Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31480 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31480 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 4687/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Napoli, alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante p.t., NOME COGNOME (C.F.: P_IVA, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; fax: NUMERO_TELEFONO; P.E.C.: EMAIL) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; P.E.C.: EMAIL) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma alla INDIRIZZO
Cassiodoro n. 1/A;
-ricorrente –
contro
Comune di Napoli (C.F.: P_IVA), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso, congiuntamente e
Avviso accertamento IMU – Riduzione 50% immobile inagibile
disgiuntamente, dagli Avv.ti NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE ed NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), giusta procura speciale allegata al controricorso ed elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo Studio Legale Leone (C.F.: 08279541000; pec: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO);
– controricorrente –
-avverso la sentenza n. 5301/2022 emessa dalla CTR Campania in data 11/07/2022 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di liquidazione in rettifica con il quale il Comune di Napoli le aveva chiesto il versamento dell’IMU per l’anno 2014 per l’importo di euro 21.189,00, deducendo, tra l’altro, di avere diritto alla riduzione del 50% prevista per gli immobili inagibili, inutilizzabili o comunque non utilizzati, come previsto dall’art. 14 del Regolamento del Comune allora in vigore.
2. La CTP di Napoli accoglieva parzialmente il ricorso (avuto riguardo alla domanda subordinata di riduzione della pretesa alla metà), affermando sostanzialmente che il Comune non aveva dimostrato di aver effettuato accertamenti e di aver adottato o comunicato un provvedimento di revoca o di variazione rispetto al provvedimento con il quale, a decorrere dall’1.1.2011, l’amministrazione aveva riconosciuto il diritto alla riduzione. 3. Sull’impugnazione del Comune di Napoli, la CTR della Campania accoglieva il gravame, evidenziando che il Comune aveva indicato le ragioni per le quali riteneva venuta meno l’inagibilità, consistenti nella locazione, esecuzioni di opere di divisione e ca mbio di destinazione d’uso, che tali ragioni erano sufficienti a far ritenere superato lo stato di inagibilità, sotto un profilo sia logico che giuridico, che, avendo l’ente territoriale esposto le ragioni per le quali era venuta meno la condizione di inutilizzabilità del bene, sarebbe stato onere della contribuente dare la prova contraria e che correttamente erano state prese in considerazioni le rendite catastali
indicate nell’atto, perché corrispondenti a quelle rideterminate dal Comune.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi. Il Comune di Napoli ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonché delle regole che disciplinano la distribuzione dell’onere della prova, in relazione all’art. 360 c.p.c., per avere la CTR, a suo dire, confuso la reg ola dell’onere della prova dei fatti costitutivi della pretesa impositiva -che nel processo tributario spetta sempre all’amministrazione con l’onere di dare prova della fondatezza degli specifici motivi di impugnazione dell’atto, che invece ricade sul c ontribuente (avendo il contribuente l’onere non già di provare l’infondatezza del diritto affermato dall’amministrazione, ma solo quello di dimostrare la fondatezza dello specifico motivo di impugnazione che propone).
1.1. Preliminarmente, destituita di fondamento è l’eccezione di giudicato esterno sollevata dalla ricorrente, fermo restando che si sarebbe dovuta consacrare in uno specifico motivo di doglianza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., trattandosi di un error in procedendo , e che, essendosi formato nel 2021 (vale a dire, in pendenza del giudizio d’appello) la contribuente avrebbe dovuto dimostrare di averla sollevata tempestivamente in quella sede.
Invero, nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25516 del 10/10/2019; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 5766 del 03/03/2021). Ebbene, non è revocabile in dubbio che l’ina gibilità di un immobile rappresenta un elemento variabile, non fosse altro perché
nell’arco di un anno ben possono essere eseguiti lavori di messa in sicurezza dell’immobile.
1.2. Ciò debitamente premesso, il motivo è infondato.
Secondo l’assunto della contribuente, il Comune avrebbe dovuto provare, cioè, l’esecuzione di lavori di rimozione dello stato di inagibilità.
Il nuovo comma 5bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della legge n. 130 del 2022 (fermo restando che, in materia di giudizio tributario, essendo una norma di natura sostanziale e non processuale, si applica ai giudizi introdotti successivamente al 16 settembre 2022, data di entrata in vigore della legge predetta; cfr. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 20816 del 25/07/2024), stabilisce che «L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati.».
In materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della l. n. 130 del 2022, secondo cui il giudice deve valutare la prova “comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale”, non si pone in contrasto con la persistente applicabilità delle presunzioni legali che, nella normativa tributaria sostanziale, impongano al contribuente l’onere della prova contraria (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 2746 del 30/01/2024).
Orbene, nel caso di specie, la CTR ha ritenuto, con argomentazioni congrue sul piano logico-formale e corrette dal punto di vista giuridico, che il Comune abbia assolto all’onere su di esso incombente, dimostrando che lo stato di inagibilità, avuto inizio nel 2011, era venuto meno a seguito dell’esecuzione delle opere di divisione (e frazionamento) e di cambio di
destinazione d’uso (ultimate in data 4.12.2013), come era confermato dalla stipula dei contratti di locazione aventi ad oggetto alcune unità dell’immobile (contratti stipulati in favore della RAGIONE_SOCIALE e registrati presso l’Agenzia delle Entrate ai nn. 1657/serie 3 del 3/2/2014, 3824/serie 3 del 13/3/2014 e 1586/serie 3T del 14/04/2014), sulla base della regola di esperienza secondo cui nessuno prende in locazione un immobile inagibile o, comunque, non utilizzabile.
Come è noto, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poichè in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c.
Pertanto, fermo restando che la ricorrente non ha neppure indicato in quale delle ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c. il vizio denunciato andava inquadrato, la CTR non è caduta nella confusione dei piani lamentata, tra la regola -e l’onere di dell’onere della prova dei f atti costitutivi della pretesa impositiva spettante nel processo tributario sempre all’amministrazione dare prova della fondatezza degli specifici motivi di impugnazione dell’atto.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione delle norme previste dal Regolamento IMU 2014, nonché dall’art. 13, comma 3, lett. b, del d.l. n. 201/2011, per aver la CTR, affermando che la concessione del bene in locazione costituisce ‘utilizzazione’, confuso l’attività materiale di utilizzazione e sfruttamento del bene, impedita dallo stato fisico del bene, con l’attività giuridica di disposizione dei diritti inerenti lo stesso.
2.1. Il motivo è inammissibile, in quanto sollecita, a ben vedere, una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa nella presente sede.
Del resto, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del
provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica, pertanto, un problema interpretativo di quest’ultima, laddove l’allegazione di un’erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa ed inerisce, pertanto, alla tipica valutazione del giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione.
In ogni caso, proprio in quanto l’art. 13, comma 3, lett. b, del d.l. n. 201/2011, nell’utilizzare l’espressione ‘di fatto non utilizzati’, fa riferimento, come riconosciuto dalla stessa contribuente, ad una circostanza non giuridica ma materiale, assume rilevanza ai fini in esame un contratto di locazione, comportando lo stesso il passaggio al conduttore di una detenzione qualificata.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. e 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la CTR ritenuto sufficiente il fatto che il Comune avesse sol o ‘indicato’, dunque senza provare, le ragioni per le quali riteneva fosse venuta meno l’inagibilità, presupposto del beneficio.
3.1. Il motivo è infondato.
In tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti”, laddove il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro
combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022).
In ogni caso, la ricorrente pone alla base del proprio ragionamento un presupposto errato. Invero, in tema di IMU, la dichiarazione presentata dal contribuente di essere possessore di un immobile ritenuto esente dall’imposta siccome inagibile non vale a gravare l’Amministrazione della prova negativa circa l’insussistenza dell’esenzione medesima, restando invece a carico del contribuente, in virtù della regola generale di cui all’art. 2697 c.c., l’onere di provare che l’immobile non sia assoggettabile al tributo (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 27165 del 16/12/2011; cfr. altresì, sia pure in tema di riduzione per i terreni agricoli, prevista dall’art. 9 del d.lgs. n. 504 del 1992, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19130 del 28/09/2016). Ragion per cui il Comune non sareb be stato neppure gravato dall’onere di dimostrare che l’inagibilità persisteva, fermo restando che, anche a voler ammettere che il frazionamento ed il cambio di destinazione di uso non comportino per loro stessi la messa in sicurezza dell’immobile, dalla s tipula di contratti di locazione aventi ad oggetto unità dell’immobile può trarsi la ragionevole presunzione che le stesse siano state previamente sottoposte a lavori di messa in sicurezza. Sarebbe stato onere, semmai, della contribuentelocatrice dedurre e, soprattutto, provare (attraverso la trascrizione delle relative clausole), ad esempio, che a carico deli conduttori fossero stati posti
obblighi di messa in sicurezza prima dell’uso e che, per l’effetto, il canone iniziale delle locazioni fosse stato ridotto per tener conto dei relativi costi. Senza tralasciare che, in tema di ICI, la riduzione dell’imposta nella misura del 50%, richiesta dal contribuente per un determinato anno di imposta, allegando perizia redatta dall’ufficio tecnico comunale o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (nel caso di specie, la riduzione del 50% dell’imposta per l’inagibilità dello stabile era già stata riconosciuta con comunicazione del 12 luglio 2012, con la quale il Comune aveva ritenuto sussistenti i presupposti del beneficio, giusta l’art. 14 del Reg olamento all’epoca vigente), si applica, in caso di perduranza ultrannuale dello stato di inagibilità o inabitabilità dell’immobile, anche agli anni successivi, senza necessità di reiterazione dell’istanza, purché il contribuente provi che l’ente impositore abbia avuto conoscenza, attraverso l’acquisizione di documenti o l’assunzione di informazioni, anche se per finalità extratributarie, della protratta inutilizzabilità del bene e, comunque, sino a quando, in coerenza con i principi sanciti dagli artt. 6, comma 4, e 10, comma 1, della l. n. 212 del 2000, risulti che l’ente impositore sia venuto a conoscenza del ripristino dello stato di agibilità o abitabilità del bene, ritornando il contribuente ad essere obbligato al versamento dell’ICI in misura integrale per gli anni successivi (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 19665 del 11/07/2023).
Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso non merita accoglimento.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 2.500,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap);
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 13.11.2024.