Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13740 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 13740 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8952/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME e COGNOME presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli
avvocati NOME e NOME COGNOME presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-controricorrente-
-ricorrente adesiva in via incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di MILANO n. 625/2023 depositata il 24/02/2023;
dato atto che il Presidente del Collegio ha preliminarmente invitato le parti ad interloquire sulla ricaduta nel presente giudizio di legittimità della sentenza n. 43/2025, depositata dalla Corte costituzionale lo scorso 15 aprile 2025;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/04/2025 dal Consigliere COGNOME
udito il Procuratore Generale, nella persona della Dott.ssa NOME COGNOME che, richiamate le conclusioni scritte, ha insistito nel rigetto del ricorso;
uditi i Difensori delle parti, che hanno insistito nell ‘ accoglimento delle rispettive richieste.
FATTI DI CAUSA
1.In data 16 febbraio 2007 RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE e, ancor prima, RAGIONE_SOCIALE, di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE) e RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE) sottoscrissero un contratto di factoring, in esecuzione del quale, RAGIONE_SOCIALE cedette ad RAGIONE_SOCIALE i crediti dalla stessa maturati nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE) in virtù della fornitura di energia elettrica eseguita, segnatamente, nel periodo compreso tra febbraio 2010 e dicembre 2011.
In forza del contratto di Factoring e della suddetta cessione: da un lato, RAGIONE_SOCIALE, in adempimento alle obbligazioni di pagamento portate dalle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE nei suoi confronti, corrispose ad RAGIONE_SOCIALE i relativi importi; dall’altro, RAGIONE_SOCIALE versò integralmente ad
Alperia il corrispettivo del credito ceduto, comprensivo della quota parte corrispondente alle addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica oggetto del ricorso introduttivo del presente giudizio, come emerge dalla documentazione contabile della società.
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso ex art. 702bis davanti al Tribunale di Milano nei confronti di RAGIONE_SOCIALE chiedendone, ai sensi dell’art. 2033 c.c., la condanna alla restituzione della somma di € 30.182,74, da essa indebitamente pagata, oltre interessi dalla data di scadenza del termine del 08.04.2020 indicato nella lettera di messa in mora ovvero, in subordine, dalla data di deposito del ricorso; spese rifuse.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva e, nel merito chiedeva: a) in via principale, il rigetto della domanda (stante il carattere non self-executing della direttiva 2008/118/CE, l’efficacia solo verticale delle direttive e la natura di tributo non autonomo dell’addizionale provinciale); b) in via subordinata, di essere manlevata da RAGIONE_SOCIALE in forza del contratto di factoring stipulato con quest’ultima.
Anche COGNOME si costituiva e, in via preliminare, contestava la propria legittimazione passiva rispetto all’azione ex art. 2033 c.c. esperita nei suoi confronti da RAGIONE_SOCIALE; mentre, nel merito, contestava la fondatezza della domanda proposta da quest’ultima.
Il Tribunale di Milano, con ordinanza n. 9117/2021, emessa ex art. 702 ter c.p.c. nel contraddittorio delle parti:
da un lato, in accoglimento della domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della convenuta, condannava RAGIONE_SOCIALE alla restituzione dell’importo di euro 30.182,74 a titolo di addizionale all’accisa sulla fornitura di energia elettrica indebitamente corrisposto negli anni 2010-2011;
e, dall’altro, in accoglimento della domanda proposta dalla convenuta nei confronti della terza chiamata, condannava NOME a tenere indenne Ifitalia della condanna subita.
Avverso la suddetta ordinanza del giudice di primo grado Ifitalia e Alperia proponevano distinti appelli.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva in entrambi i giudizi, chiedendo la conferma della sentenza appellata.
La corte territoriale, riuniti i due procedimenti, con sentenza n. 625/2023, respingeva gli appelli, condannando le parti appellanti alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla terza chiamata e compensando integralmente le spese tra le parti appellanti stesse.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso Alperia.
Ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto la distrazione delle spese processuali a favore dei difensori antistatari.
Ifitalia si è costituita al fine di aderire ai motivi presentati da COGNOME chiedendo a sua volta la cassazione della sentenza impugnata.
Per l’odierna udienza pubblica, il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso, mentre i Difensori di tutte le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La società RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE e ancor prima RAGIONE_SOCIALE – dopo aver premesso che la controversia in esame verte sulla pretesa contrarietà dell’articolo 6 del D.L. 511/1988 con l’articolo 1, paragrafo 2, della Direttiva 2008/118/CE, recepita in Italia con il D. Lgs. 48/2010; e che nella giurisprudenza di merito si è affermato un orientamento, nel quale si colloca anche la impugnata sentenza, che ritiene legittima la disapplicazione dell’articolo 6 del D.L. 511/1988 nel rapporto orizzontale promosso ex articolo 2033 c.c. dal consumatore finale, al quale l’addizionale provinciale è stata addebitata a titolo di rivalsa ex articolo 56 del TUA, e il fornitore di energia elettrica – denuncia l’illegittimità di tale ultima interpretazione, che ritiene contrastante con
il sistema delle fonti del diritto nazionale; e, all’uopo, articola in ricorso quattro motivi. Precisamente, la società ricorrente:
1.1. Con il primo motivo denuncia <>.
In sintesi, si duole che la corte territoriale ha attribuito ad una direttiva non self executing efficacia diretta verticale al fine di legittimare la disapplicazione, ad opera del giudice nazionale, dell’articolo 6 del D.L. n. 511/1988 per contrasto con l’articolo 1 paragrafo 2 della Direttiva 2008/118/CE.
1.2. Con il secondo motivo denuncia: <>.
In sintesi, si duole che la corte territoriale ha attribuito efficacia erga omnes all’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di una norma comunitaria non dotata di efficacia diretta al fine di legittimare la disapplicazione, ad opera del giudice nazionale, del diritto italiano per contrasto con quello eurounitario.
1.3. Con il terzo motivo denuncia: <>.
In sintesi, si duole che la corte territoriale ha attribuito efficacia diretta orizzontale alla Direttiva 2008/118/CE, conferendo al giudice nazionale il potere di disapplicare il diritto italiano per contrasto con quello eurounitario nell’ambito di una controversia tra soggetti privati.
1.4. Con il quarto motivo denuncia: <>.
In sintesi, si duole che la corte territoriale ha ricondotto l’addizionale provinciale sull’energia elettrica disciplinata dall’articolo 6 del D.L. n. 511/1988 all’alveo delle ‘ altre imposte indirette ‘ di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della Direttiva 2008/118/CE in difetto dei presupposti di autonomia giuridica dell’addizionale in oggetto rispetto all’accisa sull’energia elettrica.
I motivi – che, in quanto tutti relativi all’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica (istituita dall’articolo 6 commi 1 lettera c) e 2 del D.L. 511/1988, convertito con modificazioni nella legge n. 20/1989, successivamente sostituito dall’art. 5 comma 1 del d. lgs. n. 26/2007), ed alla facoltà del consumatore di chiederne il rimborso al
fornitore, sono qui trattati congiuntamente – non sono fondati, ma la motivazione va corretta.
2.1. Giova premettere che l’accisa è un’imposta indiretta applicata alla produzione o al consumo di determinati prodotti, tra i quali la energia elettrica.
Si tratta di una imposta indiretta, in quanto il produttore paga il tributo per poi rivalersi sul consumatore.
La normativa relativa alle accise è contenuta nel Testo Unico delle Accise (c.d. T.U.A.), posto dal d.lgs. n. 504/1995.
A livello eurounitario, il Consiglio europeo, a partire dal 1992, allo scopo di abolire (o attenuare) gli ostacoli che si frapponevano all’interscambio tra i Paesi membri dei prodotti sottoposti ad accisa, è intervenuto con una serie di direttive volte all’armonizzazione delle imposte in questione. In particolare, con la direttiva 92/12/CEE del 25 febbraio 1992 (e successive modifiche), sono state dettate le norme relative al regime generale, alla detenzione, alla circolazione e ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa. Tra detti prodotti è stata aggiunta l’energia elettrica per effetto della direttiva 2003/96/CE del 27 ottobre 2003, che ha ampliato l’insieme dei prodotti energetici soggetti al regime comunitario relativo alle accise.
La direttiva 92/12/CEE, con effetto dal 1° aprile 2010, è stata sostituita dalla direttiva 2008/118/CE del 16 dicembre 2008 (sostituita a sua volta, con effetto dal 13 febbraio 2023, almeno per le innovazioni di maggiore rilievo, dalla direttiva (UE) 2020/262 del 19 dicembre 2029, entrata in vigore il 21 marzo 2020), che, all’art. 1, paragrafo 2, prevedeva: <
>.
2.2. Occorre aggiungere che l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, per cui è ricorso, è stata introdotta dall’art. 5 del d.lgs. n. 26 del 2007 (sostitutivo dell’art. 6 del d.l. n. 511 del 1988, come convertito, con modificazioni, nella legge n. 20/1989) al fine di recepire le indicazioni di cui alla direttiva 2003/96/CE del 27 ottobre 2003, che, come sopra rilevato, aveva ricompreso tra i prodotti energetici soggetti al regime comunitario relativo alle accise, anche l’energia elettrica.
Nel 2011 la Commissione Europea ha avviato una procedura nei confronti dell’Italia, ritenendo che l’addizionale provinciale per cui è ricorso fosse illegittima per contrasto proprio con la richiamata direttiva 2008/118/CE (che, come sopra rilevato, vieta di applicare sui prodotti sottoposti ad accisa delle ulteriori imposte indirette, quale si ipotizzava appunto fosse l’addizionale, prive di ‘finalità specifica’).
Al fine di evitare la prosecuzione di tale procedura a proprio carico, il legislatore nazionale è intervenuto nel 2012, abrogando l’addizionale provinciale: dapprima, nelle Regioni a statuto ordinario, in forza del combinato disposto degli artt. 2, comma 6, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 e 18, comma 5, del d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68; e, successivamente, nelle Regioni a statuto speciale ad opera dell’art. 4, comma 10, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16.
Tale intervento abrogativo, se ha risolto il problema della illegittimità della addizionale per il futuro, lo ha lasciato tuttavia aperto per le annualità precedenti.
2.3. Anche detto problema deve intendersi risolto alla luce del fatto che l’art. 5 del d.lgs. n. 26 del 2007 (sostitutivo dell’art. 6 del d.l. n. 511 del 1988, come convertito, con modificazioni, nella legge n. 20/1989) – già abrogato, si ribadisce, dal legislatore italiano nel 2012 -è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte
costituzionale con la recentissima sentenza n. 43/2025 dello scorso 15 aprile 2025.
Secondo il Giudice delle leggi, che ha premesso doversi escludere l’efficacia orizzontale delle direttive eurounitarie non autoesecutive, l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica non rispetta il requisito della finalità specifica richiesto dal diritto dell’Unione europea, dal momento che la norma istitutiva ne prevede soltanto una generica destinazione del gettito «in favore delle province».
A seguito della caducazione (per effetto della ritenuta illegittimità costituzionale) della norma istitutiva della suddetta addizionale – in considerazione dell’effetto ex tunc , salvo per i rapporti esauriti, della pronuncia di illegittimità della Corte costituzionale – i clienti dei fornitori di energia elettrica possono esercitare l’azione di ripetizione dell’indebito direttamente nei confronti di questi ultimi (che potranno, a loro volta, rivalersi nei confronti dello Stato), nel rispetto dell’ordinario termine decennale di prescrizione.
In definitiva e in estrema sintesi, la dichiarata illegittimità costituzionale della norma interna per contrarietà al diritto UE fa venire meno, nei rapporti tra Erario e fornitore, la causa giustificatrice del prelievo erariale.
Una volta rilevata l’incostituzionalità della norma interna (per contrasto con il diritto UE) con effetti (verticali) nei rapporti tra Amministrazione finanziaria e fornitore di energia elettrica, da ciò non può che conseguire la non debenza dei pagamenti effettuati sine titulo dall’utente, consumatore finale.
Occorre qui ribadire che – fermo restando il principio secondo cui, di regola, il fornitore è solo il soggetto tenuto a versare l’accisa allo Stato, in modo da consentire all’Erario un rapporto tributario con pochi soggetti, quindi più efficiente e controllabile (art. 53 TUA); e ferma restando la facoltà, per il fornitore, di trasferire l’onere del tributo sul consumatore finale, mediante addebito in fattura (art. 56 TUA) –
l’Amministrazione finanziaria, in caso di riscossione indebita di una imposta indiretta, ha un generale obbligo di rimborso, con la precisazione che, nel caso in cui l’onere economico dell’imposta indebita sia stato riversato sul consumatore finale, quest’ultimo, nel rispetto dell’ordinario termine di prescrizione decennale, ha facoltà di agire giudizialmente nei confronti del fornitore, percettore delle somme.
Non rileva in questa sede, per essere la controversia circoscritta ai rapporti tra solvens e accipiens di una prestazione divenuta indebita in forza della sopravvenuta caducazione della norma che la legittimava, alcuna ulteriore questione sull’esclusività o meno della legittimazione passiva dell’azione di ripetizione, né, quindi, sull’individuazione delle ricadute ermeneutiche della recente sentenza della Corte di giustizia, resa in data 11 aprile 2024, in causa C/316/22.
Né rileva alcuna ulteriore questione – neppure sotto il profilo della nuova rimessione alla Corte di Lussemburgo per ulteriori dubbi – sulla conformità o meno al diritto eurounitario della normativa che aveva istituito il tributo, atteso che la caducazione ex tunc di quella stessa normativa, provocata dalla pronuncia della Corte costituzionale, ha determinato il venir meno dell’oggetto stesso di quei dubbi.
La motivazione della sentenza impugnata, così modificata e integrata, assorbe ogni ulteriore questione sottesa ai motivi di ricorso.
Il ricorso viene quindi deciso sulla base del seguente principio di diritto:
<>.
Le spese relative al presente giudizio di legittimità possono essere compensate, per essere stato deciso il ricorso, in via dirimente, in forza di una pronuncia di illegittimità costituzionale intervenuta dopo la sua proposizione.
Al rigetto del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2025, nella camera di consiglio