Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 498 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 498 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
IRES IRAP APPALTO RIMANENZE CONTABILIZZAZIO NE
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21456/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale allegata al ricorso e con i difensori elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente in via principale e controricorrente in via incidentale -contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ove per legge domicilia in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente in via principale e ricorrente in via incidentale -avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 5285/5/19 depositata il 20/12/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la
parziale estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale;
udito l’Avv. NOME COGNOME per la parte ricorrente in via principale e controricorrente in via incidentale;
udito l’Avv. NOME COGNOME dell’Avvocatura generale dello Stato per la controricorrente in via principale e ricorrente in via incidentale Agenzia delle Entrate.
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate -Direzione Provinciale di Varese, all’esito di un verifica fiscale per il periodo d’imposta 2011 compiuta nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e del successivo contraddittorio notificava alla società avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE/2015 relativo all’anno d’imposta 2011, mediante il quale sono stati ripresi a tassazione ai fini IRES e IRAP: euro 580.000,00 per ritenuta indeducibilità di provvigioni, ai sensi dell’art. 109, comma 5, del d.P.R. 22/12/1986, n. 917; euro 1.229.195,31 per rimanenze finali non contabilizzate ai sensi dell’art. 93, comma 1 e 4, del d.P.R. 22/12/1986, n. 917 ed euro 5.600,00 per consulenze tecniche non deducibili ai sensi degli artt. 88 e 109 d.P.R. 917/1986 e così per un totale di euro 1.814.795,31 e ai fini Iva euro 400.000,00 per un imponibile di euro 81.500,00 per indebite detrazioni ai sensi dell’art 19 ss d.P.R. 633/1972. In pari data è stato altresì notificato l’avviso di accertamento n. T93061813975/2016 relativo all’anno di imposta 2012 con il quale l’Ufficio ha ripreso a tassazione ai fini IVA imponibile per euro 180.000,00 e imposta per euro 37.800,00 per indebite detrazioni ai sensi dell’art 19 ss d.P.R. 633/1972. Sono state irrogate le conseguenti sanzioni per euro 659.561,40 per l’anno di imposta 2011 e per euro 68.040,00 per l’anno di imposta 2012.
La società RAGIONE_SOCIALE impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Varese entrambi gli avvisi di
accertamento. L’Agenzia delle Entrate riduceva, in via di autotutela, da euro 659.561,40 a euro 304.226,00 le sanzioni irrogate nell’avviso di accertamento relativo al 2011; l’Ufficio si costituiva nei giudizi di impugnazione difendendo, per tutta la parte residuata a seguito dell’autotutela, la pretesa impositiva. La Commissione tributaria provinciale di Varese riuniva i ricorsi e con la sentenza 516/1/17 depositata il 24.11.2017 accoglieva parzialmente il ricorso avverso l’ avviso di accertamento n. T9303TB00332/2015 relativo all’anno d’imposta 2011 annullando la ripresa a tassazione delle rimanenze finali contabilizzate e respingendo nel resto l’impugnazione in relazione alla indeducibilità delle provvigioni; la Commissione respingeva anche l’impugnazione avverso l’avviso di accertamento n. T93061813975/2016 relativo all’anno di imposta 2012.
Avverso detta sentenza proponeva appello in via principale l’Agenzia delle Entrate chiedendone la riforma per la parte in cui era stata annullata per l’anno di imposta 2011 la ripresa a tassazione delle rimanenze finali. La RAGIONE_SOCIALE proponeva autonomo e successivo appello avverso la medesima sentenza della Commissione tributaria provinciale chiedendone la riforma nella parte in cui aveva confermato l’accertamento per la ritenuta indeducibilità delle provvigioni. La Commissione tributaria regionale della Lombardia, riuniti i ricorsi, con la sentenza n. 5285/5/19 depositata il 20/12/2019, accoglieva entrambi gli appelli, così confermando l’accertamento quanto alla contabilizzazione delle rimanenze finali e annullandolo quanto al rilievo relativo alla indeducibilità delle provvigioni.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione in via principale la RAGIONE_SOCIALE con impugnazione affidata a tre strumenti. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso nel quale spiega, a sua volta, ricorso incidentale.
4.1. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso al ricorso incidentale e ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
La società contribuente ha depositato istanza di definizione agevolata della controversia relativa al periodo d’imposta 2012 ai sensi dell’art.1, commi 186 e ss., della legge 29/12/2022 n.197 e relativi versamenti; in relazione alla medesima istanza l’Agenzia delle Entrate ha chiesto dichiararsi l’estinzione parziale del giudizio per cessazione parziale della materia del contendere con riferimento all’avviso di accertamento n. T93061B13975 -2016 e al medesimo anno d’imposta 2012.
La Procura generale ha concluso per l’estinzione parziale del processo con riguardo all’accertamento dell’anno di imposta 2012; per l’accoglimento del ricorso principale e per il rigetto del ricorso incidentale.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 29/11/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va premesso che la società contribuente ha depositato istanza di definizione agevolata della controversia relativa al periodo d’imposta 2012 ai sensi dell’art.1, commi 186 e ss., della legge 29/12/2022 n.197 e ha allegato i relativi versamenti; in relazione alla medesima istanza l’Agenzia delle Entrate, sentita la Direzione provinciale competente della Agenzia delle Entrate, ha chiesto dichiararsi l’estinzione parziale del giudizio per cessazione della materia del contendere, ai sensi dell’art. 46 del d.lgs.31/12/1992, n. 546 e dell’art. 1, commi 186 -203, della l. 197/2022 con specifico riferimento all’avviso di accertamento n. T93061B13975 -2016 relativo all’anno d’imposta 2012 per il quale è stata presentata la domanda di definizione della lite pendente.
1.1. Considerata la concorde indicazione delle parti, quanto all’accertamento riferito all’anno di imposta 2012 e cioè quello
recante n. T93061B13975-2016, va dichiarata cessata la materia del contendere con conseguente parziale estinzione del giudizio.
Con il primo motivo di ricorso la società contribuente deduce violazione degli artt. 92 e 93 del d.P.R. 22/12/1986, n.917, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.. Secondo la parte ricorrente la Commissione tributaria regionale avrebbe erroneamente affermato, quanto alla tecnica di contabilizzazione delle rimanenze e alla conseguente imponibilità, che, ai fini della valutazione dei servizi in corso di esecuzione, debba attribuirsi rilievo alla durata effettiva e non a quella contrattuale dei lavori. Secondo la società contribuente dovrebbe, in sostanza, applicarsi alla fattispecie l’art. 92 t.u.i.r. piuttosto che l’art. 93 t.u.i.r. come, invece opinato dall’Ufficio nell’atto di accertamento. La parte ricorrente afferma che la deroga prevista dall’art. 93 t.u.i.r. dovrebbe applicarsi nei soli casi in cui la durata ultrannuale dei servizi sia già prevista nel contratto e non quando i lavori si prolunghino, per qualsiasi ragione, anche indipendente dalla volontà del contribuente appaltatore oltre l’anno stabilito nel contratto. Al contrario l’Amministrazione finanziaria, prima nell’atto di accertamento, poi nelle difese in giudizio della Agenzia delle Entrate ha continuato a sostenere che dovessero essere valutati in base ai corrispettivi tutti i servizi la cui durata effettiva, per qualsiasi ragione, si fosse estesa oltre l’anno. La Commissione tributaria regionale ha condiviso la tesi dell’Agenzia, perché ha dichiarato di ritenere che «nel caso in cui l’esecuzione dei lavori, ancorché in contratto sia stato previsto un periodo infrannuale, abbia avuto una durata ultra annuale, debba applicarsi l’art.93 del TUIR».
2.1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Si applica nella fattispecie l’art. 93 t.u.i.r. che quale presupposto di applicazione prevede la durata ultrannuale dell’opera senza distinguere tra durata ultrannuale pattuita dalle parti o verificatasi di fatto e
l’intervenuto pagamento dei corrispettivi su più anni in relazione al parziale compimento dell’opera.
2.2. In tal senso si è chiaramente espressa, con interpretazione alla quale si intende dare continuità, Cass. 01/10/2018, n. 23692 che ha affermato: «in tema di determinazione del reddito d’impresa, ai sensi degli artt. 92 e 93 del d.P.R. n. 917 del 1986, la valutazione delle giacenze relative a commesse ultrannuali deve essere effettuata con il criterio della percentuale di completamento che determina la suddivisione dell’utile totale che scaturisce dall’operazione nei vari esercizi di svolgimento della stessa ed in proporzione ai lavori eseguiti per ciascun periodo, al fine di evitare la concentrazione dell’imponibile nell’ultimo esercizio». Detta sentenza si esprime come di seguito in motivazione: «la sentenza impugnata neppure viola la disposizione di cui all’art. 93 t.u.i.r., che si riferisce alle prestazioni relative a commesse che hanno una durata di esecuzione superiore ai dodici mesi. A norma dell’art. 93 t.u.i.r., la valutazione delle rimanenze finali delle opere pluriennali deve essere effettuata con il criterio della percentuale di completamento che determina la suddivisione dell’utile totale che scaturisce dall’operazione nei vari esercizi di svolgimento della stessa e proporzionalmente ai lavori eseguiti per ciascun periodo, evitando in tal modo la concentrazione dell’imponibile definitivo nell’ultimo esercizio; tale metodo di valutazione costituisce, quindi, una deroga al principio generale contenuto nell’art. 109 del t.u.i.r., in base al quale i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti alla data in cui le prestazioni sono ultimate. In sostanza, alla fine dell’esercizio, va stabilita la percentuale del lavoro già effettuato rispetto al totale dell’opera da eseguire, questa percentuale deve essere moltiplicata per il ricavo pattuito e va attribuito il valore ottenuto al lavoro in corso di esecuzione ». 2.3. La medesima interpretazione dell’art. 93 t.u.i.r., nella versione ratione temporis vigente, è stata fornita da Cass. 08/03/2022, n.
7449 secondo la quale «la norma, da leggersi unitamente al principio contabile OIC 23, disciplina dunque la contabilità dei ricavi riconducibili ad opere la cui esecuzione è prevista con durata ultrannuale. A tal fine le rimanenze finali delle opere ad esecuzione ultrannuale concorrono alla formazione del reddito d’impresa imponibile non già al momento della loro definitiva ultimazione, bensì per un importo determinato sulla base dei corrispettivi pattuiti. Qualora siano stabiliti stati di avanzamento, i corrispettivi concorrono nella misura percentuale proporzionale all’avanzamento». Alla medesima conclusione, nella interpretazione dell’art. 93 t.u.i.r. ai fini della contabilizzazione delle rimanenze e dei ricavi costituiti dai corrispettivi di appalti ad esecuzione ultrannuale giunge anche Cass. 18/11/2021, n. 35217.
Con il secondo motivo del ricorso principale la società ricorrente deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art.360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla eccezione, formulata dalla contribuente in via subordinata rispetto al mancato accoglimento dell’appello circa l’applicabilità dell’art. 92 t.u.i.r., circa la pretesa erroneità dei calcoli eseguiti dagli accertatori. Anche nel ricorso di primo grado avverso l’avviso di accertamento relativo al 2011 la RAGIONE_SOCIALE avrebbe eccepito in via subordinata l’erroneità dei calcoli eseguiti dagli accertatori per giungere alla determinazione del supposto maggior valore delle rimanenze finali.
3.1. Con il terzo motivo del ricorso principale la società contribuente deduce violazione dell’art.112 cod. proc. civ.., in relazione all’art.360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. Secondo la ricorrente la Commissione tributaria regionale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla eccezione, formulata in via subordinata dalla contribuente, circa inapplicabilità delle sanzioni. Nel ricorso di primo grado avverso l’avviso di accertamento relativo al 2011 la
RAGIONE_SOCIALE aveva eccepito l’inapplicabilità delle sanzioni irrogate per la supposta violazione di omessa contabilizzazione di rimanenze finali. In particolare, la società aveva dedotto la sussistenza di condizioni di obiettiva incertezza normativa e aveva evidenziato che, in ogni caso, dalla supposta violazione non era derivato alcun danno per l’Erario.
3.2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono fondati e vanno accolti. La sentenza impugnata nulla osserva circa la questione dei conteggi operati dall’Ufficio e circa la doglianza relativa all’applicazione del trattamento sanzionatorio, in sostanza omettendo la pronuncia. La decisione della Commissione tributaria regionale merita di essere cassata con rinvio sui medesimi punti.
Con il primo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e degli artt . 109 t.u.i.r. e 19 d.P.R. 633/1972 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. chiedendo la cassazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha annullato il rilievo relativo alla indeducibilità delle provvigioni. La decisione impugnata avrebbe errato nel considerare non contestata dall’Ufficio la documentazione prodotta dalla società contribuente a giustificazione della inerenza e della proporzionalità delle prestazioni fatturate e dedotte per le provvigioni.
4.1. Il motivo è infondato. La sentenza della Commissione tributaria regionale svolge sul punto uno scrupoloso esame degli elementi istruttori emersi dall’atto di accertamento e di quelli di seguito offerti dalla società contribuente circa le prestazioni di procacciamento di affari svolte dalla società che aveva emesso le fatture per le provvigioni pagate e dedotte dalla RAGIONE_SOCIALE Con valutazione di merito completa e logicamente corretta la sentenza impugnata giunge alla conclusione che l’effettività delle prestazioni fosse dimostrata dalla specifica descrizione recata dalle
fatture, dalla documentazione di supporto depositata dalla società e dalla stessa struttura organizzativa delle due società per come descritta in sede di processo verbale di constatazione e di atto di accertamento. Nella motivazione si rileva come la difesa erariale non avrebbe contestato la documentazione in questione. In questo senso la decisione non merita censura perché l’Ufficio ha solo genericamente contestato la documentazione ma non ha formulato specifiche censure circa l’autenticità dei singoli documenti; ha negato che gli stessi potessero dimostrare l’effettuazione delle prestazioni, ma non ha offerto elementi idonei a disconoscerne l’efficacia rappresentativa dell’attività compiuta e delle provvigioni pagate. In sostanza, ciò che l’Ufficio ha contestato è il risultato, la valutazione del materiale istruttorio compiuta dalla Commissione tributaria regionale ma, appunto, tale operazione è stata condotta correttamente sul piano logico dai giudici di secondo grado e si tratta di una valutazione nel merito irriferibile a questa Corte alla quale è precluso un diverso apprezzamento in fatto degli elementi istruttori valorizzati.
4.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 109, comma 5, t.u.i.r. e dell’art. 19 d.P.R. 633/1972 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. In particolare, secondo la ricorrente e sempre con riguardo alla medesima questione dell’annullamento dell’accertamento quanto al recupero a tassazione delle provvigioni, la sentenza impugnata avrebbe violato il principio della ripartizione dell’onere della prova desumibile dalle norme indicate in rubrica considerando assolto l’onere probatorio ascritto al contribuente.
4.3. Il motivo è infondato. Come rilevato la sentenza ha operato una corretta ripartizione dell’onere probatorio, addossando alla società contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva realizzazione e l’effettivo pagamento delle prestazioni, sicché non merita la
censura avanzata dalla parte ricorrente in via incidentale. Quanto alla concludenza della prova raggiunta, reale oggetto della critica mossa dalla difesa erariale, si tratta di un profilo di critica inammissibile perché, come innanzi chiarito, attinge ad una valutazione di merito che, se logicamente e correttamente motivata come nella fattispecie, è sottratta al sindacato della Corte di cassazione.
In definitiva va dichiarata l’estinzione parziale del giudizio quanto all’accertamento riferito all’anno di imposta 2012 e cioè quello recante n. T93061B13975-2016 per cessata la materia del contendere; quanto al residuo rapporto tributario controverso, la sentenza va cassata previo accoglimento del secondo e del terzo motivo del ricorso principale con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado competente. Va respinto il primo motivo del ricorso principale e va respinto integralmente il ricorso incidentale.
P.Q.M.
dichiara estinto per cessata materia del contendere il procedimento limitatamente all’avviso di accertamento per l’anno di imposta 2012; rigetta il primo motivo del ricorso principale; accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 29 novembre