Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34830 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34830 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
Oggetto: omesso versamento IVA – riduzione sanzioni d.lgs. 472/1997 -quadro normativo ante 1.1.2016
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23916/2023 R.G. proposto da AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
RAGIONE_SOCIALE SOCIO UNICO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (Pec: EMAIL) e dall’Avv. NOME
COGNOME (Pec: EMAIL, elettivamente domiciliata presso il loro Studio Associato in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza n.491/3/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado delle Marche depositata in data 8.6.2023, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 7 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado delle Marche veniva parzialmente accolto l’appello principale proposto da ll’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Pesaro n. 951/4/2016 con la quale era stato accolto il ricorso della società RAGIONE_SOCIALE con socio unico avverso l’atto di recupero del credito, in conseguenza di un contestato indebito utilizzo da parte della stessa Società di un credito IVA in compensazione orizzontale, tramite modello F24.
In particolare, l’Agenzia contestava alla società l’aver presentato sette modelli F24 ed effettuato la compensazione prima della scadenza del termine dilatorio previsto dall’art. 17 d.lgs. 241/1997. Conseguentemente, in applicazione dell’art. 1, commi 421, 422 e 423, L. 311/2004 (cd. Finanziaria 2005), l’Agenzia delle Entrate emetteva l’atto di recupero del credito sopra indicato, provvedendo sia al recupero degli interessi derivanti dall’indebita compensazione, calcolati dalla data della presentazione dei modelli F24 fino alla data di legittimo utilizzo del credito, sia ad irrogare la sanzione, applicabile alla fattispecie, prevista dall’art. 13 d.lgs. 471/1997, per
omesso versamento di imposte, pari al 30% degli importi indebitamente compensati.
Nel ricorso introduttivo la società non contestava i fatti, ma invocava la possibilità di accedere all’istituto della definizione agevolata della sanzione ex artt. 16, comma 3, e 17, comma 2, d.lgs. 472/1997, prospettazione accolta dal giudice di prime cure.
Il giudice d’appello disattendeva le questioni preliminari, e sostanzialmente condivideva le ragioni alla base della decisione di primo grado e in particolare di riduzione del carico sanzionatorio, limitandosi a modificare l’annullamento integrale del provvedimento impugnato, riconoscendo la «debenza, da parte dell’appellata, della sanzione irrogata con l’atto contestato in misura agevolata, già all’epoca immediatamente versata dalla contribuente».
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia , affidato ad un unico motivo, cui replica la contribuente con controricorso.
Considerato che:
1. Con un unico motivo di ricorso, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., viene censurata la sentenza di appello, per violazione e falsa applicazione degli artt. 16, comma 3, 17 d.lgs. 472/97, 51, d.lgs. 546/1992, con riferimento al capo in cui ha affermato: «È infondato anche il secondo motivo di censura. Nel caso oggetto di controversia, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, non si rileva un vizio del tutto comparabile all’omesso o ritardato versamento, ma un mero errore umano sulle tempistiche di utilizzo di una creditoria ritenuta sussistente, anche dall’Ufficio, nell’esatta misura indicata dalla società contribuente, e dunque un errato utilizzo di una creditoria effettivamente sussistente. L’appellata ha peraltro provveduto, in assenza di sollecitazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria, all’immediato versamento della sanzione ridotta di un terzo. Il
legislatore ha previsto, nel caso di violazione delle modalità d’uso di un credito esistente, l’applicazione di una sanzione pari al trenta per cento dell’importo utilizzato, ex art. 13, quarto comma, del d.lgs. n. 471/1997. La norma a riguardo statuisce espressamente la riduzione ad un terzo delle sanzioni applicabili in base ai disposti di cui all’art. 16, terzo comma, del d.lgs. n. 472/1997, il quale precisa che l’avviso notificato alla parte deve contenere l’indicazione di tale beneficio» (cfr. pag. 3 sentenza di appello).
Il motivo è fondato.
2.1. La giurisprudenza della Sezione (Cass. Sez. 5, sentenza n. 27315 del 29/12/2016; conforme, Cass. Sez. 5, sentenza n. 8247 del 04/04/2018) ha più volte affermato che, in tema di violazioni di norme tributarie, la definizione agevolata delle sanzioni non si applica in caso di omesso o ritardato pagamento dei tributi, ravvisabile anche laddove sia stata effettuata compensazione in misura superiore a quella consentita, sia ove la sanzione sia stata irrogata unitamente all’avviso di accertamento sia se sia stata irrogata con un distinto ed autonomo atto, come si desume dall’art. 17, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 472 del 1997.
2.2. Non è condivisibile, perciò, l’interpretazione del giudice d’appello che depotenzia la fattispecie a mero errore umano sulle tempistiche di utilizzo di un credito ritenuto sussistente, perché la violazione di legge è del tutto comparabile all’omesso o ritardato versamento dell’imposta armonizzata, con conseguente esclusione della possibilità di definire la sanzione in misura agevolata.
Non è inoltre condivisibile la linea difensiva svolta dalla società nel controricorso, secondo cui dal momento che i fatti oggetto dell’atto di recupero in questione risalgono ad un periodo precedente (20092010) nel quale mancava una norma ad hoc , come il vigente comma 4 dell’art.13 cit., disciplinante in particolare i casi, come quello oggetto di giudizio, di utilizzo di un’eccedenza o di un credito
d’imposta esistente in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti, le errate modalità di utilizzo del credito in compensazione non potrebbero essere equiparabili all’omesso versamento dei tributi, e dunque alla disciplina – che preclude la definizione agevolata – di cui all’art. 17, comma 3, d.lgs. n. 472/1997, invocata dall’Agenzia.
Secondo la contribuente, un’ incertezza normativa a riguardo sarebbe confermata dalla necessità per il legislatore di intervenire in materia, per introdurre una specifica previsione sanzionatoria per le violazioni previste dall’art. 10 del d.l. n. 78/2009 (conv. nella L. n. 102/2009), concretizzandosi con l’emanazione dell’art. 15, comma 1, lett. o), del d.lgs. n. 158/2015 che ha, come innanzi detto, modificato l’art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 471/1997, prevedendo la sanzione del 30% del credito utilizzato anche per l’utilizzo dei crediti IVA in violazione delle modalità di compensazione di cui al citato decreto-legge. Detta norma, tuttavia, avendo decorrenza dal 1/1/2016, non potrebbe essere applicata alle violazioni di anni precedenti (come nel caso di specie relativo al 2010), per il noto principio di legalità di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 472/1997.
3.1. Si tratta di una ricostruzione che non trova riscontro nel diritto vivente. Va chiarito al proposito che la compensazione di un credito d’imposta, seppur legittimamente vantato, in misura superiore al limite annuo previsto dal d.lgs. n. 241 del 1997, art. 25, comma 2, realizza quel mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, che è sanzionato dall’art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997, cos ì come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti (cfr. Cass. n. 18080 del 2017, conf. a Cass. n. 18369 del 2012, n. 25525 e 25526 del 2014 e n. 23755 del 2015). Anche nel quadro anteriore al 1.1.2016 non sussisteva l’incertezza normativa prospettata dalla contribuente, e l’intervento del legislatore attraverso introduzione
della sanzione del 30% del credito utilizzato anche per l’utilizzo dei crediti IVA in violazione delle modalità di compensazione di cui al citato decreto-legge non ha alterato il principio secondo il quale l’esercizio anticipato del credito in compensazione è sempre stato vietato, perché tale da determinare l’evasione dell’imposta armonizzata nelle scadenze previste, e ha solo rimodulato determinate conseguenze sanzionatorie di tale condotta vietata.
Non sussistono, conseguentemente, neppure i profili di frizione con il diritto eurounitario adombrati in controricorso in relazione al principio di proporzionalità enunciato dalla Corte di Giustizia in tema di tributi armonizzati (CGUE 22 dicembre 2010, causa C-438/09; CGUE 12 luglio 2012, causa C-284/11; CGUE 17 luglio 2014, causa C-272/13 Equoland ) perché vi è stato un danno per l’Erario per effetto della condotta tenuta dal contribuente, che ha reso incerta la riscossione dell’IVA alle scadenze previste dalla legge influendo sulla pianificazione di bilancio dello Stato. Per la medesima ragione, il principio di proporzionalità è stato rispettato anche con riferimento al quadro normativo nazionale, con riferimento al d.lgs. n. 219 del 30/12/2023 che ha introdotto l’art. 10-ter alla L. n. 212/2000 quanto alla riscossione dell’imposta dovuta nelle scadenze previste dalla legge e ai principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) e di ragionevolezza (art. 3 Cost.), anche in riferimento all’azione amministrativa.
4. Inoltre, la Sezione (Cass. Sez. 5, ordinanza n. 26782 del 25/11/2020) ha anche specificamente affermato che in caso di omesso o ritardato pagamento di imposta, ravvisabile anche laddove la compensazione sia stata effettuata in misura superiore a quella consentita – sia quando la sanzione è contestuale all’avviso di accertamento sia quando è irrogata con distinto atto – non è applicabile la definizione agevolata delle sanzioni, come si desume dall’art. 17, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 472 del 1997, con
il cui inciso “in ogni caso” il legislatore ha vietato al contribuente che abbia omesso di versare l’imposta di accedere alla definizione agevolata delle sole sanzioni, potendo beneficiare unicamente della misura ridotta determinata ex lege allorché abbia provveduto al pagamento integrale, nei termini previsti, della somma dovuta.
4.1. Non vi è evidenza alcuna nella fattispecie di tale adempimento, e il giudice ha accertato che la società ha provveduto solo al versamento della sanzione ridotta di un terzo, riduzione come sopra visto non spettante.
In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ex art.384 secondo comma cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.
Le spese di lite sono compensate per i gradi di merito in ragione degli esiti contrastanti, mentre quelle di legittimità seguono la
soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio; compensa le spese di lite per i gradi di merito e condanna la controricorrente alla rifusione delle spese di legittimità, liquidate in euro 5.800,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.11.2024