Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31758 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31758 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
Cart. Pag. RAGIONE_SOCIALE. – IVA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22352/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, anche quale successore di RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 1715/48/2017, depositata in data 24 febbraio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 settembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME impugnava dinanzi alla C.t.p. di Napoli, con ricorso del 23 gennaio 2015, comunicazione preventiva di iscrizione
ipotecaria, fondata su due cartelle di pagamento, iscrizione ipotecaria (mai comunicata) conseguente al mancato pagamento di altre cinque cartelle, per € 98.267,77, nonché gli estratti di ruolo sottesi alle cartelle; le somme dovute attenevano ad IRPEF e C.S.N. per gli anni 1993-1994-1995, a sanzioni IVA 1991 e ad ILOR 1988. Si costituivano in giudizio anche l’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Napoli ed RAGIONE_SOCIALE, contestando, con riferimento alla propria competenza, i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del relativo operato.
La C.t.p., con sentenza n. 20624/23/2015, accoglieva parzialmente il ricorso della contribuente, dichiarando la nullità della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria e rigettando l’impugnazione con riferimento all’iscrizione ipotecaria ed alle cartelle sottese.
Contro tale decisione proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Campania; si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado, mentre non si costituiva RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 1715/48/2017, depositata in data 24 febbraio 2017, la C.t.r. adita accoglieva parzialmente l’appello della contribuente, annullando le cartelle sottese impugnate, ad eccezione di quelle n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA e confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Campania, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; la contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 13 settembre 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 324 cod. proc. civ. e dell’art. 21, comma primo, D.Lgs. 31
dicembre 1992, n. 546 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha rilevato né il giudicato formatosi sull’inammissibilità del ricorso introduttivo avverso l’iscrizione ipotecaria, né l’inammissibilità dell’impugnazione delle cartelle sottese agli atti impugnati con ricorso introduttivo e, quindi, si è pronunciata sull’intervenuta prescrizione (soltanto) per alcuni di questi atti.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 2946 cod. civ. e falsa applicazione dell’art. 2948 cod. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che la prescrizione dei tributi IRPEF, ILOR e CSN portati dalle cartelle poste a base degli atti impugnati fosse quinquennale e, quindi, interamente decorsa per 5 di esse tra la notifica delle cartelle e quella delle intimazioni di pagamento.
Il primo motivo di ricorso è parzialmente fondato; con esso, in particolare, si censura la decisione della C.t.r laddove, da una parte, non ha rilevato il giudicato formatosi sull’inammissibilità del ricorso avverso l’iscrizione ipotecaria e, dall’altra, ha anche consentito all’impugnazione delle cartelle sottese agli atti impugnati con il ricorso.
2.1. Invero, partendo dall’esame della prima parte del motivo di ricorso proposto, occorre dire che l’Ufficio, riguardo ad essa, non ha interesse ad agire ex art. 100 cod. proc. civ., cioè interesse ad ottenere tutela giurisdizionale, in quanto non risulta essere realmente soccombente nel punto della decisione che si occupa di quanto atteneva al giudicato (la cui esistenza non è messa in discussione dalle parti): il Giudice di appello, se da una parte sembra non aver riconosciuto il giudicato formatosi circa l’inammissibilità del ricorso introduttivo avverso l’iscrizione
ipotecaria, ha affermato poi che, non avendovi la contribuente proceduto, era indimostrata il perfezionamento di una prescrizione successiva all’iscrizione: così statuendo, allora, risultava sostanzialmente non intaccata la pretesa avanzata dall’Ufficio.
2.2. Con riguardo, invece, a quanto prospettato nella seconda parte della censura proposta, deve giungersi ad esito di segno opposto, ravvisandovi la fondatezza; infatti, ciò che la C.t.r. ha statuito sul punto risulta essere certamente di senso contraddittorio.
Il Giudice di merito, in particolare, dapprima, ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 19704/2015, ove si afferma l’ammissibilità dell’impugnazione di cartella che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte dell’art. 19, comma terzo, D.Lgs. n. 546/1992, con ciò il Giudice mostrando di propendere, dunque, per l’ammissibilità all’impugnazione delle cartelle sottese agli atti impugnati con il ricorso introduttivo. Subito dopo, però, la C.t.r. ha affermato che l’Ufficio, per mezzo degli atti depositati tardivamente in primo grado e poi nuovamente in secondo, ha provato la corretta avvenuta notifica delle stesse cartelle; se così è, quindi, viene meno quanto precedentemente dichiarato sulla base della decisione delle Sezioni Unite n. 19704/2015, che chiaramente si occupa dell’impugnabilità di cartelle nel caso di mancata, o non valida, notifica.
2.3. Ora, non può condividersi quanto affermato dalla controricorrente circa l’impossibilità di provare solamente in secondo grado, data la tardiva produzione documentale in primo, l’avvenuta notifica delle cartelle.
2.4. Numerose pronunce di questa Corte hanno ripetutamente affermato che, nel processo tributario, ai sensi dell’art. 58, comma
2, del d.lgs. n. 546/1992, la parte pu ò produrre in appello prove documentali senza alcuna limitazione, anche se preesistenti al giudizio di primo grado (cfr. Cass. n. 18907/2011, n. 7714/2013, n. 655/2014, n. 22776/2015, n. n. 27774/2017, n. 8927/2018, n.17921/2021 e n. 33983/2022). Devono, anche, richiamarsi alcuni consolidati precedenti di legittimità (vedi Cass. n.5607/2021, n. 16652/2018, n. 5429/2018), secondo cui, nel processo tributario, l’inosservanza del termine di cui all’art. 32 del d.lgs. n. 546/1992 (venti giorni liberi antecedenti l’udienza), per la produzione di nuovi documenti in appello, ex art. 58 secondo cui, nel processo tributario, l’inosservanza del termine di cui all’art. 32 del d.lgs. n. 546/1992 (venti giorni liberi antecedenti l’udienza), per la produzione di nuovi documenti in appello, ex art. 58 del d.lgs. n. 546/1992, è sanata ove il documento sia stato già depositato, ‘benché irritualmente’, nel giudizio di primo grado. La ratio di tali decisioni risiede nel fatto che, nel processo tributario, i fascicoli di parte restano inseriti in modo definitivo nel fascicolo d’ufficio sino al passaggio in giudicato della sentenza, senza che le parti abbiano la possibilità di ritirarli, con la conseguenza che la documentazione ivi prodotta è acquisita automaticamente e ‘ritualmente’ nel giudizio di impugnazione.
2.5. Né in questa sede è possibile procedere ad una rivisitazione della valutazione operata dal Giudice di merito che ha ritenuto di trarre dalla suddetta documentazione la prova dell’avvenuta notifica delle cartelle oggetto del presente giudizio.
2.6. Ebbene, una volta appurata la corretta avvenuta notifica delle cartelle, la C.t.r. avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del ricorso introduttivo per decadenza dal potere di impugnazione, essendo trascorso il termine utile di sessanta giorni ex art. artt. da 18 a 22 D. Lgs. n. 546/1992: le cartelle, infatti, risultano notificate tra il 2001 e il 2004, mentre il ricorso introduttivo è solo del 2015.
Pertanto, il primo motivo di ricorso va accolto nella parte in cui censura l’inammissibilità del ricorso introduttivo contro le cartelle di pagamento per decadenza dal potere d’impugnazione, mentre deve essere rigettato nella parte in cui lamenta la violazione del giudicato circa l’inammissibilità del ricorso avverso l’iscrizione ipotecaria
4. Il secondo motivo è fondato.
L’Ufficio si duole che la C.t.r. abbia ritenuto che la prescrizione dei tributi IRPEF, ILOR e CSN portati dalle cartelle poste a base degli atti impugnati fosse quinquennale e, quindi, interamente decorsa per 5 di esse tra la notifica delle cartelle e quella delle intimazioni di pagamento.
Effettivamente, sul punto, la C.t.r. ha errato allorquando ha ritenuto che la prescrizione dei tributi (IRPEF, ILOR, CSN) portati dalle cartelle poste a base degli atti impugnati fosse quinquennale e quindi interamente decorsa per 5 di esse nel tempo tra la notifica delle cartelle e quella delle intimazioni di pagamenti.
Sul punto va rilevato che la circostanza che la scadenza del termine per impugnare la cartella non converte in decennale il termine di prescrizione del tributo che fosse già più breve non può rilevare con riferimento a termini ex se decennali ex art. 2946 cod. civ. per mancanza cioè di diverse specifiche previsioni di legge come appunto nel caso dei tributi in esame. Vieppiù che l’obbligazione tributaria non è considerata come una obbligazione che si realizza con la percezione di una serie di prestazioni autonome protratta nel tempo con ‘ causa debendi ‘ continuativa, ma comporta una prestazione per ogni anno unica ed ad autonomo titolo, in considerazione del principio di autonomia dei periodi di imposta che implica una causa debendi distinta per ciascuna annualità fondata ogni volta sulla valutazione ex novo dei presupposti impositivi.
Pertanto, la prescrizione decennale era stata validamente interrotta con le intimazioni di pagamento del 23 gennaio e sicuramente non era nuovamente di corsa alla data della notifica del ricorso.
Da ultimo deve darsi atto che della definizione agevolata ex art. 6 del d.l. 193/2016 richiamata dalla controricorrente a pg. 11 del controricorso, ex actis, non è dato rilevare la prova della presentazione né dell’adesione dell’ente erariale.
In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, per quanto di ragione, ed il secondo motivo; conseguentemente la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 13 settembre 2024.