Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33610 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33610 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 15879 del ruolo generale dell’anno 2020, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
Contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale su foglio separato allegato al controricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO;
Oggetto:Tributi
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, n. 1251/18/2019, depositata in data 5 marzo 2019;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 novembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
Dall’esame della sentenza impugnata si evince che: 1) con sentenza n. 288/04/2005 la Commissione tributaria di Latina aveva respinto il ricorso di NOME COGNOME avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva contestato, ai fini IRPEF, per il 1997, l’indebita deduzione di costi nonché l’omessa contabilizzazione di ricavi essendo emerso – da una verifica generale eseguita dalla Guardia di Finanza e dal consequenziale processo verbale di constatazione- che il contribuente svolgeva l’attività di affittacamere, oltre a quella dichiarata di mediatore immobiliare; 2) avverso la pronuncia di rigetto del ricorso il contribuente aveva proposto appello dinanzi alla C.T.R. del Lazio, sezione staccata di Latina, che l ‘aveva accolto con sentenza n. 763/04/2007; 3) avverso tale sentenza, l ‘ Agenzia delle entrate aveva proposto ricorso per cassazione che veniva accolto con ordinanza n. 6264 del 2018, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio, sezione di Latina; 4) a seguito di riassunzione del giudizio a cura del contribuente, la CTR del Lazio, sezione staccata di Latina, con la sentenza n. 1251/18/2019, depositata il 5 marzo 2019, accoglieva l’appello avverso la sentenza n. 288/04/2005 della CTP di Latina.
Avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
3.Il contribuente resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Va preliminarmente rilevata la tempestività del ricorso per cassazione essendo stato notificato in data 8 giugno 2020, a mezzo PEC all’indirizzo del difensore domiciliatario di grado di appello della società contribuente, nel termine annuale ex art. 327 primo comma c.p.c. (per essere stato il giudizio di primo grado instaurato anteriormente al 4 luglio 2009) decorrente dalla pubblicazione della sentenza impugnata in data 5 marzo 2019, tenendo conto sia della sospensione dei termini processuali per l’emergenza sanitaria scaturente dalla pandemia Covid 19, dal 9.3.2020 all’11.5.2020, disposta con i decreti-legge 17.3.2020 n.18, convertito con modificazioni in legge 24.2.2020 n.27, e 8.4.2020 n.23, convertito con modificazioni in legge 5.6.2020 n.40 che della ordinaria sospensione durante il periodo feriale; in particolare, la ricorrente ha beneficiato dell’ordinaria sospensione di cui al periodo feriale in aggiunta a quella di sospensione dei termini c.d. Covid, in quanto quest’ultima è cessata precedentemente all’inizio del periodo feriale, il che vuoi dire, con riferimento al caso in esame, che il termine lungo di impugnazione era in corso quando è poi sopraggiunto il periodo feriale, beneficiando pertanto dell’ordinaria sospensione dei termini per l’intero periodo (nello stesso senso, Cass., sez. 2, n. 37532 del 2021; v. anche Cass., sez. 6 – 1, n. 34600 del 2021; Sez. 6 – 1, n. 34597 del 2021; Cass. sez. 6-5, n. 8710 del 2022).
2 .Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio per avere la CTR, in sede di rinvio, annullato l’avviso omettendo di considerare le circostanze di fatto evidenziate dall’Ufficio risultanti dalla verifica compiuta dalla G.d.F. In particolare, il giudice di merito, dopo avere definito NOME COGNOME quale ‘affittacamere’, riconosceva lo svolgimento da parte di quest’ultimo di un’attività di intermediazione immobiliare, ritenendo che i servizi effettuati (di accoglienza, consegna chiavi e accompagnamento, riscossione fitti per conto dei proprietari) fossero svolti nell’interesse dei proprietari degli immobili e a questi rimborsati direttamente, retrocedendo il contribuente le somme ai singoli proprietari ‘non quale conduttore ma nella veste di semplice intermediario immobiliare’; con ciò, ad avviso dell’Agenzia, il giudice del rinvio avrebbe omesso di valutare il fatto
specifico prospettato dall ‘ Amministrazione (sulla scorta degli elementi forniti dalla Guardia di Finanza) sul quale la stessa fondava la qualificazione dell’attività svolta dal contribuente quale ‘affittacamere’ e cioè che questi procedesse a sublocare le unità immobiliari a lui date in disponibilità dai proprietari, fornendo ai clienti servizi aggiuntivi (di pulizia delle camere, cambio biancheria e lenzuola, sostituzione delle serrature e riparazione di piccoli guasti etc.) ed incamerando quindi la cospicua differenza tra l’entrata realizzata e quanto riversato ai proprietari degli immobili (le fatture attive rinvenute dalla G.d.f. certificavano corrispettivi riscossi con descrizioni di affitto per importi alti, incompatibili, come rilevato dai verificatori, con la riscossione di mere provvigioni).
3 .Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. per avere la CTR – incorrendo in un macroscopico vizio di contraddittorietà tra dispositivo e motivazione affermato, nella parte motiva, che ‘ non poteva conseguire una vera e propria detrazione di costi ‘ -ritenendo, quindi, legittimo l’accertamento in parte qua -e, in dispositivo, l’accoglimento dell’appello con integrale annullamento dell ‘avviso di accertamento.
4. In accoglimento dell’eccezione sollevata dal contribuente, l’intero ricorso è inammissibile per difetto della sommaria esposizione dei fatti di causa.
5. E’ orientamento pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, per soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 n. 3 c.p.c., è necessario che dal contesto dell’atto nel suo complesso, formato dalle premesse e dallo svolgimento dei motivi, e quindi dalla sola lettura di esso, con esclusione dell’esame di ogni altro documento e della stessa sentenza impugnata , deve necessariamente essere desumibile una precisa cognizione così dell’origine e dell’oggetto della controversia, come dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, in guisa da consentire al giudice di legittimità un’ adeguata comprensione del significato e della portata delle critiche mosse alla pronuncia del giudice a quo (così, ex pluribus, Cass: 25 marzo 1999
n. 2826, Cass. SSUU 11308 del 22/05/2014). Va rammentato che il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti è funzionale alla completa e regolare instaurazione del contraddittorio ed è soddisfatto laddove il contenuto dell’atto consenta di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti, sicché impone alla parte ricorrente, sempre che la sentenza gravata non impinga proprio per questa ragione in un’apparenza di motivazione, di sopperire ad eventuali manchevolezze della stessa decisione nell’individuare il fatto sostanziale e soprattutto processuale (Cass. n. 16103 del 2013; Cass. n. 16103 del 2016; Cass., sez. 6-5, n. 13317 del 2020). La mancanza dell’esposizione sommaria dei fatti di causa richiesta dall’art. 366, n. 3) c.p.c., requisito essenziale, poiché l’illustrazione dei fatti sostanziali della vicenda, al di là di quelli processuali, è funzionale alla comprensione dei motivi e alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (Cass. 10072/2018, 7025/2020, 28780/2020), non surrogabile ex sé dall’esame dei motivi e degli altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione (Cass. Sez. U, 11308/2014). Questa Corte ha ritenuto che la specifica disciplina del ricorso per cassazione «non contrasta con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali», poiché i relativi requisiti «sono individuati in modo chiaro (tanto da doversi escludere che il ricorrente in cassazione, tramite la difesa tecnica, non sia in grado di percepirne il significato e le implicazioni) ed in armonia con il principio della idoneità dell’atto processuale al raggiungimento dello scopo, sicché risultano coerenti con la natura di impugnazione a critica limitata propria del ricorso per cassazione e con la strutturazione del giudizio di legittimità quale processo sostanzialmente privo di momenti di istruzione» (Cass. 27/2020, con riferimento all’analogo requisito di contenuto-forma previsto a pena di inammissibilità dall’art. 366, n. 6, c.p.c.; v. Cass., sez. 1, Ordinanza n. 16024 del 2023).
6. Nel ricorso, nella parte relativa al ‘fatto’, l’Agenzia ha esposto che: 1) COGNOME aveva impugnato dinanzi alla CTP di Latina l’avviso di rettifica relativo all’Iva
1997 con cui l’Ufficio di Formia, p revio p.v.c. della G.d.F. di Ventotene, aveva contestato l’omessa contabilizzazione di ricavi e l’indebita detrazione dell’imposta relativamente ad acquisti ritenuti non inerenti, essendo emerso dalle indagini che il contribuente svolgeva l’attività di affittacamere, oltre a quella dichiarata di mediatore immobiliare; 2) la CTP di Latina aveva rigettato il ricorso; 3) avverso la sentenza di primo grado il contribuente aveva proposto appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, che, con sentenza n. 762/07, lo accoglieva; 4) avverso la suddetta decisione l’Agenzia delle entrate aveva proposto ricorso per cassazione che, con ordinanza n. 30402/2011, l ‘aveva accolto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio dinanzi ad altra sezione della CTR del Lazio; 5) la Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione di Latina, con sentenza n. 3025/40/14, depositata il 13 maggio 2014, aveva dichiarato estinto l’intero processo per mancata riassunzione del giudizio entro un anno dalla pubblicazione della sentenza rescindente; 6) avverso tale sentenza il contribuente proponeva ricorso per cassazione nonché ricorso per revocazione dell’ordinanza della Cor te di cassazione n. 30402/2011; 7) la Corte di cassazione, con sentenza n. 18055 del 2017, riuniti i procedimenti, dichiarava inammissibile il ricorso per revocazione, accogliendo il secondo motivo del ricorso per cassazione relativo all’omessa pronuncia sull’istanza del contribuente di rimessione in termini per la proposizione dell’atto di riassunzione; 8) il contribuente riassumeva il giudizio dinanzi alla CTR del Lazio, sezione staccata di Latina, che, con sentenza n. 1251/2019, accoglieva l’appello, co n riforma della sentenza della CTP di Latina.
Nella specie, il generico richiamo nella parte in fatto ad un avviso di rettifica relativo all’Iva 1997 e agli atti processuali cui l’Agenzia ha fatto riferimento -senza alcun confronto con quanto premesso, in punto di fatto, dalla CTR, nella sentenza impugnata ovvero che trattavasi, a seguito della ordinanza della Corte di cassazione n. 6264/18, che aveva cassato la sentenza della CTR del Lazio, sezione di Latina, n. 763/2007, della riassunzione del giudizio di appello avverso la sentenza n. 288/04/2 005 di rigetto dell’originario ricorso del contribuente
avverso un avviso di rettifica, ai fini Irpef, per il 1997- si è risolto in una non chiara e precisa, benchè sommaria, esposizione dei fatti processualmente rilevanti che impedisce a questa Corte di comprendere l’oggetto effettivo della controversia ed il contenuto delle censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa. La consolidata giurisprudenza di legittimità, esorta in modo chiaro ogni ricorrente ad esporre in modo sintetico sì, ma intelligibile ed in via preliminare, ad ogni ulteriore doglianza lo sviluppo dell’esposizione delle vicende processuali, con adeguata -benché mai pedissequa- illustrazione delle questioni via via trattate, alla stregua delle rispettive causae petendi ed excipiendi , o dei petita di volta in volta proposti: ciò che, appunto, è mancato nel ricorso (v. in tal senso, Cass., sez. 6-3, n. 13312 del 2018).
8.In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
9.Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714).
P.Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 4.300,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 5 novembre 2024