Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24729 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24729 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15749/2016 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 5476/2015 depositata il 16/12/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME veniva reso destinatario per l’anno 2006 di avviso di accertamento finalizzato al recupero di imposte dirette e iva, correlate alla sua attività di dottore commercialista in Milano; nell’anno in parola il COGNOME aveva omesso di presentare dichiarazione. Per l’anno 2007 il contribuente riceveva avviso in rettifica sempre mirato a riprendere maggiori importi dovuti ai fini delle imposte dirette e dell’iva. Infine, con riferimento al 2008, venivano recuperate nei confronti del COGNOME somme maggiori dovute a titolo di irpef, irap e iva, mediante avviso di accertamento in rettifica. Con particolare riguardo all’anno 2006 si contestava l’emissione di una fattura di euro 383.768, oltre Iva, a carico della società RAGIONE_SOCIALE
La CTP di Milano, riuniti i ricorsi avanzati dal contribuente avverso i tre avvisi di accertamento, li rigettava.
La CTR della Lombardia ha respinto il successivo appello del COGNOME. In particolare, il giudice d’appello, nel rigettare l’appello del contribuente, ha ritenuto inammissibile il ricorso introduttivo, perché non sottoscritto dal difensore abilitato, sebbene di valore superiore alla soglia massima prevista per la difesa in proprio, e, nel merito, ha fatto leva sulle risultanze degli accertamenti bancari, non superate da prove di segno contrario.
Il contribuente si affida a cinque motivi di ricorso per cassazione. L’Agenzia resiste con controricorso. Il ricorso è illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si assume la violazione degli artt. 12 e 18 del D.Lgs. n. 546 del 1992 nel testo vigente ratione temporis , e si formula denunzia ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., richiamato dall’art. 62, co. 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR erroneamente dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo in quanto non sottoscritto dal difensore.
Va disattesa l’eccezione d’inammissibilità sollevata dalla resistente Agenzia in controricorso (pg. 16).
L’Agenzia assume che la questione del difetto di sottoscrizione del ricorso di primo grado, già oggetto del giudizio di prime cure, non essendo stata espressamente censurata dall’appellante, avrebbe acquisito carattere di definitività, precludendo ogni riesame da parte del giudice d’appello -il quale si sarebbe limitato a prenderne atto -e, conseguentemente, di questa Corte.
L’assunto è infondato.
Posto che, come riportato in narrativa, il giudice di primo grado ha deciso nel merito i ricorsi, rigettandoli, non è configurabile, neppure in forma implicita, alcuna preclusione in danno del contribuente sulla questione della mancanza di sottoscrizione: si è difatti chiarito, per un verso, che ‘ Ove il merito sia stato deciso nel senso dell’accoglimento della domanda di parte, senza alcuna specificazione in ordine alla soluzione della questione di rito a monte, la statuizione di merito sottende necessariamente una decisione della questione di rito in senso non ostativo alla decisione di merito. Queste considerazioni non possono invece trasporsi, tout court, nelle ipotesi in cui la decisione di merito si sia declinata nel senso del rigetto della domanda’ (Cass., Sez. Un., n. 24172 del 2025, punto 10.3); per altro, che, ‘… nel caso della decisione in base alla ragione più liquida, non essendovi alcuna decisione sulla pregiudiziale di rito, rispetto ad essa rimane pienamente esercitabile il potere di rilievo d’ufficio da parte del giudice del grado successivo ‘ (Cass., Sez. Un., n. 24172/25, cit., punto 12).
Consegue che l’eccezione sollevata deve essere respinta.
Ciò premesso, il primo motivo del ricorso è fondato.
In principalità, mette in conto rilevare che non è contestata palesandosi obiettivamente incontroversa – la deduzione contenuta in ricorso alla cui stregua la mancanza di sottoscrizione del difensore ha riguardato il solo ricorso introduttivo del giudizio
concernente l’annualità del 2008, senza investire di contro l’impugnazione correlata alle altre due annualità in contestazione.
Pacifico è altresì che, come d’altronde si espone in sentenza, il ricorso introduttivo concernente il 2008 comunque riportava la firma del ricorrente.
Giova dunque ribadire che l’inammissibilità -con la quale sono sanzionati determinati atti -non costituisce un vizio dell’atto diverso dalla nullità, ma è la conseguenza di particolari nullità, non soggette a sanatoria (Cass., Sez. Un., n. 16 del 2000). Questa Corte, già in passato, si è premurata di precisare come una simile conseguenza giuridica s’inserisca tra le “sanzioni forti”, caratterizzate dall’insanabilità del vizio, che, per il loro rigore, non possono che essere interpretate in senso restrittivo, e cioè riservando loro un limitato campo di operatività, comprensivo di quei soli casi nei quali il rigore estremo ( extrema ratio ) è davvero giustificato. E ciò nel fermo rispetto dell’insegnamento che proviene dalla Corte costituzionale (sentenze n. 189 del 2000 e n. 520 del 2002), con particolare riguardo al processo tributario, secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della “tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità” (Cass. n. 21170 del 2005), e in armonia con la giurisprudenza CEDU, da ultimo espressa con la sentenza 23 maggio 2024, COGNOME e altri c. Italia, § 69 (vedi, al riguardo, Cass. n. 22921 del 2025).
Ebbene, questa Corte (v., tra le più recenti, Cass. n. 12134 del 2019) ha chiarito che, nel processo tributario, è affetto da inammissibilità, insuscettibile di sanatoria, il ricorso introduttivo privo sia della sottoscrizione del difensore abilitato sia di quella della parte, non potendo la tutela giurisdizionale dei diritti prescindere dalla corretta instaurazione del rapporto processuale, né ponendosi tale sanzione in contrasto con i parametri costituzionali e con l’art. 6 della CEDU, atteso che l’imposizione di
condizioni, forme e termini processuali, nel rispetto del principio di proporzionalità, risponde ad obiettive esigenze di buona amministrazione della giustizia, soprattutto se si tratta di regole prevedibili e di sanzioni prevenibili con l’ordinaria diligenza, anche “in eligendo” (v. CEDU, Bellet v. France, 4 dicembre 1995; Trevisanato c. Italia, 15 settembre 2016).
Nel caso, come quello in esame, in cui il ricorso è sottoscritto solo dalla parte e si assuma la necessità di assistenza tecnica, a norma dell’art. 12 del d.lgs. n. 546/92, con la conseguente necessaria sottoscrizione del difensore abilitato, secondo quanto prescritto dall’art. 18 del medesimo decreto, viene, invece, in apice il principio di diritto secondo cui ‘ Nel processo tributario, l’omissione, da parte del giudice adito, dell’ordine, alla parte privata che ne sia priva, di munirsi di un difensore, dà luogo ad una nullità relativa, che può essere eccepita in appello solo dalla parte di cui sia stato leso il diritto ad un’adeguata difesa tecnica, poiché l’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992 deve essere interpretato, in una prospettiva costituzionalmente orientata, in linea con l’esigenza di assicurare l’effettività del diritto di difesa in vista di un’adeguata tutela contro gli atti della P.A., evitando, allo stesso tempo, irragionevoli sanzioni di inammissibilità, che si risolvano in danno del soggetto che si intende tutelare, tenendo altresì conto che nel processo tributario il difetto di assistenza tecnica non incide sulla rappresentanza processuale, atteso che l’incarico al difensore, può essere conferito anche in udienza pubblica, successivamente alla proposizione del ricorso e non dà luogo, pertanto, ad una nullità attinente alla costituzione del contraddittorio’ (tra varie, Cass. n. 11435 del 2018; Cass. n. 26027 del 2022; Cass. n. 37231 del 2022; Cass. nn. 9646 e 9648 del 2024).
Con il secondo motivo si insiste ‘ sulla non necessità di deduzione di ulteriori motivi in ordine a quanto statuito ad abundantiam sul merito nella sentenza impugnata ‘.
Il secondo motivo non coglie nel segno e va disatteso.
La valutazione d’inammissibilità si appalesa essere, con ogni evidenza, una ragione del decidere che s’affianca, nell’economia della decisione, a quanto affermato nel merito della pretesa fiscale. La corte regionale, difatti, nel concludere per il rigetto dell’appello espressamente ‘ confermando la sentenza impugnata ‘, la quale, si è visto, aveva rigettato nel merito i ricorsi riuniti, ha comunque adottato una statuizione complessiva di merito, con riguardo alla quale ciò che viene osservato in rito finisce per costituire, appunto, una soltanto delle rationes decidendi , tutte rilevanti, tutte suscettibili d’essere contraddette mediante il ricorso in cassazione. il di merito si prestavano ad essere in astratto aggredite in sede di legittimità, come in effetti il ricorrente ha fatto, con la proposizione dei restanti
In tal senso, ancorché parte ricorrente mostri di ritenere contrario, sia la ratio in rito della decisione, sia la ratio motivi (in linea, da ultimo, Cass., Sez. Un., n. 20107 del 2024).
In definitiva, qualora consti una pronuncia di rigetto, il fatto stesso che il rigetto si poggi su due rationes , implica che entrambe debbano essere contraddette con ricorso, dal momento che anche quella di merito è espressione di una potestas iudicandi della quale il giudice non si spogliato affatto. Il che a maggior ragione trova conferma nel caso in esame, in cui il giudice d’appello ha confermato la sentenza di primo grado, di rigetto nel merito dei ricorsi.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., applicabile al processo tributario ex art. 1, co. 2, d.lgs. n. 546 del 1992, formulando denuncia ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., richiamato dall’art. 62, co. 1, DLGS n. 546 del 1992, non essendosi la CTR pronunciata sulla denunciata illegittimità dell’avviso di accertamento e l’infondatezza della pretesa erariale, quanto alla ripresa relativa al recupero di redditi assimilati al lavoro
dipendente per euro 140.000 afferenti all’attività di amministratore svolta nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
Con il quarto motivo si censura la violazione dell’art. 112 c.p.c. ovvero, in subordine, la violazione dell’art. 36, co. 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992 nonché dell’art. 132, co. 2, n. 5, e dell’art. 156, co. 2, c.p.c., oltre che dell’art. 118 Disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 111, co. 1, Cost., formulando denuncia ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., richiamato dall’art. 62, co. 1, D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR mancato di pronunciarsi sulla dedotta questione relativa ‘ al fatto che il dottor NOME COGNOME non ha emesso la fattura di € 383.768, né tantomeno incassato la stessa ‘; in subordine, con lo stesso mezzo di ricorso si evidenzia la sussistenza di ‘ vizio formale di omessa motivazione o di motivazione apparente ‘.
Con il quinto motivo si contesta la violazione dell’art. 36, co. 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992 nonché dell’art. 132, co. 2, n. 5, e dell’art. 156, co. 2, c.p.c., oltre che dell’art. 118 Disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 111, co. 1, Cost., formulando denuncia ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., richiamato dall’art. 62, co. 1, D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR reso una motivazione incentrata sull” astratto riferimento alla presunzione legale di ricavi delle risultanze bancarie, senza in alcun modo esaminare in concreto le prove documentali fornite al riguardo dal contribuente’.
Mette punto anteporre rispetto alle altre due censure la trattazione quinto motivo del ricorso, che è palesemente fondato e va accolto.
La CTR ha, in effetti, adottato una motivazione meramente assertiva sull’operatività della presunzione ex art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973. In tal senso, più che illustrare il fondamento delle proprie valutazioni e determinazioni, il giudice d’appello esibisce un assioma e su di esso incardina la decisione.
Tuttavia, deve reputarsi nulla la sentenza che dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, contenga una
motivazione che non consente di « comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato », non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un « ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo », logico e consequenziale, « a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi » (Cass. Sez. U., n. 22232 del 2016).
Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232/16, citata; Cass., n. 14927 del 2017; Cass., n. 13977 del 2019; Cass., n. 29124 del 2021). Invero, si è in presenza di una tipica fattispecie di «motivazione apparente», allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del « minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., n. 13248 del 2020; Cass., n. 8400 del 2021; Cass., n. 9288 del 2021; Cass., n. 9627 del 2021).
Ciò detto, anche il terzo motivo è fondato.
Che la censura relativa al computo dei redditi da lavoro autonomo al netto delle spese sia stata formulata sia in primo grado, sia in appello, è esplicitato in ricorso, in ossequio al principio di specificità e autosufficienza.
Che la questione relativa al computo in parola si fosse affacciata nel giudizio è corroborato da quanto riportato dalla CTR nella parte narrativa della sentenza, laddove, in effetti, si evidenzia quanto eccepito dall’ufficio, id est ‘ il reddito da lavoro dipendente di € 140.000, risulta già iscritto a ruolo fin dal 11.01.12 per mancata impugnazione di altro avviso di accertamento, notificato in data 15.4.2011 ‘.
Che la CTR non si sia pronunciata in alcun modo sulla questione lo si evince dall’asse stesso della sentenza d’appello, che di fatto s’incardina su un’unica operazione – quella al fondo dell’avviso relativo al 2006 – ossia l’emissione di fattura per l’importo di € 383.768 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
Su queste basi, non può che richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha incisivamente precisato che l’omessa pronuncia su un motivo di appello integra la violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto il motivo di gravame costituisce la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello e rappresenta, dunque, uno dei fatti costitutivi della «domanda» di appello, sicché la mancanza di presa di posizione del giudice rispetto ad una domanda od eccezione ritualmente formulata implica l’omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, traducendosi in una violazione dell’art. 112 c.p.c. (Cass., n. 29952 del 2022; Cass., n. 23930 del 2017; Cass., n. 22759 del 2014; Cass., n. 6835 del 2013). Sulla questione sopra riassunta, il giudice regionale ha sorvolato, ancorché si trattasse di una questione con un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale avrebbe dovuto essere emessa dalla corte regionale una pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass., n. 272 del 2024; Cass., n. 1616 del 2021; Cass., n. 18797 del 2018; Cass., n. 28308 del 2017).
Appare viceversa infondato e va respinto il quarto motivo del ricorso.
Sulla fattura fulcro della doglianza in esame una statuizione, ancorché scarna, invero si riscontra nella sentenza d’appello. È dato leggere nella decisione in parola, testualmente, che ‘ tali prove da parte del ricorrente non sono state fornite, nemmeno per quanto concerne l’emissione della fattura contestata ‘. Sotto questo profilo si lamenta l’omissione di pronuncia a fronte di un’affermazione esplicita. In altri termini, l’assenza di una pronuncia ad hoc è contraddetta dal testo della sentenza. Il vizio di omessa pronuncia avrebbe postulato un deficit assoluto e radicale di una statuizione su un capo di domanda o su una eccezione di parte, così da determinare la totale assenza di una decisione sul punto e, quindi, di un provvedimento indispensabile alla definizione della controversia (Cass., n. 7472 del 2017; Cass., n. 3020 del 1999; Cass., n. 2085 del 1995). Del resto, questa Corte ha chiarito che il vizio di omessa pronuncia si configura in presenza della mancata decisione su qualsiasi richiesta finalizzata a ottenere l’attuazione concreta di una norma attributiva di un bene all’attore o al convenuto, o comunque ogni istanza dotata di contenuto specifico sulla quale il giudice era tenuto a statuire, sia in senso positivo che negativo (Cass., n. 272 del 2024; Cass., n. 1616 del 2021; Cass., n. 18797 del 2018; Cass., n. 28308 del 2017).
Né è configurabile il vizio, prospettato in subordine, di motivazione apparente, posto che è intelligibile il percorso decisionale, consistito nell’affermazione di mancanza di prova contraria da parte del contribuente, a fronte dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per quell’anno, che ‘ abilita l’Ufficio ad utilizzare qualsiasi elemento probatorio al fine di pervenire all’accertamento del reddito non dichiarato, utilizzando presunzioni che poi spetta al contribuente invalidare ‘ (lo stesso ricorrente, peraltro, riferisce in ricorso che l’emissione della fattura in questione risultava da ‘ segnalazione pervenuta dall’elenco fornitori ‘ della RAGIONE_SOCIALE: v. pag. 3, nonché pagg. 18 -19;
sull’utilizzabilità di presunzioni cd. supersemplici nel caso di omessa presentazione della dichiarazione, v., fra varie, Cass. n. 15167 del 2020).
Il ricorso va, in ultima analisi, accolto in relazione al primo, al terzo e al quinto motivo di ricorso, respinti il secondo e il quarto motivo di ricorso.
La sentenza d’appello dev’essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Lombardia in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il primo, il terzo e il quinto motivo del ricorso e ne respinge il secondo e il quarto motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Lombardia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 12/06/2025.