Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26695 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26695 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 03/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23968/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentate e difese dall’avvocatura Generale dello STATO (P_IVA) -controricorrenti- nonché contro RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. RAGIONE_SOCIALE n. 1420/2021 depositata il 15/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Accongiagioco NOME, impugnava l’ intimazione di pagamento n. 07020189050804791000, notificatale in data 24/10/2018, sulla base di sessantatré cartelle di pagamento, concernenti presunti crediti afferenti tasse e imposte dirette, imposte di registro, tasse sull’occupazione di suolo pubblico, tasse sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e imposte di registro relative a contratti di locazione di immobili, deducendo la loro irrituale notificazione.
La C.T.P. di Napoli dichiarava inammissibile il ricorso, compensando le spese di lite.
Interposto gravame dalla contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, pur accogliendo l’appello e dichiarando ammissibile il ricorso introduttivo di primo grado, decidendo nel merito della vicenda dedotta, lo respingeva.
In particolare, il collegio d’appello così statuiva .
La contribuente ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, sulla base di due motivi. Replicano con controricorso la RAGIONE_SOCIALE e l’amministrazione finanziaria.
Anche il Comune di Napoli ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DI DIRITTO
Il primo motivo deduce . Si assume che la sintetica motivazione appare evidentemente erronea nella parte in cui non ha rilevato che tra la presunta data di notifica delle cartelle e la data di notifica dell’intimazione di pagamento, è inutilmente decorso il termine di prescrizione decennale o quinquennale che sia a seconda del tributo di riferimento. Difatti, tra i motivi di opposizione, la contribuente eccepiva in via subordinata che, a
prescindere dalla ritualità della notifica delle cartelle esattoriali indicate nell’atto di intimazione, comunque successivamente a tale presunta notifica era decorso il termine di prescrizione decennale o quinquennale per riscuotere le pretese erariali oggetto delle cartelle e, pertanto, doveva essere dichiarata l’illegittimità dei tributi di cui si richiedeva il pagamento con l’intimazione impugnata.
Si obietta che l’ADER in primo grado faceva riferimento a presunte intimazioni notificate il 22/01/2016, il 08/11/2013 e il 30/06/2004, delle quali, tuttavia, non forniva alcuna prova della notifica. In altri termini, si contesta l’errore in cui è incorso il giudice di seconde cure che, nonostante la evidenza della documentazione prodotta ha ritenuto di non dichiarare prescritti i crediti portati dalle cartelle sopra indicate, nonostante la notifica del successivo atto interruttivo (l’intimazione impugnata) sia intervenuta allorquando il termine di prescrizione dei tributi richiesti era abbondantemente decorso.
Con la seconda censura si lamenta . La sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania è altresì illegittima nella parte in cui non ha accertato l’illegittimità del procedimento di notificazione posto in essere dall’agente per la riscossione per tutte le cartelle oggetto della presente impugnativa. Difatti, in ordine alle residue dodici cartelle oggetto del contendere, solo in sede di appello l’agente per la riscossione si premurava di depositare undici relate di notifica che, ad ogni modo, non forniscono alcuna prova della rituale notifica delle relative cartelle.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La prima censura deduce contemporaneamente vizio motivazionale ed erronea valutazione in merito al compimento del termine prescrizionale, lamentando la stringata argomentazione della CTR.
Il motivo presenta molteplici profili di inammissibilità. In primo luogo, ci si trova di fronte ad un motivo c.d. ‘misto’ deducendosi sia l’insufficiente motivazione che l’omesso esame dei termini prescrizionali -con conseguente applicazione del principio per cui è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, n. 5 e n. 4, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, e ciò in quanto una simile formulazione mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (cfr. tra le più recenti, Sez. L., Ordinanza n. 3397 del 6/2/2024 che richiama Cass. n. 26874/2018; Cass. n. 7009/2017, Cass. n. 21611/2013; Cass. n. 19443/2011), contrastando tale tecnica espositiva con il principio di tassatività dei motivi di impugnazione per cassazione (v., ancora, Cass. n. 13809/2022, che richiama, «ex plurimis, Cass. n. 6866/2022, Cass. n. 33348/2018, Cass. n. 19761/2016, n. 19040/2016, n. 13336/2016, n. 6690/2016, Cass. n. 5964/2015; Cass. n. 26018/2014 e n. 22404/2014).
Sotto tale profilo è indiscutibile la non sovrapponibilità logicogiuridica del vizio di una carente motivazione della sentenza o di un omesso esame di un fatto sostanziale e l’operazione di risistemazione e di riorganizzazione dei motivi da parte del giudice di legittimità si rivela non solo compito improprio, ma anche incidente sulla dialettica processuale, intervenendo in essa come forma di soccorso difensivo, compiendo scelte concernenti (anche)
il rapporto (di alternatività o di subordinazione tra i vari motivi), che indubbiamente competono alla parte.
6. Ad ogni buon conto, l’inammissibilità resta, sia pure sotto altro profilo, anche operando, in base ad altro orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 39169/2021, che richiama Cass. n. 26790/2018, Cass. n. 19893/2017, Cass. n. 7009/2017, Cass, Sez. Un., n. 9100/2015, Cass., Sez. Un., n. 17931/2013; Cass., Sez. Un., n. 32415/2021), una risistemazione dei motivi, una loro scissione, come se fossero separati, alternativi o subordinati, ricostruendoli, sotto il profilo dell’omesso esame dei termini prescrizionali e del vizio di motivazione rilevante, in relazione alle questioni sostanziali sollevate.
6. 1. In primo luogo, l’inosservanza dell’obbligo di motivazione integra violazione della legge processuale, denunciabile con ricorso per cassazione, solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un indispensabile requisito di forma), e cioè nei casi di radicale carenza di essa o del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cosiddetta motivazione apparente) o fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali ( Cass., sez. un., n. 23832 del 2004; Cass. sez. un., n. 8053 del 2014; Cass. n.24199/2023).
6. 2. Con l’ordinanza n. 23026 depositata il 28 luglio 2023 si è affermato che ai fini di una corretta decisione adeguatamente motivata, il giudice non è tenuto a dare conto in motivazione del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali, ne’ a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, è invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi per
giungere alle proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata ( vedi, ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 16034 del 14/11/2002). Con la sentenza n. 31078 depositata l’ 8 novembre 2023 hanno chiarito che la mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione <<manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell'oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l'enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione -ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella 'mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico', nella 'motivazione apparente', nel 'contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili' e nella 'motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile', esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di 'sufficienza' della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053 che ha chiaramente affermato che il sindacato sulla motivazione deve essere interpretato, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi, come riduzione al <> del sindacato di legittimità sulla motivazione; successivamente tra le tante Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 01/03/2022, n. 6626; n. 2761/2024).
6. 3. In altra prospettiva, il motivo si presenta, in larga misura, aspecifico, non confrontandosi con le ragioni poste a base della sentenza impugnata, né confutandole, limitandosi ad una riedizione
delle difese in precedenza svolte, come se anche il giudizio di esame fosse un ulteriore, inammissibile, grado di merito.
6.4. Va, allora, ribadito che l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle argomentazioni per cui essa sia ritenuta errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi della citata disposizione (tra le tante: Cass. n. 17125/2007, Cass. n. 9388/2009, Cass. n. 187/2014, Cass. n. 21296/2016, Cass. n. 4611/2018, Cass. n. 12982/2019, Cass. n. 15517/2020, Cass. n. 20152/2021, Cass. n. 26300/2022, C ass. n. 28884/2023, tutte richiamate da Cass. n. 9783/2023; v. anche Cass. n. 5429/2023). Non solo. In siffatto procedere, i motivi in esame intercettano un’ulteriore ragione di inammissibilità, in quanto spingono la Corte verso un’inammissibile rivalutazione delle questioni di merito oggetto di controversia ( Cass. n. 34383/24).
7. La seconda censura è inammissibile per difetto di specificità. Al riguardo, la ricorrente ha omesso di trascrivere il contenuto delle relate, riportando i dati della consegna ed il luogo della notifica (a mani della figlia, a mani proprie, affermando di disconoscere la propria sottoscrizione, ad un indirizzo non più in uso, senza raccomandata informativa perché consegnate a soggetto diverso dal destinatario), senza allegare tuttavia nemmeno le modalità della notificazione ( a mezzo posta diretta, a mezzo messo
notificatore), discendendo da esse la necessità o meno ad esempio della seconda raccomandata informativa.
1. Il motivo, infatti, non soddisfa il requisito della specificità previsto (a pena di inammissibilità) dall’art. 366 c.p.c., non avendo il ricorrente trascritto le relate delle notifiche delle cartelle menzionate nel ricorso ovvero indicato il luogo della loro produzione. Per cui non si è in grado nemmeno di appurare quale sia l’attestazione inserita dall’agente notificatore nelle diverse relate di notifica e quale sia la qualità dichiarata dal consegnatario. 7. 1. «Occorre appena precisare che in caso di impugnazione, da parte del contribuente, di un atto per l’invalidità della notificazione, la Corte di cassazione non può procedere ad un esame diretto degli atti per verificare la sussistenza di tale invalidità, trattandosi di accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito, e non di nullità del procedimento, in quanto la notificazione dell’avviso o della cartella non costituisce atto del processo tributario, ma riguarda giudice tributario» (Corte di Cassazione, sez. trib., ord. 17 dicembre 2024,
solo un presupposto per l’impugnabilità davanti al n. NUMERO_DOCUMENTO).
2. Secondo quanto già enunciato da questa Corte la parte che proponga una ricostruzione della procedura notificatoria e dei suoi elementi identificativi parzialmente difforme da quanto delibato dal giudice d’appello deve, ad avviso della Corte, provvedere alla trascrizione della relata di notifica ed alla specificazione del luogo ove reperire la relata, la cui carenza priva il ricorso di autosufficienza e specificità.
3. E’ principio consolidato della giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale ‘ in tema di ricorso per cassazione, ove sia denunciato il vizio di una relata di notifica, il principio di autosufficienza del ricorso esige la trascrizione integrale di quest’ultima, che, se omessa, determina l’inammissibilità del
motivo’ (Cass. n.1150/2019; Cass. n. 31038 del 2018; n. 5185/2017; v. anche Cass. n. 17424/2005).
8.Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Le spese seguono il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la parte soccombente alla refusione delle spese di lite che liquida in complessivi euro 5.880,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito, in favore delle parti controricorrenti Agenzie, nonché in euro 5.000,00 in favore del Comune, oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di cassazione del 18 settembre 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME