Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7063 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7063 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 27746/2016 proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, giusta mandato in calce al ricorso per cassazione.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della PUGLIA, n. 1094/2016, depositata in data 29 aprile 2016, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
COGNOME NOME ha proposto appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bari, n. 102/2015, depositata in data 22 gennaio 2015, che aveva rigettato il ricorso presentato avverso l’avviso con il quale, per l’anno d’imposta 2008, era stato accertato un maggior reddito imponibile, con annullamento della perdita dichiarata e il recupero dei tributi dovuti.
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello , ritenendo che non sussisteva l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale e che l’appellante non aveva fornito una prova adeguata per smentire la notevole divergenza tra le percentuali di ricarico dell’anno 2008 (2,28%), quelle dei due anni precedenti (10% – 6%) e quella dei due anni successivi (9% – 10%), nonché l’incongruenza dei valori contabili rispetto allo studio di settore, il calo vertiginoso RAGIONE_SOCIALE rimanenze e la notevole perdita di esercizio rispetto alle altre annate.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Va disattesa l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per cassazione perché priva di esposizione in fatto, atteso che il ricorso contiene tutti gli elementi necessari a rappresentare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e consente a questa Corte la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità
di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass., Sez. U., 24 febbraio 1998, n. 1998 e, più di recente, Cass., 3 novembre 2020, n. 24432).
Il primo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto sul primo aspetto evidenziato nella sentenza del 12/01/2015 e cioè la mancata esibizione di documentazione e/o pezze giustificative relativamente agli acquisti in nero, così come indicati nel predetto PVC. Preme evidenziare che il ricorrente aveva subìto un controllo senza alcuna possibilità di esibire documentazione a suo vantaggio partendo dall’assunto che ciò che i militari della Guardia di Finanza di Bari avevano «desunto» dalla documentazione trovata presso la RAGIONE_SOCIALE fosse certo ed incontestabile. Il ricorrente aveva, poi, ritenuto opportuno evidenziare alcuni significati della parola presunzione e aveva dedotto relativamente al calo vertiginoso RAGIONE_SOCIALE rimanenze che l’azienda aveva errato i propri acquisti per cui aveva dovuto procedere ad una grossa svendita per recuperare almeno il costo di alcuni prodotti e contenere la perdita su altri e tale affermazione era stata acclarata dalla Commissione che aveva dichiarato che se così era stato ci sarebbe stato un incremento RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali di esercizio, che, invece, risultavano essere in diminuzione costituendo, addirittura, secondo la Commissione, una eccezionalità.
2.1 Il motivo è inammissibile.
2.2 Ed invero, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col
precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23745).
2.3 Inoltre, il ricorrente che intende censurare la violazione o falsa applicazione di norme di diritto deve indicare e trascrivere nel ricorso, a pena di inammissibilità, anche i riferimenti di carattere fattuale in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione denunciata (Cass. 13 maggio 2016, n. 9888; Cass., 24 luglio 2014, n. 16872; Cass., 4 aprile 2006, n. 7846).
2.4 Tali oneri non sono stati assolti dal ricorrente. Inoltre, nel caso in esame, il ricorrente richiama dapprima, a pag. 2 del ricorso per cassazione, la sentenza di primo grado, la n. 12/01/2015 e non la sentenza impugnata e anche quando riporta, a pag. 3 del ricorso per cassazione, l’affermazione fatt a dalla Commissione (senza altra specificazione) sull’incremento RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali di esercizio, si riferisce al contenuto della motivazione di primo grado, non avendo i giudici di secondo grado espresso alcuna valutazione in termini di «eccezionalità» della diminuzione RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali di esercizio.
3. Il secondo motivo deduce l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. L’RAGIONE_SOCIALE aveva sostenuto a pag. 4 del verbale dell’accertamento che il ricorrente aveva venduto la merce acquistata a poco più del prezzo di costo e che detta gestione risultava del tutto incongruente atteso che l’attività era di pura commercializzazione a cui corrispondevano sicuri margini di guadagno sulla merce compravenduta, ma si trattava di un assunto totalmente infondato, in quanto non esisteva alcuna attività in cui i margini di guadagno erano sicuri e l’attività imprenditoriale proprio perché tale non aveva alcuna sicurezza, essendo la propensione al rischio tipica dell’attività imprenditoriale
3.1 Senza prescindere dal profilo di inammissibilità della censura nella parte in cui, nella sua tecnica di formulazione, rivolge la censura direttamente al l’operato dell’RAGIONE_SOCIALE e non anche alla sentenza impugnata (cfr. Cass., 27 marzo 2013, n. 7717; Cass., 7 maggio 2007, n. 10295; Cass., 13 marzo 2009, n. 6134), il motivo è pure inammissibile, in quanto, in relazione al denunciato vizio motivazionale, lo stesso ricorrente fa riferimento ad una nozione di tale vizio (in termini di « l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione») non più riconducibile ad alcuna RAGIONE_SOCIALE ipotesi previste dal codice di rito, ed in particolare non sussumibile nel vizio contemplato dall’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. (nella formulazione disposta dall’art. 54 del decreto legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis ), atteso che tale mezzo di impugnazione può concernere esclusivamente l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti e postula l’esatto adempimento degli specifici oneri di allegazione sanciti da Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053, qui, invece, rimasti assolutamente inosservati.
Per quanto esposto, il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 14 febbraio 2024.