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Rimborso accise energia: azione diretta contro lo Stato

Una società di ristorazione ha richiesto il rimborso accise energia per un’addizionale provinciale contraria al diritto UE. Trovandosi nell’impossibilità di agire contro il fornitore, ha citato direttamente l’Amministrazione finanziaria. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24203/2024, ha respinto il ricorso dell’Ente, sancendo il diritto del consumatore finale all’azione diretta contro lo Stato. Tale diritto nasce dall’impossibilità giuridica, e non solo pratica, di rivalersi sul fornitore per una direttiva non attuata. Viene inoltre confermato che il termine per agire è quello ordinario di dieci anni e non quello biennale previsto per i tributi.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Accise Energia: Azione Diretta del Consumatore Finale Contro lo Stato

L’ordinanza n. 24203 del 9 settembre 2024 della Corte di Cassazione segna un punto di svolta fondamentale in materia di rimborso accise energia. La Suprema Corte ha chiarito, sulla scia della più recente giurisprudenza europea, che il consumatore finale ha il diritto di agire direttamente contro l’Amministrazione finanziaria per ottenere la restituzione di imposte pagate indebitamente, senza dover prima dimostrare l’impossibilità di recuperarle dal proprio fornitore. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore della ristorazione aveva pagato, tramite le bollette del proprio fornitore di energia elettrica per gli anni 2010 e 2011, l’addizionale provinciale all’accisa. Tale imposta è stata successivamente ritenuta in contrasto con la direttiva europea 2008/118/CE. La società ha quindi chiesto il rimborso direttamente all’Agenzia delle dogane e dei monopoli. La richiesta è nata anche dal fatto che il fornitore di energia era stato ammesso a una procedura di concordato, rendendo di fatto estremamente difficile, se non impossibile, ottenere da esso la restituzione delle somme.
Dopo un primo rigetto, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado accoglieva l’appello della società, riconoscendone il diritto al rimborso. L’Amministrazione finanziaria ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

Le Questioni Giuridiche Affrontate

Il ricorso dell’Agenzia si basava su tre punti principali:
1. Carenza di legittimazione: Secondo l’ente, la società non aveva dimostrato adeguatamente l’impossibilità di agire contro il fornitore, presupposto necessario per un’azione diretta verso lo Stato.
2. Termine di decadenza: L’Agenzia sosteneva l’applicazione del termine breve di due anni previsto dalla normativa tributaria (art. 14 TUA), anziché quello ordinario di dieci anni (art. 2033 c.c.).
3. Onere della prova: Si contestava che la società non avesse provato correttamente l’ammontare delle somme richieste a rimborso.

La Decisione della Cassazione sul Rimborso Accise Energia

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, fornendo chiarimenti cruciali e consolidando un nuovo orientamento a favore del consumatore finale.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su un’interpretazione evolutiva del diritto nazionale alla luce dei principi del diritto dell’Unione Europea, in particolare del principio di effettività.

Sul primo punto, quello della legittimazione ad agire, i giudici hanno operato una vera e propria rilettura dei presupposti. Richiamando una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (la C-316/22, Gabel Industria Tessile), la Cassazione ha affermato che l’impossibilità per il consumatore di agire contro il fornitore non è di natura meramente fattuale (come l’insolvenza), ma giuridica. Poiché una direttiva UE non attuata non può avere effetti diretti tra privati (“efficacia orizzontale”), il consumatore è giuridicamente impossibilitato a fondare un’azione di rimborso contro il fornitore basandosi sull’incompatibilità dell’imposta con la direttiva stessa. Questa impossibilità giuridica è sufficiente, di per sé, a far sorgere il diritto di agire direttamente contro lo Stato, che ha indebitamente percepito il tributo. Non è più necessario, quindi, dimostrare l’eccessiva difficoltà o l’impossibilità pratica di recuperare le somme dal fornitore.

Per quanto riguarda il termine per agire, la Corte ha confermato che l’azione del consumatore finale non è un’azione tributaria di rimborso, ma un’azione civilistica di ripetizione di indebito oggettivo (art. 2033 c.c.). Il consumatore non è il soggetto passivo del tributo, ma ha semplicemente pagato un corrispettivo (prezzo dell’energia) maggiorato di una quota che si è rivelata non dovuta. Di conseguenza, non si applica il termine di decadenza biennale previsto per il contribuente (il fornitore), bensì la prescrizione ordinaria decennale, che garantisce una tutela più ampia.

Infine, il terzo motivo, relativo all’onere della prova, è stato dichiarato inammissibile, in quanto mirava a una rivalutazione del merito dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità.

Conclusioni

L’ordinanza 24203/2024 rappresenta una vittoria significativa per i consumatori finali. Stabilisce con chiarezza che il diritto al rimborso accise energia pagate in contrasto con le norme UE può essere esercitato direttamente nei confronti dello Stato. La decisione elimina la necessità di complesse prove sulla situazione del fornitore, basando il diritto del consumatore su una solida impossibilità giuridica di agire contro quest’ultimo. Inoltre, la conferma del termine di prescrizione decennale offre un arco temporale adeguato per la tutela dei propri diritti, ponendo il consumatore in una posizione di vantaggio rispetto alla precedente incertezza normativa.

Il consumatore finale può chiedere direttamente allo Stato il rimborso delle accise non dovute pagate in bolletta?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il consumatore finale è giuridicamente impossibilitato a far valere l’incompatibilità di un’imposta con una direttiva UE nei confronti del fornitore privato. Questa impossibilità legale fonda il suo diritto di agire direttamente contro lo Stato per ottenere il rimborso, senza dover dimostrare l’insolvenza o altre difficoltà pratiche del fornitore.

Qual è il termine di prescrizione per l’azione di rimborso del consumatore contro lo Stato?
Il termine è quello di prescrizione ordinaria decennale, previsto dall’art. 2033 del codice civile per l’azione di ripetizione di indebito. Non si applica il termine di decadenza biennale previsto dalla normativa tributaria, poiché l’azione del consumatore ha natura civilistica e non tributaria.

L’azione del consumatore verso l’Amministrazione finanziaria è un’azione surrogatoria di quella del fornitore?
No. La Corte chiarisce che l’azione del consumatore non è surrogatoria. Essa si fonda su un diritto proprio a ottenere la restituzione di una quota del corrispettivo pagato indebitamente, mentre l’eventuale azione del fornitore si baserebbe sul presupposto diverso di aver versato un’imposta non dovuta. Le due azioni hanno fondamenti giuridici (causa petendi) distinti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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