Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22890 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22890 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19567/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME
-intimata- avverso DECRETO di COMM.TRIB.REG. della CALABRIA-CATANZARO n. 882/2017 depositata il 20/12/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME era attinta da avviso accertamento n. TDY01T101402/2011 emesso dalla DP di Catanzaro ai sensi dell’art. 38 commi 4, 5 e 6 DPR n. 600 del 1973 per l’anno di imposta 2007.
La Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro, adita dalla contribuente, con sentenza n. 321/02/2013. pronunciata il 18.03.2013 e depositata il 16.09.2013. accoglieva il ricorso.
L’Ufficio proponeva appello.
Con sentenza n. 3487/03/16, pronunciata il 14/11/2016 e depositata il 07/12/2016, la Commissione Tributaria Regionale della Calabria dichiarava inammissibile l’appello per omesso deposito, nel termine di legge, della ricevuta di spedizione dell’appello, eseguita per posta raccomandata.
L’Ufficio instava per la revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ., essendo la CTR caduta in errore per aver riscontrato l’omesso deposito quando invece la distinta di spedizione risultava regolarmente depositata in atti, come da attestazione della Segreteria.
Ad esito dell’udienza di trattazione del 13 novembre 2017, il Collegio rendeva un provvedimento, intitolato ‘ordinanza collegiale definitiva’ (‘ord. coll. definitiva’), avente n. 752/03/2017, che figura esteso in calce al processo verbale dell’udienza, dal seguente tenore:
Il Presidente vista l’istanza proposta dalla A.E. -Direzione Provinciale di Catanzaro, considerato che a norma degli artt. 395 e 396 c.p.c. nell’ipotesi in cui dal testo della sentenza non è dato scorgere il vizio revocatorio si ha come conseguenza che, ove esso vizio divenga noto dopo la formazione del giudicato, la revocazione sarà l’unico mezzo esperibile; viceversa, se il vizio è conosciuto in pendenza dei termini
dell’appello sarà, quest’ultimo il mezzo da utilizzare. Da tanto consegue che, nel caso di specie, l’istanza di revocazione è stata proposta quando ancora i termini di impugnazione della sentenza non erano spirati, di tal che la stessa deve essere dichiarata inammissibile .
Avverso detto provvedimento l’Ufficio proponeva reclamo ex art. 28 D.Lgs. n. 546 del 1992.
Con decreto presidenziale n. 882/2017, depositato il 20 dicembre 2017, il reclamo era rigettato con la seguente motivazione:
Si rigetta, riportandosi in toto alle motivazioni di cui all’ordinanza n. 752/03/2017, che qui per ripetuta e trascritta.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo; la contribuente resta intimata.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art 28 d lgs 546/92 nonché gli artt. 395 e 396 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.’. ‘Il ricorso in revocazione proposto dalla DP di Catanzaro è stato dichiarato inammissibile con il provvedimento n. 752/03/2017 che, seppur impropriamente qualificato come ‘ordinanza collegiale definitiva’, in realtà è stato adottato dal solo Presidente. Trattandosi di provvedimento presidenziale, la DP di Catanzaro ha proposto reclamo ex art. 28 del D.lgs. n. 546/1992′. ‘Il reclamo proposto dall’ufficio è stato deciso con un decreto presidenziale in luogo della sentenza e pertanto si ritiene che lo stesso sia suscettibile di ricorso per cassazione, trattandosi di provvedimento avente natura decisoria suscettibile di definire la controversia e avverso il quale non sono esperibili ulteriori mezzi di impugnazione’. ‘Nel merito, giudici hanno applicato un principio valido esclusivamente per le sentenze di primo grado, rispetto alle quali i motivi di revocazione si convertono in motivi di
appello e devono essere proposti mediante quest’ultimo mezzo di gravame ed entro i termini ordinari di impugnazione’. ‘Diverso è il caso delle sentenze di secondo grado, in quanto i motivi di revocazione non possono convertirsi in motivi di ricorso per cassazione, trattandosi di profili di fatto non rientranti tra i motivi proponibili alla Suprema Corte’.
Il motivo è fondato e merita accoglimento.
Essendo l’udienza di trattazione del 13 novembre 2017 esitata in un provvedimento, avente n. 752/03/2017, solo formalmente intitolato ‘ordinanza collegiale definitiva’, ma in realtà redatto e sottoscritto dal solo Presidente peraltro non relatore, con evocazione dunque delle prerogative sue proprie, ed essendo stato detto provvedimento reclamato, il successivo provvedimento, parimenti presidenziale, n. 882/2017, che, implicitamente ritenuta la natura presidenziale del suddetto provvedimento n. 752/03/2017, ha rigettato il reclamo, con conferma della declaratoria d’inammissibilità del ricorso in revocazione agenziale, assume valenza decisoria ed attitudine a definire il giudizio con conseguente impugnabilità per cassazione.
Ritenuta per l’effetto l’ammissibilità del ricorso per cassazione che ne occupa, è a rilevarsi l’errore in diritto in cui cadono entrambi i superiori provvedimenti (il primo richiamato ‘per relationem’ dal secondo). Ed invero, dedotta l’esistenza di un errore di fatto rilevante ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ., l’azione esperibile è il ricorso in revocazione, ancorché pendano i termini per la proposizione del ricorso per cassazione (una recente applicazione del principio è sottesa, ad es., a Cass. n. 8184 del 2025, a termini della quale, ‘in tema di processo tributario d’appello, la verifica della produzione in giudizio della notifica della comunicazione preventiva di iscrizione
ipotecaria forma oggetto di un accertamento di fatto e non di un’interpretazione degli atti processuali; ne consegue che la parte, la quale lamenti che il giudice d’appello abbia rigettato il gravame sull’erroneo presupposto che il suddetto deposito non fosse avvenuto, ha l’onere di impugnare la sentenza con la revocazione ordinaria e non col ricorso per cassazione’). Sotto altro profilo, ‘nel processo tributario, l’impugnazione per revocazione per i motivi previsti dai nn. 4 e 5 dell’art. 395 c.p.c. -anche nel regime anteriore all’entrata in vigore dell’art. 9, comma 1, lett. cc), del d.lgs. n. 156 del 2015, che ha modificato l’art. 64, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 -è ammissibile nei confronti delle sentenze d’appello avverso le quali sia stato già proposto ricorso per cassazione o sia pendente il termine per proporlo, poiché nel giudizio di cassazione non sono ammessi nuovi accertamenti di fatto, né rivalutazioni del giudizio sul fatto compiuto dal giudice d’appello’ (Cass. n. 14893 del 2022).
In ragione di quanto precede, il decreto presidenziale n. 882/2017, quivi impugnato, deve essere cassato con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado territorialmente competente, per nuovo esame e per la regolazione delle spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa l’impugnato decreto presidenziale n. 882/2017, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 13 giugno 2025.