Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25728 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25728 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25932/2017 R.G. proposto da
AVV. COGNOME, difensore di sé medesimo ai sensi dell’art. 86 c.p.c. e con elezione di domicilio digitale (EMAIL;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente-
nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALEADER), in persona del Presidente pro tempore ;
-intimata- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 4167/35/2017, depositata l’11 luglio 2017;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale dell’11 settembre 2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avv. NOME COGNOME impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma la cartella esattoriale notificatagli da Equitalia RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, poi incorporata da Equitalia RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, per il pagamento dei tributi erariali iscritti a ruolo dalla Direzione Provinciale I di Roma dell’Agenzia delle Entrate a sèguito di controllo automatizzato ex art. 36bis del D.P.R. n. 600 del 1973 della dichiarazione dei redditi da lui presentata ai fini dell’IRPEF per l’anno 2007.
Il giudice adìto, pronunciando nel contraddittorio dell’agente della riscossione e dell’ente impositore, respingeva il ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che – con sentenza n. 4167/35/2017 dell’11 luglio 2017 -rigettava l’appello della parte privata.
Contro questa sentenza l’Orestano ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, mentre l’Agenzia delle Entrate Riscossione (ADER), successore ex lege di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE, è rimasta intimata.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
L’avviso di fissazione dell’udienza è stato notificato agli eredi del ricorrente, nelle more deceduto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i quattro mezzi di ricorso – il primo e il quarto non articolati in motivi specifici riconducibili in maniera immediata e inequivocabile a una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dall’art. 360, comma 1, c.p.c. (cfr. Cass. n. 34661/2023, Cass. n. 22416/2022, Cass. n. 3765/2019) – sono denunciate:
(1)l’ ;
(2)la ;
(3)l’ ;
(4)l’ .
1.1 A supporto delle esposte doglianze viene dedotto che:
-l’impugnata sentenza di appello è erronea laddove esclude che l’Amministrazione Finanziaria abbia operato un illegittimo cumulo del reddito derivante dall’attività professionale svolta dal contribuente con quello rappresentato dal trattamento pensionistico erogato in suo favore dall’ente previdenziale, già soggetto a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, con conseguente ;
-la CTR ha apoditticamente affermato che l’impugnata cartella di pagamento risultava idoneamente motivata, sebbene la stessa non contenesse tutti gli elementi prescritti dall’art. 25 del DPR n. 602/1973;
a torto il collegio regionale ha ritenuto che la sentenza di primo grado fosse assistita da adeguata motivazione nella parte in cui aveva giudicato inammissibile per la sua asserita genericità la
questione di legittimità costituzionale sollevata dall’Orestano.
Il ricorso è nel suo complesso inammissibile, in quanto l’impugnante contesta in modo del tutto generico la gravata decisione, omettendo di confrontarsi con le argomentazioni addotte dalla Commissione regionale a sostegno del «decisum» , che oltretutto nemmeno sono state riportate nel corpo dell’atto, se non in minima parte, in violazione del principio di specificità sancito dall’art. 366, comma 1, nn. 4) e 6) c.p.c..
2.1 In particolare, egli insiste nel sostenere che nel caso di esame si sarebbe verificata una , senza minimamente sforzarsi di confutare il percorso logico-giuridico seguìto sul punto dalla CTR, la quale ha spiegato che «gli esiti della liquidazione scaturiscono sulla base di quanto dichiarato dal contribuente stesso nella dichiarazione dei redditi, nella quale vanno riportati tutti i redditi percepiti con l’indicazione delle ritenute subite, per cui la somma dei redditi derivante da pensione con quelli derivanti dall’attività professionale non realizza una doppia imposizione, bensì determina la corretta imposizione, tenuto conto delle ritenute già subite» .
2.2 Altrettanto dicasi per l’eccepito difetto di motivazione della cartella di pagamento oggetto di causa, non essendo stato chiarito dal ricorrente in cosa consisterebbe l’ «error iuris» asseritamente commesso dal collegio di seconde cure, il quale, sul tema in discussione, ha osservato che: (a) «la cartella e (ra) stata preceduta dalle comunicazioni di irregolarità delle dichiarazioni e, pertanto, il contribuente era già a conoscenza dei rilievi formulati dall’Agenzia delle Entrate e delle loro motivazioni nel momento in cui (avev) a ricevuto la notifica della cartella di pagamento» ; (b) «l’art. 3 della legge n. 241/90 impone, peraltro, solo un generale obbligo di motivazione, applicabile anche alle cartelle esattoriali; obbligo che, nella specie, appare pienamente soddisfatto, se si considera che la cartella contiene tutti gli elementi individuati quali contenuti
obbligatori dall’art. 25 del DPR n. 602/1973 e che appare quindi rispettato il diritto di difesa del contribuente» .
2.3 In proposito l’COGNOME semplicemente obietta che , ma non si cura di trascrivere o di riportare almeno sinteticamente il contenuto dell’atto richiamato, per la parte che interessa, al fine di dare sostanza al proprio assunto difensivo.
2.4 Oltretutto, dietro lo schermo della violazione di legge, la censura in disamina finisce per risolversi, nella sostanza, in un’inammissibile critica alla valutazione del materiale probatorio compiuta dai giudici di merito, con specifico riferimento alla ritenuta sussistenza dei requisiti contenutistici della cartella prescritti dall’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973.
2.5 Al riguardo, giova rammentare che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, il vizio di violazione o falsa applicazione di legge, giusta il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 4) c.p.c., deve essere dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni contenute nella sentenza impugnata che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (cfr., ex plurimis , Cass. n. 15764/2025, Cass. n. 20870/2024, Cass. n. 17570/2020, Cass. Sez. Un. n. 22086/2017).
2.6 Non va poi dimenticato che la denuncia di violazione di legge non può mai essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr. Cass. n. 16442/2024, Cass. n. 34817/2022, Cass. n. 15568/2020).
2.7 Per quanto attiene, infine, alla sollevata questione di legittimità costituzionale, la CTR ha rilevato come la stessa fosse stata «solo genericamente accennata dal contribuente» , il quale anche in
questa sede si è limitato a riproporla «sic et simpliciter» , senza premurarsi di indicare le norme di legge censurate e i parametri costituzionali invocati come lesi, sì da incorrere nuovamente nella carenza deduttiva già evidenziata dai giudici «a quibus» .
Alla stregua delle complessive argomentazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nei rapporti fra le parti costituite le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
4.1 Nulla va statuito in ordine alle dette spese in favore dell’ADER, rimasta intimata.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 900,00 euro per compensi, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, in data 11 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME