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Ricorso non depositato: le conseguenze processuali

La Corte di Cassazione ha dichiarato improcedibile un ricorso in materia tributaria poiché, sebbene notificato alla controparte (Agenzia delle Entrate), non è stato depositato in cancelleria entro i termini di legge. L’ordinanza sottolinea che il mancato deposito di un ricorso è un vizio insanabile che comporta l’improcedibilità, rilevabile d’ufficio dal giudice. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese legali e al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Ricorso non depositato: la Cassazione ribadisce l’improcedibilità

Nel complesso mondo del contenzioso, il rispetto dei termini processuali è un pilastro fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro monito sulle gravi conseguenze di un ricorso non depositato, anche quando questo sia stato correttamente notificato alla controparte. La decisione analizza il caso di un contribuente contro l’Agenzia delle Entrate, terminato con una declaratoria di improcedibilità per un vizio formale insuperabile: la mancata iscrizione a ruolo dell’atto di impugnazione.

I Fatti di Causa

Un contribuente, insoddisfatto di una sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, decideva di presentare ricorso per cassazione. L’atto veniva regolarmente notificato via PEC all’Agenzia delle Entrate, la quale, a sua volta, depositava un controricorso per difendere le proprie ragioni. Tuttavia, emergeva un problema cruciale: il ricorso principale del contribuente non era mai stato depositato presso la cancelleria della Corte di Cassazione. La cancelleria stessa attestava la mancata iscrizione a ruolo del ricorso dalla data della notifica (15 marzo 2024) fino a diversi mesi dopo (31 luglio 2024), ben oltre i termini previsti dalla legge.

La Decisione della Corte sul ricorso non depositato

La Corte di Cassazione, riunita in camera di consiglio, ha dichiarato il ricorso improcedibile. Questa decisione, sebbene possa apparire puramente tecnica, si fonda su un principio cardine del diritto processuale. La Corte ha stabilito che la sola notifica dell’atto non è sufficiente a instaurare correttamente il giudizio di legittimità. È indispensabile che, dopo la notifica, il ricorrente provveda a depositare il ricorso in cancelleria entro il termine perentorio fissato dall’articolo 369 del codice di procedura civile. La violazione di tale termine rende il ricorso, di fatto, inefficace, impedendo al giudice di esaminarne il contenuto.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni dell’ordinanza sono nette e offrono importanti chiarimenti.

In primo luogo, la Corte ha ribadito che il potere di dichiarare d’ufficio l’improcedibilità sussiste anche quando, come nel caso di specie, è la parte intimata a portare a conoscenza della Corte l’esistenza di un ricorso notificato ma mai depositato, attraverso la presentazione di un controricorso. Il mancato rispetto di un termine perentorio non è una semplice irregolarità formale sanabile, ma un vizio che inficia la procedibilità stessa dell’azione.

In secondo luogo, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese legali. La Corte ha spiegato che, al momento della notifica del ricorso, l’Agenzia delle Entrate non poteva prevedere il successivo mancato deposito. Pertanto, ha legittimamente apprestato le proprie difese depositando un controricorso, sostenendo dei costi che devono essere rimborsati. Le attività difensive della controricorrente non possono essere considerate superflue, poiché sono state rese necessarie dall’iniziativa, seppur incompleta, del ricorrente.

Infine, la declaratoria di improcedibilità ha comportato l’attestazione della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 20621 del 2023, hanno chiarito che anche questo tipo di pronuncia rientra tra quelle che obbligano il ricorrente soccombente al pagamento di un ulteriore importo pari al contributo versato per l’impugnazione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza serve da severo promemoria per avvocati e parti processuali. La gestione di un’impugnazione richiede una doppia attenzione: non basta notificare l’atto alla controparte, ma è essenziale e non derogabile il suo tempestivo deposito in cancelleria. Un ricorso non depositato è un atto processualmente ‘nato morto’, destinato all’improcedibilità. Le conseguenze non sono solo la perdita della possibilità di far valere le proprie ragioni nel merito, ma anche un aggravio economico significativo, rappresentato dalla condanna alle spese legali della controparte e dal raddoppio del contributo unificato. La diligenza nel compimento di tutti gli adempimenti procedurali si conferma, ancora una volta, un requisito imprescindibile per una tutela giudiziaria efficace.

Cosa succede se un ricorso viene notificato alla controparte ma non depositato in cancelleria nei termini di legge?
Il ricorso viene dichiarato improcedibile. La sola notifica non è sufficiente per instaurare validamente il giudizio; il mancato deposito entro il termine perentorio previsto dall’art. 369 c.p.c. è un vizio insanabile che impedisce alla Corte di esaminare il merito della causa.

La Corte può dichiarare un ricorso improcedibile d’ufficio per mancato deposito?
Sì, la Corte ha il potere di dichiarare d’ufficio l’improcedibilità del ricorso per mancato deposito. Questo potere sussiste anche se è la controparte, tramite il deposito di un controricorso, a portare a conoscenza della Corte l’esistenza di un ricorso notificato ma mai depositato.

Chi paga le spese legali se il ricorso è dichiarato improcedibile per mancato deposito?
Il ricorrente è tenuto al pagamento delle spese legali in favore della controparte. La Corte ha stabilito che la controparte, avendo ricevuto la notifica, ha legittimamente predisposto le proprie difese. Tali costi devono essere rimborsati, poiché al momento della notifica non era prevedibile che il ricorso non sarebbe stato depositato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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