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Rimborsi spese volontari: quando diventano reddito?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito che i rimborsi spese volontari erogati in modo forfettario e non collegati a spese specifiche e documentate devono essere considerati reddito imponibile. Il caso riguardava un’associazione di volontariato che aveva ricevuto avvisi di accertamento per IRES e IRAP. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che l’onere di provare la natura di effettivo rimborso delle somme erogate spetta all’associazione stessa, la quale non era riuscita a fornire prove sufficienti a contrastare l’accertamento induttivo del Fisco.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborsi Spese Volontari: la Cassazione chiarisce quando diventano reddito

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per le associazioni di volontariato: la natura fiscale dei rimborsi spese volontari. La decisione stabilisce un principio chiaro: i rimborsi erogati in modo forfettario, senza un collegamento diretto e documentato a spese effettivamente sostenute, devono essere qualificati come compensi e, di conseguenza, sono soggetti a tassazione. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: La Controversia sui Rimborsi

Una associazione di volontariato ONLUS e il suo legale rappresentante si sono visti notificare due avvisi di accertamento IRES e IRAP per l’anno 2012. L’Amministrazione Finanziaria contestava, da un lato, l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e, dall’altro, la natura dei pagamenti effettuati ai volontari. Secondo il Fisco, le somme erogate non erano veri e propri rimborsi per spese vive (come carburante), ma vere e proprie retribuzioni mascherate, dato che venivano corrisposte in modo costante e slegato dai turni effettivi o dalle spese documentate.

L’associazione ha impugnato gli avvisi, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno respinto i ricorsi, confermando la legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate. La vicenda è quindi approdata in Corte di Cassazione.

L’Analisi della Corte e i Motivi della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. Vediamo i punti salienti del ragionamento seguito.

Onere della Prova e Rimborsi Spese Volontari

Il ricorrente lamentava una presunta violazione delle regole sull’onere della prova, sostenendo che in un accertamento induttivo dovesse essere l’Amministrazione Finanziaria a provare la sua pretesa. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo che il giudice di merito non ha invertito l’onere della prova, ma ha semplicemente ritenuto che, a fronte degli elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti portati dal Fisco (pagamenti costanti, non collegati a spese documentate), l’associazione non avesse fornito alcuna prova contraria idonea a dimostrare la natura di effettivo rimborso di quelle somme.

La Natura dei Rimborsi Spese Volontari: Spesa o Reddito?

Il cuore della questione risiede nella distinzione tra rimborso spese e compenso. La Corte ha richiamato la normativa sul volontariato (in particolare la Legge n. 266/1991), la quale stabilisce che al volontario possono essere rimborsate soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate, entro limiti preventivamente stabiliti dall’organizzazione.

Di conseguenza, qualsiasi erogazione che non rispetti questi due requisiti – collegamento a una spesa specifica e documentazione della stessa – perde la sua natura di rimborso e si trasforma in un compenso, come tale soggetto a tassazione. Gli esborsi forfettari, per loro stessa natura, non possono essere considerati rimborsi spese ai sensi di legge.

Inammissibilità del Ricorso per Questioni di Merito

La Corte ha inoltre ribadito che i motivi del ricorso che miravano a una riconsiderazione dei fatti (come la qualificazione dell’attività come impresa o dei volontari come dipendenti) sono inammissibili in sede di legittimità. Il compito della Cassazione non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, elementi che nel caso di specie sono stati ritenuti sussistenti.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su principi consolidati. In primo luogo, l’attività di volontariato è per definizione gratuita e non può mascherare un rapporto di lavoro. Per garantire questa genuinità, la legge pone paletti molto rigidi sui rimborsi. L’erogazione di somme non documentate o forfettarie crea una presunzione grave che si tratti di un compenso per l’attività svolta.

In secondo luogo, sul piano processuale, spetta al contribuente che contesta la pretesa fiscale fornire la prova contraria. Se il Fisco dimostra, anche tramite presunzioni, l’esistenza di pagamenti anomali, è l’associazione a dover documentare che quelle somme erano effettivamente destinate a coprire costi specifici sostenuti dai volontari per l’attività prestata. Nel caso esaminato, l’associazione non è riuscita a superare questa prova.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per tutte le organizzazioni del Terzo Settore. La gestione dei rimborsi spese ai volontari deve essere trasparente, rigorosa e, soprattutto, documentata. Erogare somme forfettarie o basate su autocertificazioni generiche espone l’ente al rischio concreto di vedersi riqualificare tali somme come redditi imponibili, con conseguenti sanzioni e recupero delle imposte evase. È fondamentale adottare regolamenti interni chiari che definiscano le tipologie di spese rimborsabili, i massimali e l’obbligo di presentare pezze giustificative per ogni richiesta di rimborso.

Quando i rimborsi spese erogati a un volontario vengono considerati reddito tassabile?
Secondo la Corte, i rimborsi spese diventano reddito tassabile quando sono erogati in modo forfettario, ossia non sono collegati a spese specifiche, individuate e documentate, effettivamente sostenute dal volontario.

Su chi ricade l’onere di provare la natura di un rimborso spese in un contenzioso fiscale?
L’onere di provare che le somme erogate costituiscono un effettivo rimborso di spese documentate ricade sul contribuente (in questo caso, l’associazione di volontariato), specialmente a fronte di un accertamento fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Può un’associazione rimborsare i volontari in modo forfettario senza documentazione?
No. La normativa di settore (L. 266/1991) è chiara nello stabilire che possono essere rimborsate soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate. I rimborsi forfettari sono quindi esclusi e, se erogati, vengono qualificati come compensi imponibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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