Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4944 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4944 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
TARSU RIFIUTI SPECIALI
sul ricorso iscritto al n. 2365/2016 del ruolo generale, proposto
DA
il RAGIONE_SOCIALE(codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede alla INDIRIZZO , in persona del Sindaco pro tempore , NOME COGNOME, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso e di deliberazione RAGIONE_SOCIALE Giunta comunale n. 220 del 7 dicembre 2015, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), con studio in Roma, alla INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Busto Arsizio, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina rilasciate in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE
CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), quest’ultimo con studio in Roma, al INDIRIZZO.
– CONTRORICORRENTE –
NONCHÉ
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore.
– INTIMATA – per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza n. 2698/30/2015 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (Milano), depositata il 17 giugno 2015;
UDITA la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 19 ottobre 2023;
RILEVATO CHE:
con la cartella di pagamento n. 117/2013/0014519326 RAGIONE_SOCIALE chiedeva, nell’interesse del Comune di Busto Arsizio, il versamento RAGIONE_SOCIALE somma di 4.493,88 € a titolo di TARSU per l’anno di imposta 2012;
la RAGIONE_SOCIALE (Milano) con l’impugnata sentenza rigettava l’appello proposto dal suindicato Comune contro la pronuncia n. 291/11/2014 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE provinciale di Varese, assumendo che:
« In sede di giudizio di primo grado è stato dimostrato come la raccolta, porta a porta, dei rifiuti non venga svolta nella zona ove siede la contribuente; il Comune, per altro verso, non ha dimostrato di rendere il servizio »;
« La società appellata opera nel settore del commercio all’ingrosso ed al minuto di legnami e compensati, nonché al commercio all’ingrosso ed al minuto e posa di porte, infissi e serramenti; in altri termini deve ritenersi ‘produttore di rifiuti’ ai sensi per gli effetti RAGIONE_SOCIALE disciplina generale dettata dal Codice
dell’ambiente e dal Dlgs 15 novembre 1993, n. 503. L’attività commerciale, svolta dalla contribuente, genera dunque residui speciali non tossico-nocivi ai sensi RAGIONE_SOCIALE normativa sopra richiamata non separabili e non conferibili alla raccolta differenziata »;
« Determinante, aliunde, la circostanza, confermata dalla sentenza censurata, che sulle superfici dell’immobile in cui la ricorrente esercita la propria attività si formano, per caratteristica e destinazioni specifiche, rifiuti speciali il cui smaltimento non viene assicurato dall’Amministrazione comunale, dal che il diritto dell’appellata alla conseguente riduzione RAGIONE_SOCIALE tariffa, essendo tenuta a provvedere al riguardo a proprie spese » (così nella sentenza impugnata priva di numerazione);
il Comune di Busto Arsizio impugnava detta pronuncia con ricorso notificato in data 15/20/21 gennaio 2016 alla contribuente e ad RAGIONE_SOCIALE, formulando tre motivi di impugnazione, successivamente depositando, in data 9 ottobre 2023. memoria ex art. 380bis. 1. cod. proc. civ.;
RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso notificato in data 26 febbraio 2016, con argomenti ulteriormente illustrati con memoria ex art. 380bis .1. cod. proc. civ. depositata il 5 ottobre 2023;
RAGIONE_SOCIALE è restata intimata;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di ricorso il Comune ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 59, comma 4, e 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, 3, comma 5, e 6, comma 1, lett. b ), del regolamento Tarsu del Comune di Busto Arsizio, nonché degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., assumendo che la pur contestata affermazione secondo la quale il Comune non avrebbe assicurato il servizio di raccolta dei rifiuti nella zona, avrebbe potuto semmai comportare all’applicazione delle riduzioni di
cui agli artt. 59, comma 4, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, 3, comma 5, del Regolamento comunale Tarsu (nella specie riduzioni del 40, 35 e 30 % RAGIONE_SOCIALE tariffa a seconda dalle distanze dei punti di raccolta « se il servizio di raccolta sebbene attivato non è svolto nell’azienda di ubicazione dell’immobile occupato o effettuato in gravi violazioni di prescrizione» ), mentre, al contrario, sia il primo che il secondo Giudice avevano accolto il ricorso e respinto l’appello, riconoscendo il diritto alla diversa riduzione del 75%, che si fonda sulla diversa circostanza dell’esercizio da parte RAGIONE_SOCIALE contribuente di attività produttiva di rifiuti sulle superfici dell’immobile;
1.1. il Comune ha, in ogni caso, affermato di aver svolto nella zona ove sono ubicati i beni RAGIONE_SOCIALE società il servizio di raccolta, senza che siano allo stesso pervenute segnalazioni di disservizio, ponendo in evidenza che grava sul contribuente l’onere di provare le condizioni per poter beneficiare dell’esenzione;
con la seconda censura il ricorrente ha lamentato la violazione e la falsa applicazione dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, nonchè dell’art. 6, comma 1, lett. b ), del regolamento Tarsu del Comune di Busto Arsizio, osservando che per beneficiare RAGIONE_SOCIALE riduzione occorre che il contribuente provi che la superfice interessata « 1. possieda specifiche caratteristiche strutturali e funzionali per le quali in essa si formano i rifiuti speciali, tossici e nocivi; 2. sia destinata, in ragione dell’attività che si svolge, alla formazione di rifiuti speciali; 3. In tali superfici i rifiuti speciali si formino in maniera abituale» (così a pagina n. 7 del ricorso), ponendo in evidenza che, come precisato da altra pronuncia RAGIONE_SOCIALE medesima RAGIONE_SOCIALE, « l’attività svolta dalla ricorrente non è un’attività produttiva di rifiuti speciali» , ma « di semplice commercio di infissi, porte, serramenti, esposizione per la vendita all’ingrosso ed al dettaglio, senza alcuna produzione diretta di rifiuti se non i normali rifiuti relativi ad un’attività commerciale » (così a pagina n. 7 del ricorso), aggiungendo che « Pertanto, è del tutto evidente che l’attività commerciale RAGIONE_SOCIALE contribuente di mera esposizione e vendita di beni su superfici non aventi caratteristiche
strutturali e funzionali particolari e sulle quali non si formano in maniera abituale di rifiuti non può costituire fondamento per la richiesta di riduzione RAGIONE_SOCIALE tassa » (v. pagina n. 8 del ricorso);
con la terza doglianza l’ente impositore ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, nonchè dell’art. 6, comma 1, lett. b ), del regolamento Tarsu del Comune di Busto Arsizio, oltre che l’omessa pronuncia su di un motivo di appello, evidenziando che il Giudice di primo grado aveva « riconosciuto la riduzione dell’imposta del 75% su tutte le superfici dell’immobile senza distinzione tra aree di produzione, esposizioni, magazzini depositi e/o servizi igienici e uffici (così nella sentenza di primo grado) » (cfr. pagina n. 8 del ricorso) e che « Detta erronea statuizione era stata appellata dal Comune di Busto Arsizio , considerando che la riduzione di cui all’art. 6, lett. b), del Regolamento è applicabile esclusivamente ‘rispetto alle superfici su cui l’attività produttiva viene svolta’ e che deve trattarsi di un’area di produzione a ciò dedicata ‘per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione’ » (cfr. pagina n. 9 del ricorso), motivo di gravame questo su cui la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non si era pronunciata;
il ricorso va accolto nei seguenti termini, subito avvertendo, a fronte delle contestazioni RAGIONE_SOCIALE contribuente, che il ricorso si presenta autosufficiente nel senso declinato dalla Corte EDU con la sentenza del 28 ottobre 2021 (Succi ed altri c. Italia), dovendo ritenersi tale requisito rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fonda avvenga, alternativamente, riassumendone il contenuto o trascrivendone i passaggi essenziali, essendo sufficiente, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (cfr., da ultimo, Cass. n. 12481/2022);
4.1. nello specifico, quanto al primo motivo, il ricorso riassume il contenuto rilevante dell’art. 3, comma 3, del regolamento Tarsu (« riduzioni del 40, 35 o del 30% delle tariffe a seconda delle distanze dai punti di raccolta ‘se il servizio di raccolta, sebbene attivato, non è svolto nella zona di ubicazione dell’immobile occupato o è effettuato in grave violazione delle prescrizioni …’» (v. pagina n. 6 del ricorso);
4.2. anche in relazione al secondo motivo di impugnazione il contenuto rilevante dell’art. 6 del regolamento Tarsu risulta sufficientemente riassunto a pagine n. 4 del ricorso nella parte in cui si afferma che esso « prevede una riduzione dell’imposta pari al 75% rispetto -peraltro -alla sola superfice in cui l”attività viene svolta»;
4.3. con riguardo al terzo motivo, va osservato che il Comune ha sintetizzato nel ricorso i motivi di appello avverso la pronuncia di primo grado, tra cui la censura relativa all’erroneità RAGIONE_SOCIALE decisione di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto « la riduzione del 75% ‘su tutte le superfici dell’immobile, senza distinzione tra aree di produzione, esposizione, magazzini, depositi e/o servizi igienici e uffici’ (così nella sentenza di primo grado), considerando che la riduzione di cui all’art. 6 lett. b) del Regolamento è applicabile esclusivamente ‘rispetto alle superfici su cui l’utilità produttiva viene svolta, e tale non può considerarsi un ufficio, un’area di esposizione, un magazzino o un servizio igienico » (v. pagina n. 4 del ricorso);
4.4. le censure svolte dal Comune non coinvolgono nuove questioni di merito, contestando, invece, la falsa applicazione di norme primarie e secondarie (sotto il profilo dell’errata sussunzione RAGIONE_SOCIALE fattispecie alle disposizioni normative) e dunque questioni di diritto, come emerge dalle valutazioni che seguono;
il primo motivo di ricorso è fondato nei termini che seguono;
5.1. con esso -come sopra esposto – il Comune si duole RAGIONE_SOCIALE violazione degli artt. 59, comma 4, e 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, 3, comma 5, e 6, comma 1, lett. b ), del
regolamento Tarsu del Comune di Busto Arsizio, nonché degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., per avere i Giudici di merito riconosciuto, in ragione del pur contestato mancato svolgimento del servizio di raccolta, la riduzione prevista dall’art. 6, lett. b ), del regolamento comunale (riduzione dell’imposta sulla superfice produttiva di rifiuti speciali), in luogo di quella asseritamente pertinente alla fattispecie con riferimento all’accertamento (pure effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE) RAGIONE_SOCIALE mancata effettuazione del servizio nella zona in cui era collocato l’esercizio commerciale RAGIONE_SOCIALE società, ipotesi questa contemplata dall’art. 59 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e dall’art. 3, comma 5, del regolamento comunale, ma concernente altra ipotesi di riduzione dell’imposta, in percentuali diverse a seconda RAGIONE_SOCIALE distanza dal più vicino punto di raccolta;
5.2. come sopra, il motivo non introduce una nuova questione, trattandosi di una semplice puntualizzazione del dato normativo invocato, che integra una mera difesa in punto di diritto, la quale, come tale, può essere effettuata in ogni stato e grado del giudizio (cfr. sul principio Cass. Sez. L, 4 novembre 2014, n. 23481);
5.3. il rilievo -come anticipato -coglie nel segno, in quanto la circostanza fattuale accertata dal Giudice RAGIONE_SOCIALE (mancato svolgimento del servizio « porta a porta » nella zona in cui è ubicato il complesso immobiliare RAGIONE_SOCIALE ricorrente) rende applicabili le predette disposizioni di fonte primaria e secondaria, che integrano riduzioni tariffarie cd. tecniche, le quali, come già chiarito da questa Corte:
regolano « situazioni in cui si realizza una contrazione del servizio, e quindi dei costi per il suo espletamento, per motivi oggettivi ed a favore di una pluralità indistinta e generalizzata di utenti »;
-hanno carattere obbligatorio, al verificarsi delle indicate situazioni oggettive che vanno ad incidere sul presupposto impositivo, « senza la necessità di una specifica e preventiva domanda che contenga l’indicazione delle condizioni per fruirne,
incombendo sul contribuente il solo onere di provarne i presupposti normativi »;
prevedono tale riduzione per il solo fatto che il servizio di raccolta, pur debitamente istituito e attivato nel perimetro comunale, non venga poi concretamente svolto in una determinata zona del territorio comunale, purché tale zona sia di significativa estensione, dovendosi intendere tale « un ambito territoriale ove sia ragionevole configurare un omesso servizio, un’area quindi di considerevole estensione che, in mancanza di espresse indicazioni del regolamento comunale, sarà compito del giudice di merito individuare, ponendone come elemento costitutivo e qualificante che la stessa abbia dimensioni tali per cui l’assenza di raccolta renda impossibile la fruizione del servizio tanto da richiedere interventi sostitutivi » (non coincidente con le usuali estensioni dei parchi residenziali o dei condomini privati) e senza che rilevi se tale zona sia pubblica o privata e (salvo che eventuali limitazioni di accesso non ne impediscano di fatto l’espletamento), restando altresì indifferenti le ipotesi di inadempimento, che rendano la mancata erogazione soggettivamente imputabile all’amministrazione comunale (cfr. Cass., Sez. T., 24 febbraio 2023, n. 5766, ai cui più ampi contenuti si rinvia, che richiama: Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2020, n. 19767; Cass., Sez. 6^-5, 3 giugno 2021, n. 15323; Cass., Sez. 6^-5, 19 ottobre 2021, n. 28945; Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34298; Cass., Sez. 5^, 16 novembre 2021, nn. 34489 e 34635);
5.4. sotto tale profilo, impregiudicato nella presente sede l’accertamento fattuale compiuto dalla RAGIONE_SOCIALE circa la non effettuazione del servizio nella predetta zona, va riconosciuto che allo stesso non poteva ricollegarsi la decisione adottata dal Giudice RAGIONE_SOCIALE, il quale, confermando la pronuncia di primo grado, ha ribadito la riduzione dell’imposta (pari al 75% commisurata alle parti di superfici in cui viene svolta l’attività RAGIONE_SOCIALE contribuente), prevista (dall’art. 6 del regolamento comunale) per tutt’altra ipotesi, non solo perché la stessa non poteva legittimare la decurtazione operata (ma
quelle ben minori in base alla diversa dal punto di raccolta dei rifiuti, come sopra indicato), ma soprattutto perché il citato riferimento fattuale (mancato svolgimento del servizio di raccolta nella zona territoriale in cui era collocata l’unità abitativa RAGIONE_SOCIALE società) assumeva giuridico senso solo per i rifiuti solidi urbani (che sono quelli contemplati dall’art. 3 del citato regolamento comunale), non anche per quelli speciali (considerati invece dall’art. 6 del citato regolamento comunale);
5.5. nei suesposti termini il motivo di censura va accolto, considerando, in definitiva, che l’accertato mancato servizio di raccolta «porta a porta» non poteva comunque giustificare la riduzione di cui all’art. 6 del regolamento pure invocata dalla contribuente ed applicata dalla RAGIONE_SOCIALE;
non è fondato, invece, il secondo motivo di impugnazione;
6.1. il nucleo concettuale RAGIONE_SOCIALE contestazione si basa sul rilievo secondo il quale l’attività commerciale svolta dalla contribuente non sarebbe idonea a produrre, di regola, rifiuti speciali, considerando, invece, il Comune applicabile l’art. 6 del regolamento comunale Tarsu « alle sole attività industriali che producono abitualmente rifiuti speciali, tossici o nocivi » (v. pagina n. 4 del ricorso);
6.2. tale ordine di idee non può, tuttavia, essere condiviso, perché contrasta con la previsione dell’art. 184 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (da ora anche cod. amb.) secondo cui « sono rifiuti speciali: e) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività commerciali se diversi da quelli di cui al comma 2 (vale a dire, ai sensi dell’art. 183, comma 1 bter, « i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies» )
6.3. le previsioni dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1992, n. 507 e dell’art. 6, lett. b ), del regolamento comunale si riferiscono alla parte di superfice in cui « si formano rifiuti speciali»,
con ciò contemplando, ai fini RAGIONE_SOCIALE riduzione dell’imposta, il mero dato oggettivo RAGIONE_SOCIALE produzione in detta parte di superfice del rifiuto speciale, e cioè dello scarto derivante dall’attività propria e quindi diretta RAGIONE_SOCIALE contribuente;
6.4. in tale direzione, nella specie, « i resi dei clienti o le confezioni dei beni venduti» (secondo il Comune, v. pagina n. 2 del ricorso), gli « imballaggi, grossi cartoni, e residui di serramenta, infissi di legno, vetro e resine, non separabili e dunque non conferibili alla raccolta differenziata» (secondo la contribuente, v. pagina n. 11 del controricorso) devono considerarsi rifiuti formati dalla ricorrente, derivanti cioè dall’attività commerciale svolta dalla contribuente, i quali, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE previsione dell’art. 184 cod. amb., integrano rifiuti speciali, come ritenuti dal Giudice RAGIONE_SOCIALE che li ha, altresì, configurati come « non tossiconocivi non separabili e non conferibili alla raccolta differenziata » (così nella sentenza impugnata);
6.5. alla luce di quanto precede, deve, quindi, reputarsi corretta, sul piano giuridico, la valutazione operata dal primo Giudice ed infondato il motivo di impugnazione;
merita di essere accolto il terzo motivo di doglianza, con cui l’ente territoriale ha lamentato l’omessa pronuncia sul predetto motivo di appello, richiamando espressamente l’art. 112 cod. proc. civ. nella parte in cui ha rimproverato al Giudice RAGIONE_SOCIALE di non aver statuito, « limitandosi a confermare la sentenza appellata e, con ciò, la erronea estensione RAGIONE_SOCIALE riduzione del 75% a tutte le superfici RAGIONE_SOCIALE ditta concorrente, compresi bagni e uffici » (v. pagina n. 9 del ricorso);
7.1. si tratta di ipotesi che è riconducibile al paradigma di cui all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., così dovendosi riqualificare il motivo ed osservare che effettivamente il Giudice dell’appello non si è pronunciato su detta censura, il che impone anche sul punto la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza, senza potervi porre rimedio, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.,
coinvolgendo l’esame del motivo accertamenti in fatto sull’individuazione RAGIONE_SOCIALE parte di superfice su cui, a mente dell’art. 62, comma 3, d.lgs. cit. e 6 del regolamento, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali, allo smaltimento dei quali ha provveduto la contribuente;
7.2. va solo aggiunto, al riguardo, che non può ipotizzarsi l’asserito giudicato (v. memoria ex art. 380 -bis . 1. cod. proc. civ. RAGIONE_SOCIALE controricorrente, sia pure con rifermento al primo motivo di impugnazione) derivante dalla sentenza n. 100/12/13 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE provinciale di Milano (e non 101/12 come erroneamente indicato dalla società), che ha riconosciuto la riduzione sull’intera superfice dell’unità immobiliare, giacchè a tacer d’altro la questione del modo e dei limiti in cui detta riduzione deve operare ha natura giuridica (ad essa legandosi il succedaneo accertamento fattuale sulla verifica RAGIONE_SOCIALE parte di superfice su cui i citati rifiuti -di regola – si formano in ragione RAGIONE_SOCIALE caratteristica strutturale e di destinazione dell’area considerata), il che esclude che possa operare il dedotto giudicato, come più volte chiarito da questa Corte secondo esso può essere invocato solo in relazione alle circostanze che hanno costituito oggetto di apprezzamenti di fatto e non anche su questioni giuridiche, in quanto l’attività interpretativa delle norme giuridiche compiuta da un giudice è consustanziale allo stesso esercizio RAGIONE_SOCIALE funzione giurisdizionale e non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da un altro giudice (cfr. amplius, Sez. V, 7 aprile 2022, n. 11331, che richiama Cass., Sez. 5, 21 ottobre 2013, n. 23723; Cass., Sez. 5, 15 luglio 2016, n. 14509 e Cass., Sez. T., 1° giugno 2021, n. 15215/2021, nonché, da ultimo, Cass. Sez. T. 23 marzo 2023);
alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va accolto nel suo primo e terzo motivo di impugnazione, mentre va rigettato il secondo; la sentenza impugnata va cassata e la causa rimessa alla Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE di secondo grado RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
(Milano), in altra composizione, affinchè provveda ad accertare la parte dell’unità immobiliare su cui, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formavano, di regola, detti rifiuti speciali, e su cui (e nei limiti essa) operare la riduzione tariffaria prevista dall’art. 6, lett. b ), del regolamento comunale, oltre che per regolare le spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di impugnazione, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE di secondo grado RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (Milano), in altra composizione, per gli accertamenti indicati in parte motiva, nonché per regolare le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 19 ottobre 2023.