Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11472 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11472 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 01/05/2025
INAMMISSIBILITA RICORSO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1101/2018 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. V. NOME COGNOME in forza di procura allegata al ricorso, p.e.c. EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato;
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. DELLA SICILIA- SEZIONE STACCATA DI CALTANISSETTA, n. 2173/2017, depositata in data 12/06/2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Caltanissetta (C.T.R.), rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Enna (C.T.P.) la quale aveva rigettato il ricorso proposto contro l’avviso di accertamento n. TYO1T200485 e l’avviso di accertamento n. TYO1T200488 con cui, con metodo sintetico in considerazione del possesso di due autoveicoli, un autocarro e beni immobili (terreno e fabbricato), erano riprese Irpef e Irap degli anni di imposta 2004 e 2005.
In particolare i giudici dell’appello, premesso che con l’unico motivo di gravame il contribuente aveva dedotto la violazione dell’art. 36 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, evidenziavano che l’appello non era fondato su argomentazioni meritevoli di apprezzamento e pertanto andava rigettato in quanto nel caso di specie la sentenza gravata risultava soddisfare, in maniera essenziale ma tuttavia completa, tutti i requisiti di cui alla predetta disposizione; evidenziavano pertanto che anche il provvedimento relativo al procedimento dell’amministrazione finanziaria originariamente impugnato dal contribuente risultava immune da censure.
Avverso la sentenza della C.T.R. il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a un motivo.
L ‘Agenzia delle
Entrate resiste con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 06/02/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo e unico motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 e 118 disp. att.
cod. proc. civ.; premette di avere impugnato i due avvisi di accertamento in quanto afferenti a beni quali autovetture privi di qualsivoglia valore commerciale e frutto degli acquisti risalenti a molti anni prima e che il giudice di prime cure aveva respinto il ricorso con una breve motivazione nella quale si riportava per relationem al contenuto della comparsa dell’Agenzia delle Entrate di Enna, senza motivare né giustificare la ragione per la quale la difesa del ricorrente non era fondata; di aver conseguentemente impugnato la sentenza di primo grado per vizio della motivazione e che tuttavia anche la CTR non aveva motivato a sufficienza le ragioni poste a base della propria decisione, limitandosi a riportare qualche massima e senza spiegare nel dettaglio come il contenuto della sentenza di primo grado fosse idoneo a supportare le ragioni dell’ufficio.
2. Il ricorso è inammissibile.
La CTR ha dato atto che la lite verteva su due avvisi di accertamento per Irpef e Irap per gli anni 2004 e 2005, in cui il contribuente non aveva presentato la dichiarazione dei redditi, che erano ricostruiti induttivamente con metodo sintetico, in base al possesso di cespiti, quali automezzi (due autovetture e un autocarro) e immobili (terreno e fabbricato) da parte del coniuge, privo di capacità reddituale, e ha rigettato l’unico motivo di appello, costituito dal vizio di motivazione della sentenza di primo grado.
Ciò premesso, il ricorso è del tutto carente di adeguata specificità; esso omette di riportare, anche solo in maniera sintetica, o di richiamare il contenuto dei due atti di accertamento, il contenuto dei due ricorsi introduttivi, e delle difese in essi esposte, il contenuto delle difese erariali, il contenuto della sentenza di primo grado, che era stata poi impugnata, a sua volta per difetto di motivazione, davanti alla CTR, e lo stesso tenore dell’appello .
E’ noto che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6), cod. proc. civ., -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021- non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, onere che può ritenersi insussistente laddove nel ricorso sia però puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. Sez. U. n. 8950/2022).
Il principio di specificità è quindi compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (Cass. n. 12259/2022).
Nessuno di tali adempimenti è stato compiuto validamente dal contribuente, la cui esposizione dello svolgimento processuale e delle questioni del contendere è del tutto lacunosa.
Occorre precisare peraltro che la sentenza della CTR contiene invece una succinta ma chiara individuazione dell’oggetto del processo e la motivazione fornita deve essere rapportata a quello che, nella
descrizione dello stesso ricorrente, era l’unico motivo di appello e cioè la insufficienza della motivazione, motivo rispetto al quale la sentenza fornisce adeguata motivazione.
Concludendo, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Alla soccombenza segue condanna al pagamento delle spese di lite.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore d ell’ Agenzia delle entrate, spese che liquida in euro 2.300,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 06/02/2025.