Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22939 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22939 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 25820 del ruolo generale dell’anno 201 8, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende;
-ricorrente-
Oggetto: Tributi
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 571/11/2018, depositata in data 13.2.2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
1. L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva respinto l’appello proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , avverso la sentenza n. 4920/25/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’avvis o di accertamento con il quale l’Ufficio , a seguito di p.v.c. della Guardia di Finanza di Melegnano, aveva recuperato per il 2010, per quanto ancora di interesse: 1) costi indebitamente dedotti ai fini Irap in relazione a un ‘ contratto di appalto ‘ stipulato in data 2.1.2006, con la cooperativa di RAGIONE_SOCIALE riqualificato dall’Amministrazione come somministrazione di manodopera, con conseguente riconduzione dei costi da esso derivanti non già tra i ‘costi della produzione per servizi’ ma tra ‘i costi per il personale salari e st ipendi’, non concorrenti alla determinazione della base imponibile IRAP ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 446/97; 2) l’Iva indebitamente detratta in relazione alle operazioni intercorse tra la società contribuente e RAGIONE_SOCIALE non dando luogo a costi per prestazioni di servizi; 3) l’Iva indebitamente detratta in relazione a fattur e emesse da RAGIONE_SOCIALE afferenti ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, essendo risultata quest’ultima una mera estensione di Trinacria
RAGIONE_SOCIALE stante l’identità delle compagini sociali e configurandosi un’amministrazione di fatto unitaria.
2. In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha osservato che: 1) con sentenza del GIP del Tribunale di Lodi, il legale rappresentante di Trinacria (NOME COGNOME) era stato assolto (‘ perché il fatto non sussiste ‘) escludendo che la eventuale riconduzione dell’assetto societario ad un unico soggetto (per l’ipotizzata amministrazione di fatto di RAGIONE_SOCIALE) potesse ritenersi sufficiente ad integrare il reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74/2000, non configurandosi operazioni soggettivamente inesistenti né un indebito vantaggio fiscale; 2) non risultava provato il carattere fittizio del contratto di appalto con RAGIONE_SOCIALE, stipulato in data 2.1.2006, per l’attività di carico e scarico, né tantomeno che i pagamenti, fatturati in base ai quintali movimentati, fossero in realtà parametrati alle ore lavorate dai dipendenti; la contribuente aveva chiarito che presso il magazzino dove operava la RAGIONE_SOCIALE vi erano solo quattro dipendenti propri (di cui due con presenze saltuarie) e che tutti i lavoratori facevano riferimento al sostanziale dirigente di RAGIONE_SOCIALE (NOME COGNOME) senza alcun versamento di retribuzioni o impartizione di ordini da parte della contribuente; 3) correttamente il giudice di primo grado aveva negato l’assunta interposizione fittizia di manodopera (nonostante la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Milano c he aveva ordinato l’assunzione da parte di COGNOME di un dipendente della RAGIONE_SOCIALE, non riguardando, in ogni caso, tale pronuncia la totalità dei dipendenti ed essendo stata comunque impugnata) facendo riferimento anche alle sentenze (divenute definitive) emesse in sede tributaria, con le quali erano stati annullati avvisi relativi a periodi di imposta precedenti (2006-2008) afferenti alla medesima materia, sul presupposto che la fatturazione da parte della Cooperativa fosse avvenuta sulla base dei quintali di merce movimentata in aderenza alle pattuizioni del contratto di appalto di servizi; 4) quanto ai rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e la contribuente, i fatti contestati (che la prima era stata costituita per realizzare la movimentazione e la distribuzione delle merci relative ai magazzini siti in Roma, Maddaloni e San Mauro Torinese; che ne era unica socia la moglie del legale
rappresentante di Trinacria; che la stessa era poi succeduta a RAGIONE_SOCIALE nella gestione del contratto d’appalto) non erano idonei a supportare la tesi dell’inesistenza soggettiva delle prestazioni intercorse tra dette società e, dunque, della indetraibilità della relativa Iva; invero, in mancanza della dimostrazione della natura di ‘cartiera’ di RAGIONE_SOCIALE , risultava infondata la contestazione dell’Amministrazione circa il carattere di inesistenza soggettiva delle operazioni intercorse con quest’ultima , essendosi, piuttosto, in presenza di una distribuzione delle attività in modo c.d. ‘ artigianale ‘ tra ‘gruppi d’impresa’ ;
E’ rimasta intimata la società contribuente .
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 95 TUIR, 19 e 21 del DPR n. 633/72 e 2094 c.c. per avere la CTR ritenuto illegittimo l’avviso impugnato: 1) non risultando provato il carattere fittizio del contratto d’appalto stipulato in data 2.1.2006, tra la società contribuente e la RAGIONE_SOCIALE; ciò senza considerare i diversi elementi emersi in sede di verifica della GdF (mancata corrispondenza del dato dei quintali di merce riportato nelle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE con quello dei quintali effettivamente movimentati; mancati riscontri da parte della verificata della congruità delle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE prima della relativa liquidazione; mancati introiti per la RAGIONE_SOCIALE con riguardo agli anni 20072010; disconoscimento della figura di ‘responsabile di cooperativa’ dagli stessi soci, sentiti dai verificatori; mancanza di alcuna delibera assembleare della RAGIONE_SOCIALE; continuità del lavoro e sue modalità; regolamentazione dell’orario; modalità di erogazione del compenso, commisurato alle presenze e svincolato dal risultato; inserimento con carattere di permanenza dei soci lavoratori nella compagine aziendale e nell’organizzazione produttiva della committente; potere direttivo, decisionale, da parte della verificata) dai quali si desumeva l’esistenza di un’interposizione fittizia di manodopera con corresponsione del corrispettivo per le prestazioni di facchinaggio dei soci-lavoratori rapportato alle ore lavorate, in modo del tutto svincolato dal risultato dell’opera medesima, non essendo
ravvisabile una reale organizzazione di mezzi in capo alla Cooperativa finalizzata ad ottenere un risultato produttivo autonomo; 2) non risultando provata la contestata inesistenza soggettiva delle operazioni intercorse tra la verificata e RAGIONE_SOCIALE non essendo dimostrata la natura di ‘cartiera’ di quest’ultima; ciò sebbene dalle indagini della GdF fossero emersi diversi elementi (stipula, in data 1.7.2009, tra la RAGIONE_SOCIALE e la verificata di un contratto di movimentazione e distribuzione merci riguardante i magazzini di quest’ultima siti in Maddaloni, Roma e San Mauro Torinese; ubicazione presso lo scalo di Maddaloni dell’ufficio e deposito di RAGIONE_SOCIALE asporti nonché della sede legale di RAGIONE_SOCIALE posta in liquidazione volontaria in concomitanza con la costituzione della RAGIONE_SOCIALE; cessione, in data 21.9.2010, in capo a RAGIONE_SOCIALE, costituita l’11 giugno 2009, d el ramo d’azienda relativo all’attività di gestione del magazzino; subingresso di RAGIONE_SOCIALE nel contratto di appalto per servizi stipulato con RAGIONE_SOCIALE; qualifica di socia unica di RAGIONE_SOCIALE rivestita dalla moglie del legale rappresentante della verificata; subingresso di fatto da parte di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE nel ramo della distribuzione, operando presso l’unità locale di Maddaloni concessa in locazione da parte delle Ferrovie dello Stato; etc.) atti a comprovare la artata costituzione di società (prima RAGIONE_SOCIALE e, poi, RAGIONE_SOCIALE) – la cui amministrazione era di fatto riconducibile allo stesso legale rappresentante della verificata- cui affidare, sotto altro nome, il ramo di distribuzione merci, allo scopo di fare apparire come operazioni con soggetti terzi, prestazioni riconducibili a c.d. autoconsumo interno.
1.1. Il motivo si profila inammissibile per difetto di autosufficienza e specificità.
1.2. La questione oggetto della presente controversia involge la verifica della legittimità delle riprese originate: 1) da una assunta riqualificazione del ‘ contratto di appalto ‘ stipulato il 2.1.2006 tra la società contribuente (quale committente) e la RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto il servizio di facchinaggio di merce- come somministrazione di manodopera con conseguente riconduzione dei relativi costi non già tra i ‘costi della produzione per servizi’ ma tra i ‘costi
per il personalesalari e stipendi’, non concorrenti alla determinazione della base imponibile IRAP ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 446/97 e non detraibili ai fini Iva; 2) dalla contestazione, ai fini Iva, del carattere soggettivamente inesistente delle operazioni intercorse tra la società contribuente e la RAGIONE_SOCIALE, quale ‘ mera estensione ‘ di RAGIONE_SOCIALE stante l’identità delle compagini sociali e l’amministrazione di fatto di quest’ultima da parte della verificata .
1.3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « il ricorso per cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione » (così Cass. n. 14784 del 15/07/2015; conf. Cass. n. 18679 del 27/07/2017; cfr., altresì, Cass. n. 16147 del 28/06/2017; Cass. n. 11482 del 03/06/2016; Sez. 5, Ordinanza n. 31468 del 2019); «In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità» (Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34469; Cass., 1 luglio 2021, n. 18695). Ciò anche in conformità al principio statuito dalle Sezioni Unite della Corte secondo cui «Il principio di autosufficienza
del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può, tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito» (Cass., Sez. U., 18 marzo 2022, n. 8950); il che implica che modulando il principio di specificità ed autosufficienza del ricorso per cassazione ex art. 366, comma 1, nn. 3 e 6, cod. proc. civ. (alla cui stregua il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’oggetto della controversia ed il contenuto delle censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa) in conformità alle indicazioni provenienti dalla Corte di Strasburgo ( sentenza C.E.D.U. del 28 ottobre 2021, causa COGNOME ed altri c/Italia) e, dunque, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, occorre pur sempre che all’interno del ricorso siano richiamati, sia pure in termini essenziali e per la parte d’interesse, gli atti ed i documenti sottesi alle censure svolte (Cass, Sez. 3, 14.3.2022, n. 8117, Rv. 664252-01), non essendo sufficiente a soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione (fondato sulla idoneità del contenuto delle censure a consentire la decisione), il rinvio – in assenza di (trascrizione integrale o parziale ovvero, quantomeno, di tale) sintesi contenutistica – agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte (Cass., Sez. 1, 1.3.2022, n. 6769, Rv. 664103-01; Cass., sez. 5, 26007 del 2022).
1.4. Nella specie, avuto riguardo alle contestate riprese, l’Agenzia non ha riportato nelle parti rilevanti – e tantomeno allegato al ricorso (limitandosi a rinviare agli atti contenuti nel fascicolo di parte dei gradi di merito cui sarebbero stati allegati) né il contenuto dell’impugnato avviso né del p.v.c. della GDF (ad eccezione di un insufficiente stralcio riportato a pag. 12, afferente, peraltro, soltanto alla ripresa relativa all ‘indetraibilità dell’Iva in relazione alle operazioni
fatturate dalla RAGIONE_SOCIALE ritenute soggettivamente inesistenti) così impedendo a questa Corte di verificare la fondatezza del motivo di censura; peraltro, l’Agenzia – avendo sostanzialmente dedotto (con riguardo alla prima ripresa) l’ erronea valutazione da parte del giudice di merit o del ‘contratto di appalto’ stipulato tra la contribuente e la RAGIONE_SOCIALE – non ha assolto, all’onere di trascriverne in ricorso il contenuto ovvero quantomeno di riprodurne una sintesi contenutistica in ossequio al principio di autosufficienza e specificità, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c.
2.In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
3.Nulla sulle spese del giudizio di legittimità essendo rimasta intimata la società contribuente.
4.Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714);
P.Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
Così deciso in Roma il 26 giugno 2025