Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20809 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20809 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14411/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (ADS80224030587) che la rappresenta e difende -ricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA PUGLIA n. 3678/2022 depositata il 30/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data Il 19 gennaio 2018, la Direzione regionale della Puglia dell’Agenzia delle entrate notificava a COGNOME l’atto
prot. n. 630/2018 con cui irrogava la sanzione accessoria di cui all’articolo 12, commi 2 e 2 -bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, consistente nella sospensione dell’esercizio dell’attività svolta (‘produzione di prodotti di panetteria freschi’), per la durata di cinque giorni consecutivi a decorrere dal 3 aprile 2018.
In particolare, la sanzione della sospensione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività era disposta in quanto nel corso di un quinquennio, il contribuente aveva posto in essere distinte violazioni dell’obbligo di emettere ricevuta fiscale o scontrino fiscale (articolo 12, comma 2, del d. lgs. n. 471 del 1997).
La contribuente impugnava l’atto dinanzi alla CTP di Bari che con sentenza n. 2546/06/2018 del 9 novembre 2018 accoglieva parzialmente il ricorso e compensava le spese di lite.
Avverso tale sentenza l’Ufficio proponeva appello dinanzi alla CGT di secondo grado della Puglia che, con sentenza n. 3678/01/2022 del 30/12/2022, rigettava l’appello dell’Ufficio e confermava la sentenza impugnata.
L’Ufficio affida ora il proprio ricorso per cassazione a tre motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, 12, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3), del c.p.c., per aver la CGT erroneamente ritenuto di fondare il potere di rideterminare la sanzione sulla base di una disposizione che consente, in casi del tutto particolari ed eccezionali, la riduzione della sanzione sino alla metà del minimo edittale e non la mera rideterminazione di essa.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 7, commi 3 e 4, del decreto legislativo 18
dicembre 1997, n. 472, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3) c.p.c., per aver la CGT meramente affermato di concordare con il primo giudicante, ritenendo che la sola «entità minima degli scontrini» potesse integrare quelle ‘eccezionali circostanze’ che l’articolo 7, comma 4, del d. lgs. n. 472 del 1997 pone a base per la riduzione della sanzione irrogata. Conseguentemente, i Giudici di seconde cure non hanno tenuto conto dell’intero disposto dell’articolo 7, del d. lgs. n. 472 del 1997.
Con il terzo motivo di ricorso si adombra la violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4), del c.p.c., 36, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4) c.p.c., per avere la CGT reso una pronuncia priva di motivazione nella parte in cui ha individuato il criterio che giustificava la riduzione della sanzione nella sola entità minima degli scontrini non emessi.
Il primo motivo è fondato.
È dato pacifico che la sanzione della sospensione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività sia stata irrogata in quanto nel corso di un quinquennio, la parte si era resa responsabile di plurime violazioni relative all’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale (art. 12, comma 2, del d. lgs. n. 471 del 1997).
L’art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 472 del 1997, nella versione vigente a seguito della novella apportata alla norma dal D.Lgs. n.158 del 24 settembre 2015, in vigore dall’1 gennaio 2016, applicabile ratione temporis alla fattispecie, prevede che: ‘ Qualora concorrano circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo ‘
Giova constatare che la CTR, nel soffermarsi sulla misura delle sanzioni applicabili, ha valorizzato tout court la sperequazione fra l’entità esigua degli importi complessivamente evasi e la sanzione
irrogata dall’Ufficio, in funzione della conferma della determinazione sanzionatoria assunta dal giudice di primo grado. In tal modo, il giudice regionale si è posto in contrasto con il chiaro disposto del comma 4 dell’art. 7 del D.Lgs. n. 472 del 1997, che nella rammentata versione successiva alla modifica veicolata dall’art. 15 del d.lgs. n. 158 del 2015, prevede la possibilità di ridurre la sanzione ‘ fino alla metà del minimo ‘, ma solo in quanto vengano in evidenza “circostanze’, tali da rendere ‘manifesta la sproporzione fra l’entità del tributo e la sanzione’. In definitiva, l’impiego del meccanismo perequativo idoneo a consentire all’Ufficio -ma, è da ritenersi, in sede contenziosa, anche al giudice -di adeguare le sanzioni, qualora quelle irrogate si palesino manifestamente sproporzionate rispetto all’entità del tributo evaso, postula che detto adeguamento avvenga esclusivamente sulla scorta di ‘circostanze’, doverosamente identificate. In altri termini, la diminuzione è ancorata necessariamente all’enucleazione di circostanze idonee a dar conto della sproporzione, a renderla conclamata e manifesta. Le circostanze contrassegnate vanno descritte dal giudice in funzione di una quantificazione delle sanzioni intellegibile oltre che rispettosa delle regole e dei criteri vigenti. La censura va, pertanto, accolta, con l’affermazione, in linea con il principio già espresso da questa Corte in relazione al regime anteriore alle modifiche del 2015 (v. Cass. n. 24788 del 2023), ma mutuabile anche nel contesto del quadro precettivo riformato, secondo cui ‘ In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, la disposizione contenuta nel comma quarto dell’art. 7 del d.lgs. n. 462 del 1997, nella versione successiva alla novella apportata dall’art. 16 del d.lgs. n. 158 del 2015, ai fini della riduzione della sanzione fino alla metà del minimo postula che il giudice non si limiti a constatare ed affermare la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione medesima, ma per converso dia
esplicitamente conto delle ‘circostanze’ che rendono manifesta la detta sproporzione’ .
Il secondo motivo è fondato.
La CTR si è limitata testualmente ad osservare che ‘ correttamente i primi Giudici hanno ritenuto che l’entità minima degli scontrini omessi non giustificasse la sanzione di cinque giorni di chiusura applicata dall’Ufficio accertatore e, sulla base di tale motivazione hanno disposto la riduzione fino a tre giorni, con valutazione che appare pienamente condivisibile ‘.
Tuttavia, l’art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 472 del 1997 stabilisce che nella determinazione della sanzione si ha riguardo alla gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell’agente, all’opera da lui svolta per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze, nonché alla sua personalità e alle condizioni economiche e sociali.
Nella specie, la valutazione complessiva di tali profili, indefettibilmente ancillari rispetto all’apprezzamento della gravità della sanzione che presiede alla determinazione della misura della sanzione, è stata del tutto obliterata.
Nella scelta tra i due corni della sanzione edittale, il giudice ha trascurato di fare complessivamente riferimento ai seguenti parametri normativi: a) gravità della violazione, b) opera successivamente svolta dall’agente per eliminare o attenuarne le conseguenze, c) della personalità dell’agente (da desumersi, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 7, anche dai suoi precedenti in ambito fiscale); d) condizioni economico-sociali.
La CTR si è limitata a ritenere la sussistenza di una manifesta sproporzione rispetto alla sanzione amministrativa applicata, senza chiarire l’ancoraggio specifico di questa valutazione, rimasto pertanto imperscrutabile.
Il terzo motivo rimane assorbito.
Il ricorso va, in ultima analisi, accolto con riferimento ai primi due motivi, assorbito il terzo. La sentenza Impugnata va pertanto
cassata e la causa rinviata per un nuovo esame per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia.
P.Q.M.
Accoglie i primi due motivi di ricorso, con assorbimento del terzo; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa per un nuovo esame per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia.
Così deciso in Roma, il 10/04/2025.