Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19347 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19347 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2024
Oggetto: accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 12339/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’AVV_NOTAIO (con indirizzo PEC: EMAIL)
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’ RAGIONE_SOCIALE con domicilio in INDIRIZZO (con indirizzo PEC: EMAIL);
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 5863/01/2015 depositata in data 11/11/2015;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 26/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
–COGNOME NOME ricorreva contro l’avviso di accertamento notificato per Irpef, Iva ed Irap 2007 con il quale l’Ufficio, sulla base RAGIONE_SOCIALE scostamento dei ricavi dichiarati rispetto a quelli determinati con la metodologia degli studi di settore, rideterminava i tributi dovuti per l’annualità in parola;
-la CTP di Viterbo annullava l’avviso d’accertamento; appellava l’Ufficio;
-con la pronuncia qui gravata il giudice dell’impugnazione ha accolto l’appello dell’Amministrazione finanziaria poiché ha ritenuto da un lato motivato l ‘ atto impugnato; dall’altro ha ritenuto che la contribuente non abbia fornito prova adeguate dei propri assunti limitatosi ad addurre giustificazioni generiche quali la crisi del settore; le stesse, secondo la sentenza gravata, risultano in concreto recessive di fronte agli elementi dedotti dall’Amministrazione quali la presenza di beni strumentali, l’antieconomicità dell’attività (reddito mensile dichiarato di soli 600,00 €) , le anomalie nella redazione RAGIONE_SOCIALE studio di settore come la presenza di rimanenze iniziali per il periodo 2007 senza l’indicazione di rimanenze finali nel precedente periodo 2006, oltre all’esistenza della discrasia tra costi e ricavi dichiarati in un periodo in cui non era ancora presente la crisi del settore;
-ricorre a questa Corte il contribuente con tre motivi di impugnazione;
-l’RAGIONE_SOCIALE ha unicamente depositato atto di costituzione in vista della pubblica udienza;
Considerato che:
-il primo motivo si incentra sull’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. per avere il giudice del gravame omesso di esaminare la sussistenza RAGIONE_SOCIALE gravi incongruenze tra ricavi e compensi e corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore;
-il motivo non può trovare accoglimento;
-la censura prevista dal novellato art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia di un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico- naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e che abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia: così Cass. n. 13024 del 2022; Cass. n. 14802 del 2017);
-non possono quindi considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base RAGIONE_SOCIALE prove acquisite nel corso del relativo giudizio (Cass. n. 10525 del 2022);
-nel presente caso, parte ricorrente deduce come fatto storico del quale sarebbe stato omesso l’esame la mancata presa in considerazione della sussistenza della grave incongruenza tra ricavi compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore;
-invero, non può ritenersi mancato esame del fatto storico il non avere la CTR pronunciato sull’eccezione proposta nei gradi di merito relativa alla insussistenza del grave scostamento RAGIONE_SOCIALE risultanze dichiarative dai dati indicati dagli studi di settore, dovendo tale vizio semmai farsi valere quale mancata pronuncia in ordine a una violazione di legge e comunque non rivestendo la sussistenza o meno di tale grave scostamento fatto storico naturalistico nel senso in cui è inteso dall’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c.;
-il riferimento alla mancata valutazione RAGIONE_SOCIALE gravi incongruenze, che consistono in condizioni di legittimità legale dell’accertamento fondato su studi di settore, è quindi inappropriato anche dal
momento che tale doglianza andava semmai proposta -e così non è stato – quale violazione di legge;
-come è noto, in tema di ricorso per cassazione, è in ogni caso inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo possibile la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione ai quale si deve decidere, e il mancato esame di un fatto storico decisivo che suppone non esaminato proprio il fatto decisivo;
-il secondo motivo di gravame deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per avere il giudice dell’appello posto alla base della propria decisione fatti contrari rispetto a quelli che erano stati espressamente riconosciuti esistenti e quindi non contestati dall’Amministrazione finanziaria vale a dire la situazione di oggettiva difficoltà nello svolgimento dell’attività da parte del contribuente sia per ragioni strettamente attinenti alla propria attività sia per ragioni collegate alla crisi del settore edilizio nel quale egli operava;
-il motivo è inammissibile;
-lo stesso infatti ripropone in sostanza censure di puro merito il cui scrutinio non può compiersi in questa sede di legittimità;
-comunque, non può qui ragionarsi in termini di violazione degli artt. 115 e 116, c.p.c. che, invero, non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, RAGIONE_SOCIALE prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico
(elementi di prova soggetti invece a valutazione; in argomento si veda Cass. civ., 29 marzo 2022, n. 10016);
-in ultimo, neppure costituisce non contestazione l’avere da parte dell’Ufficio in parte accolto le osservazioni, come scrive la CTR, riducendo la pretesa. Tale riduzione quantitativa, una volta operata in parte dell’Ufficio, certo non legittimava il giudice del merito a riconoscerla nuovamente -pena la sua illegittima moltiplicazione -come ragione idonea a giungere all’annullamento , stavolta in toto , della pretesa di maggiori tributi;
-il terzo motivo censura la pronuncia impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L. n. 212 del 2000, dell’art. 62 sexies c.3 del d.L. n. 331 del 1993 e dell’art. 39 c. 1 lett.d) del d.P.R. n. 600 del 1973 per avere il giudice del merito mancato di ritenere illegittimo in quanto non correttamente motivato in maniera puntuale l’avviso di accertamento impugnato, in particolare non valutando correttamente il fatto che l’Ufficio non aveva fornito alcuna spiegazione del perché le giustificazioni offerte dal contribuente non erano state ritenute sufficienti ad annullare la pretesa ma unicamente idonee a ridurla essendo le motivazioni addotte nell’invito a comparire esattamente identiche a quelle di cui all’avviso di accertamento;
-il motivo è inammissibile;
-invero lo stesso è difettoso quanto a specificità e localizzazione dal momento che la trascrizione unicamente di alcune righe sia dell’avviso di accertamento sia dell’invito a comparire operate a pag. 16 del ricorso non consentono a questa Corte di avere contezza dell’intero apparato motivazionale dell’atto impugnato e come tale di valutare o meno la sussistenza del vizio denunciato;
-come è noto, i requisiti di contenuto -forma dei motivi di ricorso per cassazione, previsti, a pena di inammissibilità dall’art. 366, comma 1, c.p.c., n. 3, n.4 e n. 6, devono essere assolti necessariamente con ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, “dovendo il
ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi ed in quale fase processuale sia stato depositato” (Cass. n. 29093 del 2018). Ne consegue che il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di autosufficienza (ora principio di specificità e localizzazione) ex art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., all’integrale trascrizione degli atti del giudizio di merito, che si assumono rilevanti ai fini della decisione, con riferimento alle singole censure illustrate in ricorso o ad indicare esattamente nel ricorso in quale fascicolo è possibile rinvenire tali atti, ed in quale fase del giudizio di merito siano stati depositati. Questa Corte, con indirizzo condiviso, ha affermato che nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un atto impositivo (avviso di accertamento, cartella di pagamento ecc.), è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti “testualmente” i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica “esclusivamente” in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e RAGIONE_SOCIALE ragioni giuridiche poste a suo fondamento (Cass. n. 8312 del 2013; Cass. n. 9536 del 2013; Cass. n. 3289 del 2014; Cass. n. 16147 del 2017). A tale onere processuale il ricorrente non risulta avere ottemperato, così impedendo a questo giudice di Legittimità ogni valutazione (Cass. n. 2928 del 2015);
-nella fattispecie, fermo restando che quanto al fine della valutazione RAGIONE_SOCIALE censure, sarebbe stato necessario esaminare il
contenuto dell’atto impugnato nella sua integralità, in ogni caso dalla lettura RAGIONE_SOCIALE righe di cui si è detto dell’atto in parola si evince come -diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente l’Amministrazione Finanziaria abbia realtà motivato, rispondendo quindi alle contestazioni del contribuente formulate in seguito alla notifica dell’invito a comparire, in ordine alle ragioni che l’hanno indotta a ridurre la pretesa
-scrive infatti l’Ufficio che ‘dopo aver esaminato la documentazione presentata ritiene di non poter accogliere la richiesta di annullamento totale dell’invito trasmesso ma solo di rimodulare eventualmente la pretesa tributaria’ : ebbene, con ciò si dimostra come l’Ufficio abbia tenuto effettivamente conto RAGIONE_SOCIALE doglianze espressa dal contribuente nella fase endo-procedimentale, accogliendole in parte tant’è che l’originaria pretesa ne è uscita ridimensionata. Nondimeno, tale riduzione quantitativa, una volta operata in parte dell’Ufficio, certo non vincolava lo stesso a riconoscerla ulteriormente come ragione idonea a giungere all’annullamento in toto della pretesa;
-conclusivamente, il ricorso è rigettato;
-non vi è luogo a pronuncia sulle spese di lite stante la mancata costituzione della parte intimata;
p.q.m.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 26 giugno 2024.