamente il 16.10.2008) contestualmente alla presentazione della stessa all’Ufficio delle dogane di Frosinone il 29 agosto 2008, né successivamente prima della sua allegazione al ricorso di primo grado.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, c.p.c. e 36, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per aver il giudice di appello accolto l’appello incidentale dell’Agenzia delle dogane con una motivazione meramente apparente, in quanto estranea alla materia controversa dedotta in giudizio. In particolare, la CGT di II grado avrebbe ritenuto legittimo il diniego (tacito) di rimborso dell’accisa versata ‘non risultando per tabulas che l’istanza datata 2 8 agosto 2008 era stata notificata anche all’Agenzia delle entrate’ sebbene l’Ufficio delle Dogane di Frosinone non avesse contestato ne l proprio appello incidentale l’omessa comunicazione da parte di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE dell’istanza di rimborso (anche) alla competente Agenzia delle e ntrate ai sensi dell’art. 29, comma 4, della legge n. 428/1990, quanto, piuttosto, semplicemente la mancata produzione nei propri confronti di una copia della stessa inoltrata dalla società all’Agenzia delle entrate incontestatamente in data 16 ottobre 2008.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Questa Corte ha più volte affermato che la motivazione è apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit .; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017 conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019; Cass. n. 29124/2021). Nella sentenza impugnata, la CGT di II grado ha basato la decisione di fondatezza dei motivi dell’appello incidentale dell’Agenzia delle
dogane concernenti l’ assunta mancata prova della avvenuta comunicazione dell’istanza di rimborso (anche) all’Agenzia delle entrate competente ai sensi dell’art. 29, comma 4, cit. e la mancata dimostrazione da parte della società della non intervenuta traslazione dell’imposta verso terzi ai sensi dell’art. 29, comma 2, cit. (con assorbimento dei restanti), sui rilievi che: 1) non ‘risulta va per tabulas che detta istanza (datata 28 agosto 2008) era stata notificata anche all’Agenzia delle entrate’ – ovvero, in rapporto alle contestazioni mosse dall’Agenzia delle dogane n egli atti difensivi dei gradi di merito, che non era stata dimostrata la comunicazione della domanda (anche) all’Agenzia delle entrate competente (avvenuta incontestatamente il 16.10.2008) contestualmente alla presentazione della stessa all’Ufficio delle dogane di Frosinone il 29 agosto 2008, né successivamente prima della sua allegazione al ricorso di primo grado ; 2) la violazione dell’art. 29, comma 4, cit., lungi dal rappresentare un inadempimento di carattere meramente formale (onere informativo all’Agenzia) impediva di avere la compiuta conoscenza -in punto di fatto – della posizione fiscale di RAGIONE_SOCIALE circa la traslazione o meno dell’imposta verso terzi per stabilire la fondatezza o meno nel merito dell’istanza di rimborso. Pertanto, le considerazioni svolte dalla CGT di II grado nella motivazione della sentenza, sono tali da disvelare chiaramente- in relazione ai motivi di impugnazione – quale sia la ratio decidendi e l’iter logico seguito per pervenire al risultato enunciato.
Con il terzo motivo, in via subordinata, si denuncia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. l’omesso esam e circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avendo la CGT di II omesso di considerare la circostanza – emergente dalla documentazione in attidell’avvenuto inoltro , in data 16 ottobre 2008, ai sensi dell’art.29, comma 4, della Legge 29 dicembre 1990, n. 428, della copia dell’istanza di rimborso dalla società all’Agenzia delle entrate (di Milano) competente.
Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 29, comma 2 , della legge 29 dicembre 1990, n. 428, nonché degli artt. 2729 e 2697 c.c., per avere la CGT di
II grado, da un lato, ritenuto non adeguatamente provata da RAGIONE_SOCIALE la circostanza di non aver traslato nei confronti di altri soggetti dell’accisa agevolata assolta sul gas naturale, quale fatto impeditivo del diritto al rimborso avanzato, e, dall’altro lato, erroneamente ritenuto assolto da parte dell’Agenzia delle Entrate e dei Monopoli -Ufficio delle Dogane di Frosinone l’onere di provare l’indebito arricchimento conseguito dalla Società tramite delle presunzioni semplici. In particolare, la ricorrente denuncia la violazione da parte del giudice di appello dei criteri di ripartizione dell’onere probatorio -gravante sull’Amministrazione -in ordine alla intervenuta traslazione dell’accisa agevolata assolta sul gas naturale nei confronti di altri soggetti quale fatto impeditivo del diritto al rimborso, ai sensi dell’art. 29, comma 2 , della legge 29 dicembre 1990, n. 428 e del consequenziale indebito arricchimento.
I motivi terzo e quarto – da trattare congiuntamente per connessione – sono fondati nei termini di seguito indicati.
5.1. Va premesso che l’art. 29, comma 2, della l. n. 428 del 1990 così recita: « I diritti doganali all’importazione, le imposte di fabbricazione, le imposte di consumo, il sovrapprezzo dello zucchero e i diritti erariali riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie sono rimborsati a meno che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti, circostanza che non può essere assunta dagli uffici tributari a mezzo di presunzioni ». L’ultimo inciso (« circostanza che non può essere assunta dagli uffici tributari a mezzo di presunzioni ») è stato introdotto, con decorrenza 04/03/2007, dall’art. 21 della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (Legge comunitaria 2006), sicché alla presente controversia si applicano entrambe le versioni della disposizione menzionata.
5.2. Il comma 4 della medesima disposizione stabilisce che « la domanda di rimborso dei diritti e delle imposte di cui ai commi 2 e 3, quando la relativa spesa ha concorso a formare il reddito d’impresa, deve essere comunicata, a pena di inammissibilità, anche all’ufficio tributario che ha ricevuto la dichiarazione dei redditi dell’esercizio di competenza ».
5.3. L’adempimento ulteriore, imposto dal ridetto art. 29, comma 4, si applica allo stesso modo, sia alle azioni di ripetizione di tributi basate sul diritto
comunitario di cui al comma 2, sia a quelle basate sul solo diritto nazionale di cui al comma 3 (riguardante ” chi ha indebitamente corrisposto diritti doganali all’importazione, imposte di fabbricazione, imposte di consumo o diritti erariali” D.L. n. 688 del 1982, ex art. 19, “quando i tributi riscossi non rilevano per l’ordinamento comunitario “). I n questo senso, del resto, si è già pronunziata la Corte di Giustizia. Esaminando la portata dell’art.29 comma 4 1.cit., il giudice europeo ha riconosciuto che la comunicazione dell’istanza si applica a tutti i diritti e i tributi menzionati ai nn. 2 e 3 dello stesso articolo, sia che la domanda di 2 rimborso si fondi sul diritto nazionale sia che si fondi sul diritto comunitario e non ha, per conseguenza, né per effetto di privare gli interessati della possibilità di fruire dell’applicazione effettiva del diritto comunitario, né di porli in una situazione meno favorevole di quella in cui si troverebbero se domandassero il rimborso di diritti o imposizioni contrari al diritto interno-cfr.Corte Giust. 9 febbraio 1999, causa C-343/96, RAGIONE_SOCIALE
5.4.Questa Corte ha poi escluso che l’obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate sia stato implicitamente abrogato per incompatibilità logica e giuridica, dal sopravvenuto art. 14 TUA, non ravvisandosi fra le due disposizioni (art.29 c.4 e art.14 tua) alcuna sovrapposizione in relazione al diverso contenuto dispositivo reso palese dal tenore letterale, l ‘ uno (art.14) rivolto a fissare il termine di decadenza per l’esercizio del diritto al rimborso e, l’altro, correlato alle peculiari modalità di attuazione di siffatta pretesa ed allo specifico interesse dell’Agenzia delle entrate in ordine ai riflessi sui redditi dichiarati dell’esercizio di competenza (Cass.n.13087/2012; Cass. 3053 del 2019).
5.5.Tale comunicazione, secondo quanto affermato da Cass. n. 13087 del 2012, è prevista a pena di inammissibilità. Invero, « la “ratio legis” complessiva è data dalla necessità che, avviata la procedura di rimborso delle imposte di consumo presso la competente Agenzia delle dogane, anche l’Agenzia delle entrate debba essere informata per i riflessi sui redditi dichiarati dell’esercizio di competenza ». La comunicazione all’Agenzia delle entrate competente a) deve essere normalmente coeva alla richiesta di rimborso e, in ogni caso, deve essere effettuata prima del provvedimento di diniego dell’Agenzia delle dogane; b) in
assenza di comunicazione all’Agenzia delle entrate l’istanza di rimborso inammissibile può sempre essere riproposta; c) va, in ogni caso, rispettato il termine di decadenza biennale di cui all’art. 14, comma 2, TUA (Sez. 5, Sentenza n. 20818 del 2020) Infatti, per poter concretamente operare il coordinamento tra i due diversi Uffici coinvolti e dare un senso alla sanzione legale dell’inammissibilità dell’istanza fatta all’Agenzia delle dogane, l’obbligatoria comunicazione di essa all’Agenzia delle entrate debba essere fatta dalla parte contribuente contestualmente, o al più tardi prima del provvedimento di diniego e, se non ancora intervenuto, non oltre il biennio decadenziale (Cass. n. 13087 del 2012 cit.).
5.6. Questa Corte ha precisato che la previsione, a pena di inammissibilità, della comunicazione dell’istanza di rimborso all’Agenzia delle entrate sancita dall’art.29, comma 4, L.n.428/1990 contempla un requisito che attiene alla possibilità del contribuente di ottenere il rimborso reclamato , come tale addirittura rilevabile ex officio dal giudice in qualunque stato e grado del giudizio e, dunque, non soggetta al divieto di nova in appello (cfr. Cass. nn. 10325 del 1994, 6844 del 1995, 13793 e 22564 del 2004; Cass.n.21356 del 2012; Sez. 5, Sentenza n. 9310 del 2013; Cass. n. 9560 del 2013; Cass., sez. 5, n. 19811 del 2019; sez.5, n. 7279 del 2020; Cass., sez. 5, n. 24710 del 2023). Di segno contrario è un isolato precedente di questa Corte (Cass., sez.5, n. 30912 del 2019) dal quale questo Collegio si discosta -secondo cui l’omessa comunicazione dell’istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate , quale ufficio tributario che ha ricevuto la dichiarazione dei redditi dell’esercizio di competenza, costituisce circostanza impeditiva del diritto al rimborso tale da ampliare l’accertamento dei fatti contestati idonei a paralizzare la pretesa del contribuente e da concretare, conseguentemente, nuova deduzione vietata in appello.
5.7. Quanto al comma 2 dell’art. 29 cit. -come novellato dall’art. 21 della legge comunitaria 2006- come è stato condivisibilmente già statuito da questa Corte (nelle sentenze n. 24373 del 2024 e n. 32982 del 2024, tra le medesime parti)
per le ragioni di seguito indicate ‘la portata innovativa della disposizione è del tutto trascurabile .’
5.8. Invero, l’interpretazione dell’ introdotto inciso (« circostanza che non può essere assunta dagli uffici tributari a mezzo di presunzioni ») deve essere effettuata in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia, che ha suggerito al legislatore nazionale la modifica: nei lavori preparatori (relazione della XIV commissione permanente per le politiche comunitarie) si legge che « La modifica in esame, che si rende necessaria a seguito della sentenza della Corte di giustizia del 9 dicembre 2003 e della successiva procedura di infrazione a carico dell’Italia, uniforma le modalità di rimborso, consentendolo nei casi in cui il tributo non è stato traslato su altri soggetti; prevede, inoltre, come richiesto dalla Corte di giustizia, che la prova di tale traslazione non possa essere assunta dagli uffici tributari a mezzo di presunzioni ».
5.9.Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia: i) se esiste una disposizione che prevede una presunzione di traslazione su altri soggetti dei diritti e dei tributi indebitamente riscossi e se la prova contraria di tale presunzione per ottenere il rimborso del tributo è a carico del ricorrente, la disposizione in questione deve considerarsi contraria al diritto comunitario (CGUE 9 febbraio 1999, in causa C-343/96, RAGIONE_SOCIALE); ii) un’interpretazione dell’art. 29, comma 2, della l. n. 428 del 1990 che consenta l’utilizzo di presunzioni quale quella per la quale le imposte indirette siano in via di principio trasferite a valle della catena delle vendite da parte degli operatori economici è contraria al diritto unionale (CGUE 9 dicembre 2003, in causa C-129/00, Commissione v. Repubblica italiana).
5.10.La Corte di giustizia richiede, pertanto, che la prova della traslazione dell’imposta sia a carico dell’Amministrazione doganale e che, al fine di fornire la superiore prova, ADM non possa fare ricorso ad una prova presuntiva generica, fondata sull’ id quod plerumque accidit (ad es., l’imposta viene traslata perché così sono solite fare le imprese), ma debba indicare gli elementi concreti dai quali evincersi, anche in via indiziaria, l’effettiva traslazione dell’imposta.
5.11.Nel pieno rispetto della giurisprudenza unionale, un consolidato orientamento di questa Corte, inaugurato da Cass. n. 19618 del 01/10/2015 e successivamente più volte ribadito (Cass. n. 19975 del 24/07/2019; Cass. n. 2810 del 06/02/2020; Cass. n. 22823 del 20/10/2020; Cass. n. 31679 del 26/10/2022; Cass. n. 4933 del 16/02/2023; Cass. n. 24373 del 2024; Cass. n. 32982 del 2024) ha enucleato i seguenti principi di diritto: a) in caso di richiesta di rimborso di una accisa armonizzata, la mancata traslazione del tributo stesso non è elemento del fatto costitutivo del diritto al rimborso, essendo, invece, l’avvenuta traslazione un fatto impeditivo di detto diritto, con conseguente onere a carico dell’Amministrazione finanziaria di provare tale fatto impeditivo; b) la prova del fatto impeditivo costitutivo della traslazione dell’imposta può essere fornita dall’Amministrazione finanziaria anche attraverso presunzioni aventi i requisiti richiesti dall’art. 2729 cod. civ., ma non anche con presunzioni semplici (e ciò sia precedentemente alla modifica normativa, in virtù della giurisprudenza della Corte di giustizia, che, a maggior ragione, successivamente); c) l’Amministrazione finanziaria, per escludere il diritto al rimborso, ha anche l’onere di dimostrare l’esistenza di un effettivo arricchimento che l’operatore conseguirebbe per effetto del rimborso (cfr., sul punto, da ultimo, Cass. n. 15278/25 e Cass. n. 15280/25).
5.12.Posti i suddetti principi di diritto, nella sentenza impugnata la CGT di II grado ha accolto i motivi di appello incidentale dell’Agenzia delle dogane concernenti l’assunta mancata prova della avvenuta comunicazione dell’istanza di rimborso (anche) all’Agenzia delle entrate competente ai sensi dell’art. 29, comma 4, cit. e la mancata dimostrazione da parte della società della non intervenuta traslazione dell’imposta verso terzi ai sensi dell’art. 29, comma 2, cit. (con assorbimento dei restanti), sui seguenti rilievi: 1) non ‘risultava per tabulas che detta istanza (datata 28 agosto 2008) era stata notificata anche all’Agenzia delle entrate’ – ovvero -in correlazione alle contestazioni dell’Ufficio delle dogan e -non era stata dimostrata l’avvenuta comunicazione della domanda (anche) all’Agenzia delle entrate competente contestualmente alla presentazione della
stessa all’Ufficio delle dogane di Frosinone il 29 agosto 2008, né successivamente prima della sua allegazione al ricorso di primo grado; con ciò, il giudice di appello ha omesso di prendere in considerazione la circostanza -documentata in atti e comunque incontestata (v. da ultimo controricorso pag. 5) -dell’avvenuta comunicazione in data 16.10.2008 da parte di Edison all’Agenzia delle entrate competente della domanda di rimborso ai sensi dell’art. 29, comma 4, cit. , prima della formazione del silenzio-rifiuto sulla istanza del 29.8.2008, e, comunque, entro il termine di decadenza biennale; al riguardo, va ribadito l’orientamento di questa Corte secondo cui il libero convincimento del giudice di merito in tema di presunzioni è sindacabile in sede di legittimità nei ristretti limiti di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., e cioè per mancato esame di fatti storici, anche quando veicolati da elementi indiziari non esaminati e dunque non considerati dal giudice sebbene decisivi, con l’effetto di invalidare l’efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base (cfr. Cass. n. 21223 del 2018, cui adde n. 18598 del 2020, n. 13399 del 2018, n. 13922 del 2016; Sez. 1, Ord. n. 10253 del 19/04/2021); 2) la violazione dell’art. 29, comma 4, cit., lungi dal rappresentare un inadempimento di carattere meramente formale (onere informativo all’Agenzia) aveva impedito di avere la compiuta conoscenza -in punto di fatto – della posizione fiscale di Edison circa la traslazione o meno dell’imposta verso terzi per stabilire la fondatezza o meno nel merito dell’istanza di rimborso; con ciò sovrapponendo indebitamente i piani della verifica de ll’assolvimento dell’adempimento della comunicazione dell’istanza di rimborso all’Agenzia delle entrate competente (sancito, a pena di inammissibilità della istanza medesima dall’art.29, comma 4, cit. quando la spesa ha concorso a formare il reddito d’impresa ai fini della informazione dell’Ufficio delle entrate per riflessi della domanda di rimborso sui redditi dichiarati de ll’esercizio di competenza) con quello della prova della traslazione dell’imposta – quale fatto impeditivo del diritto al rimborso -di cui al comma 2 dell’art. 29 cit. e del conseguente concreto indebito arricchimento, facendo dipendere dall’asserito mancato assolvimento dell’adempimento della comunicazione della domanda
all’Agenzia delle entrate ex art. 29, comma 4, cit. (statuizione di per sé viziata dall’omesso esame d el fatto decisivo qual era l’avvenuta comunicazione all’Ufficio di Milano in data 16.10.2008) la mancata verificabilità -‘ per mancata conoscenza, in punto di fatto, della posizione fiscale della RAGIONE_SOCIALE circa la traslazione o meno dell’imposta verso terzi ‘ -della fondatezza o meno, nel merito, dell’istanza di rimborso , addossando, peraltro, in tal modo erroneamente in capo alla contribuente l’onere di prov are la non intervenuta traslazione dell’imposta verso i terzi, laddove l’onere di dimostrare la traslazione e il conseguente indebito arricchimento gravava sull’Amministrazione anche attraverso presunzioni aventi i requisiti richiesti dall’art. 2729 cod. civ.
Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere il giudice di appello omesso l’esame dell’unico motivo di appello principale con cui era stata dedotta la tempestività dell’istanza di rimborso quantomeno per l’intera annualità 2006.
6.1.Il motivo è fondato.
6.2. Questa Corte ha condivisibilmente affermato che l’assorbimento “proprio” postula che la decisione della domanda assorbita divenga superflua per effetto della decisione sulla domanda assorbente, con conseguente sopravvenuta carenza di interesse all’esame della domanda rimasta assorbita; l’assorbimento “improprio” presuppone che la decisione assorbente escluda la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto della domanda formulata e dichiarata assorbita. Quale che sia la forma di assorbimento, la relativa declaratoria implica la specifica indicazione, da parte del giudice, dei presupposti in fatto e in diritto che la legittimano sicché, ove ciò non avvenga, si è in presenza di una omissione di pronuncia, comportante la nullità della decisione sul punto (Cass., sez. 1, Ordinanza n. 26507 del 14/09/2023). Nella specie, la CGT di II grado nell’accogliere i due motivi di appello incidentale dell’Agenzia – concernenti l’assunta mancata prova della avvenuta comunicazione dell’istanza di rimborso (anche) all’Agenzia delle entrate competente ai sensi dell’art. 29, comma 4, cit.
e la mancata dimostrazione da parte della società della non intervenuta traslazione dell’imposta verso terzi ai sensi dell’art. 29, comma 2, cit. ha assorbito il motivo di appello principale della contribuente (concernente la tempestività della domanda d i rimborso, in ogni caso, per l’intera annualità 2006) senza esplicitare i presupposti di fatto e di diritto che legittimavano tale pronuncia di assorbimento (‘ i motivi di appello incidentale sub3d e sub 3c dell’Agenzia delle dogane – con assorbimento dei restanti motivi- meritano, dunque, accoglimento …’), il che concreta il denunciato vizio di omessa pronuncia.
7.In conclusione, vanno accolti i motivi terzo e il quarto nei termini di cui in motivazione, il quinto, respinti i restanti, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione ai motivi accolti- e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie i motivi terzo e il quarto nei termini di cui in motivazione, il quinto, respinti i restanti, cassa la sentenza impugnata- in relazione ai motivi accolti- e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 10 giugno 2025