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Ricorso non depositato: Cassazione e improcedibilità

Un contribuente ha impugnato una sentenza tributaria notificando il ricorso all’Agenzia delle Entrate, ma omettendo di depositarlo presso la cancelleria della Corte di Cassazione entro i termini di legge. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso improcedibile, sottolineando che il mancato deposito costituisce un vizio insanabile. La decisione ribadisce che il rispetto dei termini perentori è un requisito fondamentale di procedibilità, la cui violazione comporta la condanna alle spese e l’applicazione della sanzione del raddoppio del contributo unificato. Il focus è quindi sulle conseguenze di un ricorso non depositato.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Ricorso non depositato: la Cassazione conferma l’improcedibilità

Nel processo, la forma è sostanza. Un principio che la Corte di Cassazione ha recentemente ribadito con l’ordinanza n. 5333/2024, chiarendo le gravi conseguenze di un ricorso non depositato nei termini di legge. Anche se l’atto viene correttamente notificato alla controparte, la sua mancata iscrizione a ruolo presso la cancelleria del giudice competente determina inesorabilmente l’improcedibilità dell’impugnazione. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza cruciale del rispetto delle scadenze processuali.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una controversia tributaria. Un contribuente, insoddisfatto della decisione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, decideva di presentare ricorso per cassazione. L’atto di impugnazione veniva regolarmente notificato all’Agenzia delle Entrate in data 25 ottobre 2022. Tuttavia, il ricorrente ometteva di compiere il passo successivo e fondamentale: il deposito del ricorso presso la cancelleria della Suprema Corte entro il termine perentorio previsto dalla legge. Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria si costituiva in giudizio come controricorrente, mentre il ricorrente rimaneva non costituito.

La Decisione della Corte e il problema del ricorso non depositato

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso improcedibile. I giudici hanno rilevato d’ufficio la violazione dell’art. 369 del codice di procedura civile, che impone il deposito del ricorso, a pena di improcedibilità, entro venti giorni dall’ultima notificazione alle parti contro cui è proposto. Nel caso di specie, come attestato da un certificato della stessa cancelleria, alla data del 19 gennaio 2023 – ben oltre il termine previsto – il ricorso non risultava ancora depositato. La Corte ha sottolineato che la notifica dell’atto alla controparte è solo il primo passo di un procedimento che si perfeziona unicamente con il deposito in cancelleria, atto che serve a instaurare formalmente il giudizio dinanzi al giudice.

Le Motivazioni Giuridiche della Suprema Corte

La difesa del ricorrente, seppur non formalizzata, avrebbe potuto far leva sul principio di raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.), sostenendo che la costituzione dell’Agenzia delle Entrate dimostrava che l’atto avesse raggiunto il suo obiettivo. Tuttavia, la Cassazione ha smontato questa potenziale argomentazione, richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici hanno spiegato che il principio di sanatoria per raggiungimento dello scopo si applica solo alle nullità per vizi di forma, non alla violazione di termini perentori stabiliti a pena di decadenza o, come in questo caso, di improcedibilità. Il termine per il deposito è una regola di procedibilità, la cui inosservanza non può essere sanata. La Corte ha l’obbligo di rilevarla d’ufficio, senza che la controparte debba sollevare un’eccezione specifica. L’improcedibilità, in questo contesto, è una sanzione processuale per l’inattività della parte, volta a garantire la certezza dei rapporti giuridici e la ragionevole durata del processo.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in commento ribadisce una lezione fondamentale per avvocati e parti processuali: la massima diligenza nel rispetto delle scadenze procedurali è imprescindibile. Notificare un ricorso non è sufficiente; è il suo tempestivo deposito a radicare il giudizio. Le conseguenze della negligenza sono severe: il ricorso viene dichiarato improcedibile, impedendo al giudice di esaminarne il merito, e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese legali. Inoltre, la pronuncia di improcedibilità, inammissibilità o rigetto integrale dell’impugnazione comporta l’obbligo per il ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso. Un esito che vanifica le ragioni del contribuente e aggrava la sua posizione economica a causa di un errore puramente procedurale.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene notificato ma non depositato in cancelleria entro i termini?
Il ricorso viene dichiarato improcedibile. La notifica alla controparte non è sufficiente a rendere valido l’atto se non viene poi iscritto a ruolo tramite il deposito in cancelleria entro il termine perentorio previsto dall’art. 369 c.p.c.

La costituzione in giudizio della controparte può sanare il mancato deposito del ricorso?
No, la costituzione della controparte (il controricorrente) non può sanare il mancato deposito. La Corte di Cassazione chiarisce che il deposito è una regola di procedibilità e la sua violazione non è una semplice nullità formale che può essere sanata dal raggiungimento dello scopo.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente la cui impugnazione è dichiarata improcedibile per mancato deposito?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese legali del giudizio. Inoltre, la pronuncia di improcedibilità fa scattare i presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per il ricorso (il cosiddetto ‘raddoppio del contributo unificato’).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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