Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20587 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20587 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18305/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
CONTRO
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ISCHIA INDIRIZZO DOM. DIG., presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della CAMPANIA, n. 4454/2023 depositata il 19/07/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La soc. RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania di rigetto dell’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza della C.T.P. di Napoli con cui è stato respinto il ricorso formulato dalla società contribuente per l’annullamento dell’avviso di pagamento relativo alla TARI per l’anno 2021.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha ritenuto: non assolto l’onere di informazione posto a carico del contribuente al fine di ottenere l’esclusione dalla tassazione, nella parte variabile, per specifiche aree; non assolto l’onere probatorio relativo alla stagionalità dell’attività delle due strutture alberghiere oggetto dell’atto impositivo, in assenza della relativa denuncia. Il giudice di appello ha, inoltre, ritenuto, da un lato, provato che l’area demaniale, oggetto di concessione, fosse idonea alla produzione di rifiuti, in quanto occupata da ombrelloni e sedie al servizio dei clienti dell’albergo, dall’altro indimostrato l’autosmaltimento relativamente alle strutture coinvolte ed infine, non provati danni arrecati alle medesime dal sisma che aveva interessato la zona nel 2017. Con riferimento alla dedotta violazione dell’obbligo di motivazione dell’avviso impugnato la Corte di seconda cura ha osservato che la mancata allegazione dell’atto amministrativo relativo alla quantificazione dei rifiuti prodotti ed ai costi di gestione non integra il lamentato difetto, posto che le tariffe fissate con delibera dell’Ente sulla base del quantitativo medio per metro quadrato sono soggette a pubblicità legale, sicché è sufficiente che l’atto impositivo indichi le superfici e la tariffa applicata per consentire al destinatario efficace diritto di difesa. Da ultimo, ha respinto l’eccezione di giudicato esterno, avuto riguardo alla pluralità delle sentenze pronunciate fra le parti,
relative a diverse annualità, non tutte di segno positivo per la società appellante.
Il Comune di Forio resiste con controricorso.
Con memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. il Comune di Forio insiste nelle conclusioni assunte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La soc. RAGIONE_SOCIALE formula quattro motivi di impugnazione.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, sotto il profilo della motivazione apparente, per violazione degli artt. 111, comma 6 Cost., 132, comma 2 n. 4 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., 36, comma 2 d.lgs. 546 del 1992. Sostiene che la Corte di secondo grado non si è pronunciata sui motivi dedotti relativi al diritto della ricorrente di beneficiare della riduzione al 50% della parte variabile della tassa sui rifiuti per le due strutture alberghiere, nonostante la manifesta stagionalità dell’attività, documentata anche dalla perizia prodotta relativa ai consumi energetici, limitandosi ad affermare che ‘ nel caso di specie il contribuente non ha assolto in maniera idonea tale onere probatorio ‘.
Con il secondo motivo deduce, ex art. 360, comma 1 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per carenza di motivazione e la violazione dell’art. 1, comma 652 della l. 147 del 2013 e dell’art. 14 del Regolamento comunale per la disciplina dell’UIC, il quale stabilisce con riguardo alla tassa sui rifiuti che ‘la quota variabile è rapportata alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti e conferiti al servizio e all’entità dei costi di gestione’. Assume che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, la società ricorrente non aveva inteso contestare l’atto amministrativo relativo alla determinazione della tariffa, ma solo le modalità concrete della sua applicazione
ed il correlativo difetto di motivazione dell’atto impugnato. Invero, sia dalla legge che dal regolamento si trae che la quota variabile della tassa debba stabilirsi sulla base della quantità di rifiuti effettivamente prodotti nell’anno precedente, dal che discende l’obbligo dell’ente impositore di allegare il rendiconto all’avviso di pagamento. Rileva che sul punto la sentenza non ha espresso alcuna motivazione.
Con il terzo motivo denuncia, ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 1 comma 656 e 659, lett. c) legge 147 del 2013 e dell’art. 24 del Regolamento comunale per la disciplina dell’UIC. Ricorda che la società contribuente ha documentato con perizia la stagionalità estiva dell’attività delle strutture alberghiere. La stagionalità dell’attività era ben nota al Comune di Forio, ciò rendendo incomprensibile la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui esclude la riduzione, per non avere la ricorrente dimostrato in quali mesi il servizio non venisse utilizzato, benché debba ritenersi, anche secondo la giurisprudenza di legittimità, che la riduzione del tributo spetti in forza della sussistenza del diritto, indipendentemente dall’utilizzo della modulistica comunale.
Con il quarto motivo lamenta, ex art. 360, comma 1 nn. 3, 4 e cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ., a fronte della sussistenza del giudicato esterno in relazione alle annualità 2018 e 2019, rispetto alle quali le relative pronunce hanno ridotto la tassa nella misura del 50%, in forza delle perizia con la quale si era dimostrata la stagionalità dell’attività.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
6.1 Va preliminarmente ricordato che secondo le Sezioni Unite di questa Corte ‘è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; più recentemente: Cass. Sez. 1, 03/03/2022, n. 7090; Cass. Sez. 6, 25/09/2018, n. 22598).
6.2 Invero, lungi dall’adottare una motivazione solo apparente sulle doglianze inerenti la riduzione della parte variabile del tributo, il giudice di secondo grado ha affermato che ‘la contribuente non ha in alcun modo dimostrato la stagionalità dell’attività, pur a fronte di una licenza annuale, non rilevando a tal fine le eventuali scelte soggettive dell’imprenditore legate a valutazioni meramente economiche, ma solo una oggettiva impossibilità di svolgere l’attività, nel caso di specie non dedotta e non provata’. A ciò aggiungendo che, a fronte di una licenza annuale e non stagionale, la mancata utilizzazione di una struttura alberghiera per alcuni mesi dell’anno, in quanto determinata dalla volontà o dalle esigenze del tutto soggettive dell’utente non può determinare la riduzione della quota variabile del tributo.
Il fatto che la sentenza non faccia riferimento alla perizia prodotta dalla ricorrente si rivela indifferente sotto il profilo della sussistenza del minimo costituzionale della motivazione, stante il presupposto da cui la Corte di secondo grado muove il ragionamento decisorio, al di là della sua correttezza (su cui infra ).
Il secondo motivo è infondato .
7.1 La società ricorrente denuncia la carenza motivazionale in relazione al dedotto difetto di motivazione dell’atto impositivo in relazione alla quota variabile della tassa, consistente nella mancata allegazione al medesimo della rendicontazione dei rifiuti prodotti nell’anno precedente a quello oggetto dell’avviso di pagamento, detto obbligo desumendosi sia dall’art. 1, comma 652 della l. 147 del 2013, che dall’art. 14 del Regolamento comunale per la disciplina dell’UIC.
7.2 Ora, l’art. 1 comma 652 l. 147 del 2013, nella parte che qui interessa, prevede che ‘ Il comune , in alternativa ai criteri di cui al comma 651 e nel rispetto del principio «chi inquina paga», sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti, può commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti. Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti. Nelle more della revisione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, al fine di semplificare l’individuazione dei coefficienti relativi alla graduazione delle tariffe il comune può prevedere, per gli anni a decorrere dal 2014 e fino a diversa regolamentazione disposta dall’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, ai sensi dell’articolo 1, comma 527, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, l’adozione dei coefficienti di cui alle tabelle 2, 3a, 3b, 4a e 4b dell’allegato 1 al citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999, inferiori ai minimi o
superiori ai massimi ivi indicati del 50 per cento, e può altresì non considerare i coefficienti di cui alle tabelle 1a e 1b del medesimo allegato 1’.
L’art. 14 del Regolamento comunale evocato dalla ricorrente, per come riprodotto in ricorso (sul punto non vi è contestazione) stabilisce che ‘la quota variabile è rapportata alla quantità dei rifiuti prodotti e conferiti al servizio e all’entità dei costi di gestione’.
Diversamente da quanto sembra intendere la ricorrente, non pare che il Regolamento comunale si discosti dal criterio stabilito dall’art. 1, comma 651 l. 147 cit. ove si prevede che ‘Il comune nella commisurazione della tariffa tiene conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158 ‘ che, a sua volta stabilisce, per le utenze non domestiche, all’art. 6, comma 2 che ‘Per l’attribuzione della parte variabile della tariffa gli enti locali organizzano e strutturano sistemi di misurazione delle quantità di rifiuti effettivamente conferiti dalle singole utenze. Gli enti locali non ancora organizzati applicano un sistema presuntivo, prendendo a riferimento per singola tipologia di attività la produzione annua per mq ritenuta congrua nell’ambito degli intervalli indicati nel punto 4.4 dell’allegato 1’.
Invero, seppure il Regolamento comunale sembri optare per il sistema della misurazione effettiva dei rifiuti conferiti, vi è che neppure la ricorrente afferma che detto metodo sia stato concretamente realizzato dal Comune di Forio. La conseguenza, tuttavia, non può certo essere quella dell’esonero tout court dal pagamento della parte variabile della TARI, né quella della sua automatica riduzione, soccorrendo, nell’ipotesi di non attuazione della misurazione effettiva, il criterio presuntivo di cui all’Allegato 1 del d.P.R. 158 del 1999, che individua il metodo di
calcolo sulla base del prodotto del costo unitario per la superficie dell’utenza per il coefficiente di produzione.
Deve, infatti, ritenersi che l’alternativa posta dalla prima parte del comma 652 fra la commisurazione della parte variabile del tributo secondo il metodo di cui al comma 651 e quella dell’adozione per la medesima parte variabile della misurazione della quantità di rifiuti effettivamente conferiti dalla singola utenza, sia condizionata alla concreta realizzazione del sistema di misurazione, restando, altrimenti, la determinazione della parte variabile regolata dal metodo presuntivo.
7.3 La sentenza impugnata -seppure imprecisamente ritenendo che la società appellante avesse preteso l’allegazione all’avviso di pagamento dell’atto amministrativo con cui erano state determinate le tariffe, anziché, come chiarito in questa sede, l’allegazione della rendicontazione dei rifiuti conferiti – non erra laddove afferma che l’obbligo di motivazione sia stato assolto dall’amministrazione con l’indicazione dei metri quadri da assoggettare al tributo per i diversi immobili e della tariffa applicata, posto che proprio questi sono, in sintesi, gli elementi su cui effettuare il calcolo presuntivo. D’altro canto le deliberazioni dell’ente relative alla determinazione delle tariffe sono conoscibili, in quanto soggette a pubblicità legale, sicché la società contribuente non può dolersi del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento sul punto.
Il terzo motivo è infondato.
8.1 La questione posta dalla doglianza riguarda la possibilità di dimostrare in giudizio la stagionalità dell’attività, quale presupposto di riduzione del tributo, indipendentemente dalla formalizzazione della richiesta a mezzo di denuncia al Comune su apposito modulo.
Questa Sezione ha già in passato precisato, con riferimento alla TARSU che ‘il carattere stagionale dell’uso dei locali, ai fini
della riduzione della tariffa, deve essere allegato e documentato dal contribuente in sede di denuncia originaria o in variazione dei presupposti della tassa ed, in difetto, la relativa circostanza non può essere fatta valere nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo. (Cass. Sez. 5, 23/05/2019, n. 14037) E ciò, perché i temperamenti dell’imposizione previsti dall’art. 66, comma 3 del d.lgs. 507 del 1993 sono giustificati dalla presenza di una situazione che implica una minore utilizzazione del servizio. Ciò vale nel caso dell’uso stagionale o non continuativo di cui alla lett. b), che deve risultare dalla licenza rilasciata dai competenti organi per l’esercizio dell’attività (Cass. Sez. 5, 03/12/2019, n. 31460, in tema di avviso di pagamento emesso nei confronti di un’attività di bar-ristorante e stabilimento in località balneare). La circostanza che consente l’applicazione della riduzione deve essere comunicata all’ente, ai sensi dell’art. 70 del medesimo d.lgs., con cui è stato introdotto il generale obbligo di denuncia dei locali tassabili e delle variazioni successive che influiscano sull’applicazione del tributo.
L’obbligo della denuncia e della variazione consegue la presunzione iuris tantum di produttività delle aree e dei locali rientranti nel territorio comunale, introdotta, con l’art. 62 d.lgs. 507 del 1993, sicché la sussistenza di particolari condizioni di uso, di cui all’art. 66 cit. non possono che formare oggetto di dichiarazione da parte del contribuente e debbono essere dimostrate o direttamente rilevabili.
Ne deriva che se, da un lato, ‘nel caso di esercizi alberghieri dotati di licenza annuale, essendo il presupposto del tributo costituito dalla occupazione o conduzione di locali a qualsiasi uso adibiti, ai fini della esenzione dalla tassa non è sufficiente la sola denuncia di chiusura invernale ma occorre allegare e provare la concreta inutilizzabilità della struttura’ (Cass. Sez. 5, 09/11/2016, n. 22756), dall’altro, la denuncia della variazione,
consistente nella chiusura per una parte dell’anno -ovverosia nella stagionalità dell’attività – è presupposto preliminare ed indispensabile per ottenere la riduzione del tributo.
La ragione per la quale la riduzione non può che conseguire alla formale denuncia originaria o di variazione all’ente impositore della sussistenza delle condizioni che la giustificano, risiede nella necessità di consentire un’ordinata e coerente previa acquisizione dei dati per la determinazione della tassa applicabile da parte del Comune. Non appare, altrimenti possibile garantire il controllo di cui all’art. 73 d.lgs. 507 del 1993, posto a presidio dell’interesse comune al reperimento delle risorse per il servizio reso alla collettività, attraverso la ripartizione dell’onere sulle categorie sociali che ne sono avvantaggiate, attesa la necessità per la mano pubblica di provvedervi. Anche per la TARI (così come per la TARSU e per la TIA) va esclusa l’esistenza di un rapporto sinallagmatico tra la prestazione dalla quale scaturisce l’onere suddetto ed il beneficio che il singolo ne riceve (così anche Cass. Sez. 1, 14/06/2016, n. 12275, in motivazione, in tema di applicazione del privilegio di cui all’art. 2752, comma 3 cod. civ.).
Se, tuttavia, l’obbligo di denuncia assolve la doppia esigenza di determinare, da un lato, il dovuto a carico del singolo contribuente, mettendolo in condizione di corrispondere, ai sensi dell’art. 62 d.lgs. 507 del 1993, il tributo solo per le aree effettivamente possedute o detenute, con le esclusioni previste dalla legge, dall’altro, di assicurare le risorse per il costo del servizio, emerge allora che l’onere della denuncia originaria ed in variazione non possa che precedere la fruizione del servizio da parte del singolo contribuente nell’interesse generale alla garanzia dell’espletamento delle attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
E’ per questa ragione che il sancito obbligo di fedele denuncia è presidiato da sanzioni per il suo inadempimento (art. 76) ed è per la medesima ragione che incombe sul contribuente l’onere probatorio sui presupposti dell’esclusione o della riduzione del tributo. Onere rivolto a vincere la presunzione iuris tantumprevista dall’art. 62 d.lgs. 507 del 1993 – di produttività dei rifiuti dell’area o del locale occupato, che, nondimeno, va onorato nella fase amministrativa, ove ciò sia richiesto dall’amministrazione (art. 73 d.lgs. 507 del 1993). Non può, di conseguenza ritenersi che il contribuente, che non abbia provveduto alla denuncia originaria o in variazione, possa limitarsi a provare solo in giudizio i presupposti di esclusione o riduzione del tributo, se non tradendo la ratio legis .
Ecco, allora, che ben si comprende non solo la disposizione di cui all’art. 70 cit., che impone per la denuncia il ricorso ai modelli predisposti dal Comune, quali unici ritenuti idonei a soddisfare la chiarezza dei dati offerti dal contribuente all’ente impositore per la determinazione del tributo dovuto, ma anche la non surrogabilità dell’acquisizione dei dati in forma diversa dalla denuncia, posto che ciò impedirebbe o renderebbe inutilmente difficile per il Comune stabilire la misura della tassa dovuta, imponendogli di provvedere necessariamente ad un accertamento. Tanto è vero che l’art. 76 d.lgs. sanziona proprio l’omessa denuncia, quale prevista dall’art. 70 cit. su appositi moduli, così come l’omesso adempimento all’obbligo di rendere le informazioni e documentazione, ai sensi dell’art. 73, le due condotte equivalendo alla mancata collaborazione del contribuente ai fini della corretta determinazione dell’importo della tassa, in violazione dell’interesse generale all’ordinata assicurazione del servizio.
In un unico caso, pertanto, può essere consentito al contribuente di provvedere a provare in giudizio la sussistenza
dei presupposti dell’esclusione o della riduzione del tributo. Si tratta dell’ipotesi in cui egli abbia presentato regolarmente denuncia originaria o in variazione indicando la ricorrenza delle suddette condizioni ed il Comune, senza effettuare, ove necessario, il controllo di cui all’art. 73 d.lgs. 507 del 1993, abbia calcolato il tributo per l’intero, a dispetto delle informazioni rese, senza verificarle.
8.2 Fatta questa lunga premessa, corretta appare, dunque, la sentenza nella parte in cui pone il mancato adempimento da parte della società dell’obbligo di denuncia come presupposto del rigetto della domanda di riduzione della tassa, ancorché meno precisa risulti la decisione laddove afferma che la contribuente non ha dimostrato per quali mesi il servizio di raccolta non viene effettuato o realizzato, questo rilevando solo nella fase amministrativa in caso di regolare presentazione della denuncia.
8.3 Da queste considerazioni, nondimeno, emerge l’inconferenza della produzione della perizia volta a dimostrare, a mezzo dei consumi energetici, il carattere solo stagionale dell’attività, avuto riguardo proprio all’assenza della denuncia sul punto.
Il quarto motivo è parimenti infondato.
9.1 Occorre muovere dalla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui ‘Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il
petitum del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale ‘norma agendi’ cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006; in principio è stato ribadito dalla giurisprudenza di questa sezione: cfr. fra le tante: da ultimo
Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 13152 del 16/05/2019; in precedenza Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9512 del 22/04/2009).
9.2 Ora, al di là della mancata produzione delle sentenze di cui si invoca l’efficacia di giudicato, va ricordato che questa Sezione ha ritenuto come ‘In materia di TARSU, l’accertamento relativo allo smaltimento in proprio di rifiuti speciali integra un elemento della fattispecie privo di durevolezza, in quanto suscettibile di modifiche e variazioni, dall’uno all’altro periodo di imposta, con la conseguenza che la parte non può utilmente invocare, sotto tale profilo, il giudicato esterno relativo ad altre annualità. (Cass. Sez. 5, 23/01/2024, n. 2305).
9.3 Si tratta di un principio che ben si attaglia alla fattispecie in esame, avuto riguardo al fatto che la riduzione del tributo è, come si è visto, indefettibilmente collegata alla denuncia originaria o in variazione, stante la mutevolezza delle condizioni che formano il presupposto del diritto.
Il ricorso deve, quindi, essere rigettato, con condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità da liquidarsi in euro 3.100,00 oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, in favore del Comune di Forio.
Sussistono, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità che liquida in euro 3.100,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella
misura del 15% ed altri accessori di legge, in favore del Comune di Forio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2025.