Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15918 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15918 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 14/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10477/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME E NOME RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
REGIONE CAMPANIA, rappresentata e difesa NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la sentenza della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE n. 1915/2023 depositata il 23/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società contribuente ha impugnato il provvedimento con il quale la Regione chiedeva il pagamento del contributo previsto dagli articoli 17 della Legge Regionale Campania n.15/2005 e 19 della Legge Regionale Campania n.1/2008, contestando la legittimità della richiesta di pagamento del contributo per gli anni dal 2005 al 2010, sostenendo
che esso avrebbe potuto essere richiesto solo fino al 31 dicembre 2008, in quanto norma a validità triennale. Inoltre, ha eccepito l’incostituzionalità della richiesta, affermando che la Regione non può istituire tributi senza una base legislativa nazionale; ha altresì contestato l’errata determinazione del quantitativo di materiale estratto su cui si basa il contributo, poiché la costruzione dell’impianto avrebbe comportato la movimentazione di materiali non destinati alla vendita e ha contestato l’imponibilità dei materiali impiegati per il recupero ambientale dell’area.
Con sentenza n. 456/12/12, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Salerno ha dichiarato l’incompetenza territoriale, assegnando un termine di 60 giorni per il rinvio alla CTP di Napoli. Con atto notificato il 16 gennaio 2013, la RAGIONE_SOCIALE ha riassunto il giudizio presso la CTP di Napoli.
La CTP, previo espletamento di CTU, con sentenza n.10092/25/15, ha parzialmente accolto il ricorso, rideterminando l’importo dovuto alla Regione Campania ai sensi della L.R. n.15/2005 e della L.R. n.1/2008.
La società contribuente ha impugnato la sentenza di primo grado contestando la conformità costituzionale delle leggi regionali n.15/2005 e n.1/2008. Con sentenza n. 2866/2016, depositata il 23 marzo 2016, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) di Napoli ha rigettato l’appello della RAGIONE_SOCIALE confermando la decisione della CTP.
Infine, con ricorso per cassazione, la società contribuente ha impugnato anche la sentenza di secondo grado. La Corte di Cassazione, con sentenza n.1915 del 23 gennaio 2023, ha rigettato il ricorso, ritenendo infondati i motivi.
Parte ricorrente formula ricorso per revocazione avverso la detta sentenza, rilevando l’esistenza di un errore di fatto consistente nella mancata valutazione da parte della Corte di Cassazione di una
questione di legittimità costituzionale sollevata nella memoria presentata in occasione dell’originario ricorso per cassazione.
La Regione Campania si è costituita con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente, nella fase rescindente, sostiene di aver sollevato la questione basandosi sulla natura “tributaria” dei contributi regionali imposti agli esercenti l’attività di cava, ma che, successivamente, alla luce della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n.1182/2020 che ha qualificato tali contributi come “indennitari”, nelle proprie memorie ex art.378 c.p.c. depositate nel 2022, ha riproposto la questione di legittimità costituzionale argomentando che la natura “indennitaria” dei contributi li rende (ancora più) incostituzionali.
1.1. La sentenza n. 1915/23 di questa Corte si sarebbe limitata a dichiarare la manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità sollevate nel ricorso del 2016, senza pronunciarsi sulla nuova questione articolata nelle memorie del 2022. Tale errore sarebbe decisivo, in quanto, se la Corte avesse esaminato la questione di legittimità costituzionale alla luce della natura “indennitaria” dei contributi, avrebbe dovuto dichiarare fondata l’eccezione di incostituzionalità, come evidenziato da un’ordinanza del Tribunale di Napoli del 2023.
1.2. Chiede dunque, in fase rescissoria, di revocare la sentenza n. 1915/2023 o, in alternativa, di sospendere il giudizio in attesa della definizione della questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Napoli, oppure rimettere la questione alla Corte Costituzionale.
La Regione Campania si è costituita con controricorso, sostenendo che la questione di legittimità costituzionale, essendo una valutazione di diritto, non può essere ricondotta all’errore di fatto ex art. 395 n.4 c.p.c. con conseguente richiesta di rigetto del ricorso per revocazione.
Il ricorso per revocazione è inammissibile.
Invero, contrariamente alla prospettazione di controparte, la Corte di legittimità ha dato atto, nella parte in fatto, che la ricorrente aveva depositato la memoria in questione, tenendola evidentemente in considerazione.
4.1. Al punto 1.1, fol. 6 ha invero rilevato:
‘ 1.1 Ciò posto, la questione di legittimità costituzionale della L.R. Campania 11 agosto 2005, n. 15, art. 17 e della L.R. Campania 30 gennaio 2008, n. 1, art. 19 che è stata prospettata dalla ricorrente, è manifestamente infondata.
1.2 Anzitutto, una volta ritenuto che: “Si tratta, in verità, (…) di contribuzioni evidentemente collegate al pregiudizio subito dalla salubrità dell’ambiente per effetto dell’attività estrattiva che nemmeno è direttamente parametrata sulla capacità contributiva dei soggetti ai quali sono imposte tali forme di contribuzione, queste ultime assumendo i tratti di prestazione indennitarie che non possono assimilarsi in alcun modo a prestazioni di natura tributaria” (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. Un., 21 gennaio 2020, n. 1182), si deve coerentemente escludere ogni rilevanza al parametro desunto dall’art. 53 Cost..
1.3 Per il resto, la paventata violazione degli artt. 3, 23 e 119 Cost. sull’erroneo presupposto della natura tributaria del contributo in questione, secondo la deduzione della ricorrente – è già stata vagliata dal giudice delle leggi nel senso dell’inammissibilità (Corte Cost., 8 marzo 2018, n. 52) con argomentazioni pienamente condivisibili, rispetto alla cui persuasività il ricorrente non ha fornito nuovi e significativi elementi per discostarsene, reiterando in questa sede lo scrutinio della questione di legittimità costituzionale in relazione ai medesimi parametri. >>’.
4.2. Dunque, la Corte ha dato atto che era stata depositata una memoria ed ha richiamato una pronuncia della Corte Cost. per
escludere la rilevanza della questione di legittimità costituzionale posta con riferimento agli artt. 3, 23 e 119 Cost.
4.3. Inoltre, la Corte, al punto 4.1, ha esaminato la legittimità delle disposizioni regionali con riferimento alla disciplina euro-unitaria ma con considerazioni che ne fondavano la valutazione di legittimità costituzionale; legittimità che è stata confermata da Corte Cost., 15 aprile 2024, n. 57 (punto 6.2 della sentenza; punto 8 nonché punto 9 quanto al l’art. 19 della legge reg. Campania n. 1 del 2008 ).
4.4. Non può non rilevarsi che l’attività di interpretazione degli atti di parte e le modalità di articolazione del percorso argomentativo non possono formare oggetto di revocazione. Il ricorso si traduce, invero, in una proposta di diversa interpretazione della norme e in una differente lettura degli atti di parte, che viene offerta in diversi termini rispetto alla risposta originaria di questa Corte.
4.5. Ne consegue che, nella fattispecie, non v’è alcun errore revocatorio né, in realtà, si contesta una qualche erronea valutazione delle quaestiones iuris esaminate, che non può trovare ingresso in questa sede.
Il ricorso per revocazione non può dunque essere accolto, in quanto inammissibile.
Le spese del giudizio per revocazione seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso per revocazione.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio per revocazione, che liquida
in euro 14.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso proposto, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23/01/2025.