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Ricorso non depositato: le conseguenze legali spiegate

Un contribuente ha impugnato una sentenza tributaria in Cassazione ma ha omesso di depositare il ricorso nei termini di legge. L’Amministrazione Finanziaria, costituitasi con controricorso, ha richiesto la dichiarazione di improcedibilità. La Suprema Corte ha accolto la richiesta, confermando che il ricorso non depositato è improcedibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese legali e al versamento di un ulteriore contributo unificato.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Ricorso non depositato: la Cassazione conferma l’improcedibilità

Presentare un ricorso per Cassazione è un passo cruciale, ma notificarlo alla controparte non è sufficiente. Un adempimento fondamentale, la cui omissione ha conseguenze drastiche, è il deposito dell’atto presso la cancelleria della Corte. Un recente provvedimento della Suprema Corte ha ribadito la gravità delle conseguenze di un ricorso non depositato, confermando un principio consolidato a tutela della certezza del diritto e della parte convenuta. Vediamo nel dettaglio cosa è successo e quali lezioni pratiche possiamo trarne.

I fatti del caso

Un contribuente, dopo aver visto respinte le proprie ragioni sia in primo che in secondo grado riguardo a una comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, decideva di tentare l’ultima via: il ricorso per Cassazione. L’atto veniva regolarmente notificato all’Agenzia delle Entrate, la quale si costituiva in giudizio depositando il proprio controricorso. Tuttavia, emergeva un vizio procedurale fatale: il contribuente ometteva di depositare il proprio ricorso in cancelleria entro il termine perentorio previsto dalla legge.

La questione del ricorso non depositato

Il Codice di procedura civile, all’articolo 369, è molto chiaro: la parte che propone ricorso per Cassazione deve depositarlo nella cancelleria della Corte, a pena di improcedibilità. Di fronte a questo mancato adempimento, l’Amministrazione finanziaria non è rimasta inerte. Anzi, ha richiesto l’iscrizione a ruolo della causa proprio al fine di far dichiarare l’improcedibilità del gravame. Questa mossa non è solo una formalità, ma risponde a un duplice interesse: ottenere la condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali sostenute per la difesa e, soprattutto, ‘blindare’ la decisione impugnata, impedendo al ricorrente di riproporre un nuovo ricorso, qualora i termini non fossero ancora scaduti.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, ha ribadito la propria giurisprudenza costante in materia. Ha chiarito che la parte che riceve la notifica di un ricorso per Cassazione ha il pieno diritto di chiedere che il procedimento vada avanti, anche solo per sentir dichiarare l’improcedibilità del ricorso non depositato. Questo potere, spiega la Corte, è una naturale estensione del diritto di difesa sancito dall’articolo 370 del codice di procedura civile.

La decisione si fonda su due pilastri logici:
1. L’interesse al recupero delle spese: La parte resistente, che ha dovuto sostenere costi per preparare un controricorso, ha diritto a una pronuncia che condanni la parte negligente a rimborsare tali spese.
2. L’interesse alla certezza giuridica: La dichiarazione di improcedibilità chiude definitivamente la vicenda processuale, evitando che la stessa questione possa essere riproposta in futuro, creando incertezza e un potenziale spreco di risorse giudiziarie.

Di conseguenza, il ricorso del contribuente è stato dichiarato improcedibile.

Le conclusioni

La pronuncia in esame è un monito severo sull’importanza del rispetto delle regole procedurali. Le implicazioni pratiche per la parte ricorrente sono pesanti. In primo luogo, la sua impugnazione non viene nemmeno esaminata nel merito, rendendo vano tutto il lavoro svolto. In secondo luogo, scatta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della controparte, quantificate nel caso di specie in € 5.800,00. Infine, la Corte ha dato atto della sussistenza dei presupposti per il cosiddetto ‘raddoppio del contributo unificato’, un’ulteriore sanzione pecuniaria a carico del ricorrente la cui impugnazione è stata respinta o dichiarata inammissibile/improcedibile.

Cosa succede se un ricorso per Cassazione viene notificato ma non depositato nei termini?
Il ricorso viene dichiarato improcedibile, il che significa che la Corte non esaminerà le ragioni dell’impugnazione e la causa si chiuderà con una pronuncia di rito sfavorevole al ricorrente.

La parte che riceve la notifica di un ricorso non depositato può fare qualcosa?
Sì, può chiedere l’iscrizione a ruolo della causa al fine di far dichiarare l’improcedibilità del ricorso. Questo le consente di ottenere la condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali e di impedire una possibile riproposizione del ricorso.

Quali sono le conseguenze economiche per chi non deposita il ricorso?
La parte ricorrente viene condannata a pagare le spese legali della controparte. Inoltre, è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’iscrizione del ricorso stesso, come sanzione per aver proposto un’impugnazione inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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