Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9640 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9640 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32098/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. dell’ Abruzzo n. 381/2021 depositata il 13/05/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, con sentenza n. 381/07/2021, depositata in data 13/05/2021 e non notificata, in accoglimento dell’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE ed in riforma della sentenza di primo grado, rigettava il ricorso proposto dalla società contribuente RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento IMU anno 2012 emesso dalla suddetta società per conto del Comune di Francavilla;
i giudici di appello, premesso che in forza dell’ originario ricorso era stato impugnato l’avviso di accertamento limitatamente all’imposizione relativa ad un fabbricato iscritto in catasto al foglio 3, particella 74, subalterno 4, accatastato in cat. D7 (subalterno oggetto di frazionamento nel marzo 2013 nei subalterni 5 – avente estensione totale coperta di mq. 520 e rendita di € 10.150 – e 6 avente estensione totale coperta di mq. 7.120, rendita di € 51.770, accatastato in cat. D7) ed ad un fabbricato iscritto in catasto al foglio 3, particella 129, ritenevano che la società contribuente non avesse comprovato la sussistenza dei requisiti previsti in materia di IMU per gli immobili inagibili e di fatto inutilizzati;
avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, la RAGIONE_SOCIALE cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo la società ricorrente denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 3, d.lgs. n. 211/2011 nonché dell’art. 3, comma 2, del D.M. n. 28/1998, per avere la C.T.R. escluso la sussistenza
del parziale stato di inagibilità dei fabbricati oggetto di accertamento in ragione della mancata denuncia al Comune e del parziale utilizzo degli stessi;
con il secondo motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 10, legge n. 212/2000, per avere i giudici di appello escluso l’applicabilità del regime agevolato previsto per gli immobili inagibili per mancanza dell’apposita denuncia, pur essendo il Comune a conoscenza della situazione di fatto degli immobili di che trattasi;
con il terzo motivo lamenta ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto oggetto di discussione fra le parti e decisivo ai fini della risoluzione della controversia per avere la RAGIONE_SOCIALE.T.R. del tutto pretermesso di considerare che il capannone industriale facente parte del complesso ‘ ex RAGIONE_SOCIALE‘ era stato già privato, alla data del 29 marzo 2012, della copertura e che la porzione dell’ ‘ ex Fornace’, successivamente frazionata nel subalterno sub 2, già nel 2012 si trovava in situazione di dissesto statico irreversibile ed, altresì, che l’ente impositore era a conoscenza di tali circostanze per averle apprezzate a fini TARES; 4. con il quarto motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. sotto il profilo dell’omessa pronuncia per avere i giudici del gravame pretermesso l’esame della questione della necessità, in ogni caso, di disapplicare le sanzioni e gli interessi per difetto dell’elemento soggettivo;
con il quinto motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 472/1997 per non avere la C.T.R. ritenuto, comunque, illegittima la sanzione per difetto dell’elemento soggettivo;
il ricorso deve essere respinto per le ragioni appresso specificate;
i primi due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi, sono infondati;
7.1. va osservato che la normativa applicabile, ratione temporis , in tema di IMU è l’art. 13, comma 3, lett. b), del d.l. n. 201/2011 –
(sostanzialmente coincidente con quella di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 504/1992 contemplata per l’ICI), il quale prevede la riduzione dell’imposta del 50% «per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente. Agli effetti dell’applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione»;
7.2. la giurisprudenza di questa Corte, formatasi sull’art. 8 d.lgs. n. 504/504 in materia di ICI (come detto formulato in termini sostanzialmente analoghi alla richiamata disposizione IMU), s’è consolidata nel ritenere che: – «in tema di ICI e nella ipotesi di immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto inutilizzato, l’imposta va ridotta al 50%, ai sensi del art. 8, comma 1, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità accertabili dall’ente locale o comunque autocertificabili dal contribuente permangano per l’intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, nonchè per i periodi successivi, ove sussistano le medesime condizioni di fatto” (Cass. n.28921/2017, 13053/2017 12015/2015; n. 13230/2005)»; «… quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune è da escludersi il pagamento dell’ICI in misura integrale anche se il contribuente non abbia presentato richiesta di
usufruire del beneficio della riduzione del 50% tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (legge n. 212 del 2000, art. 10, comma 1), di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore (legge n. 212 del 2000, art. 6, comma 4)» (cosi Cass. n. 1263/2021, che richiama Cass. 18453/2016) e, nello stesso senso, Cass. n. 8592/2021 e Cass. n. 18455/2016);
7.3. orbene la motivazione della sentenza l’impugnata si fonda non soltanto sulla mancanza di una formale dichiarazione di inagibilità ma anche, e soprattutto, su altra concorrente ratio decisoria basata su di un accertamento di fatto non sindacabile nella sede che occupa in quanto pienamente e congruamente motivato;
7.4. la Commissione regionale, invero, pur avendo richiamato delle argomentazioni in ordine all’esigenza, anche in caso di parziale inagibilità e/o inutilizzabilità del bene, di una dichiarazione del contribuente diretta al conseguimento del beneficio fiscale, ha affermato che, in assenza di una dichiarazione di inagibilità del bene, la società non aveva, comunque, provato tale condizione, assumendo testualmente, con congrue ed adeguate argomentazioni, che: «Quanto al fabbricato iscritto in catasto al foglio 3, particella 74 subalterno 4, l’appellata, con comunicazione (invita al Comune di Francavilla al Mare) relativa alla TARSU del luglio 2013, dichiarava che quell’immobile si trovava in parziale stato di fatiscenza ed in condizioni di inutilizzabilità, senza però dichiarare la sussistenza di uno stato d’inagibilità rilevante ai fini della riduzione IMU. (cioè una fatiscenza talmente grave da non essere superabile se non con interventi di ristrutturazione edilizia ovvero restauro/risanamento conservativo ovvero ristrutturazione urbanistica). L’appellata, infatti, instava esclusivamente per la non tassabilità ai fini TARSU a cagione dell’inutilizzabilità degli spazi per assenza di impianti funzionanti.
Poiché, quindi, l’appellata non aveva affatto rappresentato una condizione d’inagibilità dell’immobile, errava la C.T.P. ad affermare ciò. Inoltre il fabbricato iscritto in catasto al foglio 3, particella 74 subalterno 4, era parzialmente utilizzato -per ammissione dell’appellata stessa – e quindi assoggettabile ad imposizione. Ove, poi, il fabbricato iscritto in catasto al foglio 3, particella 74 subalterno 4, fosse stato realmente inagibile, l’appellata non avrebbe proceduto…. al frazionamento del subalterno 4 nei subalterni: 5… e 6…. Orbene, il subalterno 5 corrispondeva alla porzione dell’intero complesso che l’appellata, nella “comunicazione TARSU”, aveva indicato come concretamente utilizzato (a riprova di ciò vi era un’utenza TARI attiva fino ad ottobre 2016). Analogamente non inagibile nel periodo d’imposta 2012 era la porzione di fabbricato che nel 2012 era allocata nell’unico subalterno 4; nel marzo 2013 -ovviamente ancora allocata nel medesimo spazio fisico – era stata accatastata nel subalterno 6; tanto è vero che tale porzione di fabbricato, nel marzo 2013, era stata accatastata in categoria D7 (capannone industriale), con indicazione di una superficie coperta di oltre 7.000 mq. e attribuzione della relativa rendita. Quanto alla consulenza tecnica di parte a firma di un geometra -a tacere del fatto che non era stata realizzata in epoca coeva al periodo d’imposta 2012 -ad essa non può attribuirsi alcuna valenza avendo ad oggetto il fabbricato iscritto in catasto al foglio 3, particella 129, mentre quanto fin qui esposto è relativo al fabbricato iscritto in catasto al foglio 3, particella 74 subalterno 4. Passando, allora, ad esaminare l’asserita inagibilità, nel periodo d’imposta 2012, del fabbricato iscritto in catasto al foglio 3, particella 129, essa deve ritenersi di solare insussistenza, per l’assorbente considerazione che l’appellata non aveva comunicato …. alcunché in merito a detta inagibilità (non “avventurandosi”, ad esempio, neppure a rappresentare un più blando -rispetto all’inagibilità – stato di fatiscenza e di inutilizzabilità tale da esentare la contribuente dal
pagamento della TARSU). Deve inoltre ritenersi evidente la non inagibilità di quel fabbricato, atteso come l’appellata era iscritta a ruolo TARSU in relazione alla particella 129 nel periodo d’imposta 2012 (ed anche negli anni 2013, 2014 e 2015), ed appare logico dedurre l’utilizzo di un immobile nel periodo d’imposta 2012 dall’avvenuto pagamento della tassa sullo smaltimento dei rifiuti nell’anno 2012. Inoltre, se è pur vero che l’appellata ha avanzato richiesta di iscrizione in categoria F (collabente) di quota parte del fabbricato allocato nella particella 129 nel febbraio 2016 -e quindi senza validità alcuna con riferimento al 2012 – al momento della presentazione di detta richiesta, l’immobile è stato frazionato e sono stati costituiti il subalterno 1 e il subalterno 2. Orbene, mentre il subalterno 2 è accatastato in cat. F (collabente), il subalterno 1, ad oggi, è utilizzato. Quindi, poiché nel 2012 l’immobile era accatastato in unica particella -la n. 129 -ed era sicuramente (quantomeno per la porzione poi confluita nel subalterno 1) utilizzato, esso non era inagibile. Quanto alla menzionata consulenza tecnica di parte, essa si limitava ad affermare che “lo smantellamento degli impianti è invece avvenuto gradualmente, a partire dal gennaio 2009 per essere completato nell’estate 2011”, senza riferire alcunché in merito all’asserita inagibilità -per l’anno 2012 – del fabbricato che insisteva sulla particella 129 (così nella sentenza in oggetto)» infine precisando che «…..nel caso di specie il Comune di Francavilla al Mare aveva avuto formale cognizione dell’inagibilità di una parte -ma non della totalità – del fabbricato allocato sulla particella 129 soltanto nel febbraio 2016, con – soprattutto -accertata non inagibilità del fabbricato nel periodo d’ imposta 2012′ »;
7.6. un simile ricostruzione si basa, quindi, prevalentemente, sulla valutazione dell’insussistenza del presupposto stesso del riconoscimento del beneficio e cioè la condizione di inagibilità del bene. L’illustrata motivazione dà conto del fatto che il giu dizio della Commissione si è sviluppato ritenendo, ai fini che occupano, da un
lato e sul piano dei principi, non sufficiente la circostanza della mera inutilizzabilità del bene, ma necessaria la specifica condizione di degrado nel senso sopra delineato e, dall’altro, non provate le dette condizioni di inagibilità dell’immobile, elem enti questi non superabili alla luce delle deduzioni ed allegazioni di parte contribuente;
7.7. invero a fronte della affermazione di parte ricorrente secondo cui ‘la sussistenza della concreta situazione di inagibilità delle porzioni dei due immobili è risultata ampiamente comprovata dalla documentazione in atti’ (specie in riferimento al conte nuto della perizia di parte in atti) non può che ribadirsi che l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è operazione esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Cass. 24155/2017);
7.8. il tentativo di parte ricorrente di rimettere in discussione il merito della vicenda e le valutazioni dei giudici di appello appare, pervero, di tutta evidenza laddove la stessa, nel rilevare che la denuncia presentata a fini TARSU relativamente al complesso ex RAGIONE_SOCIALE ‘non faceva esplicitamente riferimento all’avvenuta rimozione della copertura’ ma che ‘innegabilmente’ sulla base di essa ‘il Comune fosse, comunque, a conoscenza dello stato di inagibilità ed inutilizzabilità, ed anzi dell’impossibilit à di considerarlo fabbricato, della maggior parte dell’immobile di che trattasi, assume che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe errato nel ritenere che tale ‘comunicazione’ fosse inadeguata allo scopo non rappresentando la situazione di inagibilità dell’immobile, dovendo fare prevalere ‘la sostanza sulla forma’;
7.9. peraltro le doglianze di cui ai primi due motivi, oltre ad afferire non già a profili di violazione di legge ma ad aspetti prettamente valutativi, si rivelano sul punto in esame non specifiche, non essendo state costruite tramite una critica puntuale, precisa e pertinente alle
ragioni della decisione (cfr. Cass. n. 7873/2022 e Cass. 22478/2018);
anche il terzo motivo non coglie nel segno;
8.1. occorre rilevare che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01);
8.2. invero risulta palese che, con il motivo in questione, la stessa contribuente, nel lamentare l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione alla mancata considerazione che il capannone industriale facente parte del complesso ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ era stato già privato, alla data del 29 marzo 2012, della copertura e che la porzione dell’ ‘ ex Fornace’, successivamente frazionata nel subalterno sub 2, già nel 2012 si trovava in situazione di dissesto statico irreversibile ed, altresì, che l’ente impositore era a conoscenza di tali circostanze per
averle apprezzate a fini TARES mira, in realtà, alla rivalutazione delle prove operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo giudizio di merito, non consentito. Oggetto del giudizio che parte ricorrente vorrebbe demandare a questa Corte non è l’ omesso esame di specifici fatti storici, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315). Di ciò costituisce prova inequivocabile la circostanza che la contribuente con tale motivo richiama, reiteratamente, la mancata e/o erronea valutazione delle risultanze della perizia di parte a firma del AVV_NOTAIO;
il quarto ed il quinto motivo – i quali possono essere esaminati congiuntamente in quanto fra loro connessi – devono essere rigettati;
9.1. la società ricorrente lamenta l’ omesso esame dell’eccezione, reiterata in sede di appello, secondo cui in forza degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 472/1997 non poteva, in ogni caso, procedersi all’irrogazione delle sanzioni in difetto di colpa della con tribuente ravvisabile nel caso in esame in ragione della obiettiva e dimostrata situazione di fatto nella quale versavano gli immobili, privi nella sostanza di rendita alcuna (nel caso dell’ex RAGIONE_SOCIALE non identificabili nemmeno come fabbricato in quanto privo di copertura), risultando palese la buona fede della società che, pertanto, non poteva essere condannata al pagamento di sanzioni ed interessi;
9.2. posto che risulta in effetti che la C.T.R. non si sia pronunziata su tale eccezione, va richiamato l’insegnamento di questa Corte secondo cui, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura
costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (cfr. Cass. nn. 16171/2017, 2313/2010). La questione posta con tali censure va, quindi, esaminata per verificare se possa essere decisa in astratto, prescindendo da riscontri fattuali, in quanto ove la risposta alla questione, posta nei motivi non esaminati dal Giudice d’appello, sia negativa, si potrebbe pervenire senz’altro alla definizione del giudizio in sede di legittimità, mentre la risposta positiva dovrebbe invece portare alla cassazione con rinvio, affinché il Giudice di merito verifichi in primo luogo la sussistenza o meno delle indicazioni necessarie a pena di nullità;
9.3. nella specie, la questione va risolta nel primo dei due sensi sulla base delle considerazioni che seguono;
9.4. va premesso che in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 3, stabilisce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. Ciò va inteso nel senso della sufficienza della coscienza e della volontà, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento), atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l’atto vietato a carico di chi lo abbia commesso, lasciando
a costui l’onere di provare di aver agito senza colpa (Cass. 22890/2006; conf. 13068/2011; v. 4171/09, sulla non necessità di un intento fraudolento). Mentre l’esimente della buona fede rileva solo se l’errore sia inevitabile, occorrendo che l’ignoranza dei presupposti dell’illecito sia incolpevole, cioè non superabile con l’uso della normale diligenza;
9.5. nel caso in esame, secondo quanto è dato evincere dalla sentenza impugnata, parte contribuente non ha né individuato obiettive ragioni di incertezza normativa né ha enucleato, adeguatamente ed in modo specifico, ragioni integranti l’asserita buona fede;
stante l’infondatezza dei motivi dedotti, dunque, il ricorso deve essere rigettato;
10.1. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge se dovuti; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, in data 29 febbraio 2024
Il Presidente (NOME COGNOME)