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Rientro dei cervelli: sì al bonus anche senza richiesta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15234/2025, ha stabilito che il beneficio fiscale per il cosiddetto ‘Rientro dei cervelli’ può essere richiesto direttamente nella dichiarazione dei redditi, anche in assenza di una preventiva istanza formale al datore di lavoro. Il caso riguardava un cittadino statunitense a cui l’Agenzia delle Entrate aveva negato un rimborso. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ritenendo sufficiente la richiesta in dichiarazione e considerando provati i requisiti sostanziali attraverso il contratto di lavoro.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rientro dei cervelli: via libera al bonus fiscale anche senza richiesta al datore

L’ordinanza n. 15234/2025 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sul regime del Rientro dei cervelli, stabilendo che l’agevolazione fiscale spetta anche se il lavoratore non ha presentato una richiesta formale al proprio datore di lavoro, potendo usufruirne direttamente in sede di dichiarazione dei redditi. Questa decisione consolida un approccio che privilegia la sostanza sulla forma, a tutela del contribuente in possesso dei requisiti.

I fatti di causa

La vicenda ha origine dal ricorso di un cittadino statunitense che, dopo aver trasferito la propria residenza in Italia nel gennaio 2018 per essere assunto da una società italiana con la qualifica di ‘Quadro’, chiedeva il rimborso delle maggiori imposte versate per l’anno 2019. Egli intendeva avvalersi dell’agevolazione fiscale prevista per i lavoratori impatriati, nota come ‘Rientro dei cervelli’.

L’Agenzia delle Entrate rigettava la richiesta, sostenendo che il contribuente non avesse né provato il possesso dei requisiti di legge, né esercitato l’opzione secondo le modalità previste, ovvero tramite una richiesta scritta al datore di lavoro. Sebbene la Commissione Tributaria Provinciale avesse inizialmente dato ragione all’Amministrazione Finanziaria, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, riconoscendo il diritto del lavoratore al rimborso. L’Agenzia delle Entrate decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

Il ricorso e le normative sul Rientro dei cervelli

L’Amministrazione Finanziaria basava il suo ricorso su due argomenti principali:

1. La modalità della richiesta: secondo l’Agenzia, la normativa prevede come passaggio fondamentale la presentazione di una richiesta scritta di applicazione del regime agevolato al datore di lavoro (sostituto d’imposta). In assenza di tale richiesta, o della prova della sua ricezione, il beneficio non potrebbe essere concesso.
2. La prova dei requisiti: l’Agenzia contestava che il contribuente avesse effettivamente dimostrato di possedere i requisiti sostanziali, come il titolo di studio e l’aver svolto attività lavorativa all’estero per almeno ventiquattro mesi prima del trasferimento in Italia.

La normativa di riferimento, l’art. 16 del D.Lgs. 147/2015, mira ad attrarre in Italia lavoratori con alte qualificazioni, offrendo loro un significativo abbattimento dell’imponibile fiscale. Tuttavia, le modalità attuative hanno generato dubbi interpretativi, in particolare sulla perentorietà o meno della richiesta al datore di lavoro.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza d’appello e fornendo due principi chiave.

In primo luogo, la Corte ha affermato che la mancata presentazione della richiesta al datore di lavoro non preclude la possibilità di fruire del beneficio. Citando proprie circolari (come la n. 14/E del 2012), l’Agenzia stessa aveva previsto una via ‘residuale’: il contribuente può chiedere il rimborso direttamente all’Ufficio territoriale o, come avvenuto nel caso di specie, fruire dell’agevolazione direttamente in dichiarazione dei redditi. La Corte ha sottolineato che la normativa non prevede alcuna decadenza in caso di mancata richiesta al datore, legittimando quindi la richiesta presentata in sede di dichiarazione. Ha così cristallizzato il seguente principio di diritto:

> Gli incentivi fiscali per i lavoratori c.d. ‘impatriati’ […] devono essere riconosciuti ai lavoratori che provino di possedere tutti i requisiti sostanziali richiesti ed abbiano presentato al datore di lavoro richiesta di applicazione dell’agevolazione, oppure abbiano presentato istanza di rimborso […], richiesta che può essere proposta anche mediante dichiarazione dei redditi ed indipendentemente dall’appartenenza dei lavoratori all’Unione Europea.

In secondo luogo, riguardo alla prova dei requisiti, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo del ricorso. I giudici d’appello avevano specificato che i requisiti sostanziali erano chiaramente desumibili dal contratto di lavoro, documento che era stato inviato all’Ufficio e la cui presenza in atti era stata confermata. Di fronte a questa precisa motivazione, l’Agenzia delle Entrate si è limitata a un richiamo generico dei requisiti, senza contestare specificamente perché le informazioni contenute nel contratto non fossero sufficienti. Tale genericità ha reso la censura inammissibile.

Le conclusioni

La decisione della Suprema Corte è di grande importanza pratica. Essa conferma che, per l’accesso al regime del Rientro dei cervelli, ciò che conta è il possesso effettivo dei requisiti sostanziali (titolo di studio, esperienza all’estero, residenza, etc.). Le modalità con cui il beneficio viene richiesto sono flessibili: sebbene la via maestra sia l’istanza al datore di lavoro, è pienamente legittimo richiederlo tramite dichiarazione dei redditi. Questo approccio garantisce che un mero adempimento formale non possa prevalere sul diritto sostanziale del contribuente, offrendo maggiore certezza a tutti i lavoratori che scelgono di trasferirsi in Italia.

È sempre obbligatoria la richiesta scritta al datore di lavoro per ottenere il bonus ‘Rientro dei cervelli’?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che se il datore di lavoro non ha potuto riconoscere l’agevolazione, il contribuente può fruirne direttamente presentando la dichiarazione dei redditi o un’istanza di rimborso, purché possegga i requisiti sostanziali.

Come può un lavoratore dimostrare di avere i requisiti per l’agevolazione?
Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che i requisiti sostanziali fossero sufficientemente provati dalle informazioni contenute nel contratto di lavoro inviato all’Agenzia delle Entrate. Questo suggerisce che documenti ufficiali come il contratto possono essere considerati prova adeguata.

L’agevolazione per il ‘Rientro dei cervelli’ è riservata solo ai cittadini dell’Unione Europea?
No, la sentenza ribadisce che tutti i lavoratori che rispondono alle caratteristiche previste dalla norma possono accedere al regime, indipendentemente dalla loro cittadinanza, inclusi quindi i cittadini di Stati extra UE come nel caso di specie (un cittadino statunitense).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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