Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4915 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4915 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
TARSU RIFIUTI SPECIALI
sul ricorso iscritto al n. 15766/2015 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina rilasciate in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), quest’ultimo con studio in Roma, al INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
CONTRO
il RAGIONE_SOCIALE(codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede alla INDIRIZZO , rappresentato e difeso, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso e di deliberazione della Giunta comunale n. 111 del 23 luglio 2015,
dallAVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), con studio in Roma, alla INDIRIZZO.
– CONTRORICORRENTE –
NONCHÉ
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore.
– INTIMATA – per la cassazione della sentenza n. 6707/36/2014 della Commissione tributaria regionale della Lombardia (Milano), depositata il 15 dicembre 2014;
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 19 ottobre 2023;
RILEVATO CHE:
con avviso di accertamento e rettifica n. 0036208 e con la cartella di pagamento n. 117/2012/0030450142 il RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE chiedevano alla suindicata contribuente il versamento della Tarsu per gli anni di imposta 2006/2010 e 2011;
la Commissione tributaria provinciale di Varese, riuniva i due ricorsi proposti dalla contribuente contro i menzionati atti e li accoglieva, ritenendo applicabile la riduzione prevista dall’art. 6, comma 1, lett., b ) del Regolamento comunale « nella misura del 75% sulle superfici su cui vengono esercitate le attività, su quelle destinate a servizi igienici, in parte alle aree uffici, magazzini depositi, con equiparazione dei relativi coefficienti di tassazione, altrimenti differenti» (così a pagina n.1 della sentenza impugnata) ;
la Commissione tributaria regionale della Lombardia (Milano) con l’impugnata sentenza, decidendo sull’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE solo in relazione alla pretesa concernente la suddetta cartella (relativa alla Tarsu dell’anno 2011), lo accoglieva, assumendo che:
« L’attività svolta dalla contribuente non può in alcun modo rientrare nella previsione dell’art. 6 lett. b) del Regolamento Comunale che prevede che ‘nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa, ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi’ »;
« L’attività svolta dalla ricorrente non è un’attività produttiva di rifiuti speciali. È invero un’attività di semplice commercio di infissi, porte e serramenti, con esposizione per la vendita all’ingrosso e al dettaglio, senza alcuna produzione diretta di rifiuti se non i normali rifiuti relativi ad un’attività commerciale »;
« La circostanza dedotta dalla contribuente relativa al ritiro degli infissi e serramenti dei clienti per il successivo smaltimento, di cui si deve sobbarcare l’onere finanziario, non può in alcun modo legittimare l’applicazione dell’art. 6 citato, trattandosi di una cortesia nei confronti dei clienti, sicuramente ricompresa nel contratto di vendita, se non nello stesso prezzo »;
-« Quanto all’eventuale applicazione dell’art. 3 n. 5 del Regolamento TARSU su tutte le superfici dell’immobile, che prevede una riduzione del tributo in assenza del servizio di raccolta, o dell’art. 16 n. 7, che prevede un rimborso parziale della tassa per gli utenti che dimostrino di aver sostenuto spese per interventi tecnico organizzativi comportanti un’accertata minore produzione di rifiuti, la Commissione rileva che non risultano documentate le circostanze dedotte » (v. pagina n. 2 della sentenza impugnata);
RAGIONE_SOCIALE impugnava detta pronuncia con ricorso notificato in data 12 giugno 2015 al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e ad RAGIONE_SOCIALE, formulando quattro motivi di impugnazione, successivamente depositando, in data 5 ottobre 2023, memoria ex art. 380bis 1. cod. proc. civ.;
il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso notificato in data 27 luglio 2015, con argomenti ulteriormente illustrati con memoria ex art. 380bis .1. cod. proc. civ. del 29 settembre 2016;
RAGIONE_SOCIALE è restata intimata;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di ricorso la contribuente ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la « violazione/falsa applicazione della Normativa Nazionale T.A.R.S.U. -presupposti ed applicazione dell’imposta calcolo delle superfici ed imputazione alle destinazioni -esenzione o riduzione -natura dei rifiuti -rifiuti speciali » (v. pagina n. 5 del ricorso) e segnatamente la violazione degli artt. 62 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, 183 e 184, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’Ambiente -anche Cod. amb.), nonché dell’art. 6 lett. b ) Regolamento comunale Tarsu, assumendo di essere produttore di rifiuti speciali (non pericolosi) e di smaltire « in proprio per la maggior parte cartoni, grandi scatoloni, imballaggi e residui di lavorazioni » (v. pagina n. 7 del ricorso), a nulla rilevando la circostanza di non svolgere attività di produzione di beni, giacchè l’esercizio di attività commerciale non esclude di per sè la formazione di rifiuti speciali, ribadendo che i suindicati rifiuti smaltiti costituiscono rifiuti speciali non assimilabili agli urbani e per i quali non era stato attivato un servizio di raccolta differenziata;
con la seconda censura la ricorrente ha lamentato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 della Direttiva 2008/98/CE, che introdotto il principio del « chi inquina paga» , in forza del quale il costo per lo smaltimento di un rifiuto deve essere sopportato dal relativo produttore o detentore, che è stato ritenuto dalla ricorrente applicabile alla società in ragione del fatto di aver provveduto in proprio allo smaltimento dei rifiuti che produce con la sua attività, sostenendo sul punto che la riduzione della tassa sia dovuta sia nel caso in cui l’autosmaltimento sia dipeso da una libera
scelta del contribuente, che quando sia stato conseguente al mancato svolgimento del servizio da parte dell’ente preposto;
con la terza doglianza RAGIONE_SOCIALE ha denunciato l’erronea applicazione da parte della Commissione del criterio di ripartizione dell’onere probatorio e dunque la violazione dell’art. 2697 cod. civ., sostenendo che, a fronte dell’allegazione del fatto negativo circa la mancata effettuazione del servizio di raccolta, sarebbe stato onere del RAGIONE_SOCIALE dimostrare l’esecuzione del servizio;
con la quarta ragione di impugnazione la società ha rimproverato alla Commissione regionale, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 5 cod. proc. civ., il «mancato esame dei fatti invocati a fondamento della domanda della contribuente di riconoscimento della riduzione ex art. 16 punto 19) del Regolamento Comunale T.A.R.S.U. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE» (v. pagina n. 12 del ricorso), assumendo l’istante di aver argomentato in primo grado circa « l’equiparabilità dell’attività di smaltimento posta in essere dalla Contribuente con regolarità agli interventi tecnico-organizzativi ‘… comportanti una accertata minore produzione di rifiuti che … agevoli lo smaltimento o il recupero dal gestore del servizio’ » (così alle pagine nn. 12 e 13 del ricorso), rilevando, in particolare, che la Commissione regionale aveva ignorato di esaminare la documentazione prodotta e, segnatamente, le copie delle fatture della società incaricata del servizio di smaltimento dei rifiuti per conto della contribuente, nonché l’iscrizione della stessa all’RAGIONE_SOCIALE, comprovanti lo smaltimento in proprio dei rifiuti speciali;
alla luce di quanto sopra riepilogato, l’oggetto del contendere è la sola pretesa di cui alla citata cartella di pagamento, che concerne la Tarsu relativa all’anno d’imposta 2011, in relazione alla quale (correttamente) non si è posto alcun problema di giudicato interno, tenuto conto della diversità dell’anno di imposta rispetto ai precedenti anni (non più oggetto di controversia) su cui la sentenza
di primo grado (di accoglimento del ricorso del contribuente) era divenuta definitiva per mancata impugnazione, mentre da quanto risulta dai contenuti della sentenza impugnata e dai motivi di impugnazione, la contribuente invoca e quindi si discute per l’anno 2011:
dell’esenzione e/o riduzione di cui all’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e dell’art. 6, lett. b ), del regolamento comunale Tarsu secondo cui «’ nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi’» (così a pagina n. 2 della sentenza impugnata);
della riduzione del tributo su tutte le superfici, a mente dell’art. 3, comma 5, del regolamento comunale Tarsu, per l’assenza del servizio di raccolta nella zona di ubicazione degli immobili;
del rimborso parziale della tassa ai sensi dell’art. 16, commi 7 e 9, del regolamento comunale per gli utenti che dimostrino di aver sostenuto spese per interventi tecnico organizzativi comportanti un’accertata minore prodizione dei rifiuti;
da quel che emerge dagli scritti difensivi e dalla sentenza impugnata, i rifiuti oggetto di controversia sarebbero costituiti « per la maggior parte cartoni, grandi scatoloni, imballaggi e residui di lavorazione -effettuate certo anche in occasione delle lavorazioni a domicilio presso i clienti, ma non solo» (v. pagina n. 7 del ricorso), che l’istante considera « rifiuti speciali non assimilabili agli urbani per i quali non è stato attivato un servizio di raccolta differenziato» (v. pagina n. 8 del ricorso):
6.1. in punto di fatto, non vi è contestazione tra le parti sulla prima parte di tale allegazione, vale a dire sulla citata identificazione dei predetti rifiuti (cartoni, grandi scatoloni, imballaggi e residui di lavorazione), avendo il RAGIONE_SOCIALE sviluppato le proprie difese sotto
altro, distinto, profilo, considerando, in particolare, che la dedotta natura dei rifiuti «( quali gli imballaggi e gli scatoloni dei prodotti venduti)» (così a pagina n. 8 delle controdeduzioni), costituirebbe rilievo inefficace, in quanto « non configurano rifiuti speciali ricadenti nell’ambito di applicazione della norma materiali che anzitutto non vengono prodotti – tali sono gli imballaggi e i cartoni di prodotti venduti nei resi eventualmente ritirati dai clienti – e in ogni caso non vengono prodotti in un’area di produzione a ciò dedicata ‘per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione’, bensì costituiscono materiali di cui l’impresa si può occasionalmente trovare ad avere la disponibilità nell’ambito di un’attività commerciale » (v. pagine nn. 8 e 9 del controricorso), con ciò quindi dando per scontata la predetta tipologia di rifiuto (imballaggio), ma negando la loro natura speciale siccome non derivanti da attività produttiva;
il primo motivo di impugnazione è fondato ed assume valore assorbente rispetto all’esame delle altre censure;
7.1. le ragioni del primo segmento della decisione impugnata si basano -come detto -sul rilievo della natura meramente commerciale dell’attività svolta dalla contribuente (vendita all’ingrosso ed al dettaglio di infissi, porte e serramenti, con relativa esposizione), che è stata ritenuta dal Giudice regionale non produttiva in modo diretto di rifiuti speciali, negando quindi l’operatività dell’art. 6 del regolamento comunale, secondo cui (come pure stabilito dall’art.62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507) -non si computa nella superfice tassabile quella porzione di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, autosmaltiti dal contribuente, con ciò, quindi, ritenendo che tale disposizione possa ricevere applicazione solo per l’attività di produzione in senso stretto, di natura cioè industriale (come chiaramente sostenuto dal RAGIONE_SOCIALE) e non anche per quella di commercio di beni;
7.2. tale ordine di idee non può, tuttavia, essere condiviso perché contrastante con la previsione dell’art. 184 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e perchè sovrappone la nozione di produttore di rifiuti con quella di produttore beni, erroneamente unificando sul piano concettuale le due ipotesi, in violazione anche della previsione dell’art. 183 cod. amb;
7.3. secondo l’art. 183, lett. f ), citato, infatti, è « “produttore di rifiuti”: il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore) », mentre (lett g ) è :« “produttore del prodotto”: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti’» ; la norma considera, quindi, il dato oggetto della produzione e/o formazione del rifiuto, senza contemplare il tipo di attività dalla quale il rifiuto proviene;
7.4. a mente dell’art. 184 cod. amb. « sono rifiuti speciali: e) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività commerciali se diversi da quelli di cui al comma 2 (vale a dire, ai sensi dell’art. 183, comma 1 bter, « i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies» )
7.5. la previsione dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1992, n. 507 e quella del riportato art. 6, lett. b ), del regolamento comunale si riferiscono alla parte di superfice in cui « si formano rifiuti speciali», con ciò contemplando, ai fini della riduzione della tassazione, il mero dato oggettivo della produzione in detta parte di superfice del rifiuto speciale, e cioè dello scarto derivante dall’attività propria e quindi diretta della contribuente;
7.6. alla stregua di tali disposizioni, i suddetti cartoni ed imballaggi o resi dell’attività di vendita devono considerarsi rifiuti
formati dalla ricorrente, derivanti cioè dall’attività commerciale svolta dalla contribuente, il che rende del tutto irrilevante che venissero ritirati dalla società a titolo di cortesia verso i clienti con ipotetico onere ricompreso nel prezzo di vendita, comprovando tale circostanza semmai proprio l’esatto contrario di quanto ritenuto dal Giudice regionale e cioè la permanenza nei locali della società dello scarto dell’attività di vendita;
7.7. alla luce di quanto precede, deve, quindi, reputarsi errata la prospettiva di indagine su cui si è sviluppata la verifica della Commissione regionale e quindi la conseguenziale valutazione, siccome genericamente fondata sulla sola natura commerciale dell’attività (che pure, in tesi, deponeva a mente del citato art. 184 cod. amb. per la natura speciale dei rifiuti prodotti), omettendo, di conseguenza, di accertare la specifica natura del rifiuto prodotto, vale a dire il tipo di imballaggio (se primario, secondario o terziario) presente nei locali aziendali (e quindi in essi ‘formato’ e da smaltire), nonché la loro assimilazione e/o assimilabilità, così da valutare la ricorrenza o meno dei presupposti della riduzione prevista dall’art. 6 del regolamento comunale;
7.8. l’errore giuridico -concettuale -e non di natura fattuale come sostenuto dal RAGIONE_SOCIALE – su cui riposa la decisione impugnata risiede, in definitiva, nell’aver puntato la valutazione sul tipo di attività imprenditoriale svolta dalla contribuente (di natura commerciale) e non anche sul tipo e sulla natura dei rifiuti da essa prodotti, nel senso di ‘formati’ nell’esercizio di detta attività, da questa cioè derivanti come residui della complessiva attività di vendita;
7.9. ciò che, dunque, è mancato è proprio l’accertamento di merito sulla natura dei rifiuti realizzati nell’esercizio dell’attività di commercializzazione di infissi, porte e serramenti, nonché sulla loro assimilabilità e/o assimilazione, oltre che sulla determinazione, nel caso di positivo accertamento della produzione di rifiuti speciali non assimilabili o non assimilati (né destinati a raccolta differenziata
assicurata dal RAGIONE_SOCIALE), delle superfici sulle quali, per le specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano -di regola di detti rifiuti, allo smaltimenti dei quali ha provveduto la società;
7.10. per tali ragioni, il primo motivo di impugnazione va accolto e la sentenza impugnata va cassata;
i restanti motivi di ricorso restano assorbiti nella valutazione sopra esposta, tenuto conto della loro implicita natura subordinata rispetto alla verifica che precede, come desumibile anche dal rilievo secondo il quale il primo Giudice aveva accolto il ricorso della contribuente, riconoscendo la sola riduzione prevista dall’art. 6 del predetto regolamento, ritenendo così assorbiti le altre richieste di riduzione/rimborso, senza alcuna contestazione, in sede di gravame, da parte della contribuente;
in ragione delle riflessioni svolte la sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia (Milano), in diversa composizione, affinchè provveda all’accertamento fattuale della natura dei rifiuti prodotti dalla contribuente nell’esercizio della propria attività commerciale, nonché alla verifica della loro assimilabilità e/o assimilazione e, nel caso, all’accertamento delle superfici sulle quali, per le specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano -di regola di detti rifiuti, allo smaltimenti dei quali ha provveduto la società, determinando all’esito di detti accertamenti la TARI applicabile nell’anno di imposta 2011, impregiudicata ogni valutazione subordinata sulle altre richieste di riduzione e rimborso richiesti dalla contribuente; il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo di impugnazione, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia (Milano), in
altra composizione, per gli accertamenti indicati in parte motiva, nonché per regolare le spese del giudizio di legittimità
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 19 ottobre 2023.