Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2733 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Diniego rimborso imposta addizionale accisa –
Legittimazione
attiva consumatore Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
finale- esclusione
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2733 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 4967 del ruolo generale dell’anno 2019, proposto
da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell ‘Emilia – Romagna n. 1800/5/2018, depositata in data 3 luglio 2018, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6 dicembre 2023 dal Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME di Nocera.
udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto la rimessione alle Sezioni Unite.
udita, per la ricorrente l’AVV_NOTAIO e per l’RAGIONE_SOCIALE l’AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 1800/5/2018, depositata in data 3 luglio 2018, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto dalla società avverso il provvedimento di diniego del rimborso richiesto dalla contribuente, ai sensi dell’art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 504/95 (TUA), dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica corrisposta negli anni 2010 e 2011. Osserva la CTR che poiché l’imposta è pagata dal fornitore solo questi è legittimato a chiederne il rimborso; il rapporto tributario si è instaurato tra il fisco e il fornitore e soltanto tra di essi può esistere il rapporto restitutorio.
2.Avverso la suddetta sentenza la società propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
4.All’udienza del 21 gennaio 2021, la sezione sesta civile -T rimetteva la causa alla pubblica udienza della sezione tributaria.
La società contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico mezzo la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 14, comma 2, e 53 TUA per avere la CTR riconosciuto la legittimazione esclusiva in ordine alla richiesta di ri mborso dell’addizionale provinciale all’accisa per la fornitura di energia elettrica in capo al fornitore- produttore in quanto soggetto obbligato dal lato passivo nei confronti dell’Erario, escludendola invece in capo all’utente -consumatore nei confronti del quale il fornitore, su un piano solo civilistico, può riversare l’onere assolto , mediante rivalsa, restando a sua volta destinatario ineludibile RAGIONE_SOCIALE pretese restitutorie del cliente. Contesta con diffuse argomentazioni, richiamando una serie di pronunce di questa Corte che al consumatore finale sia preclusa un’azione diretta contro il Fisco.
1.1. Il motivo è infondato.
La ricostruzione del dato normativo può essere affidata agli ultimi arresti di questa Corte in materia (Cass. S.U. n. 33687 del 31/12/2018; Cass. n. 19618 del 01/10/2015; Cass. n. 9567 del 12/03/2013), ovviamente per quanto rileva ai fini del presente giudizio. Secondo il Testo unico accise, nella versione applicabile al presente giudizio ratione temporis, per i prodotti sottoposti ad accisa l’obbligazione tributaria sorge al momento della loro fabbricazione ovvero della loro importazione (art. 2, comma 1); è obbligato al pagamento dell’accisa il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l’immissione in consumo e gli altri soggetti nei cui confronti si verificano i presupposti per l’esigibilità dell’imposta (comma 4). Gli obbligati al pagamento dell’accisa sull’energia elettrica sono, tra gli altri, «i soggetti che procedono alla fatturazione dell’energia elettrica ai consumatori finali, di seguito indicati come venditori» (art. 53, comma 1, lett. a), mentre «i crediti vantati dai soggetti passivi dell’accisa verso i cessionari dei prodotti per i quali i soggetti stessi hanno assolto tale tributo possono essere addebitati a titolo di rivalsa» (art. 16, comma 3); all’art. 56 si precisa, altresì, che le società fornitrici «hanno diritto di rivalsa sui consumatori finali» (art. 56). Ai sensi dell’art. 14, «l’accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata», ma il rimborso – previsto in via generale dall’art. 9, § 2, della direttiva n. 2008/118/CE, che fa riferimento alle modalità stabilite dai
singoli Stati membri – «deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento» e che «qualora al termine di un procedimento giurisdizionale il soggetto obbligato al pagamento dell’accisa sia condannato alla restituzione a terzi di somme indebitamente percepite a titolo di rivalsa dell’accisa, il rimborso è richiesto dal predetto soggetto obbligato, a pena di decadenza, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che impone la restituzione RAGIONE_SOCIALE somme» (testo, quest’ultimo, applicabile solo a far data dal 01/04/2010). Il diritto al rimborso è, dunque, regolato, in via generale, dall’art. 14 TUA, mentre l’art. 19, primo comma, del d.l. 30 settembre 1982, n. 688, conv. con modif. nella I. 27 novembre 1982, n. 873, secondo cui «chi ha indebitamente corrisposto diritti doganali all’importazione, imposte di fabbricazione, imposte di consumo o diritti erariali (…) ha diritto al rimborso RAGIONE_SOCIALE somme pagate quando prova documentalmente che l’onere non è stato in qualsiasi modo trasferito su altri soggetti, salvo il caso di errore materiale», è applicabile unicamente «quando i tributi riscossi non rilevano per l’ordinamento comunitario» (art. 29, comma 3, della I. 29 dicembre 1990, n. 428). Per il rimborso dei tributi rilevanti per l’ordinamento comunitario dispone il comma 2 dell’art. 29 della I. n. 428 del 1990, il quale stabilisce che: «I diritti doganali all’importazione, le imposte di fabbricazione, le imposte di consumo, il sovrapprezzo AVV_NOTAIO zucchero e i diritti erariali riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie sono rimborsati a meno che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti, circostanza che non può essere assunta dagli uffici tributari a mezzo di presunzioni». Dal combinato disposto RAGIONE_SOCIALE menzionate disposizioni emerge che il primo soggetto passivo del rapporto tributario è il fornitore di energia, tenuto verso il fisco per il pagamento dell’accisa ovvero della relativa addizionale. Indi, egli può ribaltarne l’onere rivalendosi nei confronti dell’utente secondo la caratterizzazione tipologica RAGIONE_SOCIALE accise; il che postula, per poter risultare efficace e garantire un gettito costante all’Erario, la concentrazione del controllo su pochi soggetti, ossia i produttori o gli importatori dei prodotti (Cass. n. 17627 del 06/08/2014). Per costoro, in sostanza, l’accisa è un costo sostenuto prima della cessione del bene, tale da farlo rientrare, ad esempio, nella base imponibile
dell’IVA (Cass. n. 24015 del 03/10/2018). Per altro verso, «la configurabilità della rivalsa come oggetto di un diritto e non come elemento connaturale ed ineludibile della fisionomia del tributo esclude la configurabilità del rapporto di sostituzione d’imposta e, per conseguenza, l’autonoma rilevanza del sostituito, ossia del consumatore finale» (in termini, Cass. n. 9567 del 2013, cit.).
1.2. Le superiori conclusioni trovano conferma nella giurisprudenza di questa Corte. Alla luce, infatti, di un orientamento ormai consolidato in seno a questa Corte, dal quale non vi è ragione per discostarsi, le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui all’art. 6, comma 3, del d.l. n. 511 del 1988, conv. dalla l. n. 20 del 1989 (applicabile ratione temporis), alla medesima stregua RAGIONE_SOCIALE accise, sono dovute, al momento della fornitura dell’energia elettrica al consumatore finale, dal fornitore, il quale, pertanto, in caso di pagamento indebito, è l’unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 504 del 1995 e dell’art. 29, co. 2, della l. n. 428 del 1990 (Sez. 5, Sentenza n. 27099 del 23/10/2019), mentre il consumatore finale, al quale il fornitore abbia addebitato le suddette imposte, può esercitare nei confronti di quest’ultimo l’ordinaria azione di ripetizione dell’indebito e, soltanto nel caso in cui dimostri l’impossibilità o l’eccessiva difficoltà di tale azione – da riferire alla situazione in cui si trova il fornitore e non al fatto che il pagamento indebito dell’imposta derivi dalla contrarietà alla direttiva n. 2008/118/CE della norma interna in tema di accise -, può in via di eccezione chiedere direttamente il rimborso all’Amministrazione finanziaria, nel rispetto del principio unionale di effettività della tutela (Sez. 5, Sentenza n. 14200 del 24/05/2019; conf., fra le tante, Sez. 5, Ordinanza n. 29980 del 19/11/2019 e Sez. 5, Sentenza n. 27099 del 23/10/2019). In tal guisa ragionando, il consumatore, in coerenza con i principi unionali, non viene privato del proprio diritto al rimborso RAGIONE_SOCIALE somme indebitamente pagate e non si realizza un’ipotesi di i ndebito arricchimento dell’amministrazione.
1.3. Sia pure con riferimento al gas metano, è stato, altresì, affermato che «il rapporto tributario inerente al pagamento dell’imposta si svolge solo tra la Amministrazione finanziaria ed i soggetti che forniscono direttamente il gas
metano ai consumatori e ad esso è del tutto estraneo l’utente consumatore» (Cass. S.U. 25 maggio 2009, n. 11987), sicché «il solo soggetto obbligato verso l’amministrazione finanziaria è l’ente comunale che immette in consumo il gas e riscuote l’accisa inglobata nel prezzo (è una peculiarità che non incide sulla natura del tributo che resta distinto dal prezzo del gas) (…)» (Cass. S.U. 19 marzo 2009, n. 6589). Uno schema del tutto analogo è seguito per il versamento RAGIONE_SOCIALE imposte addizionali di cui all’art. 6, comma 3, del di. n. 511 del 1988 (nel testo applicabile ratione temporis ), secondo cui dette imposte sono dovute, dai soggetti obbligati di cui all’art. 53 TUA (società fornitrici), al momento della fornitura dell’energia elettrica ai consumatori finali e che «le addizionali sono liquidate e riscosse con le stesse modalità dell’accisa sull’energia elettrica». In buona sostanza, l’imposta è dovuta dai soggetti che forniscono direttamente il prodotto ai consumatori, di guisa che soggetto passivo dell’imposta è il fornitore del prodotto; quanto al consumatore, l’onere corrispondente all’imposta è su di lui traslato in virtù e nell’ambito di un fenomeno meramente economico. Ne deriva che il rapporto tributario inerente al pagamento dell’imposta si svolge soltanto tra l’Amministrazione finanziaria ed i soggetti che forniscono direttamente i prodotti, essendo ad esso estraneo l’utente consumatore. Come è stato efficacemente rilevato, «i due rapporti, quello fra fornitore ed amministrazione finanziaria e quello fra fornitore e consumatore, si pongono quindi su due piani diversi: il primo ha rilievo tributario, il secondo civilistico» (cfr. Cass. n. 9567 del 2013, cit., laddove ulteriori riferimenti giurisprudenziali). È stato ancora precisato, sia pure con riferimento all’IVA di rivalsa (Cass. n. 23288 del 27/09/2018), che dal compimento dell’operazione imponibile scaturiscono tre rapporti (cfr. Cass. S.U. n. 26437 del 20/07/2017): uno, tra l’Amministrazione finanziaria e il cedente, relativo al pagamento dell’imposta; un secondo, tra il cedente e il cessionario, concernente la rivalsa; un terzo, tra l’Amministrazione e il cessionario, relativo alla detrazione dell’imposta assolta in via di rivalsa. Si tratta di rapporti che, pur essendo collegati, non interferiscono tra loro e soltanto il cedente ha titolo ad agire per il rimborso nei confronti dell’Amministrazione, la quale, pertanto, essendo estranea al rapporto tra cedente e cessionario, non può essere tenuta a rimborsare direttamente a
quest’ultimo quanto dallo stesso versato in via di rivalsa (Cass. n. 14933 del 06/07/2011; Cass. n. 17169 del 26/08/2015). Al riguardo, la Corte di giustizia ha ripetutamente sottolineato (tra le tante, CGUE 27 aprile 2017, causa C564/15, Farkas) che, in mancanza di disciplina dell’Unione in materia di domande di rimborso RAGIONE_SOCIALE imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno AVV_NOTAIO membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possono essere presentate, purché i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire, non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi basati su norme di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (in termini, CGUE 15 marzo 2007, causa C-35/05, Reemtsma Cigarettenfabriken, punto 37). Peraltro, un sistema nel quale, da un lato, il venditore del bene che ha versato erroneamente alle autorità tributarie l’IVA può chiederne il rimborso e, dall’altro, l’acquirente di tale bene può esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti di tale venditore, rispetta i principi di neutralità e di effettività, consentendo all’acquirente, gravato dell’imposta erroneamente fatturata, di ottenere il rimborso RAGIONE_SOCIALE somme indebitamente versate (CGUE 15 marzo 2007, causa C35/05, cit., punti 38 e 39 e giurisprudenza ivi citata). È, dunque, compito degli Stati membri prevedere gli strumenti e le modalità procedurali necessari per consentire a detto acquirente di recuperare l’imposta indebitamente fatturata, in modo da rispettare il principio di effettività. Sicché soltanto se il rimborso risulti impossibile o eccessivamente difficile, il principio di effettività può imporre che l’acquirente del bene in questione sia legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti RAGIONE_SOCIALE autorità tributarie (come nel caso di fallimento del venditore: CGUE 27 aprile 2017, causa C-564/15, cit.; conf., CGUE 31 maggio 2018, cause C660 e 661/16, KollroB e Wirti, punto 66). Il fruitore dei beni o dei servizi può dunque ottenere il rimborso dell’imposta illegittimamente versata esperendo nei confronti del cedente o del prestatore un’azione di ripetizione d’indebito di rilevanza civilistica (vedi, in tema di IVA, CGUE 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca popolare antoniana veneta, punto 42; e, in tema di accise, CGUE 20 ottobre 2011, causa C94/10, COGNOME) ed
eccezionalmente una azione diretta nei confronti dell’Erario, ove venga dedotta in relazione all’azione nei confronti del fornitore la violazione del principio di effettività.
1.4. Da ultimo, va evidenziato che l’impossibilità o l’eccessiva difficoltà , diversamente da quanto sostiene la società contribuente, non sono di per sé ravvisabili per il fatto che la natura indebita del pagamento dell’imposta discenda dalla contrarietà di una norma nazionale ad una direttiva , ma sono correlate alla situazione del soggetto passivo (nel caso in questione, del fornitore) e non già a quella del consumatore finale . Esse rilevano, nella giurisprudenza unionale, o con riguardo alle modalità procedurali e ai requisiti previsti dallo AVV_NOTAIO membro per la presentazione RAGIONE_SOCIALE domande di rimborso da parte del suddetto soggetto passivo (si veda CGUE 21 marzo 2018, causa C-533/16, RAGIONE_SOCIALE, relativa a un caso in cui il termine di decadenza previsto per il rimborso era scaduto, sempre per il soggetto passivo, prima della presentazione della relativa domanda); oppure quando l’insolvenza del soggetto passivo renda da parte sua il rimborso impossibile o eccessivamente difficile (si vedano, in particolare, CGUE 11 aprile 2019, in causa C-691/17, RAGIONE_SOCIALE, punto 42, nonché CGUE 27 aprile 2017, causa C-564/15, cit.). In questo contesto, la RAGIONE_SOCIALE non ha allegato, né tantomeno provato che l’azione nei confronti del proprio fornitore, soggetto passivo legittimato a richiedere il rimborso, si fosse rivelata oltremodo gravosa e, quindi, non ha provato, come suo onere specifico, i presupposti della propria legittimazione straordinaria (cfr. Cass. S.U. n. 2951 del 16/02/2016; Cass. n. 16904 del 27/06/2018).
In base alle suddette considerazioni, è da disattendere l’istanza – contenuta in memoria- di rimessione della questione in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 267 del TFUE ‘ al fine di chiarire se in forza del principio di effettività debba riconoscersi il diritto del consumatore finale di richiedere direttamente all’Amministrazione statale il rimborso dell’imposta incompatibile con una direttiva europea qualora, in ragione dell’efficacia diretta della direttiva stessa che si esplica unicamente tra soggetti privati e organi statali, non sia possibile fare valere tale incompatibilità in un giudizio tra soggetti privati ‘.
1.5. Alla luce di tali premesse, questa Corte ritiene che – a dispetto della formulazione ellittica dell’art. 14, comma 2, TUA («l’accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata»), che non contiene alcuna indicazione specifica dei soggetti legittimati – detta disposizione non possa ritenersi applicabile a tutti coloro che dimostrino di avere indebitamente pagato l’imposta, come, invece, sostenuto dalla odierna ricorrente. La suddetta statuizione, da un lato, si pone in contrasto con la separazione tra il rapporto di imposta (corrente tra erario e fornitore) e il rapporto di rivalsa (corrente tra fornitore e consumatore), dall’altro non considera che la stessa disposizione dell’art. 14, comma 2, TUA, ratione temporis applicabile, prevede implicitamente la possibilità per il consumatore di far valere l’illegittima traslazione del tributo nei confronti del fornitore. La disposizione (più sopra riprodotta) prevede, infatti, che una volta esercitata vittoriosamente da parte del consumatore finale l’azione di rimborso nei confronti del fornitore, è quest’ultimo che ha novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza per far valere il diritto al rimborso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, attribuendo, quindi, espressamente l’azione di rimborso al fornitore che abbia traslato l’imposta sul consumatore all’esito dell’azione da questi vittoriosamente esercitata nei suoi confronti. Come si è precisato (Cass. sez.6-5, n. 35830 del 2022 tra le stesse parti) tale orientamento non è nemmeno in contrasto con le pronunce che hanno affermato la giurisdizione tributaria, ma senza entrare nel merito della questione della legittimazione del consumatore finale, in materia di azione di rimborso proposta dal consumatore finale nei confronti dell’Erario (Cass., sez. un., n. 33687 del 31/12/2018; Cass. S.U. n. 6589 del 2009, cit.). Va, pertanto , disattesa l’istanza contenuta in memoria di rimessione della questione alle Sezioni Unite di questa Corte in considerazione di un assunto contrasto della tesi espressa nella sentenza impugnata con quella di cui alla sentenza n. 6589 /2009 RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite.
1.6. Traendo le fila del discorso, può quindi affermarsi, con specifico riferimento alla materia RAGIONE_SOCIALE accise e RAGIONE_SOCIALE addizionali, che: 1) obbligato al pagamento RAGIONE_SOCIALE accise nei confronti dell’Amministrazione doganale è unicamente il fornitore; 2) il fornitore può addebitare integralmente le accise pagate al consumatore finale;
3) i rapporti tra fornitore e Amministrazione doganale e fornitore e consumatore finale sono autonomi e non interferiscono tra loro; 4) in ragione della menzionata autonomia, il consumatore finale, anche in caso di addebito del tributo da parte del fornitore, non ha diritto a chiedere direttamente all’Amministrazione finanziaria il rimborso RAGIONE_SOCIALE accise indebitamente corrisposte; 5) il diritto al rimborso spetta unicamente al fornitore, che può esercitarlo nei confronti dell’Amministrazione finanziaria: a) nel caso in cui non abbia addebitato l’imposta al consumatore finale, entro due anni dalla data del pagamento; b) nel caso in cui il consumatore finale abbia esercitato vittoriosamente nei suoi confronti azione di ripetizione di indebito, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza; 6) nel caso di addebito RAGIONE_SOCIALE accise al consumatore finale e RAGIONE_SOCIALE addizionali, quest’ultimo può esercitare l’azione civilistica di ripetizione di indebito direttamente nei confronti del fornitore, salvo chiedere eccezionalmente il rimborso anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria allorquando alleghi che l’azione esperibile nei confronti del fornitore si riveli oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento del fornitore) (da ultimo, Cass. sez.6-5, n. 35830 del 2022 tra le stesse parti).
1.7.Alla luce RAGIONE_SOCIALE suddette argomentazioni va disattesa, altresì, l’istanza -contenuta nella memoria – di rimessione alla Corte costituzionale della questione – manifestamente infondata- di legittimità costituzionale in riferimento a ll’art. 24 Cost. dell’art. 14 TUA ‘ nella parte in cui non consentirebbe rimedi giurisdizionali in favore del consumatore del bene soggetto ad accisa in ipotesi di indebito derivante da incompatibilità della legislazione nazionale con una direttiva europea in quanto quest’ultima non potrebbe essere posta a base di un’azione civilistica ‘ .
Alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 1.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis AVV_NOTAIO stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso a Roma il 6 dicembre 2023.