Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2717 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2717 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 29/01/2024
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Riscossione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14800/2015 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, in persona del suo legale rappresentante p.t., con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del AVV_NOTAIO che la rappresentata e difende;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 7292/29/14, depositata il 3 dicembre 2014, della Commissione tributaria regionale del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 13 settembre 2023, dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
-con sentenza n. 7292/29/14, depositata il 3 dicembre 2014, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, così confermando la decisione di prime cure recante accoglimento dell’impugnazione di una cartella di pagamento emessa dietro iscrizione a ruolo dell’RAGIONE_SOCIALE straordinaria dovuta dalla contribuente sulla base di pregresso avviso di liquidazione n. 25/195 del 7 marzo 1995;
1.1 -a fondamento del decisum , il giudice del gravame ha rilevato che:
-secondo l’assunto svolto in giudizio dalla contribuente, la dichiarazione RAGIONE_SOCIALE presentata ai sensi del d.l. 13 settembre 1991, n. 299, art. 1, comma 3, conv. in l. 18 novembre 1991, n. 363 (e del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 18) aveva formato oggetto di rettifica con avviso di liquidazione che aveva rideterminato il valore di riferimento dell’incremento di valore sottoposto a tassazione, così per l’appunto rettificato; e che detto avviso di liquidazione era stato impugnato con ricorso ritualmente depositato davanti alla Commissione tributaria epperò non notificato a controparte;
con sentenza n. 364/35/05 detto ricorso era stato, quindi, dichiarato inammissibile «proprio per la mancata dimostrazione dell’instaurazione del contraddittorio» e, in relazione a detta pronuncia, era stata emessa, dietro iscrizione a ruolo RAGIONE_SOCIALE somme dovute sulla base del ridetto avviso di liquidazione, l’impugnata cartella di pagamento che era stata notificata il 14 settembre 2011;
il giudice del primo grado, poi , aveva accolto l’impugnazione della cartella rilevando che, a seguito del ricorso proposto avverso l’avviso di liquidazione, non si era «instaurato alcun contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria» – che, pertanto, non era stata «parte del processo» – così che la cartella di pagamento avrebbe dovuto essere
emessa nel rispetto del termine di decadenza posto dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17 (dunque entro il 31 dicembre 1996) e, al più, nel rispetto del termine di prescrizione decennale ( id est «entro il 2005») decorrente dalla notifica del ridetto avviso di liquidazione;
-gli spiegati motivi di appello dell’RAGIONE_SOCIALE andavano, pertanto, disattesi in quanto: a) -il difetto di notifica del ricorso proposto avverso l’avviso di liquidazione aveva determinato la «mancata instaurazione del contraddittorio processuale», vizio, questo, più grave di quello «che può determinarsi in caso di ricorso inammissibile o tardivo»; b) -difatti, detto ricorso, seppur depositato davanti al giudice adito, non era stato notificato all’Amministrazione finanziaria con conseguente difetto di «pendenza del giudizio» – così che il giudicato di inammissibilità doveva ritenersi «formale solo in senso ‘improprio od apparente’ (nel senso che dà atto della chiusura del fascicolo processuale)»; c) – difettando la pendenza di un giudizio, doveva aversi riguardo «alla definitività del provvedimento amministrativo, consolidatosi per effetto della mancata impugnazione» piuttosto che ad un’ actio iudicati cui correlare il termine di prescrizione decennale; d) -in sintesi, la fattispecie processuale in esame non aveva determinato alcun «impedimento della decadenza per l’esercizio del potere di riscossione» risultando inapplicabili le disposizioni di cui agli «artt. 2967 e 2945, comma 2, del cod. civ.»;
l’RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di un solo motivo;
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
sono state depositate memorie.
Considerato che:
1. -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione e falsa applicazione di legge con
riferimento agli artt. 2909, 2945, 2946 e 2967 cod. civ., ed al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17;
-assume, in sintesi, la ricorrente l’erroneità della qualificazione giuridica operata dalla gravata sentenza in termini di difetto della pendenza del giudizio introdotto dietro impugnazione di un avviso di liquidazione, e di un giudicato sostanziale sulla pretesa tributaria; qualificazione, questa, suscettibile di incidere sulla «certezza dei diritti e dei poteri» in quanto «il dubbio sulla litispendenza inciderebbe sull’esercizio in concreto del potere di imposizione, pregiudica ndo in tal modo il rapporto tributario, e favorendo anche un uso dilatorio del relativo contenzioso con pregiudizio dell’esazione dei crediti erariali»;
soggiunge, quindi, la ricorrente che -secondo dicta della giurisprudenza di legittimità -il giudizio da controparte proposto avverso l’avviso di liquidazione dell’RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto ritenersi pendente sino al passaggio in giudicato della pronuncia di inammissibilità, a tal fine non rilevando l’esistenza di vizi suscettibili di determinare l’invalidità o la stessa inammissibilità del ricorso;
-il ricorso è inammissibile;
-rileva la Corte che il motivo non è autosufficiente (art. 366 c.p.c., primo comma, n. 6), posto che la pronuncia, che si assume integrare il giudicato, non viene riprodotta;
il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in tema di giudicato esterno, viene difatti declinato dalla Corte sotto i due (ricorrenti) profili che involgono la necessità:
della trascrizione della sentenza che costituisce giudicato (non essendo sufficiente la riproduzione di stralci ovvero del suo solo dispositivo: cfr. Cass., 31 maggio 2018, n. 13988; Cass., 8 marzo 2018, n. 5508; Cass., 23 giugno 2017, n. 15737; Cass., 11 febbraio 2015, n. 2617; Cass., 16 luglio 2014, n. 16227; Cass., 30 aprile 2010,
n. 10537; Cass., 13 marzo 2009, n. 6184; Cass., 13 dicembre 2006, n. 26627; Cass. Sez. U., 27 gennaio 2004, n. 1416);
dell’indicazione del momento, e della sede processuale, di produzione della sentenza passata in giudicato (v. in particolare, Cass., 8 marzo 2018, n. 5508; Cass., 13 marzo 2009, n. 6184; Cass. Sez. U., 27 gennaio 2004, n. 1416);
3.1 -a fronte del rilievo secondo il quale non si era «instaurato alcun contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria» che, pertanto, non era stata «parte del processo», il motivo di ricorso, per di più, non reca alcuna specifica indicazione a riguardo della reclamata actio iudicati (cui correlare il termine di prescrizione decennale), i cui profili soggettivi nemmeno risultano dedotti con riferimento alle parti del giudicato e, per quel che più rileva, all’Ufficio convenuto in giudizio, Ufficio al quale imputare l’atto impositivo in contestazi one;
-le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti non sussistono, però, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ), trattandosi di ricorso proposto da un’amministrazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e tasse che gravano sul processo (cfr., ex plurimis , Cass., 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., 5 novembre 2014, n. 23514; Cass. Sez. U., 8 maggio 2014, n. 9938; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte
-dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida
in € 10.700,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 settembre 2023.