Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20402 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20402 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24723/2021 R.G., proposto
DA
‘ RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e COGNOME Domenico ‘ , con sede in Serrara Fontana (NA), in persona del socio accomandatario e amministratore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Napoli, elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME, con studio in Roma (indirizzo p.e.c. per comunicazioni e notifiche: EMAIL ), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Serrara Fontana (NA), in persona del Sindaco pro tempore , autorizzato a resistere nel presente procedimento in virtù di deliberazione adottata dalla Giunta Comunale il 28 ottobre 2021, n. 67, rappresentato e difeso dal Prof. Avv. NOME COGNOME con studio in Napoli, ove elettivamente domiciliato (indirizzo p.e.c. per comunicazioni e notifiche: EMAIL, giusta procura in
TARSU TIA TARES TARI ACCERTAMENTO ATTIVITÀ STAGIONALE
calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania il 10 giugno 2021, n. 4799/08/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26 febbraio 2025 dal Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
La ‘ Santa RAGIONE_SOCIALEs di NOME COGNOME e COGNOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania il 10 giugno 2021, n. 4799/08/2021, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento n. 3492 per la TARI relativa all’anno 2019 nella misura di € 14.288,00, in relazione a fabbricato alberghiero con stabilimento balneare in Serrara Fontana (NA), ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti del Comune di Serrara Fontana (NA) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 17 febbraio 2020, n. 2061/15/2020, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente sul rilievo che: a) la stagionalità dell’attività alberghiera ai fini della riduzione della tassa in relazione ai periodi di chiusura al pubblico – doveva escludersi con riguardo alla licenza annuale di cui la contribuente era destinataria, non essendo stata provata l’og gettiva inutilizzabilità dei locali per il periodo invernale; b) le superfici tassabili erano state determinate sulla base dei grafici planimetrici in possesso dell’ ente impositore;
c) il prelievo era stato corrisposto in base a tariffa commisurata ad anno solare; d) per le utenze non domestiche l’importo della TARI era stato calcolato in base ai metri quadrati del locale ed al tipo di attività svolta.
Il Comune di Serrara Fontana (NA) ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a tre motivi.
Con il primo motivo, si denuncia: « Violazione e falsa applicazione D.Lgs. 507/93, vizio di motivazione in relazione all’art 360 », per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che « le superfici sono state calcolate dall’ Ufficio Tecnico Comunale utilizzando il grafico planimetrico allegato alla pratica esistente presso l’Ufficio Attività Produttive del Comune, trasmessa dalla società con nota prot. 468 del 20.01.2010 ».
Secondo la ricorrente: « La motivazione è errata e non tiene conto del fatto che già per l’anno 2015, come era avvenuto in tutti gli anni precedenti, sulla base dei medesimi grafici, l’Ente aveva provveduto ad accertare una superficie ben diversa rispetto a quella per l’anno 2019. La domanda appare quindi spontanea, visto che sono stati utilizzati i medesimi grafici dell’anno 2010 come è possibile che il medesimo tecnico comunale nel 2015 accerta una superficie di mq 711,70 mentre poi nel 2017 con medesimo atto e sui medesimi grafici accerta una superfice di me 836,50 più 445,50 ».
2.1 Il predetto motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
2.2 Anzitutto, il mezzo tende ad una revisione del merito sotto l’apparente deduzione di una violazione di legge , peraltro, con
assoluta indeterminatezza – « d.lgs. n. 507/1993 » -del parametro normativo che si assume essere stato violato.
In tal senso, questa Corte ha precisato che, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (tra le tante: Cass., Sez. Un., 28 ottobre 2020, n. 23745; Cass., Sez. 5^, 4 maggio 2021, nn. 11609, 11617 e 11619; Cass., Sez. 6^-5, 30 maggio 2021, n. 14319; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, nn. 16506 e 16511; Cass., Sez. Trib., 25 ottobre 2022, n. 31552; Cass., Sez. Trib., 2 agosto 2023, n. 23489; Cass., Sez. Trib., 17 luglio 2024, n. 6713; Cass., Sez. Un., 13 marzo 2025, n. 6713).
2.3 In ogni caso, in base all’art. 73 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, il cui contenuto è stato ripreso dall’art. 1, comma 693, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è pacifico che la prima fase della procedura di accertamento è caratterizzata dal dialogo fra ente impositore e contribuente, per il consolidamento (mediante controllo in base a documenti, planimetrie, risposte a questionari, ecc.) dei dati contenuti nella denuncia presentata, ovvero acquisiti dall’ente impositore tramite rilevazione diretta delle superfici.
2.4 Nella specie, la superficie imponibile è stata rideterminata in base a planimetrie e grafici trasmessi dalla stessa contribuente all’ente impositore. Difatti, secondo l’accertamento fattone dal giudice di appello: « Le superfici sono state calcolate dall’Ufficio Tecnico Comunale utilizzando il grafico planimetrico allegato alla pratica esistente presso l’Ufficio Attività Produttive del Comune, trasmessa dalla società con nota prot. 468 del 20.1.2010 »
3. Con il secondo motivo (erroneamente indicato come « 3) » in ricorso), si denuncia: « Violazione e falsa applicazione degli artt. 70 e 71 D.Lgs 507/93, 21, comma 7, e 49, commi 1 e 14 D.Lgs 22/97, 11, comma 11, DPR 158/99,62 e 67 D.lgs 507/93, vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c .», per non essere stato correttamente apprezzato dal giudice di appello « il valore delle apposite denunce di inizio e fine occupazione presentate nei termini previsti, ai sensi dell’art. 70 del D.Lgs. n. 507/1993 e non contestate, in cui è stata dichiarata la superficie occupata, utilizzata e soggetta tassazione ai fini della TARI, la Categoria, il periodo di occupazione, nonché la apposita richiesta di riduzione della TARI per il periodo di non occupazione e produzione rifiuti ».
A dire del ricorrente: « Va, al riguardo rilevato che l’art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1993 pone a carico del contribuente l’obbligo di presentare una denuncia unica in ordine ai locali ed aree tassabili, nonché, in generale, alle condizioni di tassabilità della TARI e richiesta di agevolazioni e riduzioni ed in ordine alle eventuali variazioni di tali condizioni (denuncia di variazione) ». Con il terzo motivo (erroneamente indicato come « 4) » in ricorso), si denuncia: « Errata ed illegittima applicazione della tariffa -Richiesta di riduzione – Violazione art. 1, comma 649, della legge n. 147/2013 in relazione all’art. 360 c.p.c. nr. 3 ».,
per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che: « Le denunce di inizio e cessazione prodotte da parte appellata non possono provare il ricorrere di una condizione di obiettiva inutilizzabilità dei locali predetti. Tanto premesso la licenza amministrativa nr. 84 del 23.05.03 rilasciata in favore della società è di tipo permanente e consente di esercitare l’attività per l’interno anno ».
Secondo la ricorrente: « Tale motivazione è del tutto erronea. Codesta Suprema Corte più volte ha affermato che la riduzione tariffaria non è automatica ponendo una presunzione iuris tantum di produttività, superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area ».
3.1 I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta – sono infondati.
3.2 Ai fini della TARI, la causa di esclusione dell’obbligo del tributo è integrata dalle condizioni di obiettiva impossibilità di utilizzo dell’immobile, condizioni che non possono essere individuate nella mancata utilizzazione dello stesso legata alla volontà o alle esigenze del tutto soggettive dell’utente, e neppure al mancato utilizzo di fatto del locale o dell’area, non coincidendo – com’è evidente – le prime ed il secondo con l’obiettiva non utilizzabilità dell’immobile. Per cui, se la struttura alberghiera è dotata di licenza annuale, non è sufficiente la sola denuncia di chiusura per alcuni mesi senza allegazione e prova della concreta inutilizzabilità della struttura alberghiera, atteso che, ai fini dell’esenzione, la società contribuente avrebbe potuto richiedere la licenza stagionale (in termini: Cass., Sez. 5^, 9 dicembre 2016, n. 22756; Cass., Sez. 5^, 27 dicembre 2018, n. 33426; Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2020, n. 6551; Cass., Sez. Trib., 11 giugno 2024, n. 16138).
3.3 Deve, poi, ritenersi preclusa la possibilità di addurre la stagionalità dell’attività in sede processuale, ove tale condizione non sia preceduta da apposita denuncia al Comune ex art. 66, comma 5, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (Cass., Sez. 5^, 3 dicembre 2019, n. 31460; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2019, n. 14037; Cass., Sez. 5^, 12 maggio 2021, n. 12475; Cass., Sez. Trib., 17 maggio 2023, n. 13613).
Pertanto, il richiamo della ricorrente agli artt. 35 e 38 del regolamento comunale IUC (prodotto dalla stessa parte in sede di legittimità), al fine di invocare la commisurazione tariffaria del tributo ai giorni di effettiva occupazione dell’immobile , non ha ragion d’essere in difetto della suddetta denuncia, che è espressamente richiesta per usufruire della riduzione prevista per le « utenze non domestiche non stabilmente attive » (cioè, per periodi inferiori a 183 giorni nell’anno di riferimento ) ex art. 7, comma 3, del d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 (artt. 33, comma 5, e 38 del regolamento comunale IUC).
3.4 Ne consegue, che la sentenza impugnata ha correttamente escluso ogni rilevanza delle denunce di inizio e cessazione di occupazione dell’immobile, dal momento che la licenza annuale di cui la contribuente era destinataria per l’esercizio dell’attività alberghiera precludeva la riduzione della tassa in relazione ai periodi di chiusura, non potendo equipararsi l’inattività dell’azienda all’oggettiva inutilizzabilità dei locali . Secondo il giudice di appello, infatti: « Le denunce di “inizio” e “cessazione” prodotte da parte appellata non possono provare il ricorrere di una condizione di “obiettiva inutilizzabilità” dei locali predetti. Tanto premesso, la licenza amministrativa 84 del 23.5.03 rilasciata in favore della società è di tipo permanente e consente di esercitare l’attività per l’intero anno ».
3.5 Inoltre, trattandosi di avviso di accertamento in rettifica, che ha liquidato il tributo in base alla superficie imponibile determinata in maius , non ne era preclusa l’emanazione in pendenza del termine di pagamento per l’anno di riferimento.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi l’infondatezza o l’inammissibilità dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 3.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 26 febbraio