Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9574 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9574 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7993/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME elettivamente domiciliata in SINAGRA INDIRIZZO e quindi domiciliata ‘ex lege’ in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DLLE ENTRATE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICLIA-PALERMOSEZ.DIST. MESSINA n. 7920/2022 depositata il 26/09/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME titolare di omonima ditta individuale, richiedeva un rimborso IVA pari ad euro. 25.000,00, in relazione all’acquisto di beni ritenuti ammortizzabili.
L’Agenzia delle entrate denegava il rimborso per mancanza dei requisiti previsti dall’art. 30 comma 3, lett. c), DPR n. 633 del 1972, atteso che la richiesta riguardava spese per la realizzazione di opere inseparabili dai beni cui accedono realizzate su un terreno concesso alla contribuente a titolo di comodato.
Avverso il provvedimento di diniego relativo a tale richiesta la contribuente presentava ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale di Messina, che, con sentenza n. 2821/8/19 depositata in data 24/4/2019, l’accoglieva, compensando le spese di giudizio.
La contribuente proponeva appello sulla statuizione di compensazione delle spese, l’Ufficio proponeva appello incidentale sulla statuizione di accoglimento nel merito della richiesta di rimborso.
La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, con sentenza n. 7920 del 26.10.2021 depositata il 26.09.2022, in epigrafe, accoglieva l’appello incidentale dell’Ufficio e, quindi, in totale riforma della sentenza di primo grado, confermava il diniego di rimborso invocato dalla parte.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con due motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso. La contribuente deposita ampia memoria telematica addì 1° febbraio 2025.
Considerato che:
Primo motivo: ‘ Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972, art. 30, comma 3, lett. c), nonché degli D.P.R.
n. 917 del 1986 artt. 102 e 103, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, quanto all’erronea esclusione di potere ammortizzare il costo delle opere eseguite su terreno concesso in comodato, per trattarsi di spese incrementative su beni di terzi’. La CTR ha ritenuto ‘che i beni per i quali la sig.ra NOME COGNOME titolare dell’omonima ditta, ha richiesto il rimborso IVA mancassero del presupposto previsto dall’art. 30 comma 3 lett. c) DPR 633/1972 poiché opere non suscettibili di autonoma utilizzabilità e pertanto non ascrivibili tra le immobilizzazioni materiali in quanto no rimovibili al termine di utilizzo, senza tenere conto però che quand’anche il bene strumentale manchi di autonoma funzionalità e non possa essere rimosso dal comodatario, prospettare che il trasferimento ad altro soggetto (al comodante del terreno) dei benefici derivanti dal bene strumentale escluda la natura di bene ammortizzabile costituisce un erroneo presupposto logico, che non risponde neppure al concreto atteggiarsi del rapporto tra la ‘vita’ del bene stesso e la durata dell’attività d’impresa esercitata su un immobile appartenente ad un terzo’.
Secondo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3, in riferimento all’art. 15 D. Lgs. 546/1992 e agli artt. 91 e 92 cpc’. ‘Sia in primo che in secondo grado i giudici fanno riferimento alla sentenza SS.UU. n. 11533/2018 che di fatto ha composto il contrasto rilevando la detraibilità dell’IVA ed in conseguenza anche la possibilità di rimborso della stessa posto che il presupposto per entrambi i casi è l’ammortizzabilità del bene di che trattasi. Pertanto poiché non vi è una soccombenza reciproca in applicazione delle norme di riferimento le spese devono seguire la soccombenza ed essere liquidate p tutti i gradi di giudizio (ivi compreso quello di Cassazione) in favore della sig.ra NOME COGNOME
Il primo motivo -che supera il vaglio di ammissibilità perché enuclea con precisione le censure, correlandole a pertinente rubrica -è fondato; il secondo resa assorbito.
L’errore in diritto compiuto dalla CTR consiste nell’aver attribuito decisiva rilevanza, ai fini della richiesta di rimborso di cui all’art. 30, comma 3, lett. c), decr. IVA, al presupposto della proprietà dei beni.
Un tanto non corrisponde all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, andato assestandosi grazie a Sez. U, Sentenza n. 13162 del 14/05/2024 (Rv. 671381 -01), a termini della quale l’esercente attività d’impresa o professionale ha diritto al rimborso dell’IVA per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili dei quali non è proprietario, ma che detiene in virtù di un diritto personale di godimento, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l’attività svolta.
Più in particolare, per maggior chiarezza, mette conto di rilevare come detta sentenza, in motivazione (parr. 12 s., p. 8 s.), si dia peso di osservare quanto segue:
12. L’indirizzo che restringe la portata applicativa della previsione di cui all’art. 30, secondo comma, lett. c), dPR 633/1972 si basa essenzialmente sulle espressioni «acquisto» e «ammortizzabili», negando che sia rimborsabile l’IVA assolta in relazione a beni non acquistati, vale a dire dei quali il soggetto passivo non abbia acquisito la proprietà o altro diritto reale e che per tale ragione non rientrino tra i beni dell’impresa ammortizzabili, ancorchè si tratti di beni strumentali all’esercizio della impresa medesima (in questo senso, Cass. Sez. 5, n. 24779 del 04/12/2015; Sez. 5, n. 23667 del 28/10/2020; nello stesso senso Sez. 5, n. 24518 del 4/11/2020; successivamente all’ordinanza di rimessione, Sez. 5, n. 21228 del 19/07/2023). Tali pronunce, sostanzialmente, enucleano il concetto di “bene ammortizzabile” dagli artt. 102, 103, dPR 917/1986, 2424, lett. B) I e II, cod. civ., come bene iscrivibile tra le “immobilizzazioni” (materiali o immateriali), che secondo i principi contabili OIC (24, 16), sono riferibili a costi ad utilità pluriennale per l’acquisto di beni durevoli, escludendosi che possa considerarsi a tal fine sufficiente la mera “strumentalità” del bene. Peraltro, con più specifico riguardo al profilo strettamente unionale dell’imposta, questa
giurisprudenza ha affermato che il principio di neutralità non implica un rapporto biunivoco tra detrazione e rimborso, costituendo il secondo un modo non ordinario di garantire detto principio, come invece la prima. Diversamente, l’orientamento che interpreta in modo più ampio l’enunciato normativo in esame assegna un valore tendenzialmente assoluto al principio eurounitario di neutralità, nel senso che, in ogni caso, il soggetto passivo dell’imposta non può esserne inciso al pari di un consumatore finale (in questo senso, v. Cass. Sez. 5, n. 6200 del 27/03/2015; Sez. 6 -5, n. 215 del 11/01/2021; Sez. 5, n. 27813 del 22/09/2022). Ed è dunque un’interpretazione “unionalmente orientata” a guidare questa ermeneusi dell’art. 30, secondo comma, lett. c), dPR 633/1972, oltre la sua stretta letteralità, latamente intendendosi per “acquisto” la disponibilità del bene e per “ammortizzabile” la sua durevolezza/utilità pluriennale, campeggiando in questo lessico normativo il concetto funzionale, questo sì imprescindibile, di “strumentalità” ai fini imprenditoriali del soggetto passivo.
13. Il Collegio ritiene di dover seguire il secondo indirizzo, per la dirimente ragione che il giudice nazionale, particolarmente quello di ultima istanza, nel caso dubbio deve adottare un criterio di “interpretazione conforme”, a maggior ragione qualora, come nel caso in esame, oggetto del giudizio sia un’imposta “armonizzata” ossia soggetta alla disciplina unionale delle ben note “direttive IVA” .
14. Dunque, intendendo dare ulteriore consolidamento all’indirizzo prevalente nella Sezione specializzata tributaria, per collocare la giurisprudenza di questa Corte all’interno dei principi di quella europea, non vi è alternativa ad un’interpretazione estensiva della disposizione legislativa interna. Pertanto, in particolare, all’espressione «acquisto .. di beni ammortizzabili», utilizzata dal legislatore IVA interno (art. 30, terzo comma, lett. c), dPR 633/1972), va attribuito il significato -lato -di disponibilità di tali beni in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo (quale appunto è, di norma, non solo quello derivante dall’acquisizione della proprietà ovvero di un diritto reale, ma anche da un contratto di locazione/comodato), ferma in ogni caso la necessaria “strumentalità” dei beni stessi all’esercizio dell’impresa (che comunque è presupposto generale della detraibilità dell’IVA ex art. 19, comma 1, dPR 633/1972). Più specificamente, va rimarcato che il concetto di “bene ammortizzabile” non può essere correttamente inteso nel contesto giuridico dell’IVA con riferimento alle previsioni normative in materia di
imposte dirette (artt. 102, 103, dPR 917/1986) e nemmeno risultano ermeneuticamente dirimenti le disposizioni sul bilancio contenute nel codice civile ovvero i principi contabili.
Piuttosto bisogna fare riferimento alla nozione -ampia e sostanzialmente economica -di «beni di investimento» che è quella utilizzata nella direttiva “rifusa” (artt. 174, comma 2, lett. a) e comma 3, 188, comma 1, secondo periodo, e comma 2, 189, lett. a), 190, direttiva 2006/112/CEE) e che quindi risulta essere l’unico parametro al quale un’interpretazione “conforme” deve affidarsi. Ed allora appare chiaro che l’applicazione della disposizione legislativa de qua ve necessariamente estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio -lungo, appunto quali “investimenti” (beni strumentali).
In definitiva, in accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
In relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 13 febbraio 2025.