Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20558 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20558 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27037/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
CONTRO
NOME COGNOME in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso SENTENZA della C.T.R della CAMPANIA n. 945/2019 depositata il 06/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugna la sentenza della C.T.R. della Campania, con cui è stato respinto l’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza della C.T.P. di Napoli di rigetto della domanda di annullamento dell’avviso di contestazione ed irrogazione della sanzione relativamente all’omesso pagamento della TIA per il 2012.
La C.T.R., richiamata la lettera dell’art. 66 d.lgs. 507 del 1993, ha ritenuto rientrante nella discrezionalità dei singoli comuni l’introduzione di una disciplina di riduzione del tributo per le attività alberghiere aventi carattere stagionale, constatando, peraltro, l’assenza di una simile regolamentazione da parte del Comune di Forio. A ciò, la C.T.R. ha aggiunto che secondo la giurisprudenza di legittimità, al fine di ottenere la riduzione del tributo connessa con la stagionalità dell’attività, non è sufficiente la mera dichiarazione al Comune della chiusura invernale, essendo necessario che le circostanze escludenti la produttività siano allegate e documentate dal contribuente con la denuncia originaria o in quella in variazione.
Il Comune di Forio resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME formula due motivi di ricorso.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 66, comma 3 e 62, comma 7 d.lgs. 507 del 1993, nonché dell’art. 10 del regolamento comunale del 24 marzo 2005. Affermando di voler reiterare tutte le eccezioni formulate nel corso del processo, innanzitutto, rileva che l’art. 10 del regolamento comunale stabilendo le esclusioni dall’obbligo di pagamento del
tributo vi fa rientrare anche i locali e le aree che ‘per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, non possono produrre rifiuti’. Assume che la ricorrente ha svolto ‘tutti i passaggi per i quali ella ha potuto invocare la non applicabilità della tassa per l’intero anno solare’ ma solo per il periodo di effettiva apertura. D’altro canto, proprio il Comune di Forio ha sempre richiesto alla contribuente di comunicare il periodo di chiusura invernale, come dimostra ‘la documentazione depositata e le comunicazioni effettuate per i vari anni’. Sostiene che, dunque, la sentenza erra nella parte in cui aderisce all’interpretazione delle norme data dal Comune con l’avviso impugnato. E ciò, anche con riferimento all’art. 62, comma 7 d.lgs. 507 del 1993, avendo la contribuente segnalato la variazione relativa alla chiusura invernale, benché il Comune di Forio abbia contestato la circostanza con lettera del 28 novembre 2011, con la quale, tuttavia, dà atto della denuncia da parte della ricorrente della chiusura temporanea. Sottolinea che nell’ipotesi di chiusura delle strutture alberghiere per stagionalità dell’attività si applica la previsione di cui all’art. 62, comma 2 d.lgs. 507 del 1993, posto che a fronte della relativa comunicazione, la riapertura sarebbe sanzionata e potrebbe condurre alla chiusura forzata dell’attività. Richiama la giurisprudenza di legittimità secondo la quale la mera denuncia di chiusura invernale non è sufficiente per ottenere la riduzione del tributo, dovendo il contribuente dare prova della concreta inutilizzabilità, dimostrazione questa offerta dalla ricorrente a mezzo delle schede contabili dei consumi energetici. Ciò avrebbe dovuto imporre la riduzione della tassa, o quantomeno la sua rimodulazione ad uso domestico.
Con il secondo motivo denuncia, ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., l’omessa insufficiente o contraddittoria motivazione
su uno o più punti decisivi della controversia. Ribadendo di voler reiterare tutte le eccezioni formulate nel corso del processo, rileva che sia la sentenza di primo grado, che la sentenza di appello hanno mancato di dare risposta alla doglianza con cui si censurava l’assenza del previo invio dell’avviso bonario, avendo il Comune di Forio notificato direttamente l’avviso di contestazione ed irrogazione della sanzione. Osserva che il regolamento adottato dal Comune per la TARI all’art. 30 prevede che l’ente debba notificare al contribuente, che non paghi alle scadenze, l’avviso bonario, con l’indicazione delle somme da versare nel termine di sessanta giorni e l’avvertimento dell’applicazione delle sanzioni in caso di inadempimento. Siffatto obbligo era già previsto ‘per la tassa oggetto del presente processo’ ma ‘comunque essendo norma più favorevole al contribuente dovrebbe applicarsi in ogni caso’, mentre il Comune di Forio non ha provveduto in questo senso. Deduce che i giudici di merito non hanno neppure dato risposta al motivo con il quale si rappresentava che la contribuente aveva adempiuto ogni anno all’obbligo di presentare denuncia per la determinazione dell’importo della tassa sui rifiuti, ciò risultando anche dalla lettera del Comune in data 28 novembre 2011, questo fatto implicando il diritto alla riduzione del tributo. Sostiene che l’assenza di risposta da parte della C.T.R. impone la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.
Il primo motivo ed il secondo profilo dedotto con il secondo motivo debbono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi.
Vanno preliminarmente introdotte alcune precisazioni.
Deve, innanzitutto, essere premesso che ‘In tema di TARSU, la riduzione tariffaria per la c.d. natura stagionale dell’attività esercitata dal contribuente richiede un’esplicita previsione regolamentare, poiché l’art. 66, comma 3 del d.lgs. n.
507 del 1993 è una disposizione derogatoria, la cui applicazione è rimessa ad una facoltà discrezionale dell’ente locale’ (Cass. Sez. 5, del 08/08/2024, n. 22420; Cass. Sez. 6, del 07/12/2016).
Va, inoltre, ricordato che la circostanza che consente l’applicazione della riduzione in questo caso la stagionalità dell’attività -deve essere comunicata all’ente, ai sensi dell’art. 70 del medesimo d.lgs., con cui è stato introdotto il generale obbligo di denuncia dei locali tassabili e delle variazioni successive che influiscano sull’applicazione del tributo.
L’obbligo della denuncia e della variazione consegue alla presunzione iuris tantum di produttività delle aree e dei locali rientranti nel territorio comunale, introdotta, con l’art. 62 d.lgs. 507 del 1993, sicché la sussistenza di particolari condizioni di uso, di cui all’art. 66 cit. non possono che formare oggetto di dichiarazione da parte del contribuente e debbono essere dimostrate o direttamente rilevabili.
Ne deriva, da un lato che ‘nel caso di esercizi alberghieri dotati di licenza annuale, essendo il presupposto del tributo costituito dalla occupazione o conduzione di locali a qualsiasi uso adibiti, ai fini della esenzione dalla tassa non è sufficiente la sola denuncia di chiusura invernale ma occorre allegare e provare la concreta inutilizzabilità della struttura’ (Cass. Sez. 5, 09/11/2016, n. 22756), dall’altro, che la denuncia della variazione, consistente nella chiusura per una parte dell’anno -ovverosia nella stagionalità dell’attività -è presupposto preliminare ed indispensabile per ottenere la riduzione del tributo.
La ragione per la quale la riduzione non può che conseguire alla formale denuncia originaria o di variazione all’ente impositore della sussistenza delle condizioni che la giustificano, risiede nella necessità di consentire un’ordinata e
coerente previa acquisizione dei dati per la determinazione della tassa applicabile da parte del Comune. Non appare, altrimenti possibile garantire il controllo di cui all’art. 73 d.lgs. 507 del 1993, posto a presidio dell’interesse comune al reperimento delle risorse per il servizio reso alla collettività, attraverso la ripartizione dell’onere sulle categorie sociali che ne sono avvantaggiate, attesa la necessità per la mano pubblica di provvedervi. Anche per la TIA (così come per la TARSU e per la TARI) va esclusa l’esistenza di un rapporto sinallagmatico tra la prestazione dalla quale scaturisce l’onere suddetto ed il beneficio che il singolo ne riceve (così anche Cass. Sez. 1, 14/06/2016, n. 12275, in motivazione, in tema di applicazione del privilegio di cui all’art. 2752, comma 3 c.c.).
Deve, altresì, ricordarsi che ‘il carattere stagionale dell’uso dei locali, ai fini della riduzione della tariffa, deve essere allegato e documentato dal contribuente in sede di denuncia originaria o in variazione dei presupposti della tassa ed, in difetto, la relativa circostanza non può essere fatta valere nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo. (Cass. Sez. 5, 23/05/2019, n. 14037). E questo, perché i temperamenti dell’imposizione previsti dall’art. 66, comma 3 del d.lgs. 507 del 1993 sono giustificati dalla presenza di una situazione che implica una minore utilizzazione del servizio. Ciò vale nel caso dell’uso stagionale o non continuativo di cui alla lett. b), che deve risultare dalla licenza rilasciata dai competenti organi per l’esercizio dell’attività (Cass. Sez. 5, 03/12/2019, n. 31460, in tema di avviso di pagamento emesso nei confronti di un’attività di bar-ristorante e stabilimento in località balneare).
L’effettiva presentazione della denuncia di cui all’art. 70 d.lgs. 507 del 1993 su modelli predisposti dall’ente impositore, con la quale si rappresenti la stagionalità dell’attività alberghiera costituisce, dunque, presupposto indefettibile della sussistenza
del diritto alla riduzione, ove discrezionalmente prevista dal regolamento comunale. Non essendo essa surrogabile dall’acquisizione dei dati in forma diversa, in assenza di specifica previsione, non possono assolvere all’onere di formalizzazione della denuncia comunicazioni diverse, quali quelle indirizzate al comune per indicare i periodi di chiusura dell’attività.
9. Ora, al di là della contestata adozione di una specifica norma regolamentare da parte del Comune di Forio in ordine alla riduzione della tassa -che sia la sentenza, che il controricorrente negano- vi è che la contribuente, per un verso, sembra far corrispondere la denuncia di cui all’art. 70 d.lgs. 507 del 1993 alla mera comunicazione al Comune della chiusura stagionale dell’attività, per altro verso, dimentica di indicare, visto il tenore della sentenza, se ed in che fase processuale la detta denuncia sia stata prodotta, così impedendo a questa Corte ogni verifica.
Se non deve dimenticarsi l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui ‘Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito. (Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950), tuttavia, non può che constatarsi l’assenza di autosufficienza nel caso in cui nessuna indicazione sia contenuta nel ricorso per cassazione al
fine di consentire il reperimento degli atti che si assumono ignorati dal giudice di merito.
Nel caso di specie, per affrontare la questione posta con la prima censura, inerente al diritto alla riduzione per la stagionalità dell’attività, sarebbe stato necessario consentire a questa Corte di controllare se effettivamente il giudice di appello -che non vi fa alcun cenno- abbia omesso di prendere in considerazione la documentazione prodotta attestante l’intervenuta denuncia originaria o in variazione, come la ricorrente pare dedurre con il secondo profilo della seconda censura. Ma, la parte ricorrente ha omesso ogni allegazione, anche nella forma della mera trascrizione dell’atto richiamato
Le doglianze testé esaminate non possono, dunque, trovare accoglimento, essendo tanto inammissibili, per difetto di autosufficienza, che infondate, sotto il profilo giuridico.
Il primo profilo del secondo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La ricorrente, infatti, assume che il secondo giudice non abbia dato risposta al motivo con il quale si censurava l’assenza del previo invio dell’avviso bonario, nonostante la previsione del regolamento comunale sulla TARI, da applicarsi anche alla TIA, perché norma più favorevole al contribuente. Al di là della poco comprensibile precisazione secondo la quale la disposizione regolamentare dettata per la TARI che impone al Comune di far precedere all’avviso di contestazione ed irrogazione delle sanzioni l’invio dell’avviso bonariosarebbe stata prevista anche dalle disposizioni comunali relative alle tasse sui rifiuti previgenti l’introduzione della TARI, ma egualmente sarebbe necessario applicare quelle riguardanti quest’ultima, vi è che dalla lettura dei motivi di appello trascritti nel ricorso per cassazione non è dato rinvenire una simile doglianza. Essa, invece, appare formulata come
‘secondo motivo di opposizione’ nell’atto introduttivo del giudizio, anch’esso parzialmente riprodotto nel ricorso per cassazione.
Questa Sezione ha chiarito che ‘In tema di contenzioso tributario, la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, determinano l’inammissibilità dell’appello, non sono ravvisabili qualora il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni; ciò in quanto l’articolo cit. deve essere interpretato restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi pertanto consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione’ (Cass. Sez. 5, 21/07/2020, n. 15519)
14. Ora, ancorché il principio di specificità dei motivi appaia declinato in modo meno stringente nel processo tributario, rispetto al rito civile, esso non pare consentire il semplice generico richiamo dell’atto di appello (peraltro non allegato, e solo parzialmente riprodotto in questa sede) a quanto dedotto con il ricorso introduttivo del giudizio, ‘da considerarsi trascritto’. D’altro canto, per consentire la verifica dell’implicita riproposizione dei motivi di impugnazione dell’atto oggetto del ricorso, anche solo perché non affrontati dal primo giudice, il ricorrente avrebbe dovuto mettere il giudice di legittimità nella condizione di leggere l’intero gravame proposto avverso la sentenza di primo grado, il che non è pacificamente accaduto.
Sicché deve ritenersi che, anche sotto questo profilo, il ricorso per cassazione difetti di autosufficienza
Ma vi è di più.
Ed invero, anche volendo riqualificare la doglianza come omessa pronuncia, sulla base dell’affermazione contenuta nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, secondo la quale ‘ Nel ricorso in appello la sig. COGNOME ha integralmente richiamato (pagina due punto quattro) e considerato trascritto il ricorso presentato in primo grado. In questo ricorso, come secondo motivo di opposizione la ricorrente ha dedotto che si vuole sottolineare qui l’assoluta mancanza dell’avviso bonario di pagamento della T.I.A. da parte del Comune di Forio, il quale, senza fare questo doveroso e propedeutico passaggio ha notificato l’avviso di contestazione e irrogazione di sanzioni in oggetto’ va rilevato che la ricorrente omette di riprodurre o allegare il contenuto del regolamento comunale che invoca.
Peraltro, dalla narrativa del ricorso introduttivo del giudizio, si ricava che con l’avviso di contestazione è stata richiesta la penale prevista dall’art. 16 del regolamento TIA, nella misura del 50%. Sicché trattandosi di una sanzione, una volta confermata dalla sentenza la sussistenza della pretesa impositiva, la pronuncia deve ritenersi oggettivamente incompatibile con la tesi della parte sulla non debenza della sanzione. Si tratterebbe, insomma, non di una omessa pronuncia, ma di un rigetto implicito, certamente ammissibile laddove il giudice di appello fondi la decisione sua una costruzione argomentativa incompatibile con la domanda o l’eccezione della parte, con la conseguenza che la medesima è superata e travolta dalla soluzione della questione, il cui esame si pone come necessario antecedente logico-giuridico, da cui scaturisce la sua irrilevanza o infondatezza. (da ultimo: Cass.
Sez. 2, 26/09/2024, n. 25710; Cass. Sez. 2, 13/08/2018, n. 20718; Cass. Sez. 5, 06/12/2017, n. 29191).
17. Il ricorso deve, dunque, essere rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidarsi in euro 2.500,00 oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, in favore del Comune di Forio.
18. Sussistono, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidarsi in euro 2.500,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge, in favore del Comune di Forio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2025.