Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31375 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31375 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
Avv. Acc. IRPEF 2007 e 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19442/2017 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME e domiciliato ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, INDIRIZZO Roma.
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. EMILIA ROMAGNA n. 1302/2017, depositata in data 22 aprile 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME riceveva notifica di due avvisi di accertamento ai fini IRPEF relativi agli anni d’imposta 2007 e 2008. L’Agenzia delle
Entrate -direzione provinciale di Reggio Emilia – rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del detto contribuente ex art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rettificando il reddito dichiarato pari a € 0,00 per il 2007 ed a 7.562,00 per il 2008, e accertando un maggior reddito di € 46.622,30 per il 2007 e di 60.595,75 per l’anno d’imposta 2008. La rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva.
Avverso gli avvisi di accertamento il contribuente proponeva distinti ricorsi dinanzi alla C.t.p. di Reggio nell’Emilia; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., previa riunione dei ricorsi, con sentenza n. 136/02/2013, li accoglieva.
Contro tale decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. dell’Emilia -Romagna; si costituiva in giudizio anche il contribuente, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 1302/2017, depositata in data 22 aprile 2017, la C.t.r. adita accoglieva il gravame dell’Ufficio.
Avverso la sentenza della C.t.r. dell’Emilia -Romagna, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo, mentre l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 12 novembre 2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’art. 111 Cost. ed art. 118, comma 1, disposizioni di attuazione cod. proc. civ. per violazione del principio del ‘giusto processo regolato dalla legge’ e dell’obbligo di motivazione delle
sentenze, nonché degli artt. 3, 97 e 24 della Cost, rispettivamente per violazione del principio di uguaglianza, del canone di ragionevolezza intrinseca e del principio di difesa in relazione all’ avvenuta esclusione dell’applicazione dell’art. 12, comma 7, Legge 27 luglio 2000, n. 212; violazione e/o fala applicazione dell’art, 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per la nullità della sentenza impugnata per l’ error in procedendo commesso dal collegio giudicante per omesso esame circa un punto decisivo della controversia con annesso difetto di motivazione in relazione ad asseriti errori di calcolo contenuti negli avvisi di accertamento T1IS011202502/2012 e THS011200056/2011» il contribuente lamenta l’ error in iudicando , l’ error in procedendo e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha riconosciuto l’obbligatorietà del termine di 60 giorni prima di procedere all’emissione dell’avviso, valevole anche nel caso in cui quest’ultimo sia successivo a consegna di un verbale di contraddittorio, mancando poi di dare conto nella propria motivazione delle giustificazioni addotte per contrastare il maggior reddito accertato dall’Ufficio.
Il motivo di ricorso proposto è inammissibile.
2.1. Su ll’esame delle singole censure prospettate nel motivo, infatti, deve farsi prevalere la riflessione per la quale: «questa Corte ha affermato che nel ricorso per cassazione, i motivi d’impugnazione che prospettino una pluralità di questioni precedute unitariamente dall’elencazione delle norme asseritamente violate, sono inammissibili in quanto costituiscono una negazione della regola della chiarezza e richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011, Rv. 619790; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18021 del 14/09/2016, Rv. 641127; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018, Rv. 651324-01)» (Cass. n. 938/2020).
2.2. Inoltre, la doglianza medesima propone un motivo coacervato, con il quale vengono denunciati vari vizi, anche in contrasto logico tra loro (omesso esame, errore valutazione prove, omessa pronuncia su eccezione, difetto di motivazione), che danno luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793) o a pretesi vizi processuali. Si tratta quindi di censure non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e quindi non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte.
2.3. Peraltro, la parte che, in sede di ricorso per cassazione, lamenti vizi di motivazione della sentenza impugnata, ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sé tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali” (cfr., ex plurimis, Cass. n. 1166/2012).
Quindi, il ricorso per Cassazione deve avere come oggetto la dettagliata e puntuale contestazione della sentenza impugnata, nella quale, peraltro, si è dato atto che l’accertamento era stato eseguito senza accessi o ispezioni, unici presupposti per l’accertamento ex at. 12 della legge 212/2000 e ciò perché era
stata effettuata una verifica a tavolino e non accessi o ispezioni presso la sede dell’azienda.
2.4. Invero, tale obbligo sussiste soltanto per i tributi armonizzati, non anche per quelli non armonizzati, per i quali non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo vincolo generalizzato, sicché esso ricorre soltanto per le ipotesi per le quali risulti specificamente sancito; secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, «in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini IRPEG ed IRAP, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale» (Cass. Sez. U, 09/12/2015, n. 24823 del 09/12/2015, in ambito di indagini cd. “a tavolino”); inoltre, questa Corte ha avuto anche modo di precisare che «in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto ad accertamenti fiscali, l’Amministrazione finanziaria non ha l’onere di comunicare preventivamente l’oggetto della verifica, atteso che nel procedimento tributario un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale a pena d’invalidità dell’atto non sussiste al momento della raccolta delle informazioni e degli elementi di prova, ma solo, eventualmente e ove espressamente sancito, in una fase successiva, quando l’Amministrazione intenda adottare nei confronti di un contribuente, sulla base dei dati raccolti, un atto potenzialmente lesivo» (Cass. 28/12/2018, n. 33572; Cass. 09/07/2020, n. 14628 del 09/07/2020 , secondo cui, in tema di procedimento tributario, l’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale nell’ambito tributario, non investe l’attività di indagine e di acquisizione di elementi probatori, anche testimoniali, svolta dall’Amministrazione fiscale).
2.5. Ancora, il ricorso coì come proposto non si concreta in una censura specifica della motivazione della sentenza impugnata così finendo per diventare un’inammissibile richiesta di riedizione del
giudizio di merito, che in ogni caso appare sfornita del requisito dell’autosufficienza quanto alla deduzione di elementi probatori che smentirebbero l’attendibilità del quadro valutativo desunto dai giudici di merito. (Cass. 20/09/2013, n. 21601).
2.6. Infine, la mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione -ovvero … essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. U., n. 8053/2014, con riferimento al nuovo testo dell’art. 360 cod. proc. civ., a seguito alla riforma di cui all’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. 22/06/2012, n. 83, conv. in l. 7/08/2012, n. 134, applicabile al caso in esame trattandosi di sentenza emessa dopo il 10 settembre 2012); successivamente tra le tante Cass. n. 6626/2022; Cass. n. 22598/2018).
2.7. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha deciso correttamente e con una motivazione della quale è agevole scorgere l’iter logico -giuridico sottostante, allorquando si è dato atto che l’accertamento
era stato eseguito senza accessi o ispezioni, unici presupposti per l’accertamento ex at. 12 della legge 212/2000 , perché era stata effettuata una verifica a tavolino e non accessi o ispezioni presso la sede dell’azienda.
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in € 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 12 ottobre 2024.