Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16803 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16803 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 23/06/2025
Tributi altri
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32276/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (01401040629), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE EMAIL);
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate-Riscossione (13756881002), in persona del suo Presidente p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (80224030587), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO ope legis domicilia (EMAIL
-resistente –
avverso la sentenza n. 237/2020, depositata il 19 febbraio 2020, della Commissione tributaria regionale del Piemonte;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 16 maggio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 237/2020, depositata il 19 febbraio 2020, la Commissione tributaria regionale del Piemonte ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE così confermando il decisum di prime cure che aveva disatteso l’impugnazione di una cartella di pagamento emessa dietro iscrizione a ruolo del canone di abbonamento Rai dovuto dalla contribuente per l’anno 2015.
1.1 -Il giudice del gravame ha considerato, in sintesi, che, secondo dicta della giurisprudenza di legittimità, gli atti dell’agente della riscossione potevano essere firmati digitalmente in formato “CAdES” o “PAdES” attesa la loro equivalenza, seppur con le differenti estensioni P7M e PDF.
– RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi; l’ Agenzia delle EntrateRiscossione si è costituita con memoria al fine di partecipare alla discussione del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via pregiudiziale va rilevato che, con memoria depositata il 6 maggio 2025, parte ricorrente ha dedotto che, con sentenza n. 606/2/2021, depositata il 23 luglio 2021, la Commissione tributaria regionale del Piemonte aveva annullato, tra le parti, la cartella di pagamento n.NUMERO_CARTA «relativa al canone RAI richiesto per l’anno 2018 », e che detta sentenza era stata notificata a controparte (che non l’aveva impugnata).
Per quanto la memoria ammissibile -essendosi rilevato che il termine per il deposito delle memorie deve essere computato ai sensi dell’art. 155 , comma 1, cod. proc. civ. (quindi quale termine non libero; v. Cass., 18 settembre 2015, n. 18346; Cass., 4 novembre 1997, n. 10797) -il suo contenuto, per vero non meglio definito dalla stessa parte, non ha alcuna concludenza ai fini della definizione del ricorso.
1.1 – Innanzitutto viene in considerazione una sentenza della quale non si certifica il passaggio in giudicato e solo si assume il difetto di impugnazione.
E, come la Corte ha in più occasioni statuito, la parte che invoca l’autorità del giudicato ha l’onere di fornire la prova al riguardo, mediante la produzione della sentenza munita dell’attestazione di cancelleria ex art. 124 disp. att. cod. proc. civ. (v. Cass., 23 luglio 2024, n. 20305; Cass., 2 marzo 2022, n. 6868; Cass., 23 agosto 2018, n. 20974; Cass., 9 marzo 2017, n. 6024; Cass. Sez. U., 14 marzo 2016, n. 4909, in motivazione; Cass., 19 settembre 2013, n. 21469).
1.2 -Sotto distinto profilo, l’evocata decisione della Commissione tributaria regionale del Piemonte ha pronunciato su di un distinto periodo di imposta (successivo a quello ora in contestazione tra le parti).
Va, allora, considerato che secondo l’orientamento espresso dalla Corte, a partire dalla pronuncia delle sezioni unite 16 giugno 2006, n. 13916 se l’efficacia ultrattiva del giudicato non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, ciò non di meno è prospettabile soltanto in relazione agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta «assumono carattere tendenzialmente permanente», non anche con riferimento ai fatti «non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo» (v., altresì, Cass., 16 maggio 2019, n. 13152; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., 1 luglio 2015, n.
13498; Cass., 30 ottobre 2013, n. 24433; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 22 aprile 2009, n. 9512).
Quand’anche allora la difesa in questione volesse ricondursi ad un’eccezione di giudicato, ciò non di meno ne riuscirebbe la relativa inconcludenza atteso che il presupposto impositivo del tributo si fonda sulla mera detenzione dell’apparecchio ( Cass., 20 aprile 2016, n. 7942; Cass., 13 settembre 1993, n. 9486; v., altresì, Corte Cost., 26 giugno 2002, n. 284) e che viene (così) in considerazione un elemento di fattispecie che (ben) può variare in relazione ai diversi periodi di imposizione (con conseguente preclusione all’efficacia espansiva esterna del giudicato).
-Tanto premesso, il primo motivo di ricorso espone, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., e del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 32 e 36, e, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per «omessa pronuncia del Giudice di Appello sui motivi di appello fatti valere in relazione all’errore commesso dalla CTP di primo grado nella parte in cui fa riferimento ad altro ricorso ed altra situazione contrattuale e per non essersi pronunciata su tutti i motivi di appello».
Assume la ricorrente che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sui motivi di appello che costituivano riproposizione degli originari motivi di impugnazione della cartella di pagamento, con i quali si era dedotto:
-che difettava, nell’atto impugnato, « qualsiasi effettiva intimazione … così come le altre informazioni comunque necessarie da fornire al contribuente, anche al fine di renderlo edotto della pretesa esattoriale ed erariale …» in quanto «Il file allegato, inviato con estensione .pdf e non .p7m o affini (quindi non firmato) pur se con numerazione non corrispondente ai numeri di fogli complessivi ivi dichiarati consta di
alcune delle 13 pagine (1,2,3, e dalla 8 alla 13), di cui due rappresentano bollettini; apparendo come un tentativo di riproduzione del modello ministeriale»;
-l’omessa notifica « di un valido ed efficace atto prodromico che giustifichi la cartella» di pagamento, non risultando notificati «avvisi di pagamento e/o altri atti prodromici … avvisi di accertamento»;
«i.a- inesistenza giuridica della notifica della cartella esattoriale; i.b- nullita’ del titolo esecutivo-intimazione per nullità/inesistenza della notifica; 2. mancata e/o invalida sottoscrizione della cartella esattoriale, nonché nullità del ruolo e dell’avviso prodromico; 3 nullita’ per inesistenza di un valido titolo esecutivo nei confronti di parte ricorrente; 4) nullita’ per errata e/0 mancata indicazione dei termini e dei modi per impugnare; 5) violazione della trasparenza amministrativa e del contraddittorio; 6) difetto di motivazione.»;
-l’infondatezza, nel merito, della pretesa impositiva siccome comunicata (con raccomandata con ricevuta di ritorno, spedita «in data 30/12/2013 e ricevuta dall’ADE di Torino, sportello Abbonamento RAI in data 10/01/2014») all’Agenzia delle Entrate Ufficio Torino la «denuncia di cessazione dell’abbonamento RAI, dichiarando nella stessa di aver rottamato l’apparecchio televisivo».
Il giudice del gravame aveva altresì omesso di pronunciarsi sui motivi di appello proposti avverso la decisione di prime cure – che non aveva esaminato i «punti decisivi della controversia», in definitiva pronunciando con «riferimento ad altro ricorso ed altra situazione contrattuale rispetto a quella de quo», – ed anche in ordine alla disciplina delle spese del primo grado.
2.1 -Il quarto motivo -il cui esame va anteposto -espone, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la denuncia di violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. assumendo che, nello statuire «Nulla per le spese» del grado, il giudice del gravame aveva omesso di
pronunciare sull’illegittima condanna alle spese disposta dal primo giudice in difetto di costituzione di controparte.
-Il primo motivo è inammissibile in tutte le sue articolazioni, e sotto un duplice profilo, eccezion fatta per la questione relativa alla disciplina delle spese del primo grado di giudizio che fonda l’accoglimento (anche) del quarto motivo .
3.1 Sotto un primo profilo, difatti, l’esposizione dei fatti di causa è infarcita del (ripetuto) asserto secondo il quale il contenuto dell’atto impugnato (una cartella di pagamento), del ricorso introduttivo, dell’atto di appello e delle stesse sentenze che hanno definito i gradi di merito si deve avere «qui e per brevità integralmente trascritto e riportato» (ovvero «si abbia qui come integralmente riportato e trascritto» o «si abbia qui per integralmente trascritta»).
Non solo, pertanto, risultano inespressi i contenuti delle eccezioni di merito -secondo le loro concrete articolazioni che nemmeno lo stesso motivo in esame rende esplicite -ma pur rimane indefinito il come, ed il quando, della relativa proposizione in giudizio che, in ragione della stessa anomia di riferimenti alle pronunce di merito, nemmeno sono desumibili da ll’esposizione dei fatti di causa delle pronunce di merito (v. Cass., 16 settembre 2013, n. 21137; Cass., 11 aprile 2012, n. 5698, in motivazione; Cass., 11 marzo 2011, n. 5836).
3.2 -Come la Corte ha avuto modo di rilevare, il requisito in discorso, in quanto complementare alla esposizione dei motivi di ricorso (Cass., 12 marzo 2020, n. 7025; Cass., 5 dicembre 2019, n. 31787; Cass., 24 aprile 2018, n. 10072; Cass., 11 marzo 2011, n. 5836; Cass., 22 settembre 2003, n. 14001), deve consentire al giudice di legittimità di avere una chiara e completa cognizione dei fatti (anche processuali) che hanno originato la controversia, e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata.
E più di recente si è, quindi, rimarcato che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ. è compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (v. Cass., 19 aprile 2022, n. 12481; Cass. Sez. U., 18 marzo 2022, n. 8950).
Come, poi, la stessa Corte EDU ha rilevato con la sentenza del 28 ottobre 2021 (COGNOME ed altri c. Italia), le condizioni imposte per la redazione del ricorso per cassazione – e in particolare l’applicazione del principio di autosufficienza -perseguono uno scopo legittimo, segnatamente quello di «agevolare la comprensione della causa e delle questioni sollevate nel ricorso e permettere alla Corte di Cassazione di decidere senza doversi basare su altri documenti, affinché quest’ultima possa mantenere il suo ruolo e la sua funzione, che consistono nel garantire in ultimo grado l’applicazione uniforme e l’interpretazione corretta del diritto interno (nomofilachia)» e dunque, in ultima analisi, «la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia.
3.3 -Sotto un ulteriore profilo, i motivi di ricorso (in tesi) involgenti la motivazione dell’atto impugnato non danno alcun conto del contenuto motivazionale dell’atto , avendo la Corte ripetutamente rimarcato che la censura involgente la congruità della motivazione dell’atto impositivo necessariamente richiede che il ricorso per
cassazione riporti i passi della motivazione dell’atto che, per l’appunto, si assumano erroneamente interpretati o pretermessi (v. Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde, ex plurimis , Cass., 19 novembre 2019, n. 29992; Cass., 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., 29 maggio 2006, n. 12786).
3.4 -Residua, al fondo, la sufficiente specificazione del motivo di appello proposto avverso la statuizione sulle spese del primo grado di giudizio, potendosi desumere dalle stesse pronunce dei giudici di merito che la sentenza di primo grado ebbe a disciplinare le spese del giudizio in favore di parte (l’agente della riscossione) che non si era costituita.
Vanno, pertanto, accolti, per quanto di ragione, il primo ed il quarto motivo, dovendosi rilevare l’illegittimità dell a censurata statuizione sulle spese in quanto il presupposto indefettibile della condanna alle spese di lite è quello che la parte, a cui favore dette spese sono attribuite, le abbia in realtà sostenute per lo svolgimento dell’attività difensiva correlata alla sua partecipazione al giudizio, cosicché la parte risultata vittoriosa non può richiedere (né il giudice può attribuire) il rimborso di spese non erogate perché attinenti ad una fase processuale in cui essa sia rimasta contumace (Cass., 26 luglio 2021, n. 21402; Cass., 26 giugno 2018, n. 16786; Cass., 19 giugno 2018, n. 16174).
4. -Col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza assumendo che il decisum impugnato si fonda su di una motivazione apparente.
Soggiunge la ricorrente che la gravata sentenza ha esaminato (solo) il motivo di ricorso che involgeva la «inesistenza giuridica della notifica della cartella perché priva di firma digitale», motivo che, però, «come dedotto nei precedenti gradi e come ribadito e riportato nel
presente ricorso era più ampio ed articolato, tanto da avere altra portata giuridica. La ricorrente ha infatti lamentato che il file ricevuto fosse monco e privo di pagine leggibili e controparte in alcun grado di giudizio ha dato prova mediante il deposito del file EML della ricevuta di consegna della notifica della cartella esattoriale che il contenuto dello stesso fosse diverso».
4.1 -Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.
Innanzitutto, l’articolazione di questo motivo rende plasticamente esplicito il (già) rilevato difetto di specificità di cui s’è discorso in relazione al primo motivo di ricorso, in quanto (in tesi) la stessa disamina del giudice del gravame non avrebbe esaurito la (non meglio definita) contestazione di parte che avrebbe involto non solo la sottoscrizione dell’atto ma anche il suo contenuto (questa volta definito come «monco e privo di pagine leggibili»).
4.2 – Ad ogni modo, come le Sezioni unite della Corte hanno statuito, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass.
Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
Si è, quindi, ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599).
E, nella fattispecie, la gravata sentenza ha reso esplicita, sia pur sintetim , la sua ratio decidendi , né nel denunciato vizio di nullità possono ridondare quelli che involgono la violazione di legge o un erroneo accertamento in fatto.
5. -Col terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. e dell’art. 476 cod. civ., assumendo che era stata offerta prova della formale disdetta del «contratto di abbonamento» radiotelevisivo e che -a fronte del rilievo svolto dal giudice di prime cure in punto di insussistenza di una siffatta disdetta -il giudice del gravame aveva omesso di pronunciarsi sul punto.
5.1 -Questo motivo è inammissibile nella misura in cui replica il primo motivo di ricorso, così finendo per riproporre una denuncia di omesso esame che, per l’appunto, è già stata dichiarata inammissibile.
-L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata (solo) in relazione ai motivi accolti, ed a riguardo della disciplina delle spese del primo grado di giudizio.
Il parziale accoglimento del ricorso fonda, da ultimo, la compensazione, tra le parti, delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie, per quanto di ragione, il primo ed il quarto motivo di ricorso, e rigetta le residue censure; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e dichiara non dovute, tra le parti, le spese del giudizio di primo grado; compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 maggio 2025.