Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16138 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16138 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 11/06/2024
Tarsu Tia Tares Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25074/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (PEC: EMAIL);
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 438/2022, depositata il 21 marzo 2022, della Commissione tributaria regionale della Toscana;
Udita la relazione della causa svolta, nella pubblica udienza del 30 aprile 2024, dal AVV_NOTAIO;
udito l’AVV_NOTAIO, per delega dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 438/2022, depositata il 21 marzo 2022, la Commissione tributaria regionale della Toscana ha accolto l’appello proposto da COGNOME NOME, così pronunciando in (parziale) riforma della decisione di prime cure che aveva disatteso l’impugnazione di due avvisi di accertamento (n. 7733 e n. 10481) emessi dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in relazione alla TARI dovuta dal contribuente rispettivamente per l’anno 2014 e per l’anno 2015 .
1.1 -A fondamento del decisum , il giudice del gravame ha rilevato che:
andava disatteso il motivo di appello col quale si era dedotto che, in relazione alle effettive presenze alberghiere, la tassazione non poteva essere operata «come se la struttura avesse avuto tutte le camere occupate» in quanto -tenuto conto del presupposto impositivo del tributo la cui tariffa andava commisurata secondo le disposizioni di cui al d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, – non rivestiva alcun rilievo « l’entità della produzione in concreto dei rifiuti» e, dunque, che «in concreto il quantitativo dei rifiuti prodotti è basso per la scarsa occupazione delle stanze dell’albergo »;
doveva, per converso, essere accolta la censura che involgeva la commisurazione della tariffa all’anno solare in quanto la struttura alberghiera era stata chiusa, di fatto, per alcuni mesi – così che «il servizio non stato prestato per il periodo di chiusura» – e detta chiusura era stata comunicata dal contribuente;
né poteva diversamente rilevare che l’esercente fosse titolare di autorizzazione rilasciata per l’intero anno solare posto che « il regolamento TARI del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE prevede all’art. 15 la possibilità di una riduzione per le utenze non domestiche non stabilmente attive» e che, altrimenti ragionando, si sarebbe finito per «slegare del tutto una tariffa dal concreto esercizio del servizio al di là di quanto già non accada per effetto dei criteri cui è commisurato il pagamento della tassa che si riferiscono alla superficie dei locali e non alla effettiva produzione dei rifiuti.»;
andavano, pertanto applicate «le riduzioni previste attualmente per l’esercizio temporaneo dell’attività. ».
-Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di un solo motivo.
COGNOME NOME resiste con controricorso.
Hinc et hinde sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 642 e 650, ed al regolamento TARI, art. 15.
Premesso che il presupposto del tributo -così come delineato dalle richiamate disposizioni di cui alla l. n. 147 del 2013, art. 1, cit. -si correla alla detenzione dell ‘ unità immobiliare suscettibile di produrre rifiuti urbani , così che a detti fini rileva l’ inidoneità alla produzione di rifiuti « di natura oggettiva, cioè riferita al locale o all’area che per sua natura o per il particolare uso cui è stabilmente destinato risulti in condizioni di obiettiva inutilizzabilità nel corso dell’anno solare », e non, dunque, la mera scelta soggettiva operata dal contribuente in ordine alla inutilizzazione del bene detenuto, assume il ricorrente che illegittimamente il giudice del gravame aveva riconosciuto il diritto alla
riduzione tariffaria prevista dal regolamento comunale in quanto, a questi fini – e risultando il contribuente titolare di autorizzazione annuale – occorreva «allegare e provare la concreta inutilizzabilità della struttura» e, ad ogni modo, rilevavano le specifiche disposizioni regolamentari secondo il cui tenore la riduzione di tariffa competeva -per l’uso stagionale ovvero per quello « non continuativo, ma ricorrente, purché non superiore a 183 giorni nell’anno solare » a condizione che detto uso «risulti da licenza o da atto assentivo rilasciato dai competenti organi per l’esercizio dell’attività. ».
-Il ricorso -che pur prospetta profili di inammissibilità -non può trovare accoglimento.
-Per quel che qui rileva, la l. n. 147 del 2013, art. 1, dispone nei seguenti termini:
«Il presupposto della TARI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva.» (comma 641);
«La TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani …» (c omma 642);
« Il comune con regolamento di cui all’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, può prevedere riduzioni tariffarie ed esenzioni nel caso di:
abitazioni con unico occupante;
abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo;
locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente;
abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero;
fabbricati rurali ad uso abitativo.» (comma 659).
3.1 -La Corte ha già avuto modo di esaminare il complesso normativo in discorso – considerato, quindi, sostanzialmente omogeneo a quello che (già) connotava la disciplina della TARSU – ed ha rilevato che il presupposto impositivo della TARI rimane, pur sempre, correlato alla occupazione o alla conduzione di locali ed aree scoperte, adibiti a qualsiasi uso privato, così che, pur valendo il principio secondo cui è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, è onere del contribuente dimostrare la sussistenza delle condizioni per beneficiare della riduzione della superficie tassabile ovvero dell’esenzione, trattandosi di eccezione rispetto alla regola AVV_NOTAIO del pagamento dell’imposta sui rifiuti urbani nelle zone del territorio comunale (Cass., 7 luglio 2022, n. 21490; Cass., 6 luglio 2022, n. 21335; Cass., 15 maggio 2019, n. 12979; Cass., 22 settembre 2017, n. 22130).
3.2 – Così come, dunque, già statuito con riferimento alla TARSU:
il presupposto impositivo della TARI è costituito dalla disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e (così) la tassa è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, con una presunzione iuris tantum di produttività che può essere superata solo dalla prova contraria del detentore dell’area (Cass., 9 marzo 2020, n. 6551; Cass., 23 maggio 2019, 14037; Cass., 14 settembre 2016, n. 18054; Cass., 23 settembre 2004, n. 19173; Cass., 18 dicembre 2003, n. 19459);
tanto le deroghe alla tassazione quanto le riduzioni delle superfici e tariffarie non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di
variazione (Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde Cass., 17 settembre 2019, n. 23059; Cass., 3 marzo 2010, n. 5036; Cass., 15 aprile 2005, n. 7915; v., altresì, Cass., 12 dicembre 2019, n. 32741, cit.; Cass., 23 febbraio 2018, n. 4602; Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 31 luglio 2015, n. 16235);
– la causa di esclusione dell’obbligo del tributo è integrata dalle condizioni di obiettiva impossibilità di utilizzo dell’immobile, condizioni che non possono essere individuate nella mancata utilizzazione dello stesso legata alla volontà o alle esigenze del tutto soggettive dell’utente, e neppure al mancato utilizzo di fatto del locale o dell’area, non coincidendo – com’è evidente – le prime ed il secondo con l’obiettiva non utilizzabilità dell’immobile (Cass., 27 dicembre 2018, n. 33426; Cass., 9 novembre 2016, n. 22756; Cass., 21 gennaio 2013, n. 1332; Cass., 13 giugno 2012, n. 9633; Cass., 28 ottobre 2009, n. 22770; Cass., 12 agosto 2004, n. 15658).
3.3 -Con specifico riferimento, poi, alla quaestio iuris controversa, si è rilevato, per un verso, che le riduzioni di natura agevolativa di cui alla l. n. 147 del 2013, art. 1, comma 659, essendo meramente eventuali, sono subordinate ad un’esplicita previsione del regolamento comunale che ne condiziona l’ an e il quantum (v. Cass., 19 agosto 2020, n. 17334 cui adde , ex plurimis , Cass., 29 marzo 2023, n. 8858) e, per il restante, che nel caso di esercizi alberghieri dotati di licenza annuale, essendo il presupposto del tributo costituito dalla occupazione o conduzione di locali a qualsiasi uso adibiti, ai fini della esenzione dalla tassa non è sufficiente la sola denuncia di chiusura ma occorre allegare e provare la «concreta inutilizzabilità» della struttura (così Cass., 27 dicembre 2018, n. 33426; Cass., 9 novembre 2016, n. 22756; v. Cass., 12 maggio 2021, n. 12624, con riferimento alla TARI).
4. -Nella fattispecie non è controverso che l’Ente impositore abbia normato riduzioni tariffarie che -come il giudice del gravame ha
rilevato -afferivano (anche) a «utenze non domestiche non stabilmente attive» (art. 15 del regolamento); né viene sottoposto a censura lo specifico accertamento condotto dal giudice del gravame quanto al riscontro della chiusura (per alcuni mesi) della struttura alberghiera, così che «il servizio non stato prestato per il periodo di chiusura».
Per di più in ricorso viene riportato il contenuto della pertinente disposizione regolamentare applicata (art. 15) cui si correla la produzione di un regolamento comunale che risulta esser stato approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 93 del 29 luglio 2020 (con entrata in vigore dal 1 gennaio 2020, a fronte di un’imposta in contestazione per gli anni 2014 e 2015).
4.1 -Alla stregua, pertanto, dell’articolazione del motivo di ricorso va rilevato, da un lato, che alcuna censura viene proposta in relazione all’accertamento operato dal giudice del gravame in termini consentanei alla giurisprudenza della Corte -quanto, dunque, all’onere di allegare e provare la «concreta inutilizzabilità» della struttura alberghiera in questione -e, dall’altro, che lo stesso riscontro relativo alla dedotta violazione di legge viene prospettato con riferimento ad una disposizione regolamentare che, nel suo specifico contenuto regolativo, ratione temporis deve ritenersi inapplicabile alla fattispecie.
– Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che
liquida in € 3.000,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge ; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 aprile 2024.