Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29226 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29226 Anno 2025
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 05/11/2025
TARI Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2478/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (84003330630), in persona del suo Sindaco p.t. , con domicilio eletto in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza n. 2886/13/20, depositata il 15 giugno 2020, della Commissione tributaria regionale della Campania;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 18 settembre 2025, dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1. -Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di un solo motivo, per la cassazione della sentenza n. 2886/13/20, depositata il 15 giugno 2020, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure che aveva disatteso l’impugnazione di un invito al pagamento della Tari dovuta dalla stessa contribuente per l’anno 2018.
Il giudice del gravame -nel determinare nella misura del 15% la tariffa TARI dovuta dalla contribuente -ha, nello specifico, rilevato che «vi era accordo stragiudiziale concluso con il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e l’Interporto Campano del 18 maggio 2010, che aveva ad oggetto la Tarsu, tassa diversa dalla Tari, ma resta il fatto che il presupposto dell’accordo medesimo non risulta modificato all’esito delle disciplina normativa regolatrice della Tari. Il semplice passaggio normativo dalla Tarsu alla Tari avvenuta il 1 gennaio 2014 (l. 2013, n. 147), infatti, non appare sufficiente a giustificare l’applicazione della tariffa intera, a fronte di un servizio che viene prestato con immutate modalità, ossia con la raccolta porta a porta nelle zone di accesso, ossia nell’area esterna a quella interessata, e non anche nel suo interno.».
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – A i sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione della l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 657, assumendo, in sintesi, che il giudice del gravame, nel graduare la riduzione tariffaria prevista dall’art. 1, comma 657, cit., -piuttosto che «valorizzare un vecchio accordo tra le parti (stipulato, peraltro, nella vigenza di vecchi contratti di appalto)» – avrebbe dovuto tener conto del criterio legale predeterminato dal legislatore così accertando la distanza dei luoghi di formazione dei rifiuti rispetto al
«più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita.».
-Il motivo di ricorso, che pur prospetta profili di inammissibilità, è destituito di fondamento e va senz’altro disatteso.
-Il ricorso in trattazione si inserisce in un nutrito contenzioso che la Corte ha già avuto modo di esaminare in ripetute pronunce, ed alla luce di principi di diritto cui senz’altro va data continuità.
3.1 -Si è, così, statuito che:
le riduzioni tariffarie cd. tecniche previste, in tema di TARI, dall’art. 1, commi 656 e 657, l. n. 147 del 2013, essendo chiamate a regolare situazioni in cui si realizza una contrazione del servizio e, quindi, dei costi per il suo espletamento per motivi oggettivi ed a favore di una pluralità indistinta di utenti, spettano ope legis , a prescindere dalla loro previsione nel regolamento comunale e senza la necessità di una specifica e preventiva domanda, incombendo sul contribuente il solo onere di provarne i presupposti normativi;
in particolare, la riduzione tecnica tariffaria prevista, fino al 40 per cento, dall’art. 1, comma 657, l. n. 147 del 2013, spetta per il solo fatto che il servizio di raccolta di rifiuti, pur debitamente istituito e attivato nel perimetro comunale, non venga poi concretamente svolto in una determinata zona municipale, purché abbia una significativa estensione per cui sia ragionevole configurare un omesso servizio tanto da richiedere interventi sostitutivi; tale zona, – indipendentemente dalla sua natura pubblica o privata (nella specie, area privata con libero accesso), che di regola non rileva a fini impositivi, – non coincide con le usuali estensioni dei parchi residenziali o dei condomini privati, ove la contenuta distanza dal punto di raccolta più vicino arreca al più una mera difficoltà di accesso al servizio; è, altresì, irrilevante la sussistenza di ipotesi di inadempimento (e quindi di colpa) contrattuale o extracontrattuale in capo all’Amministrazione comunale, operando la
riduzione tariffaria non quale risarcimento del danno da mancata raccolta, nè quale sanzione per il RAGIONE_SOCIALE inadempiente, bensì al diverso fine di temperare l’imposizione, entro la riduzione massima prefissata dalla legge, tenendo conto dei costi generali del servizio completo e di quelli cui è tenuto presumibilmente il cittadino per far fronte al disservizio (così Cass., 19 agosto 2020, n. 17334 cui adde , ex plurimis , Cass., 22 gennaio 2024, n. 2146; Cass., 29 marzo 2023, n. 8858; Cass., 6 ottobre 2022, n. 29011; Cass., 23 febbraio 2022, n. 5940; Cass., 3 febbraio 2022, n. 3355; Cass., 15 novembre 2021, n. 34272; Cass., 22 settembre 2020, n. 19767).
3.2 -La Corte ha, in particolare, rimarcato che:
-l’accertamento sulle modalità di espletamento del servizio di raccolta rifiuti e, quindi, sulla spettanza, o meno, della riduzione tariffaria, e sulla sua misura, non investe un elemento costitutivo della fattispecie a carattere stabile o tendenzialmente permanente e comune ai vari periodi di imposta, posto che sia le condizioni di erogazione del servizio sia le concrete modalità di attuazione dell’attività di raccolta, che potrebbero giustificare l’applicazione di una riduzione, costituiscono circostanze mutevoli nel tempo che richiedono di volta in volta una verifica ed un accertamento per ciascun periodo di imposta;
-alla TARI debbono ritenersi estensibili gli orientamenti di legittimità formatisi per i tributi omologhi che l’hanno preceduta, quali la TARSU e la TIA;
la TARI è, quindi, dovuta indipendentemente dal fatto che l’utente utilizzi il servizio di smaltimento dei rifiuti, in quanto la ragione istitutiva del relativo prelievo sta nel porre le amministrazioni locali nelle condizioni di soddisfare interessi generali della collettività, piuttosto che nel fornire, secondo una logica commutativa, prestazioni riferibili a singoli utenti;
ciò non di meno l’omesso svolgimento, da parte del RAGIONE_SOCIALE, del servizio di raccolta (sebbene istituito ed attivato) nella zona ove è ubicato l’immobile a disposizione dell’utente comporta non già l’esenzione dalla tassa, bensì la sua riduzione entro i limiti di legge;
-posto, difatti, che i criteri di ripartizione del servizio di smaltimento dei rifiuti non sono collegati al concreto utilizzo, bensì ad una fruizione potenziale desunta da indici meramente presuntivi, quali l’occupazione e detenzione di locali ed aree, che tengono conto della quantità e qualità che, ordinariamente, in essi possono essere prodotti, il legislatore ha ritenuto di temperare la rigidità di tale criterio impositivo introducendo ipotesi di esclusione e di riduzione, riduzioni che a loro volta si distinguono in obbligatorie, i cui presupposti sono già fissati dalla legge, e facoltative, spettanti solo se previste dal regolamento comunale e secondo le modalità ivi determinate;
in materia di TARI, – così come già statuito dalla Corte in tema di Tarsu, – pur operando il principio secondo cui è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare del diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile o, addirittura, l’esenzione costituendo questa un’eccezione alla regola del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale;
la specifica riduzione di cui alla l. n. 147 del 2013, art. 1, comma 657, comportante l’applicazione della TARI in misura non superiore al 40% della tariffa, – deve ritenersi spettare per il solo fatto che il servizio di raccolta, pur debitamente istituito e attivato nel perimetro comunale, non venga poi concretamente svolto in una determinata zona del territorio comunale, purché tale zona sia di significativa estensione; e, per zona, deve intendersi «un ambito territoriale ove sia ragionevole configurare un omesso servizio, un’area quindi di
considerevole estensione che, in mancanza di espresse indicazioni del regolamento comunale, sarà compito del giudice di merito individuare, ponendone come elemento costitutivo e qualificante che la stessa abbia dimensioni tali per cui l’assenza di raccolta renda impossibile la fruizione del servizio tanto da richiedere interventi sostitutivi; zona che, pertanto, non potrà coincidere con le usuali estensioni dei parchi residenziali o dei condomini privati, ove la contenuta distanza dal punto di raccolta più vicino arreca al più una mera difficoltà di accesso al servizio»;
la percentuale di riduzione, così prevista, deve essere graduata tenendo conto della distanza dal punto di raccolta più vicino, e presupponendo quindi che il servizio venga svolto, ma non nella zona ove è allocato il bene oggetto di imposizione, adeguando la riduzione al peso economico della carenza, parametrato in termini chilometrici;
in mancanza di esplicite indicazioni del regolamento comunale, e incombendo comunque sul contribuente l’onere di allegare, dedurre e provare la sussistenza dei presupposti per beneficiare di una maggiore riduzione, – sarà poi compito del giudice di merito graduare ulteriormente la percentuale di riduzione applicabile, tenendo conto di circostanze di fatto quali l’ubicazione dei locali o aree oggetto di tassazione all’interno della zona e la loro distanza dal più vicino punto di raccolta; in assenza di una richiesta specifica in tal senso o di una prova specifica dei presupposti per applicare la ulteriore graduazione, resta fermo che la riduzione dovrà essere applicata nella misura prevista dalla norma, e che quindi la TARI sarà dovuta in misura pari al 40% della tariffa intera applicabile (v., sul tutto, Cass., 19 agosto 2020, n. 17334, cit., nonché la giurisprudenza sopra citata).
-Non sussiste, quindi, la denunciata violazione di legge in quanto il giudice del gravame, – conformandosi ai principi di diritto dalla Corte espressi, – ha condotto, per vero, uno specifico accertamento in
fatto che, come anticipato, ha riguardato, per un verso, il citato accordo (intercorso col RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) e, per il restante, la circostanza che era rimasto immutato «il presupposto dell’accordo medesimo … a fronte di un servizio che viene prestato con immutate modalità, ossia con la raccolta porta a porta nelle zone di accesso, ossia nell’area esterna a quella interessata, e non anche nel suo interno» (v. Cass., 15 novembre 2021, n. 34272; Cass., 20 agosto 2021, n. 23174; Cass., 20 agosto 2021, n. 23173).
Per di più la censura di error iuris viene svolta senza alcun riferimento a dati probatori che (in tesi) smentirebbero i presupposti giustificativi della riduzione di tariffa riconosciuta, ove, pertanto, la denuncia di violazione di legge finisce per riproporre la quaestio facti che involge la concludenza, ed affidabilità, delle fonti di prova al giudizio offerte; prospettazione, questa, che risulta in questa sede inammissibile in quanto tende ad un non consentito riesame degli accertamenti in fatto svolti dal giudice del gravame, riesame sollecitato al di fuori dei limiti in cui un siffatto sindacato può ritenersi consentito alla Corte ( ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.).
-Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 2.410,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge, con distrazione in favore del difensore
antistatario, avvocato NOME COGNOME ; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso proposto, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 settembre 2025.
Il AVV_NOTAIO NOME COGNOME