Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 820 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 820 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente
–
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n. 1455, depositata il 18 febbraio 2016.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’Agenzia notificava avviso con cui accertava, a seguito delle risposte al questionario inviato al contribuente, una plusvalenza costituita dal corrispettivo di permuta di suolo edificatorio, quantificata in € 47 mila. Il contribuente proponeva ricorso che la CTP respingeva. Così pure, sul presupposto della mancata
Plusv cessione az
confutazione dei rilievi, la CTR confermava la sentenza di primo grado.
Ricorre quindi in cassazione il contribuente, sulla base di otto motivi. L’Agenzia resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si deduce insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza d’appello.
1.1. Il motivo è inammissibile, aldilà del richiamo a vizi non più oggetto di censura in cassazione, in quanto consiste in un inestricabile coacervo di profili (omesso esame di fatti, difetto di percezione dei fatti, difetti di logicità non meglio specificati). Nel resto il motivo contesta direttamente l’atto impositivo.
2.Con il secondo motivo si censura la sentenza in quanto non avrebbe considerato la documentazione prodotta dalla ricorrente e la mancata contestazione della stessa da parte dell’Agenzia.
2.1. Il motivo è inammissibile, In esso non è presente alcun riferimento a quale documentazione suffragherebbe quanto sostenuto dalla ricorrente, dove e quando la stessa (una volta eventualmente specificata) sarebbe stata prodotta, né quali prove non sarebbero state contestate dall’amministrazione, in che cosa consisterebbe la loro decisività.
Il motivo è dunque inammissibile per assoluto difetto di specificità 3.Col terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 32, d.p.r. n. 600/1973.
3.1. Premesso che il procedimento in esame parte da una dichiarazione della parte e prosegue con la somministrazione di un questionario a mezzo del quale la parte ha potuto produrre quanto ritenuto, il richiamo all’inosservanza del principio del contraddittorio appare un fuor d’opera, il motivo non svolge alcuna specifica censura nei confronti della sentenza impugnata, della quale non viene citato neppure un passaggio, neppure indirettamente,
limitandosi lo stesso a richiamare in modo generico alcuni principi espressi dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità.
Anche tale motivo è dunque inammissibile per difetto di specificità.
Col quarto mezzo di denuncia violazione dell’art. 52, d.p.r. n. 600/1973, in quanto la sentenza d’appello non avrebbe esaminato la mancata redazione del processo verbale di contestazione.
4.1. Aldilà del fatto che non viene neppure dedotto che l’accertamento fosse stato effettuato a seguito di un accesso, unica ipotesi in cui il processo verbale suddetto è obbligatorio, risultando peraltro che l’accertamento stesso avvenne a seguito di un procedimento documentale basato sulla dichiarazione e sulle risposte al questionario, non v’è alcuna indicazione su dove, in quale atto e in che termini siffatta censura sia stata specificamente avanzata in sede d’appello, per cui anche tale motivo risulta inammissibile per difetto di specificità.
Col quinto motivo si deduce la violazione degli artt. 42, d.p.r. n. 600/1973, 56, d.p.r. n. 633/1972 e 7, l. n. 212/2000.
In particolare, viene dedotto che la CTR non avrebbe esaminato né si sarebbe pronunciata sulla asserita nullità dell’atto impositivo.
5.1. Il contribuente in realtà deduce un’omessa pronuncia, ed infatti oltre che a dedurre ciò espressamente (‘I giudici della CTR, non hanno esaminato, né si sono pronunciati sulla nullità dell’atto di accertamento in quanto del tutto carente di motivazione in palese violazione degli artt. 42 e 56 in epigrafe, quanto dell’art. 7 dello Statuto…’), lo svolgimento del motivo passa ad esaminare direttamente la questione della carenza di motivazione dell’avviso senza fare un minimo accenno alla sentenza impugnata.
Alla luce di ciò il motivo è infondato, poiché invece la sentenza d’appello affronta la questione della motivazione dell’atto, laddove osserva come l’accertamento sia fondato ‘su atti pubblici di acquisto e di permuta’ nonché sul certificato di destinazione
urbanistica, dal quale emergeva l’utilizzabilità edificatoria del terreno.
Col sesto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697, cod. civ., deducendosi che l’atto di accertamento fosse viziato da evidente difetto di istruttoria o di ponderazione.
6.1. Il motivo è inammissibile.
E’ evidente che la sufficienza degli elementi su cui si basa la pretesa è stata oggetto di accertamento in fatto da parte del giudice del merito, per cui dedurre in questa sede che tali elementi, a parere del ricorrente, non sono sufficienti, comporta un’inammissibile devoluzione di quaestio facti al giudice della legittimità.
Col settimo motivo si deduce nullità della sentenza ai sensi degli artt. 112, cod. proc. civ., e 118, disp. att. cod. proc. civ., per motivazione parvente, extrapetizione ed ultrapetizione.
7.1. Il motivo è inammissibile, in quanto si limita ad un’evanescente doglianza in cui non cita un solo passaggio delle proprie domande o dei propri motivi che non sarebbero stati oggetto di motivazione da parte del giudice d’appello, e d’altronde nel merito -come si è già riportato in relazione al motivo quinto, la sentenza risulta motivata in ordine proprio al fondamento della pretesa impositiva contestata.
Con l’ottavo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della l. n. 241/1990, nonché della l. n. 212/2000 e dell’art. 97, Cost.
8.1. Il motivo è inammissibile in quanto con esso si eccepisce direttamente la nullità dell’atto impositivo, non confrontandosi minimamente con il contenuto della sentenza impugnata e tantomeno con i motivi d’appello.
In conclusione il ricorso risulta inammissibile, con aggravio di spese in capo al ricorrente soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 2300,00 oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2023