Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6893 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6893 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
Oggetto: accisa gasolio – rimborso – installazione FAP
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 17388/2021 proposto da RAGIONE_SOCIALE quale incorporante di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. prof. NOME COGNOME (PEC: EMAIL e dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL) giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione con domicilio eletto presso il primo dei ridetti difensori
-ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (con indirizzo PEC: EMAIL
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 779/03/2020 depositata in data 21/12/2020;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 25/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE, ora incorporata dalla ricorrente RAGIONE_SOCIALE, era società esercente servizio di trasporto persone a mezzo di autobus alimentati a gasolio, omologati, con l’originaria immatricolazione, nella categoria ‘Euro 2’. Successivamente, sui predetti automezzi la società fece installare filtri antiparticolato per motori diesel (c.d. ‘FAP’). La società per il primo e secondo trimestre 2017 richiese il rimborso dell’importo di € 43.430,58 in ragione del regime agevolativo, ai sensi dell’art. 1, comma 645, della l. 25 dicembre 2015, n. 208;
-l’Ufficio delle Dogane emise un provvedimento di diniego, affermando che il beneficio dell’agevolazione non spettava ai veicoli originariamente immatricolati come euro 1 o euro 2, ancorché fosse stato installato il filtro antiparticolato. Ciò perché tale dispositivo consentiva senz’altro la migliore classificazione del mezzo rispetto al parametro delle emissioni inquinanti, con positivo riflesso sui limiti alla circolazione disposti nelle città a più elevata densità di polveri sottoli, ma non era sufficiente a soddisfare tutti i nuovi standard dei requisiti richiesti;
la società impugnò l’atto di diniego dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino, che ne accolse le ragioni. L’appello proposto era accolto dal giudice di secondo grado;
ricorre a questa Corte la società con atto affidato a cinque motivi;
-l’Agenzia delle Dogane resiste con controricorso;
Considerato che:
il primo motivo censura la pronuncia gravata denunciandone la nullità per apparente motivazione in violazione dell’art. 36 c. 2 n. 4 d. lgs. n. 546 del 1992 riguardo alla eccepita illegittimità del diniego di rimborso fondato su una normativa nazionale, gli artt. 1 c. 645 della L. n. 208 del 2015 e 24- ter del d. Lgs. n. 504 del 1995 che contrasterebbe, secondo la prospettazione della ricorrente, con l’art. 7 par. 2 e 3 della direttiva 2003/96/CE in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c.; secondo parte ricorrente dalla motivazione non sono ricavabili le ragioni della decisione neppure per implicito avendo il giudice di secondo grado espresso la propria motivazione in modo apodittico e quindi apparente;
il motivo è infondato;
il vizio motivazionale della sentenza viene ricondotto unicamente all’ipotesi in cui il difetto sia talmente grave da tramutarsi in ‘…violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di ‘sufficienza’, ‘nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili’, nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’ (Cass. SS.UU, sentenza n. 8053/2014);
nel presente caso invece, da quanto la CTR analiticamente e ampiamente scrive si evincono con chiarezza le ragioni che l’hanno condotta a decisione e le argomentazioni che ha posto alla base della statuizione di accoglimento dell’appello dell’Agenzia ed il rigetto delle ragioni addotte dalla contribuente a sostegno della propria domanda di rimborso: rileva difatti il giudice d’appello che non vi era alcun obbligo di recepimento della direttiva n. 2003/96/CE e che lo Stato italiano ha adottato propria regolamentazione del gasolio commerciale;
va esaminato a questo punto il terzo motivo di impugnazione con il quale si deduce la falsa applicazione e/o la violazione dell’art. 115 c.p.c. per avere la sentenza impugnata illegittimamente ritenuto fatto pacifico quello che invece è fatto controverso tra le parti, attinente agli effetti sulle emissioni inquinanti dell’installazione del filtro antiparticolato (c.d. ‘FAP’) al fine di far raggiungere ai veicoli l’inquadramento come categoria euro superiore alla n. 2, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.; – il motivo è infondato;
in realtà, diversamente dalla prospettazione che sottintende la formulazione del motivo, la pronuncia di merito non ha ritenuto pacifica l’efficacia anti-inquinante di detti filtri; essa invece l’ha ritenuta nel concreto priva di rilevanza ai fini della spettanza o meno del diritto al rimborso;
nel chiarire infatti come la motivazione della sentenza di primo grado fosse generica nel postulare che detti filtri abbattono tutte le sostanze inquinanti ‘mentre è pacifico che avviene solo l’abbattimento della massa di particolato’, la sentenza di merito ha semplicemente registrato come ‘l’adozione dei filtri FAP è consentita dalla normativa nazionale (D.M. Min. Trasporti 25.1.2008, n 89) ai soli fini della riduzione della massa di particolato’ senza collegare l’effetto anti inquinante di tali dispositivi alla spettanza del vantaggio tributario oggetto del processo, per la esistenza dei quali vanno esaminati i parametri normativi contenuti nelle disposizioni che disciplinano la relativa accisa e non le disposizioni che hanno diversa finalità, com’è quella esclusivamente ambientale o relativa alla sicurezza dei trasporti;
le considerazioni quindi relative all’applicazione del ridetto decreto sono state espresse da giudice di appello esclusivamente per dar conto delle ragioni che l’hanno portato a ritenere generica sul punto, quindi insoddisfacente, la motivazione dei giudici di primo grado;
possono poi esaminarsi congiuntamente il secondo e il quarto motivo di impugnazione, con i quali la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 645, della l. n. 208 del 2015 (Legge di stabilità 2016), nonché dell’art. 24-ter del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, e dell’art. 5 del Decreto del Ministero dei Trasporti n. 39 del 25 gennaio 2008, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Il giudice regionale avrebbe errato nel negare l’accesso al credito d’imposta, perché la disciplina dettata dalla legge di stabilità 2016 richiama la ‘categoria euro’ del veicolo e non l”omologazione’, riferita solo alla situazione storica del veicolo al momento dell’immatricolazione, evolutasi con gli interventi tecnici successivi; laddove il Decreto non esclude che l’applicazione del filtro antiparticolato riduca gli altri inquinanti in modo da consentire il raggiungimento della categoria ambientale Euro 3 o superiore;
la questione al vaglio del collegio che qui si pone è già stata affrontata e risolta da una serie di pronunce specifiche (si vedano in termini Cass.
34882/2023; Cass. n. 35334/2023 e Cass. n. 35361/2023), e
riguarda i requisiti previsti per la fruizione del regime agevolato in materia di accise sul gasolio per autotrazione per veicoli destinati al traporto pubblico locale, con riguardo all ‘applicazione de ll’art. 1, comma 645, della L. n. 208 del 2015 (successivamente trasfuso nell’art. 24-ter del d. Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504), quanto ai mezzi, originariamente immatricolati come ‘euro 2′, ma che, a seguito dell’installazione dei filtri antiparticolato (c.d. FAP), abbiano successivamente ottenuto l’inquadramento ai fini ambientali nelle categorie euro 3 o euro 5. In materia di autotrasporto, la legge n. 208 del 2015, con l’art. 1, comma 645, cit., ha ristretto il campo d’ applicazione dell’agevolazione prevista a favore degli esercenti il trasporto merci e di determinate imprese che svolgono il trasporto persone, escludendone a decorrere dal 1º gennaio 2016 il gasolio consumato dai veicoli di categoria euro 2 o inferiore. Ciò in aggiunta ai veicoli di categoria euro 1 o inferiore, già esclusi dall’art. 1, comma 233, della legge 23 dicembre 2014, n.190 (Legge di Stabilità 2015), con effetto dal 1° gennaio 2015. In particolare, la legge n. 208 cit., art. 1, comma 645, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, il credito d’imposta relativo all’agevolazione sul gasolio per autotrazione degli autotrasportatori “non spetta per i veicoli di categoria Euro 2 o inferiore”. I veicoli di categoria euro 2 o inferiore sono i veicoli che rispettano le emissioni inquinanti definite dalle direttive degli anni dal 1991 al 1998 (Euro 1: direttive 91/441/CEE, 91/542/CEE punto 6.2.1.A e 93/59/CEE; Euro 2: 91/542/CE punto 6.2.1., 94/12/CE, 96/1/CE, 96/44/CE, 96/69/CE e 98/77/CE) (cfr. Dossier n. 240 10 Vol. II, Atto Senato n. 2111 XVII Legislatura). Analogamente, l’art. 24-ter del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n.504, inserito dal d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con mod. dalla legge 1° dicembre 2016, n.225 intitolato «Gasolio commerciale», prevede che «1. Il gasolio commerciale usato come carburante è assoggettato ad accisa con l’applicazione dell’aliquota prevista per tale impiego dal numero 4-bis della tabella A allegata al presente testo unico; 2. Per gasolio commerciale usato come carburante si intende il gasolio impiegato da veicoli, ad eccezione di quelli di categoria euro 2 o inferiore, utilizzati dal
proprietario, o in virtù di altro titolo che ne garantisca l’esclusiva disponibilità, per i seguenti scopi: a) attività di trasporto di merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate esercitata da (…); b) attività di trasporto di persone svolta da: 1) enti pubblici o imprese pubbliche locali esercenti l’attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n.422 e alle relative leggi regionali di attuazione; 2) imprese esercenti autoservizi interregionali di competenza statale di cui al decreto legislativo 21 novembre 2005, n.285 (Riordino dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale); 3) imprese esercenti autoservizi di competenza regionale e locale di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n.422; 4) imprese esercenti autoservizi regolari in ambito comunitario di cui al regolamento (CE) n. 1073/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 561/2006. Nel caso all’attenzione di questo collegio si tratta di veicoli immatricolati come Euro 2, ma in seguito sottoposti a modifica con la dotazione di filtro antiparticolato. Ebbene, deve affermarsi che tale intervento non è sufficiente a consentire alla parte di fruire dell’agevolazione fiscale richiesta, non comportando una variazione della categoria di classificazione del mezzo, se non con riguardo alle emissioni di ‘particolato’;
– nel dettaglio, con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 7, paragrafi 2 e 3 della Direttiva 2003/96/CE, dell’art. 1, comma 645, L. n. 208 del 2015, dell’art. 24-ter del d. Lgs. n. 504 del 1995, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Il giudice regionale avrebbe errato nel ritenere la Direttiva non self executing , costituendo viceversa una direttiva quadro, che lascia agli Stati membri UE la facoltà di disciplinare le modalità di trattamento fiscale per il gasolio commerciale, sia pur nel rispetto di alcuni parametri minimi. Nello specifico la commissione regionale avrebbe negato la violazione dell’art. 7, par. 2 e 3, della suddetta Direttiva, attesa la ‘ facoltà ‘ degli Stati membri di applicare un’aliquota di accisa ridotta nei limiti di quanto nello
stesso previsto e la mancanza di un obbligo dello Stato italiano di estendere detto regime agevolativo indiscriminatamente a tutti i veicoli. Ad avviso della società invece il legislatore italiano – avvalendosi della facoltà di cui all’art. 7, par. 2, cit., di previsione di un’aliquota differenziata per il gasolio commerciale (con l’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2007, n. 26) – con l’art. 1, comma 645 della legge n. 208/2015 (poi trasfuso nel conforme art. 24 ter del d.lgs. n. 504/1995), non si sarebbe attenuto alla definizione normativa di ‘ gasolio commerciale utilizzato come propellente’ (per l’applicazione dell’aliquota differenziata) contenuta nel par. 3 dell’art. 7 della Direttiva restringendo, in contrasto con l’opzione prevista dalla legislazione europea sovraordinata, la fattispecie astratta con ulteriori elementi, quali l’utilizzo di veicoli di categoria superiore ad ‘euro 2’;
in subordine, per l’ipotesi di non condivisione di tale critica, la società formula istanza di rimessione alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 267, secondo comma, TFUE, avente ad oggetto il quesito se l’art. 7 della Direttiva 2003/96/2003 possa essere interpretato nel senso che la nozione di ‘gasolio commerciale utilizzato come propellente’ contenuta nell’art. 7 non possa essere modificata dal legislatore nazionale con l’introduzione di altri e diversi requisiti;
le ridette censure sono infondate;
va premesso che il legislatore dell’Unione europea, in linea generale, ha previsto la possibilità per gli Stati membri di introdurre aliquote di imposta differenziate, esenzioni dall’imposizione o sgravi fiscali delle accise, lasciando un certo margine di discrezionalità agli Stati membri in materia di accise (Corte giust., 30 gennaio 2020, RAGIONE_SOCIALE, C-513/18, punto 26). In assonanza con tale affermazione, questa Corte ha già chiarito (Cass n. 35334/23; Cass. 35361/2023, intercorsi peraltro tra le medesime parte del presente giudizio) ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/96/CE gli Stati membri possono distinguere tra uso commerciale e non commerciale del gasolio utilizzato come propellente , purché siano rispettati i livelli minimi comunitari e l’aliquota per il gasolio commerciale utilizzato come propellente non sia inferiore al livello
nazionale di tassazione vigente al 1° gennaio 2003, a prescindere dalle deroghe per detta utilizzazione stabilite dalla presente direttiva (par. 2); si intende per « gasolio commerciale utilizzato come propellente » il gasolio utilizzato ai fini seguenti: a) trasporto di merci per conto terzi o per conto proprio, effettuato con un autoveicolo a motore o un autoveicolo con rimorchio, adibito esclusivamente al trasporto di merci su strada, avente un peso a pieno carico massimo ammissibile pari o superiore a 7,5 tonnellate; b ) trasporto regolare o occasionale di passeggeri, effettuato con un autoveicolo delle categorie M2 o M3, quali definite dalla direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (par. 3); … gli Stati membri che introducono un sistema di canone per gli utenti della strada destinato agli autoveicoli a motore o agli autoveicoli con rimorchio, adibiti esclusivamente al trasporto di merci su strada, possono applicare un’aliquota ridotta sul gasolio utilizzato da tali autoveicoli inferiore al livello nazionale di tassazione vigente al 10 gennaio 2003, purché l’onere fiscale complessivo rimanga globalmente equivalente e purché siano rispettati i livelli minimi comunitari e il livello nazionale di tassazione in vigore al 10 gennaio 2003 per il gasolio utilizzato come propellente sia superiore di almeno due volte rispetto al livello minimo di tassazione applicabile al 10 gennaio 2004 (par.4); – sul punto, la Corte di Giustizia dell’Unione, con sentenza del 30.1.2020, causa C-513/18, chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità dell’art. 24ter del TUA con l’art. 7, par. 2 e 3 della Direttiva 2003/96 -atteso che, secondo il giudice del rinvio, detta disposizione, nel riconoscere il beneficio dell’aliquota di accisa ridotta sul gasolio commerciale usato come carburante solo a talune attività e non ad altre, come l’attività di noleggio autobus con conducente nel settore del trasporto privato di persone, limiterebbe la portata dell’articolo 7, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2003/96, che fa riferimento al «trasporto regolare o occasionale di passeggeri- ha affermato che « per quanto riguarda l’impianto sistematico della direttiva 2003/96, dal considerando 3 e
dall’articolo 4 della medesima risulta che essa non ha proceduto ad un’armonizzazione totale delle aliquote di accisa sui prodotti energetici e sull’elettricità, ma si limita a fissare livelli minimi di tassazione armonizzati. Inoltre, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 30 e 31 delle conclusioni, oltre all’articolo 7, paragrafo 2, di detta direttiva, gli articoli 5, da 14 a 17 e 19 di quest’ultima prevedono la possibilità per gli Stati membri di introdurre aliquote di imposta differenziate, esenzioni dall’imposizione o sgravi fiscali delle accise» . Tali disposizioni indicano che il legislatore dell’Unione ha lasciato un certo margine di discrezionalità agli Stati membri in materia di accise (punto 26);
– per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2003/96, nella detta pronuncia si è rilevato che « dai considerando 9 e 11 della menzionata direttiva risulta che la stessa si propone di lasciare agli Stati membri un certo margine per definire e attuare politiche adeguate ai rispettivi contesti nazionali e che la scelta dei regimi da applicare in relazione all’attuazione della direttiva in parola spetta a ciascuno degli Stati membri» (sentenza del 18 gennaio 2017, IRCCS -Fondazione Santa Lucia, C-189/15, EU:C:2017:17, punto 50) (punto 28); in secondo luogo, la direttiva 2003/96, prevedendo un regime di tassazione armonizzato dei prodotti energetici e dell’elettricità, mira, come risulta dai suoi considerando da 2 a 5 e 24, a promuovere il buon funzionamento del mercato interno nel settore dell’energia, evitando, in particolare, le distorsioni della concorrenza (sentenza del 7 marzo 2018, Cristal Union, C-31/17, EU:C:2018:168, punto 29 e giurisprudenza ivi citata). In particolare, dal considerando 3 di detta direttiva risulta che è, al fine di garantire tale buon funzionamento del mercato interno che essa ha fissato livelli minimi comunitari di tassazione (punto 30); ebbene, nella misura in cui i livelli minimi comunitari di tassazione vengano rispettati, tale obiettivo non osta ad un’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2003/96 nel senso che gli Stati membri possono limitare l’applicazione dell’aliquota di accisa ridotta (punto 31);
– la Corte di giustizia ha, dunque, dichiarato che ‘ l’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, rientra nel suo ambito di applicazione un’impresa privata che esercita l’attività di trasporto di passeggeri mediante servizi di noleggio autobus con conducente, a condizione che i veicoli noleggiati da tale impresa siano di categoria M2 o M3 , quali definite dalla direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, e, dall’altro lato, che esso non osta a una normativa nazionale che prevede un’aliquota di accisa ridotta per il gasolio commerciale utilizzato come propellente per il trasporto regolare di passeggeri, senza tuttavia prevedere siffatta aliquota per quello utilizzato per il trasporto occasionale di passeggeri, a condizione che tale normativa rispetti il principio della parità di trattamento, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare’. È dunque evidente che l’art. 7, comma 2 della Direttiva 27-10-2003 n. 2003/96/CE si limiti a prevedere la ‘ possibilità ‘ da parte degli Stati membri di introduzione di una tassazione differenziata per il gasolio a seconda dell’uso commerciale o non commerciale, senza imporre alcunché o vietare la possibilità, per il legislatore nazionale, di subordinare una data agevolazione rispetto a interessi di altro genere ritenuti rilevanti nel dato momento in base a politiche adeguate ai contesti nazionali (come, nel caso di specie, l’esigenza di incentivare il rinnovo del parco-veicoli a fini di contenimento dell’inquinamento ambientale);
– lo Stato italiano ha dato attuazione alla suddetta Direttiva con l’art. 6 del d. Lgs. n. 26/2007 che ha riconosciuto ai soggetti di cui all’art. 5, commi 1 e 2 del d.L. n. 452/2001 il rimborso della prevista maggiore aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante. Alla luce di quanto sopra si deve, pertanto, ritenere che l’art. 7, par. 2 e 3 della Direttiva n. 2003/96/CE non osti ad una normativa nazionale qual è l’art. 1, comma 645 della legge n. 138 del 2015 che (ugualmente all’art. 24ter del TUA)
escluda l’applicazione dell’aliquota agevolata dell’accisa sul gasolio utilizzato per autotrazione con riguardo ai veicoli di categoria euro 2 o inferiore, senza che dal par. 3 della detta direttiva possa evincersi diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente- una nozione comunitaria direttamente vincolante per lo Stato italiano di ‘gasolio commerciale utilizzato come propellente’ utilizzato .. b) per il trasporto regolare o occasionale di passeggeri effettuato con autoveicoli delle categorie M2 e M3, quali definite dalla direttiva 70/156/CEE del Consiglio del 6 febbraio 1970′; posto infatti il rispetto della condizione che i veicoli utilizzati per il trasporto di passeggeri siano di categoria M2 o M3 (in base a determinate caratteriste tecniche quali il numero delle ruote, dimensioni, potenza del motore, numero dei posti e carrozzeria) il legislatore italiano, nell’esercizio di un certo margine di discrezionalità in materia di accise, ha limitato – senza con ciò porsi in contrasto con la detta direttiva l’applicazione dell’aliquota di accisa ridotta escludendovi i veicoli omologati di categoria Euro 2 o inferiori;
venendo al contenuto della sentenza impugnata, il Collegio rileva che la commissione regionale ha correttamente ritenuto che l’art. 7, par. 2, e 3 della Direttiva – il quale attribuisce agli Stati membri la facoltà di applicare un’aliquota di accisa ridotta nei limiti di quanto dalla stessa previsto – non vincoli lo Stato italiano ad estendere il regime agevolativo indiscriminatamente a tutti i veicoli compresi quelli che, senza un supporto quale il FAP, dovrebbero essere interdetti dalla circolazione in forza dei principi fissati in materia antinquinamento dalla stessa CE; il giudice del merito ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suddetti principi;
non ravvisandosi pertanto alcun contrasto tra la normativa comunitaria e quella italiana, neppure sussistono i presupposti per sottoporre alla Corte di Giustizia Europea – come invece richiesto dalla ricorrente – la questione pregiudiziale ex art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea;
come anticipato, il quarto motivo denuncia in dettaglio la falsa applicazione e/o violazione dell’art. 5 del decreto del ministero dei
trasporti n. 39 del 25 gennaio 2008 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la sentenza impugnata falsamente applicato la ridetta normativa tecnica di rango secondario che non avrebbe secondo parte ricorrente alcuna rilevanza tributaria;
il motivo è infondato;
– viene in rilievo la giurisprudenza di questa Corte, alla quale ritiene questo Collegio di dare continuità (Cass., Sez. Trib., 7 giugno 2023, nn. 16009, 16044, 16081, 16106), la quale ha ritenuto che -ancorché il regolamento relativo alla riduzione della massa di particolato determini ai fini dell’inquinamento da massa di particolato l’inquadramento del veicolo in una fascia ambientale superiore (art. 5 d.m. 25 gennaio 2008 n. 39) -ciò non ridonda ai fini del beneficio accordato dalla invocata norma fiscale «che poggia invece sulla «categoria di omologazione originaria» del mezzo, cioè sulla categoria ‘euro’ attribuita a quel tipo di veicolo in sede di omologazione» (Cass. citt.); ciò in considerazione del diritto dell’Unione che, quanto alla classificazione a fini ambientali, ha posto l’accento sull’omologazione del veicolo, la quale non si esaurisce nella misurazione dei livelli di emissione di particolato, ma attiene al complessivo stato tecnologico e scientifico del momento della loro immissione in commercio. Per cui «l’indicazione «veicoli di categoria euro 2 o inferiore», di cui all’art. 1 comma 645 cit., deve riferirsi, quindi, alla categoria attribuita a quel tipo di veicolo in sede di omologazione, rappresentativa della complessiva condizione del mezzo sotto il profilo ambientale, non rilevando, ai fini della sua determinazione, l’installazione di sistemi di riduzione delle emissioni di particolato successivamente all’immatricolazione» (Cass., nn. 16009, 16044, 16081, 16106 del 2023). Questa interpretazione è, poi, stata condivisibilmente corroborata con la finalità della menzionata disposizione tributaria, intesa a favorire l’acquisto di mezzi di ultima generazione e il rinnovo del parco mezzi destinati al trasporto pubblico locale e regionale (art. 1 comma 866, L. 208/2015);
la sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suddetti principi;
-concludendo sul punto, va pertanto qui confermato quanto espressamente e chiaramente già sancito, oltre che nei precedenti sopra richiamati, da questa Corte, con sentenza n. 25002 del 2023, che ha affermato il seguente condivisibile e qui puntualmente applicabile principio di diritto: ‘ il credito d’imposta previsto dall’art. 1, comma 645, della l. n. 208 del 2015 e, successivamente, dall’art. 24 ter del TUA in favore degli autotrasportatori ivi indicati, riguardante le accise sul gasolio per autotrazione, si applica unicamente con riferimento ai veicoli catalogati nelle categorie Euro specificamente indicate dalla legge, senza che abbia alcun rilievo, ai fini della determinazione della categoria di appartenenza del veicolo, la eventuale installazione sullo stesso di un filtro anti particolato omologato ‘ ; nella sentenza impugnata, il giudice di appello ha fatto buon governo dei principi suddetti nel ritenere legittimo il diniego dell’istanza di rimborso delle accise sul gasolio commerciale per autotrasporto trattandosi di veicoli immatricolati Euro 2, dotati di filtri antiparticolato (FAP), in quanto tali esclusi dall’agevolazione ai sensi dell’art. 1, comma 645, della l. n. 208 del 2015; la CTR ha, altresì, correttamente ritenuto che l’art. 7, par. 2, e 3 della Direttiva-il quale attribuisce agli Stati membri la facoltà di applicare un’aliquota di accisa ridotta nei limiti di quanto dalla stessa previsto’non obbliga lo Stato italiano ad estendere il regime agevolativo indiscriminatamente a tutti i veicoli compresi quelli che, senza un supporto quale il FAP, dovrebbero essere interdetti dalla circolazione proprio in virtù dei principi fissati in materia antinquinamento dalla stessa CE’;
– le sopra svolte argomentazioni trovano conferma nelle conclusioni a cui è recentemente giunto, ancora, il giudice dell’Unione (CGUE, sentenza 16 novembre 2023, Tüke Busz Közösségi Közlekedési Zrt, in causa C-391/22) secondo il quale ‘ si deve notare che il paragrafo 1 di detto articolo 7 prevede che i carburanti sono soggetti a livelli minimi di tassazione. Infatti, come risulta dal considerando 3 e dall’articolo 4 di tale direttiva, quest’ultima mira non già ad armonizzare in modo esaustivo le aliquote di accisa sui prodotti energetici e sull’elettricità, ma
si limita a fissare livelli minimi di tassazione. L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/96 dispone quindi che la facoltà concessa agli Stati membri di prevedere livelli di tassazione diversi a seconda dell’uso, commerciale o non commerciale, del gasolio utilizzato come propellente è soggetta al rispetto dei livelli minimi di tassazione stabiliti da tale direttiva. Inoltre, la disposizione in parola impedisce agli Stati membri di fissare l’aliquota di tassazione del gasolio commerciale ad un livello inferiore all’aliquota nazionale in vigore al 1º gennaio 2003. Tali elementi indicano che l’entrata in vigore di detta direttiva non doveva comportare una diminuzione del livello di tassazione del gasolio commerciale. In tali circostanze, la nozione di «gasolio commerciale utilizzato come propellente» non può essere oggetto di un’interpretazione estensiva’;
infine, il quinto motivo deduce la falsa applicazione e/o la violazione del regolamento CE n. 892/2008 nonché la violazione della Direttiva n. 2009/40/CE del 6 maggio 2009 in relazione all’art. 360 c.1 n. 3 c.p.c. per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto tali disposizioni applicabili ai veicoli della società ricorrente poiché si tratta di veicoli originariamente omologati in fase di prima immatricolazione come categoria euro 2, mentre la sua richiamata normativa – secondo la società contribuente – troverebbe applicazione solo ai veicoli di nuova immatricolazione di categoria euro 5 ed euro 6 come si evincerebbe dal considerando numero 2 del regolamento stesso;
il motivo è inammissibile;
in realtà dalla lettura della pronuncia impugnata non si evince alcun passaggio della motivazione nel quale il giudice dell’appello dimostra di aver fondato la propria decisione sulla applicazioni alla presente fattispecie del testo normativo al quale fa riferimento la ricorrente; in realtà il profilo relativo ai sistemi di sicurezza è accennato unicamente al fine di illustrare le difese delle parti che a tale previsione fanno riferimento peraltro solo al fine di meglio illustrare -dal punto di vista sistematico – le proprie ragioni;
in conclusione, quindi, il ricorso va rigettato;
– le spese sono regolate dalla soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 4.300,00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2025.