Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16198 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16198 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32514/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 1749/2019 depositata il 21/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe della Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio che ha rigettato il suo appello contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Roma che aveva respinto il ricorso della contribuente contro la cartella di pagamento
n. 09720090021360 emessa ex art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973 ed art. 56 bis d.P.R. n. 600/1973 in relazione al 2005.
La CTR ha osservato che ogni vizio della notifica dell’atto impugnato era stato sanato dalla proposizione di tempestiva impugnazione con cui la contribuente aveva potuto esercitare pienamente il proprio diritto di difesa; ha aggiunto che le eccezioni di nullità della cartella erano infondate atteso che la cartella era sufficientemente motivata con l’indicazione RAGIONE_SOCIALE imposte dichiarate e non versate.
Il ricorso è fondato su quattro motivi.
Si è costituita con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE; la ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c, violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla notifica della cartella in quanto, con sentenza n. 11031/2016 del Tribunale Ordinario di Roma, passata in giudicato, era stata definitivamente accertata la falsità della relata di notifica dell’atto impugnato, con il che la notifica era inesistente e non nulla o meramente irregolare, come ritenuto invece dalla CTR, e non poteva essere in alcun modo sanata.
1.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità e autosufficienza.
1.2. I giudici del merito hanno escluso che la falsità accertata avesse inciso sul procedimento di notifica, che aveva raggiunto lo scopo in quanto il destinatario dell’atto aveva proposto tempestiva impugnazione. La ricorrente non offre elementi sufficienti per cassare questa decisione poiché non riporta il contenuto della sentenza che ha accertato la falsità della relata di notifica, soltanto allegata alla memoria, non trascrive la relazione di notificazione né, infine, precisa quale fosse il vizio denunziato. Emerge la violazione
dei principi di specificità e autosufficienza ricavabili dall’art. 366 commi 4 e 6 c.p.c., che richiedono una formulazione del motivo tale da consentire una chiara individuazione della censura (Cass. n. 24432 del 2020) e la riproduzione diretta o indiretta del contenuto degli atti su cui essa si regge in modo da consentire la sua comprensione e valutazione senza accedere a fonti esterne (Cass. n. 158 del 2016); sulla base della lettura del ricorso, quindi, non è possibile alcuna verifica circa la fondatezza della doglianza e non può affermarsi che la falsità accertata fosse causa di inesistenza dell’atto che, del resto, costituisce una figura assolutamente residuale (Cass. sez. un. n. 19854 del 2004).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione alla decadenza dal potere di riscossione, poiché la cartella non era stata notificata entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione cui si riferiscono le somme pretese, come previsto dall’art. 25 d.P.R. n. 600/1973.
2.1. Anche questo motivo è inammissibile: da un lato, la doglianza pare nuova, non risultando dalla sentenza impugnata la sua proposizione nel giudizio di merito né avendo la ricorrente precisato alcunché in ricorso; d’altro lato, anch’essa essa difetta di specificità e autosufficienza, non essendosi indicata la data di presentazione della dichiarazione, cosicché non è possibile alcuna valutazione in ordine alla sua fondatezza.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto « in relazione all’onere della prova» , laddove la CTR aveva ritenuto sufficiente l’indicazione dell’omesso versamento di imposte dichiarate e non versate, in quanto tale deduzione era stata avanzata dall’Ufficio solo in grado d’appello ed era quindi
inammissibile, così come erano inammissibili le produzioni effettuate in appello dall’RAGIONE_SOCIALE.
3.1. Il motivo è inammissibile per difetto di chiarezza, specificità e autosufficienza: è stato proposto in termini estremamente generici, manca dell’indicazione RAGIONE_SOCIALE norme violate e non permette di comprendere se la censura riguardi la violazione di norme tributarie in tema di versamento di imposte (come parrebbe dall’indicazione del n. 3 dell’art. 360 comma 1 c.p.c.) ovvero un error in procedendo per aver la CTR ritenuto ammissibile una domanda nuova dedotta solo in appello; in quest’ultimo caso il ricorrente aveva l’onere di riportare puntualmente il contenuto degli atti processuali, riassumendoli o trascrivendoli a seconda di quanto di volta in volta occorra al fine di consentire alla Corte la piena comprensione del motivo sulla base della sola lettura del ricorso (Cass., n. 16887 del 2013).
3.2. Comunque, trattandosi di cartella emessa ai sensi dell’art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973, cioè di liquidazione di imposte sulla base di quanto dichiarato dal contribuente in dichiarazione, appare corretta l’osservazione della CTR secondo cui la pretesa era sufficientemente motivata dalla « semplice indicazione dell’omesso versamento di imposte dichiarate e non versate, in quanto ben note al contribuente e rinvenibili dai contenuti della dichiarazione sottoposta a controllo »; da un lato, incombe sul contribuente, quale debitore, l’onere di dimostrare il pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte indicate in dichiarazione; dall’altro, è ammissibile la produzione di nuovi documenti in appello, ai sensi dell’art. 58 comma 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 nella versione applicabile ratione temporis , mentre il divieto di p roporre in appello domande o eccezioni (in senso stretto) nuove, posto dall’art. 57, comma 2, cit., non riguarda le mere argomentazioni difensive, rispetto a quello esposto in primo grado, con cui l’Amministrazione si difende dalle contestazioni di
contro
parte (arg. ex Cass. n. 2413 del 2021), fermo restando che la pretesa tributaria è consacrata nella cartella impugnata.
Con il quarto motivo si deduce « omessa pronuncia su fatti decisivi della controversia » non essendosi la CTR pronunciata sui motivi di nullità della cartella dedotti al secondo, terzo e quarto paragrafo del ricorso in appello, come integrati in memoria difensiva 30.11.2018, « da intendersi integralmente richiamati e trascritti» .
4.1. Anche questo motivo è inammissibile.
4.2. In disparte il difetto di autosufficienza del motivo che fa riferimento ad atti (ricorso in appello e memoria) il cui contenuto non è stato riportato e che non sono neppure allegati al ricorso, non essendo sufficiente il semplice richiamo ad atti difensivi del giudizio di merito (Cass. n. 13071 del 2004), il motivo non riporta espressamente né il paradigma di censura né le norme violate, cosicché non si comprende se oggetto della censura sia un’omessa pronunzia ex art. 112 c.p.c. ovvero un vizio motivazionale riconducibile al n. 5 dell’art. 360 comma n. 1 c.p.c. Comunque, nel primo caso il motivo sarebbe inammissibile in quanto è richiesto che le istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto (Cass. n. 28072 del 2021); nel secondo, la doglianza sarebbe preclusa dalla ricorrenza della c.d. ‘doppia conforme’ (Cass. n. 26934 del 2023).
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida
in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito;
a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/03/2024.