Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20834 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20834 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 5175/2020 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Roma, INDIRIZZO, in forza di delega in calce al ricorso per cassazione.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA, n. 2820/2019, depositata in data 24 giugno 2019, non notificata;
udita la relazione della causa udita svolta nella pubblica udienza del 12 marzo 2024, dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria provinciale di Bergamo, con sentenza n. 322, depositata in data 30 maggio 2017, aveva rigettato il ricorso proposto da COGNOME NOME, titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, avverso l’avviso di accertamento, con il quale, per l’anno di imposta 20 10, l’Ufficio, a seguito di omessa dichiarazione dei ricavi, aveva ricostruito induttivamente il reddito, applicando al totale RAGIONE_SOCIALE operazioni attive il 9,10 %, previa estrapolazione di un campione di soggetti operanti in provincia di Bergamo.
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello del contribuente sulla base RAGIONE_SOCIALE seguenti considerazioni:
-) con riferimento all’omesso computo, nella determinazione del reddito imponibile ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, dei costi anche in via forfetaria, il contribuente non era riuscito a fornire idonei elementi probatori finalizzati al riconoscimento di costi da computare nella rideterminazione del reddito imponibile;
-) il provvedimento impugnato era congruamente motivato e l’Ufficio aveva fatto legittimamente ricorso al metodo cd. induttivo per la ricostruzione del reddito non dichiarato dal contribuente, previo riscontro RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie prive di giustificazione, della palese incompatibilità tra il rilevante volume di affari emerso e la realtà aziendale della ditta individuale e del controllo incrociato degli elenchi dei clienti e dei fornitori;
-) anche per quanto concerne l’accertamento disposto ai fini Iva, a fronte della legittima prova presuntiva offerta dall’Ufficio, il contribuente, sia in sede di contraddittorio nella fase amministrativa, che nel corso dei due gradi di giudizio, non aveva prodotto alcuna documentazione «idonea» a comprovare l’esistenza di ulteriori costi da riconoscere nell’annualità in esame .
3 COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese e ha partecipato all’udienza di discussione .
La Procura RAGIONE_SOCIALE della Corte di Cassazione ha depositato memoria con la quale chiede il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo deduce la violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento all’art. 53 Cost., nonché agli artt. 32, commi 4 e 5, 39, comma 2, e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ed all’art. 2697 cod. civ., per avere i giudici di secondo grado e quelli di primo grado sorvolato, da un lato sulle argomentazioni fornite dal COGNOME per contestare il reddito così come induttivamente determinato dall’Ufficio e sulla documentazione prodotta a sostegno in sede di memoria integrativa prodotta in primo grado, avendo omesso altresì la motivazione in tema di IRAP e IVA. Il contribuente, a fronte RAGIONE_SOCIALE fatture attive emesse non contabilizzate aveva anche sostenuto rilevanti costi, ritenuti perfino congrui dalla stessa Amministrazione finanziaria (in relazione ad altre ditte operanti nel medesimo settore) nella misura del 98,5% di quanto fatturato, come ricavabile dal report allegato all’avviso di accertamento e, dunque, a nulla avrebbero dovuto rilevare le movimentazioni bancarie richiamate dalla Commissione tributaria regionale, vista la perfetta coincidenza con le fatture dallo stesso emesse nei confronti dei
propri committenti. I giudici di secondo grado, inoltre, avevano erroneamente invertito l’onere della prova, addossandolo in capo al COGNOME, benché gli fossero state contestate anche alcune fatture asseritamente emesse per operazioni inesistenti, in tal caso, incombendo l’onere della prova esclusivamente sull’Amministrazione Finanziaria, che non l’aveva fornita nemmeno in via presuntiva. L’Ufficio, nonostante l’importante percentuale di costi riconosciuti al COGNOME (90,90%), ne aveva tuttavia considerato, a titolo di IVA, appena euro 2.789,00, somma questa assolutamente incongrua ed irragionevole, in quanto era stata documentata IVA corrisposta dal COGNOME pari a complessivi euro 58.438,04, a fronte di un imponibile complessivo di euro 290.141,29, che aveva anche indicato alcuni suoi fornitori (tra cui, a mero titolo esemplificativo, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE NOME, COGNOME NOME), i quali avevano riscosso regolarmente l’IVA e, a loro volta, o versata alle casse erariali o compensata con IVA a loro credito. Anche con riferimento all’IVA ed all’IRAP era stata contestata la modalità di calcolo induttiva seguita dall’Ufficio, in ragione dell’illegittimità della determinazione operata con riferimento al reddito d’impresa IRPEF.
2. Il secondo motivo deduce error in procedendo, ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., con riferimento agli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., per avere omesso l’esame e qualsivoglia riferimento alle fatture passive prodotte dal COGNOME comprovanti parte dei costi assoggettati ad IVA (euro 58.438,04 su un imponibile di euro 290.141,29) e dallo stesso sopportati nell’esercizio di riferimento ed essere inoltre incorsa nel vizio di omessa motivazione o motivazione apparente, nella parte in cui aveva disposto il rigetto dei motivi di appello riferiti all’IRPEF, all’IRAP e all’IVA, nonché per avere omesso ogni statuizione in merito alla contestazione dell’Ufficio e relativa alla emissione da parte del COGNOME, di fatture fittizie, a favore di quattro soggetti beneficiari. La
Commissione tributaria regionale era incorsa nel vizio di omessa motivazione o motivazione apparente, laddove aveva ritenuto di richiamare, per relationem, altre pronunce della stessa CTR e relative ad altri periodi di imposta, nonché limitarsi a fare riferimento a mere affermazioni, assolutamente prive di qualsivoglia valenza e pregio. Il COGNOME aveva prodotto alcune fatture emesse nei suoi confronti e riferite ad alcuni tra i tanti fornitori, per un imponibile assoggettato ad IVA pari a complessivi euro 290.141,29. Nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale, oltre a fare generico riferimento alla condivisione di quanto affermato dal primo Giudice, aveva ritenuto di richiamare, le statuizioni rese dalla medesima e dai giudici di primo grado, in riferimento ad altri periodi di imposta, già precedentemente rese, così sottraendosi al proprio obbligo motivazionale.
Il secondo motivo, la cui trattazione è prioritaria, è inammissibile ed infondato.
3.1 Com’è noto, secondo l’orientamento di questa Corte, il rapporto tra le istanze RAGIONE_SOCIALE parti e la pronuncia del giudice, agli effetti dell’art. 112 cod. proc. civ., può dare luogo a due diversi tipi di vizi: se il giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un’eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per error in procedendo , censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; se, invece, il giudice si pronuncia sulla domanda o sull’eccezione, ma senza prendere in esame una o più RAGIONE_SOCIALE questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o di quell’eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, e l’erronea sussunzione nell’uno piuttosto che nell’altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, comporta l’inammissibilità del ricorso (Cass., 22 maggio 2019, n. 13743; Cass., 11 maggio 2012, n. 7268).
3.2 Tanto premesso, la Commissione tributaria regionale ha precisato, a pag. 2 della sentenza impugnata, che l’Ufficio aveva emesso l’avviso di
accertamento a seguito di riscontro di omessa dichiarazione di ricavi nell’anno 2010 dopo avere ricostruito induttivamente il reddito applicando, al totale RAGIONE_SOCIALE operazioni attive, il 9,10%, previa estrapolazione di un campione di soggetti operanti nella provincia di Bergamo e, sulla censura riguardante l’omesso computo nella determinazione de l reddito imponibile ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette dei costi anche in via forfetaria sostenuti dal contribuente, dopo avere richiamato il principio che l’Amministrazio ne finanziaria, in sede di accertamento induttivo in tema di imposte sui redditi, deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva tenendo conto anche RAGIONE_SOCIALE componenti negative del reddito, ha affermato che il COGNOME non era riuscito, come era suo onere probatorio, a fornire «idonei» elementi probatori finalizzati al riconoscimento di costi da computare nella rideterminazione del reddito imponibile e che, per quanto concerneva l’accertamento disposto ai fini Iva, l’Amministrazion e finanziaria aveva determinato induttivamente l’ammontare imponibile e l’aliquota applicata sulla base dei dati e RAGIONE_SOCIALE notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’Ufficio, in ragione del disposto normativo di cui all’art. 55 del d.P.R. n. 633 de l 1972 e che, a fronte della legittima prova presuntiva offerta dall’Ufficio, il contribuente, sia in sede di contraddittorio nella fase amministrativa, che nel corso dei due gradi di giudizio, non aveva prodotto alcuna documentazione «idonea» a comprovare l’esistenza di ulteriori costi da riconoscere nell’annualità in esame (cfr. pagine 4 e 5 della sentenza impugnata).
3.3 Risulta, pertanto, evidente che la decisione impugnata assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge di cui il ricorso lamenta la violazione, attesa l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione, sufficiente ad evidenziare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione.
3.4 Va osservato, con la giurisprudenza di questa Corte, che, dovendo l’obbligo motivazionale ritenersi compiutamente adempiuto allorché per mezzo della concisa esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione venga ad essere illustrato il percorso motivazionale che ha indotto il giudice a regolare la fattispecie al suo esame mediante la norma di diritto applicata, viene al contrario meno all’obbligo in parola – e si mostra perciò viziata dal difetto di motivazione apparente o di mancanza della motivazione – la decisione nella quale «il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105).
3.5 Più specificamente in base alla costante giurisprudenza di legittimità, la «motivazione apparente» ricorre allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – come parte del documento in cui consiste la sentenza (o altro provvedimento giudiziale) – non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché esibisce argomentazioni obiettivamente inidonee a far riconoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, pertanto, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19881).
3.6 Così delineati i principi statuiti da questa Corte, la censura svolta dal motivo non appare fondata, dal momento che dalla lettura della sentenza impugnata risultano chiaramente esposti, anche se in forma concisa, le ragioni della decisione.
3.7 Peraltro, il richiamo della Commissione tributaria regionale alle motivazioni RAGIONE_SOCIALE sentenze di primo e secondo grado emesse nei confronti del contribuente in relazione agli altri periodi di imposta e
tutte favorevoli all’Amministrazione finanziaria, deve ritenersi, alla luce della motivazione spiegata dai giudici di secondo grado con riferimento alla vicenda in esame, una argomentazione svolta «ad abundantiam», con la conseguenza che la stessa non essendo una autonoma «ratio decidendi» non spiega alcuna influenza sul dispositivo ed è, pertanto, improduttiva di effetti giuridici, con l’ulteriore conseguenza che la sua impugnazione è priva di interesse (Cass., 8 giugno 2022, n. 18429).
Il primo motivo è inammissibile.
4.1 Come questa Corte ha precisato, il ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (Cass., 15 luglio 2015, n. 14784; Cass., 27 luglio 2017, n. 18679; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34469).
4.2 Con riguardo, poi, al tema di specificità dei motivi di ricorso, questa Corte, da ultimo, ha avuto occasione di precisare che « Ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. – quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia
puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno RAGIONE_SOCIALE censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito » ( Cass., Sez. U., 18 marzo 2022, n. 8950).
4.3 Il principio, escludendo l’eccessivo rigore nella imposizione di oneri di integrale trascrizione e allegazione di documenti, ha comunque sottolineato come i motivi debbano comunque indicare puntualmente, per le parti di rilievo, il contenuto degli atti richiamati, in modo da consentire al giudice l’esatta comprensione e portata della doglianza, oltre che l’esatta collocazione del documento nel fascicolo di causa.
4.4 Dunque, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 6, c.p.c., quale corollario del requisito di specificità dei motivi, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, deve ritenersi rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali (cfr. Cass., 19 aprile 2022, n. 12481), e non può, invece, ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso faccia rinvio agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte senza riassumerne il contenuto al fine di soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione, fondato sull’ido neità del contenuto RAGIONE_SOCIALE censure a consentire la decisione (cfr. Cass., 1 marzo 2022, n. 6769).
4.5 A tali oneri il ricorrente non ha ottemperato, come era, invece, necessario, non essendo stato riportato il contenuto dell’avviso di accertamento, oltre che del «report» allegato all’avviso di accertamento oggetto di impugnazione; come già precisato, l’ osservanza del principio di autosufficienza avrebbe imposto l’onere per il ricorrente di trascrivere integralmente gli indicati atti (non essendo del tutto sufficiente quanto riportato genericamente in relazione a ll’ avviso di accertamento alle pagine 2-4 del ricorso per cassazione), il cui contenuto costituisce l’imprescindibile termine di riferimento per
l’esame della censura sollevata, con la conseguenza che la mancata trascrizione, nell’odierno ricorso, RAGIONE_SOCIALE specifico contenuto di tali atti impedisce la necessaria verifica dell’astratta idoneità del motivo di ricorso ad incrinare il fondamento logico giuridico RAGIONE_SOCIALE argomentazioni che sorreggono la decisione impugnata.
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE che ha partecipato soltanto all’udienza di discussione (cfr. Cass., 2 novembre 2010, n. 22269), liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 12 marzo 2024.