Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11991 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11991 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2822/2023 R.G. proposto da AVV. NOME COGNOME difensore di sé medesimo ai sensi dell’art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso il suo studio professionale
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALEADER), in persona del Presidente pro tempore
-intimata- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 3501/2022 depositata il 1° agosto 2022
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 19 marzo 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
L’avv. NOME COGNOME impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma l’intimazione di pagamento notificatagli il 20 marzo 2019 dall’Agenzia delle Entrate -Riscossione (ADER) per conto della Direzione Provinciale I di Roma dell’Agenzia delle Entrate, fondata su sei cartelle esattoriali e un avviso di accertamento esecutivo relativi a tributi vari.
La Commissione adìta, statuendo nel contraddittorio dell’ente impositore e dell’agente della riscossione, alla luce delle sentenze favorevoli al contribuente pronunciate nei giudizi aventi ad oggetto gli atti presupposti e dei provvedimenti di sgravio conseguentemente emessi dall’Ufficio, dava atto che: (a)quattro cartelle erano state interamente annullate; (b)altre due cartelle erano state annullate solo in parte; (c)l’avviso di accertamento era stato annullato .
La decisione veniva parzialmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale, con sentenza n. 3501/2022 del 1° agosto 2022, accogliendo per quanto di ragione sia l’appello principale dell’Amministrazione Finanziaria che quello incidentale del contribuente, rilevava che: -l’avviso di accertamento presupposto era stato annullato solo in parte con sentenza della CTP di Roma n. 2104/2019 ed entro questi limiti doveva ritenersi operante il relativo provvedimento di sgravio; – una delle due cartelle che i primi giudici avevano considerato solo in parte annullata era stata, invece, caducata nella sua interezza dalla sentenza n. 18772/2018 resa dalla stessa CTP; -i restanti provvedimenti di sgravio, «correttamente sottoscritti» , avrebbero dovuto «tener conto di quanto deciso con le sentenze relative ai ricorsi sulle singole cartelle» .
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, mentre
l’Agenzia delle Entrate -Riscossione (ADER) è rimasta intimata.
Il Consigliere delegato dal Presidente di Sezione, ravvisata l’inammissibilità del ricorso, ha formulato, ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 1, c.p.c., una sintetica proposta di definizione accelerata del giudizio, comunicata ai difensori delle parti.
Entro quaranta giorni dalla comunicazione l’avv. COGNOME costituito in proprio ai sensi dell’art. 86 c.p.c., ha chiesto la decisione.
La causa è stata, quindi, avviata alla trattazione in camera di consiglio, a norma dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo il ricorrente ha depositato memoria illustrativa, con la quale ha chiesto la discussione della causa in pubblica udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, alla luce del disposto dell’art. 375, comma 1, c.p.c., va disattesa la richiesta del ricorrente di discussione della causa in pubblica udienza, atteso che le questioni da trattare non presentano rilievo nomofilattico.
1.1 Sempre «in limine» va dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 372, comma 2, c.p.c., il deposito da parte del de Jorio di copia della sentenza n. 2230/2025 resa dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma il 18 febbraio 2025, non trattandosi di documento inerente all’ammissibilità del ricorso; essa, peraltro, nemmeno può valere come giudicato sopravvenuto, essendo ancora pendente il relativo termine di impugnazione.
1.2 Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., sono denunciate: .
1.3 Viene rimproverato alla CTR di aver .
1.4 Segnatamente, si imputa al collegio di secondo grado di non aver operato , e di avere inoltre tralasciato di considerare che .
1.5 Si soggiunge che la motivazione dell’impugnata sentenza risulterebbe per non aver ritenuto , e per non aver dal contribuente, .
1.6 La doglianza è inammissibile per plurime ragioni.
1.7 Anzitutto, il mezzo di gravame in scrutinio, pur prospettando la
violazione e falsa applicazione di una lunga serie di norme, risulta formulato ai sensi del n. 5), anziché del n. 3), dell’art. 360, comma 1, c.p.c., con l’effetto di determinare una non consentita mescolanza di motivi di impugnazione eterogenei (cfr. Cass. n. 25587/2024, Cass. n. 3397/2024, Cass. n. 26874/2018).
1.8 In secondo luogo, non sono in esso individuate eventuali affermazioni in diritto contenute nella gravata sentenza che si porrebbero in contrasto con le norme invocate e con l’interpretazione offertane dalla giurisprudenza di legittimità o dalla dottrina prevalente (cfr., sull’argomento, ex permultis , Cass. n. 20870/2024, Cass. n. 16592/2024, Cass. n. 3572/2024, Cass. n. 15120/2021).
1.9 In terzo luogo, pur volendo ritenere che il vizio denunciato, conformemente al paradigma normativo al quale è stato ricondotto, consista nell’asserito omesso esame di fatti decisivi e controversi, la doglianza non potrebbe comunque trovare ingresso, alla stregua del consolidato indirizzo giurisprudenziale di legittimità, già richiamato nella proposta di definizione accelerata della controversia, secondo cui, agli effetti dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c.: (a)l’omesso esame deve riguardare un vero e proprio ‘fatto’ in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una specifica circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante; (b)non costituiscono, invece, ‘fatti’ le questioni giuridiche, le argomentazioni o deduzioni difensive, gli elementi istruttori, una moltitudine di circostanze o il vario insieme dei materiali di causa (cfr. Cass. n. 25171/2024, Cass. n. 5616/2023, Cass. n. 976/2021, Cass. n. 17536/2020, Cass. 22397/2019); (c)il fatto così propriamente inteso deve risultare dal contenuto della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), aver costituito oggetto di discussione e rivestire carattere decisivo, nel senso che, ove fosse stato preso in esame, avrebbe determinato un esito
sicuramente diverso della controversia (cfr. Cass. n. 27282/2022, Cass. n. 19362/2022, Cass. Sez. Un. n. 21973/2021, Cass. n. 15860/2019); ne discende che, in rigorosa osservanza delle previsioni di cui agli artt. 366, comma 1, n. 6) e 369, comma 2, n. 4) c.p.c., il ricorrente è tenuto a indicare il ‘fatto storico’ non esaminato, il ‘dato’, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto abbia formato oggetto di discussione processuale fra le parti e la sua ‘decisività’ (cfr. Cass. n. 9986/2022, Cass. Sez. Un. n. 21973/2021, Cass. n. 15784/2021, Cass. n. 20625/2020).
Ora, in disparte il rilievo che l’onere deduttivo di cui alla lettera (c) che precede non è stato adeguatamente assolto dal de Jorio, la censura da lui mossa esorbita in ogni caso dal perimetro applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., risolvendosi nella lamentata omessa disamina di questioni giuridiche, e non di fatti storici, nell’accezione dianzi esplicitata.
1.10 In quarto luogo, la lagnanza non appare rispettosa del principio di specificità del ricorso per cassazione sancito dall’art. 366, comma 1, n. 6) c.p.c., non avendo l’impugnante trascritto o quantomeno riprodotto all’interno del ricorso, nella misura necessaria a permettere alla Corte di valutare la fondatezza o meno delle sue deduzioni, il contenuto di alcuni atti e documenti richiamati: ci si riferisce, in particolare, alle sentenze indicate come , di cui nemmeno viene detto quando siano state prodotte in giudizio e dove siano rinvenibili nel fascicolo processuale.
Con il secondo motivo, anch’esso proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono dedotte: .
2.1 A sostegno della critica in esame si sostiene che: – la CTR avrebbe erroneamente ; – la sentenza impugnata e .
2.2 Si contesta, altresì, la pronuncia di secondo grado per aver affermato che «i restanti provvedimenti di sgravio risultano correttamente sottoscritti e dovranno comunque tener conto di quanto deciso con le sentenze relative ai ricorsi sulle singole cartelle» .
2.3 Viene, al riguardo, obiettato che: – tali provvedimenti ; – .
3. Con il terzo motivo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5) c.p.c., sono lamentate: .
3.1 Si assume che l’impugnata decisione risulterebbe , e si sostanzierebbe laddove afferma che, .
3.2 Viene, in proposito, rimarcato che: ; – ; – ; – ; – ; – ; -anche relativamente all’appello incidentale del contribuente la Commissione regionale sarebbe incorsa in , in un non consentito .
I due motivi possono essere esaminati insieme per la loro stretta connessione.
4.1 Anch’essi si appalesano inammissibili sotto diversi aspetti.
4.2 Per entrambi si richiamano le considerazioni svolte nel sottoparagrafo 1.6 in sede di disamina del primo motivo: pure in questo caso non vengono individuate nel ricorso eventuali affermazioni in diritto fatte dalla CTR che darebbero luogo alla denunciata violazione o falsa applicazione delle numerose norme di diritto citate.
4.3 Per il terzo valgano anche i rilievi svolti nel sottoparagrafo 1.5 a proposito della mescolanza o sovrapposizione di motivi di impugnazione diversi.
4.4 A quanto precede si aggiunga che:
le lagnanze del ricorrente si riferiscono a provvedimenti di sgravio emessi in suo favore dall’Amministrazione Finanziaria;
non è dato comprendere quale interesse egli abbia a contestare i suddetti provvedimenti, avendo la CTR disposto che gli stessi «dovranno comunque tener conto di quanto deciso con le sentenze relative ai ricorsi sulle singole cartelle» ;
a prescindere da ciò, trattasi di contestazioni prive di qualsiasi attinenza con l’atto impugnato -costituito da un’intimazione di pagamento fondata su varie cartelle esattoriali e su un avviso di accertamento esecutivo- e non rientranti nel «thema decidendum» delimitato dal libello introduttivo del giudizio di primo grado (cfr. Cass. n. 22642/2024, Cass. n. 9832/2023, Cass. n. 22223/2018); sul punto, il de Jorio asserisce di avere articolato (pag. 5 del ricorso), trascurando, tuttavia, che le integrazioni consentite dall’art. 24, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992 non possono concernere un atto diverso da quello avverso il quale l’originario ricorso era stato proposto;
sviluppando una diffusa critica alla valutazione dei provvedimenti di sgravio compiuta dal collegio di secondo grado, i motivi sollecitano un riesame degli accertamenti in fatto riservati al giudice di merito, precluso nell’odierna sede di legittimità; per giunta, ancora una volta in palese inosservanza dell’onere di specificità del ricorso per cassazione, essi richiamano atti (avviso di accertamento; provvedimenti di sgravio; sentenza della CTP di Roma n. 2104/5/19) non trascritti o quantomeno riportati nel loro contenuto rilevante ai fini di causa, in tal guisa impedendo alla Corte di vagliare la consistenza delle censure senza dover attingere a fonti esterne al ricorso medesimo;
avendo i giudici regionali riconosciuto almeno in parte fondata la pretesa tributaria, non poteva in alcun caso farsi luogo a un’eventuale condanna dell’Agenzia delle Entrate per responsabilità aggravata, in difetto del necessario requisito della soccombenza
totale (cfr. Cass. n. 4443/2015, Cass. n. 19583/2013, Cass. n. 9060/2003).
Per le ragioni illustrate, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nei rapporti fra le parti costituite le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
6.1 Nulla va statuito in ordine alle dette spese in favore dell’ADER, rimasta intimata.
Poiché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta formulata dal Consigliere delegato ai sensi del comma 1 dell’art. 380bis c.p.c., devono trovare applicazione -giusta quanto disposto dal comma 3 dello stesso articolo, contemplante un’ipotesi normativa di abuso del processo (cfr. Cass. Sez. Un. n. 27433/2023)i commi 3 e 4 dell’art. 96 c.p.c..
7.1 Il ricorrente va, pertanto, condannato al pagamento:
(a)di una somma equitativamente determinata a favore della controparte;
(b)di un’ulteriore somma di denaro, stabilita nel rispetto dei limiti di legge, in favore della Cassa delle Ammende.
7.2 Per la quantificazione degli importi di cui sopra si rimanda ugualmente al dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in 4.300 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito, nonchè a pagare alla stessa Agenzia l’ulteriore somma di 2.150 euro ex art. 96, comma 3, c.p.c.; condanna,
altresì, il ricorrente al pagamento della somma di 1.000 euro in favore della Cassa delle Ammende, a norma d ell’art. 96, comma 4, c.p.c..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione