Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18771 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18771 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22488/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO ;
-ricorrente –
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma è domiciliata alla INDIRIZZO – controricorrente – avverso la sentenza n. 1056/21 della Commissione Tributaria Regionale della Campania -Napoli, depositata in data 3/2/2021; udita la relazione della causa svolta dal dott. NOME COGNOME
nella pubblica udienza del 23 maggio 2025;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile o, in subordine, rigettarsi il ricorso;
uditi gli Avvocati dello Stato NOME COGNOME e NOME COGNOME
Fatti di causa
In data 23/5/2017 l’Agenzia delle Entrate notificò alla RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, anche ‘la contribuente’ ) un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 201 4, per un recupero di Ires e Iva.
L’accertamento traeva origine da un processo verbale di constatazione redatto nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE con sede in Giffoni Sei Casali (SA), con riferimento alla quale nel 2014 era emersa una mancata fatturazione nei confronti di vari clienti, tra i quali l’odierna contribuente.
In seguito alla segnalazione degli esiti di tale verifica alla Guardia di Finanza di Montesarchio (BN), quest’ultima procedette a verificare la posizione fiscale della odierna contribuente per gli anni 2010, 2011, 2012, 2013 e 2014.
Avverso il detto avviso di accertamento, la contribuente propose ricorso alla C.T.P. di Benevento, che lo rigettò.
Su appello della contribuente, la C.T.R. confermò la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a dieci motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Il sostituto NOMECOGNOME ha depositato una requisitoria scritta.
Ragioni della decisione
Innanzitutto, deve rilevarsi che, in occasione della comunicazione degli avvisi di udienza, è emerso che l’Avvocato NOME COGNOME si è cancellata dall’albo degli Avvocati abilitati al patrocinio dinanzi alla Suprema Corte.
Il contraddittorio, tuttavia, si deve considerare ritualmente costituito, in quanto, anche se la cancellazione dall’albo dopo il deposito del ricorso per cassazione non produce l’interruzione del giudizio, la cancelleria ha provveduto tempestivamente a comunicare al legale rappresentante della odierna contribuente che la trattazione del ricorso era stata fissata alla odierna pubblica udienza (cfr. Cass., sez. 3-, Ordinanza interlocutoria n. 11300 del 28/04/2023, Rv. 667406 – 01).
In secondo luogo, deve darsi atto che questo Collegio esaminerà solo i motivi formalmente numerati e rubricati, non anche le doglianze sub ‘A’ e ‘B’ di pagina 5 e 6 del ricorso, peraltro espresse in maniera assolutamente generica.
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, e dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la contribuente si lamenta che la C.T.R. non abbia esaminato l’atto di accertamento, che sarebbe del tutto carente di motivazione e che mancherebbe degli elementi previsti a pena di nullità.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Esso censura direttamente l’avviso di accertamento, senza minimamente confrontarsi con la sentenza impugnata . Manca inoltre la localizzazione dell’avviso di accertamento nel fascicolo del giudizio di merito , l’avviso di accertamento non è stato allegato al ricorso, né il suo contenuto essenziale è stato riportato nel ricorso.
Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, del d.lgs. n. 82 del 2005 e dell’art. 23 del CAD, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c.’ , la contribuente si duole che con il ricorso di primo grado aveva eccepito la nullità dell’avviso di accertamento per difetto di sottoscrizione , con la conseguente violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973. Tale eccezione non era stata esaminata in primo grado e sarebbe stata riproposta in appello dalla contribuente.
La C.T.R. non avrebbe esaminato tale eccezione.
Si eccepisce la carenza del potere di rappresentanza in capo al funzionario che ha firmato l’atto .
L’omessa allegazione della delega comporterebbe la nullità dell’avviso di accertamento.
Non vi sarebbe la prova che il funzionario sottoscrittore dell’atto appartenga alla carriera direttiva.
L’avviso di accertamento non riporterebbe la firma autografa del funzionario sottoscrittore.
2.1. Il motivo è inammissibile.
La contribuente propone una serie di censure formali avverso l’avviso di accertamento senza tuttavia confrontarsi specificamente con il tenore della sentenza d’appello, senza attingere quest’ultima con la proposizione di un adeguato mezzo di cassazione e senza dimostrare che le censure all’avviso di accertamento fossero state proposte sin dall’atto introduttivo del giudizio di merito.
La parte motiva della sentenza impugnata non affronta affatto i vizi formali dell’avviso di accertamento trattati nel motivo in esame, con la conseguenza che la contribuente avrebbe dovuto proporre un motivo incentrato sulla violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.
Il motivo in esame, dunque, non risulta correttamente formulato, sicché esso è inammissibile.
3.Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 917 del 1986 e dell’art. 53
Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la contribuente si duole che la sentenza non abbia rilevato che nella fattispecie di causa non vi fossero i presupposti per l’accertamento induttivo.
L’amministrazione, inoltre, non avrebbe dedotto i costi dalla base imponibile rideterminata, così violando il principio costituzionale della capacità contributiva.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Il motivo non si confronta con la sentenza impugnata, che non parla affatto di accertamento induttivo né di deducibilità di costi.
Né la contribuente deduce di aver proposto sin dal primo grado di giudizio motivi relativi alla legittimità dell’accertamento induttivo e alla deducibilità dei costi . Manca inoltre l’allegazione dell’avviso di accertamento, la sua localizzazione nel fascicolo di merito e la trascrizione del suo contenuto essenziale nel corpo del motivo, sicché esso è anche aspecifico.
4. Con il quarto motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 167 c.p.c. e dell’art. 23 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la contribuente si duole che la C.T.R. non abbia esaminato i motivi dell’atto, le eccezioni in fat to e in diritto proposte. Essa non avrebbe esaminato le prove proposte dalla contribuente e non avrebbe rilevato che i fatti affermati dalla contribuente non sarebbero stati con testati dall’ufficio . Il contenuto della sentenza, inoltre, sarebbe vago e generico.
4.1. Il motivo è inammissibile.
Esso manca di specificità, cita l’atto impugnato in prime cure senza localizzarlo, senza allegarlo e senza illustrarne il contenuto essenziale. Si lamenta di violazioni di legge senza contestualizzare tali violazioni con riferimento alla fattispecie di causa. Censura la sentenza di genericità, quando invece il contenuto della sentenza è chiaro e comprensibile.
Con il quinto motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990 e della legge n. 212 del
2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la contribuente si duole che i giudici non abbiano rilevato la nullità dell’avviso di accertamento.
5.1. Il motivo è inammissibile.
Anche questo motivo non si confronta affatto con la sentenza impugnata, ma censura direttamente l’avviso di accertamento, senza peraltro allegarlo al ricorso, localizzarlo nell’ambito del fascicolo del giudizio di merito, trascriverne il contenuto essenziale nel corpo del ricorso.
Con il sesto motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la contribuente si duole che la C.T.R. non si sia pronunciata sulla nullità dell’avviso di accertamento per violazione dell’art. 2729 c.c.
L’atto impugnato, secondo la contribuente, si fonda illegittimamente su presunzioni supersemplici, mentre l’amministrazione non avrebbe assolto all’onere della prova su di essa incombente.
6.1. Il motivo è inammissibile.
Esso non censura la sentenza impugnata, ma direttamente l’avviso di accertamento.
La sentenza impugnata non è oggetto del motivo in esame.
Con il settimo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la contribuente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2697 c.c. In particolare, l’amministrazione non avrebbe assolto l’onere della prova dei fatti esposti nell’avviso di accertamento.
7.1. Il motivo è inammissibile.
Esso è generico, si limita a declamare princìpi di diritto senza calarli nel caso di specie. Si limita a dedurre che i fatti posti a fondamento dell’avviso di accertamento non sono stati provati, senza mettere in condizione il Collegio di comprendere esattamente quali fatti non
siano stati provati e per quale ragione la contribuente ritiene che i fatti non siano stati provati.
Non basta, all’uopo, evocare la sentenza di primo grado e metterla in contrapposizione con la sentenza d’appello, essendo questa l’oggetto del ricorso per cassazione che deve essere specifico nei motivi in cui si articola.
Con l’ottavo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 111, comma 6, Cost., dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., nullità della sentenza in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c.’ , la contribuente censura la sentenza per carenza di motivazione, oltre che per omessa pronuncia e per omesso esame di un fatto storico decisivo e dibattuto tra le parti.
8.1. Il motivo è inammissibile.
Il motivo è formulato in un modo totalmente astratto, tramite la declamazione di princìpi giurisprudenziali, ma non si confronta con la sentenza impugnata e non consente di contestualizzare i vizi denunciati con riferimento ad essa.
Con il nono motivo di ricorso, rubricato ‘ Nullità della sentenza ex artt. 112 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 36, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c.’ , la contribuente si duole che la sentenza impugnata sarebbe viziata da ultrapetizione e da omessa pronuncia, oltre che da carenza di motivazione.
9.1. Il motivo è inammissibile.
Esso è completamente apodittico, assertivo e non argomentato e prescinde totalmente dalla sentenza impugnata.
Con il decimo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c.’ , la contribuente censura la sentenza per carenza di motivazione apparente, contraddittoria e per omessa pronuncia.
10.1. Il motivo è inammissibile.
Il motivo è formulato in un modo totalmente astratto, tramite la declamazione di princìpi giurisprudenziali, ma non si confronta con la sentenza impugnata e non consente di contestualizzare i vizi denunciati con riferimento ad essa.
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, alle spese del giudizio, che si liquidano in euro cinquecentotrenta per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, il 23 maggio 2025.